Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3094 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3094 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 02/02/2024
ICI IMU ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28950/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dal prof. avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ocato NOME COGNOME (EMAIL) e dall’avvocato NOME COGNOME (EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1317/19/2020, depositata il 6 febbraio 2020, della Commissione tributaria regionale della Campania;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 21 novembre 2023, dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
-con sentenza n. 1317/19/2020, depositata il 6 febbraio 2020, la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento IMU emesso dal concessionario del servizio di accertamento del Comune di RAGIONE_SOCIALE di Napoli , per l’anno 2015, relativamente al possesso di unità immobiliari in proprietà del contribuente (censite in catasto al fol. 8, p.lla 365, sub 17, 18, 21 e 22);
1.1 – il giudice del gravame ha considerato che:
-nella fattispecie non ricorrevano i presupposti dell’agevolazione prevista dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 9bis , conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214 in quanto venivano in considerazione unità immobiliari oggetto di acquisto e destinate ad interventi di ristrutturazione che non erano stati mai iniziati, non anche «fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati»; né diversamente rilevava l’impedimento frapposto dall’amministrazione locale (mancata stipula della convenzione edilizia) alla realizzazione degli interventi edilizi in quanto l’agevolazione si correlava al dato oggettivo della costruzione di fabbricati destinati alla vendita;
la disposizione di favore risultava inestensibile alla fattispecie concreta per la sua natura eccezionale ma anche per difetto della eadem ratio siccome venendo in rilievo -piuttosto che la costruzione di (nuove) unità immobiliari da destinare alla vendita – «un fabbricato
che non è mai stato materialmente realizzato, sicchè ne risulta impossibile ogni impiego commerciale.»;
nemmeno poteva trovare applicazione la disposizione dettata con riferimento al parametro di determinazione della base imponibile (ai sensi del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 6, richiamato dal d.l. n. 201 del 2011, cit., art. 13, comma 3) in quanto detta disposizione -che correlava la tassazione al valore dell’area piuttosto che alla rendita catastale RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari – implicava la demolizione, ovvero interventi di recupero e ristrutturazione, id est l’esecuzione di opere che nemme no erano mai state poste in essere, la disposizione di favore rivestendo «carattere transitorio, inerente al solo periodo in cui il fabbricato è in corso di costruzione oppure di ristrutturazione e fino al momento della sua utilizzazione oppure del suo completamento»;
–RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, ed ha depositato istanza di decisione in esito alla comunicazione della proposta di definizione formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.;
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Considerato che:
1. -col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 1, conv. in l. 28 ottobre 2013, n. 124, deducendo, in sintesi, che -venendo in considerazione, nella fattispecie, un complesso immobiliare industriale dismesso che era stato acquistato (il 19 ottobre 2012) al fine di ristrutturarlo e, previo frazionamento, rivenderlo, siccome suscettibile di riqualificazione, previo piano attuativo, e rispetto al quale lo stesso Ente locale aveva approvato (con delibere n. 137 del 19 luglio 2007 e
66 del 26 febbraio 2008) la proposta di intervento da esso esponente presentata -detta fattispecie andava ascritta all’àmbito di applicazione dell’esenzione prevista dall’art. 2, cit., trattandosi (anche qui) di bene merce acquistato al solo scopo della successiva rivendita, previa ristrutturazione, e, dunque, di un bene sostanzialmente improduttivo -per di più in ragione del diniego opposto dall’amministrazione (in termini inaspettati e imprevedibili) alla stipula della convenzione attuativa (l. reg. Campania, 22 dicembre 2004, n. 16, art. 26) -rispetto alla cui condizione non avrebbe potuto assumere alcun rilievo la mancata ultimazione dei lavori di ristrutturazione;
il secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 6, assumendo la ricorrente che illegittimamente il giudice del gravame aveva escluso l’applicabilità, nella fattispecie, della citata disposizione che -in quanto volta alla determinazione della base imponibile del tributo, da correlare al valore dell’area suscettibile d i utilizzazione edificatoria piuttosto che alla unità immobiliare oggetto di demolizione e di interventi di ristrutturazione edilizia -avrebbe dovuto ritenersi diversamente applicabile indipendentemente dal «materiale avvio dei lavori» che, peraltro, erano rimasti preclusi dai dinieghi opposti dall’amministrazione (alla stipula della convenzione urbanistica oltrechè ad una proposta di variante del piano attuativo), dinieghi che, imprevedibili ed inevitabili, operavano quale «causa di sostanziale forza maggiore»;
