Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14709 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14709 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ICI – IMU – ESENZIONE FABBRICATO CAT. CAT. D/7
sul ricorso iscritto al n. 25114/2020 del ruolo generale, proposto
DA
il RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in INDIRIZZO), in persona del Sindaco pro tempore, NOME COGNOME, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) del Foro di Vicenza e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) del Foro di Roma, con studio in Roma, alla INDIRIZZO.
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in Carceri (PD), alla INDIRIZZO, in persona dell’amministratore, legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE) del Foro di
Treviso, elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 239/5/2020 della Commissione tributaria regionale del Veneto, depositata il 30 giugno 2020, non notificata;
UDITA la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME all’udienza camerale del 10 gennaio 2024.
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia sono le pretese di 9.256,71 € a titolo di ICI per l’anno di imposta 2011 e di 33.292,48 € a titolo di IMU per gli anni 2012/2014, di cui agli avvisi di accertamento indicato in atti, asseritamente dovute da RAGIONE_SOCIALE in relazione al bene immobile censito nel Comune di Carceri al folio 11, p.lle 398 e 393, prima particella 33;
la Commissione tributaria regionale del Veneto accoglieva l’appello proposto dalla contribuente contro la sentenza n. 298/4/2018 della Commissione tributaria provinciale di Padova ed annullava gli avvisi accertamenti nn. 4858/2016, 4860/2016, 4861/2016 e 4862/2016, ritenendo che « i terreni in questione ed anche i relativi fabbricati, come documentato dall’appellante, risultano essere stati in uso a imprenditore agricolo. Pertanto, al di là del loro formale classamento, tenuto conto della circolare richiamata da parte appellante, risulta provata la ruralità con conseguente esclusione dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte richieste»;
il Comune RAGIONE_SOCIALE Carceri proponeva ricorso per cassazione avverso detta pronuncia con ricorso notificato tramite posta elettronica certificata il 6 ottobre 2020, formulando un unico motivo di impugnazione;
la RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso notificato il 13 novembre 2020,
chiedendo il rigetto del ricorso, successivamente depositando, in data 29 dicembre 2023, memoria ex art. 380-bis 1. cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con l’unico, articolato motivo di impugnazione, la ricorrente ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 13 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, 9, comma 3bis , d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, assumendo, con riferimento al fabbricato ubicato sull’area di cui alle suindicate particelle, che diversamente da quanto ritenuto dal Giudice regionale -ciò che conta, ai fini dell’imposta in questione, è l’oggettiva classificazione catastale del bene oggetto di accertamento, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, segnalando l’inconferenza del richiamo alla circolare n. 9/93 del Ministero RAGIONE_SOCIALE Finanze e dell’art. 1, comma 13, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, in quanto concernente terreni agricoli, laddove nella specie oggetto di tassazione era un fabbricato con destinazione artigianale classificato in D/7;
1.1. l’istante ha aggiunto che la società contribuente aveva presentato, nel mese di marzo 2015, richiesta di ruralità, che era stata respinta dall’Ufficio, così come era stata rigettata la richiesta di riesame in autotutela, non solo perchè l’istanza era stata avanzata oltre il termine perentorio del 30 settembre 2012, ma anche per la mancanza dei relativi requisiti (vale a dire la sussistenza di attività agricola), essendo stata riscontrata la presenza sul terreno di un capannone adibito ad attività di fabbricazione di strutture metalliche, come del resto risultante dalla dichiarazione confessoria resa dalla contribuente in data 11 dicembre 2012, nella parte in cui aveva riferito dell’inagibilità del capannone al fine di ottenere la riduzione dell’entità dell’imposta;
1.2. sotto altro profilo, l’ente impositore ha ritenuto che erroneamente il Giudice regionale, sul presupposto dell’utilizzo dei beni da parte di un imprenditore agricolo, avesse considerato applicabile la disciplina di cui all’art. 9, comma 3 -bis , d.l. 30
dicembre 1993, n. 557, in materia di immobili (fabbricati) rurali strumentali, in quanto essa richiede l’iscrizione al catasto del bene come fabbricato rurale, nella specie esclusa dalla iscrizione in D/7, che esclude la ruralità del bene, come chiarito dal Giudice di legittimità;
il ricorso va accolto per le seguenti ragioni, subito avvertendo che la controversia in esame concerne, alla luce dei contenuti del ricorso, solo il fabbricato (capannone) iscritto nella categoria D/7 (v. pagina n. 7 del ricorso);
occorre rammentare sul piano dei principi che costituisce principio consolidato nella riflessione di questa Corte ritenere che, ai fini del riconoscimento della non assoggettabilità ad ICI di un immobile rurale, sia decisiva la classificazione catastale dello stesso, qualora il relativo procedimento si sia regolarmente concluso con la relativa annotazione in atti e che, ove l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI, così come, il Comune dovrà impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta»;
anche da ultimo, è stato, difatti, ulteriormente ribadito che:
«Questa Corte (Sez. Un. n. 18565/2009, n. 18570/2009) ha ritenuto che la classificazione catastale costituisce elemento determinante per verificare l’esistenza del carattere di ruralità del fabbricato, e dunque per escludere o affermare l’assoggettabilità ad ICI, affermando il seguente principio: “In tema di ICI, l’immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come “rurale”, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. 557 del 1993, conv. in legge n. 133 del 1994, non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a ), del d.lgs. n. 504
del 1992, come interpretato dall’art. 23, comma 1bis del d.l. n. 207 del 2008, aggiunto dalla legge di conversione n. 14 del 2009. Qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI. Allo stesso modo, il Comune dovrà impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”»;
«Al fine di risolvere le incertezze interpretative emerse per il riconoscimento della ruralità degli immobili, è successivamente intervenuta la L. n. 106/2011, art. 7 comma 2bis , che ha attribuito ai contribuenti la facoltà di presentare domanda di variazione della categoria catastale (da A/6 a D/10) sulla base di autocertificazione attestante la presenza dei requisiti richiesti (di cui all’art. 9 dl. 557/1993); variazioni della categoria catastale cui la giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto valore retroattivo, dal quinquennio antecedente alla presentazione della domanda, in virtù della norma d’interpretazione autentica di cui all’art. 2, comma 5ter , del d.l n.102 del 2013, convertito in legge n. 124 del 2013 (Cass. n. 24020 del 2015; n. 24366 del 2016; n. 3226 del 2021, n. 16252 del 2021)»;
«In seguito, l’art. 13, comma 14bis , del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011 n. 214 ha stabilito che le domande di variazione di cui al predetto D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, producessero «gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo»;
-«Ancora, l’art. 1 del D.M. 26 luglio 2012 ha disposto che: ‘Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una RAGIONE_SOCIALE categorie catastali previste nel
quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralit à , si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133’»;
«L’art. 2, comma 5ter , del D.L. 31 agosto 2013 n. 102, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 ottobre 2013 n. 124, ha stabilito che: ‘Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14bis , del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2bis , del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralit à di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda’»;
«Si tratta di disposizioni che disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da ICI, sulla base di una procedura ad hoc , che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez. 5″, 30 dicembre 2020, n. 29864; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2021, n. 29283)» (così Cass., Sez. T., 18 maggio 2023, n. 13710 e Cass., Sez. T, 17 maggio 2023, n. 13619; nello stesso senso, tra le altre, Cass., Sez. T. 18 ottobre 2023, n. 28896; Cass., Sez. T. 18 ottobre
2023, n. 28851; Cass., Sez. T. 30 giugno 2023, n. 18566; Cass. Sez. T. 8 giugno 2022, n. 18553 e le tante ivi citate);
va, dunque, ribadito che il requisito della classificazione nelle categorie A/6 o D/10 è condizione imprescindibile ai fini del conseguimento del beneficio fiscale, il che vale a rendere del tutto irrilevanti le circostanze dedotte dalla difesa della contribuente circa la natura agricola del mappale 393 e che parte della relativa area sia stata affidata in uso ad una imprenditrice agricola e che il capannone sia stato nella disponibilità di altra imprenditrice agricola, contando, invece, il predetto dato catastale che, per gli anni di riferimento, è risultato mancare;
5.1. va solo aggiunto che un diverso avviso non può essere giustificato dalla non vincolante (cfr., tra le tante, Cass., Sez. T., 29 novembre 2022, n. 35098) e comunque superata (dalla normativa sopra citata) circolare ministeriale n. 9/93, mentre si palesa del tutto inammissibile il riferimento alla pur generica circostanza secondo cui «oggi» (v. pagina n. 6 del controricorso) anche l’RAGIONE_SOCIALE Territorio avrebbe classato il bene nella categoria ‘D/10’, trattandosi di profilo fattuale, il cui sindacato non è esigibile nella sede che occupa, peraltro privo di elementi di riferimento agli anni di imposta oggetto di causa e che non risulta essere stato oggetto di allegazione e prova nei gradi merito;
5.2. non ha parimenti rilevanza il rilievo della non retroattività del diniego di ruralità, giacchè l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE ragioni della contribuente risiede nel suindicato difetto del requisito essenziale per il riconoscimento della ruralità, che prescinde dal provvedimento di diniego;
il Giudice di appello non si è uniformato ai principi enunciati, affermando -di contro -che « al di là del loro formale classamento … risulta provata la ruralità con conseguente esclusione dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte richieste » (v. pagina n. 5 della sentenza impugnata), il che comporta, con l’accoglimento del motivo di impugnazione, la cassazione della sentenza impugnato;
6.1. non occorrono accertamenti in fatto, per cui la causa va decisa, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., nel merito, rigettando l’originario ricorso della contribuente in relazione al fabbricato accatastato in categoria D/7;
le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza, mentre vanno compensate quelle di merito.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza in relazione al fabbricato accatastato in categoria D/7 e, decidendo nel merito, rigetta sul punto l’originario ricorso della contribuente.
Compensa tra le parti le spese del giudizio di merito e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente grado di giudizio che liquida a favore del Comune RAGIONE_SOCIALE Carceri nella misura di 4.200,00 € per competenze, oltre accessori ed all’importo di 200,00 € per spese vive.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 gennaio 2024 .