-il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento;
2.1 -la disposizione di favore, evocata dalla ricorrente, espressamente prevede che «A decorrere dal 1° gennaio 2014 sono esenti dall’imposta municipale propria i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale
destinazione e non siano in ogni caso locati» ; e detta disposizione, come anticipato, ha sostituito il previgente règime tributario dei beni in questione che contemplava una riduzione dell’aliquota di base fino allo 0,38 per cento (peraltro delimitandone il godimento «per un periodo non superiore a tre anni dall’ultimazione dei lavori»; art. 56, comma 1, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27);
2.2 – secondo un consolidato orientamento interpretativo della Corte, le disposizioni agevolative costituiscono altrettante deroghe al sistema definito dalle norme tributarie impositrici, ed all’ambito dell’imposizione tracciato dal legislatore con compiuta indicazione di oggetti e soggetti tassabili, così che «non diversamente dalle norme impositive, in relazione alle quali è pacificamente escluso che la tassazione possa investire oggetti o soggetti non espressamente indicati dal dato normativo, anche le norme agevolative, per ineludibile simmetria, declinano un catalogo completo, insuscettibile di integrazione che trascenda i confini semantici del dato suddetto.», risultando dette disposizioni sottoposte «ad interpretazione rigida ed anelastica, in quanto rigorosamente legata al dato letterale» ed insuscettibili (anche) di un’interpretazione logico -evolutiva e costituzionalmente orientata (v. Cass. Sez. U., 3 giugno 2015, n. 11373 cui adde , ex plurimis , Cass., 27 aprile 2018, n. 10213; Cass., 9 aprile 2018, n. 8618; Cass. Sez. U., 22 settembre 2016, n. 18574; Cass., 25 marzo 2011, n. 6925);
– e la stessa giurisprudenza costituzionale ha rilevato che le disposizioni che prevedono agevolazioni fiscali, quali norme di carattere eccezionale e derogatorio, «costituiscono esercizio di un potere discrezionale del legislatore, censurabile solo per la sua eventuale
palese arbitrarietà o irrazionalità (sentenza n. 292 del 1987; ordinanza n. 174 del 2001) … con la conseguenza che la Corte stessa non può estenderne l’ambito di applicazione, se non quando lo esiga la ratio dei benefici medesimi (sentenze n. 6 del 2014, n. 275 del 2005, n. 27 del 2001, n. 431 del 1997 e n. 86 del 1985; ordinanze n. 103 del 2012, n. 203 del 2011, n. 144 del 2009 e n. 10 del 1999).» (così Corte Cost., 20 maggio 2016, n. 111 cui adde Corte Cost., 27 giugno 2017, n. 153);
– come reso esplicito dalla disposizione in esame, il règime di esenzione risulta connaturato ai «fabbricati costruiti » dall’impresa (altrimenti) soggettivo passivo IMU, «destinati … alla vendita» e «fintanto che permanga tale destinazione »; così che deve senz’altro escludersi dal suo àmbito applicativo il fabbricato che, così come nella fattispecie, sia stato immesso nel mercato immobiliare (per acquisto operatone dall’impresa), seppur la circolazione commerciale del bene preordinata ad una successiva attività di costruzione, non potendosi concepire (al momen to del detto acquisto) né l’esistenza di un fabbricato «costruito» dal soggetto passivo Imu, e destinato alla vendita (piuttosto che alla sua ristrutturazione edilizia), né la permanente (e documentata) destinazione (alla vendita) del bene stesso (così) costruito (v., tra le stesse parti, Cass., 28 marzo 2022, n. 9897);
2.3 -è, poi, ben vero, come rimarcato dalla Corte, che deve ritenersi consentita un’interpretazione della disposizione di favore che -perimetrata all’interno del dato normativo, avuto riguardo ai suoi segni letterali ed allo scopo perseguito dal legislatore – sia volta alla massima espansione del contenuto normativo (così) ricostruito, essendosi rilevato che «anche in presenza di disposizioni eccezionali o di carattere tassativo l’interprete è tenuto a ricercare, pur senza superarlo arbitrariamente, l’esatto valore semantico della formula legislativa al fine di stabilire se la regula juris debba essere “estesa”
(o, più esattamente, dichiarata applicabile), secondo l’intenzione del legislatore, a casi che pur non risultando espressamente considerati nel testo della norma, debbono ritenersi in esso implicitamente compresi e disciplinati» (v. Cass., 26 giugno 2020, n. 12777; Cass., 30 dicembre 2011, n. 30722; Cass. Sez. U., 20 ottobre 2010, n. 21493; Cass. Sez. U., 17 maggio 2010, n. 11930; Cass. Sez. U., 9 marzo 1990, n. 1919);
– nella fattispecie, però, la sopra rilevata distanza RAGIONE_SOCIALE fattispecie preclude (anche) un’interpretazione estensiva del règime di favore evocato in quanto nell’un caso la finalità perseguita dal legislatore è chiaramente volta a non gravare del tributo quelle imprese rispetto alle quali il presupposto impositivo (d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, cit., in relazione al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2) si identifica col possesso di «fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita» («fintanto che permanga tale destinazione») -ove, dunque, l’avvenuta realizzazione del fabbricato, e la sua permanente destinazione alla vendita, connotano il contenuto della disposizione, e lo stesso scopo di favore perseguito, – nel mentre, nella fattispecie in esame, la destinazione alla vendita costituisce un mero intento perseguito dall ‘impresa che ancora non abbia realizzato il bene a detto fine destinato, così ponendosi al di fuori del perimetro di applicazione della norma, per di più in assenza di ogni obiettiva condizione di verificabilità dello stesso intento perseguito che finirebbe per connotare qualsiasi operazione commerciale volta all’acquisizione di fabbricati destinati alla (successiva) rivendita (che faccia seguito, o meno, all’attività di costruzione);
-del pari destituito di fondamento è il secondo motivo di ricorso;
3.1 -come la Corte ha già avuto modo di rilevare, la disposizione di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 6 (cui rinvia il d.l. n. 201 del 2011, cit., art. 13, comma 3 , quanto all’IMU), delinea un meccanismo di regolazione alla cui stregua non rileva, a fini
impositivi ( recte della determinazione della base imponibile), il fabbricato in corso di ristrutturazione perché viene presa in considerazione (solo) l’area sulla quale il fabbricato insiste, area che è considerata fabbricabile «anche in deroga a quanto stabilito nell’articolo 2» dello stesso d.lgs. cit. (disposizione , quest’ultima, recante definizione di fabbricati e aree fabbricabili); così che l’area «ridiventa fabbricabile ab origine , fino a che la ristrutturazione dell’immobile non viene completata … perché, venuta meno la tassabilità del fabbricato, viene tassata l’area come se il fabbricato non esistesse», e soggetta ad imposizione rimane «tutta l’area, anche se inedificabile secondo gli strumenti urbanistici ordinari» (così Cass., 9 maggio 2014, n. 10082; v., altresì, Cass., 28 dicembre 2016, n. 27096);
– si è, quindi, rimarcato -in coerenza, del resto, con lo stesso dato letterale della disposizione che l’applicazione di detta disposizione necessariamente presuppone la realizzazione dell’intervento edilizio cui si correla il relativo criterio di determinazione della base imponibile – e, dunque, l’utilizzazione edificatoria, la demolizione del fabbricato e la esecuzione degli «interventi di recupero a norma dell’articolo 31, comma 1, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457» (ora d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3) -così che la rideterminazione della base imponibile del tributo (secondo il valore dell’area) è destinata ad operare «fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato.» (v. Cass., 7 giugno 2017, n. 14111);
3.2 – per di più, la Corte ha statuito -con riferimento all’ICI i cui dati di regolazione, come anticipato, sono però riferibili anche all’IMU -che gli elementi della fattispecie impositiva sono prestabiliti dalla legge secondo criteri di certezza e tassatività, e con riferimento unicamente
al possesso di tre ben definite tipologie di beni immobili costituiti da fabbricati, aree fabbricabili, terreni agricoli, così che «nel caso di area edificata la base imponibile Ici è determinata dal valore del fabbricato …; … la base imponibile è invece costituita dal valore dell’area, considerata fabbricabile, allorquando nell’anno di imposizione vi sia utilizzazione edificatoria in corso dell’area stessa, demolizione di fabbricato ovvero realizzazione di interventi di recupero ai sensi della L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lett. c), d) ed e) (comma 6).», così che l’area di insistenza del fabbricato non è autonomamente tassabile quale area edificabile in quanto la fattispecie impositiva, così ricavata, «non rientra in nessuno dei presupposti Ici, trattandosi all’evidenza di area già edificata, e dunque non di area edificabile … diversamente ragionando, si verrebbe ad inammissibilmente introdurre nell’ordinamento – in via interpretativa – un nuovo ed ulteriore presupposto d’imposta, costituito appunto dall’area edificata» (cfr. Cass., 19 luglio 2017, n. 17815 cui adde Cass., 12 luglio 2021, n. 19809; Cass., 28 marzo 2019, n. 8620; Cass., 11 ottobre 2017, n. 23801; v., altresì, Cass., 5 febbraio 2019, n. 3282);
3.3 -nella fattispecie, pertanto, non ricorrevano i presupposti di applicabilità della disposizione evocata dalla ricorrente (art. 5, comma 6, cit.), disposizione che, per l’appunto, non poteva operare indipendentemente dal «materiale avvio dei lavori» la cui esecuzione, secondo la relativa scansione temporale, diversamente ne segnava lo stesso limite di applicabilità;
-quanto, da ultimo, alla (pur) dedotta forza maggiore, occorre innanzitutto rilevare che la disposizione di cui al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 6, opera alla stregua di un (alternativo) criterio di determinazione della base imponibile del tributo e non anche nei termini di un’agevolazione fiscale rispetto al règime di tassazione ordinario correlato al presupposto impositivo; e va, allora, rimarcato
che non risulta nemmeno allegato che l’impedimento alla realizzazione RAGIONE_SOCIALE opere di ristrutturazione abbia determinato, nella fattispecie, l’applicazione di un criterio di determinazione del tributo più oneroso per il contribuente;
– in termini più generali, peraltro, le Sezioni Unite della Corte hanno statuito, in tema di agevolazioni tributarie, che la forza maggiore -di rilevanza esimente generale perchè espressiva di un principio generale di inesigibilità ritenuto immanente nell’ordinamento – deve intendersi alla stregua di un «evento impeditivo – non imputabile – dell’attuazione della volontà dell’onerato» i cui requisiti vanno individuati «nell’imprevedibilità ed inevitabilità dell’evento, tale da sovrastare la volontà dell’acquirente, precludendone il compimento del comportamento richiesto dalla norma entro il termine prescritto» (così Cass. Sez. U., 23 aprile 2020, n. 8094);
– in disparte, ora, che, come anticipato, la disposizione agevolativa (di cui al d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 9bis ) implica la realizzazione di un fabbricato (rimasto invenduto) -e che, dunque, a detto presupposto in fatto deve correlarsi l’efficacia esimente della forza maggiore, così che rimangono (anche) del tutto inespresse, in punto di allegazione, le circostanze che, per il periodo di imposta in contestazione (2015), avrebbero consentito una (tempestiva) edificazione una volta soppresso l’im pedimento addotto a forza maggiore -v’è che la forza maggiore viene dedotta in completa anomia di riferimenti agli effettivi contenuti degli atti di parte, e di quelli adottati dall’amministrazione, in punto di avvio RAGIONE_SOCIALE attività volte a realizzare l’in tento dal contribuente perseguito (la ristrutturazione del complesso immobiliare oggetto di acquisto); anomia, questa, che non può di certo ritenersi riempita dai meri rinvii alla impugnazione giudiziale dei dinieghi opposti dall’amministrazione (in punto di stipula della convenzione urbanistica ovvero di variante del piano attuativo) il
cui effettivo contenuto -nei termini di imprevedibilità ed inevitabilità dell’evento è rimasto, per l’appunto, del tutto inespresso;
-le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater );
5.1 – trattandosi, poi, di ordinanza il cui contenuto decisorio è conforme alla proposta di definizione comunicata alla parte, va rilevato che l’ art. 380bis cod. proc. civ. , con riferimento alla decisione accelerata dei ricorsi, al terzo comma prevede che «Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96.»; e l’ art. 96bis cod. proc. civ., a sua volta, dispone che: – «In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata» (comma 3); – «Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000» (comma 4, introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, art. 3, comma 6);
5.2 – le Sezioni Unite della Corte -nel rimarcare l’immediata applicabilità RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui al novellato art. 380bis cod. proc. civ. con riferimento ai «giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1 gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in Camera di consiglio», come nel caso che ne occupa
(d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, art. 35, comma 6) – hanno statuito, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, che l’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ. – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché non attenersi ad una valutazione del proponente poi confermata nella decisione definitiva lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U., 27 settembre 2023, n. 27433);
5.3 -mentre, allora, va determinata in € 2.000,00 la somma da versare in favore della RAGIONE_SOCIALE, la disposizione sanzionatoria di cui all’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. va quantificata in € 4.500,00 e, così, correlata alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, avendo la Corte già rilevato che il terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., rinviando all’equità, richiama il criterio di proporzionalità secondo le tariffe forensi e quindi la somma da tale disposizione prevista va rapportata alla misura dei compensi liquidabili in relazione al valore della causa, ovvero ad un loro multiplo, nei limiti segnati ad ogni modo da ragionevolezza (v. già Cass., 30 novembre 2012, n. 21570 cui adde Cass., 15 dicembre 2022, n. 36874; Cass., 11 ottobre 2018, n. 25177; Cass., 21 novembre 2017, n. 27623; v., altresì, Cass., 4 agosto 2021, n. 22208; Cass., 18 novembre 2019, n. 29812 nonché Corte Cost., 6 giugno 2019, n. 139).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità liquidate in € 4.500,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALE spese generali nella misura del
15% ed altri accessori di legge nonché, ai sensi dell’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ., della ulteriore somma di € 4.500,00; condanna la ricorrente al pagamento di una ulteriore somma di € 2.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE; ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 novembre 2023.