Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20902 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20902 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18231/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME
(CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, LICCIARDO NOME
(CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA n. 436/2023 depositata il 03/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 436/8/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Lombardia depositata il 03/02/2023, non notificata, che ha confermato la sentenza n. 4487/15/ 2021 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE in forza della quale era stata rigettata l’impugnazione proposta dalla contribuente averso l’avviso di accertamento IMU Anno 2015 emesso dal Comune di RAGIONE_SOCIALE;
Comune RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso;
entrambe la parti hanno depositato memorie;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 27 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, come modificato dall’art. 6, comma 1, del d.l. 105/2021 convertito nella L. 126/2021 ; per avere la C.T.R. disatteso il motivo in forza del quale era stata lamentata la violazione del principio del contraddittorio da parte della Commissione Tributaria di I grado, per non avere avuto la possibilità di presenziare all’udienza di discussione da remoto del 26/11/2021 nel procedimento R.G. 1160/2021 per deliberata mancata
comunicazione delle modalità con cui avrebbe dovuto svolgersi, nonostante la presentata istanza di trattazione in pubblica udienza, anche da remoto. Chiede, in via subordinata, qualora l’art. 27, comma 1 e 2, del d.l. 137/2021 dovesse essere interpretato nel senso di attribuire alla Commissione giudicante la facoltà di pretermettere una comunicazione alle parti sulle modalità (‘da remoto’ oppure ‘sulla base degli atti’) di svolgimento della richiesta trattazione in pubblica udienza, sollevarsi la questione di incostituzionalità di tale articolo laddove, in contrasto con quanto previsto dall’art. 24, comma 2, Cost ., non prevede che sia comunicata al ricorrente la modalità con cui la Commissione Tributaria adita intende procedere alla discussione, consentendo al ricorrente di attivarsi, secondo la modalità prescelta, in vista dell’udienza di trattazione medesima;
2. con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. i) del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 esplicitamente richiamato dall’art. 9, comma 8, del D. Lgs. 23/2011 rispetto ad un’in terpretazione degli stessi costituzionalmente orientata dagli art. 8, 19 e 20 Cost.; violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. deducendo si la erroneità della decisione per non avere i giudici di appello considerato che la stessa, a differenza degli enti ecclesiastici facenti capo a religioni che destinano immobili di loro proprietà anche a finalità diverse da quelle di religione e di culto, ancorché svolte con modalità non commerciali (es. finalità assistenziali, educative, sanitarie etc.), svolge unicamente attività aventi rigorosamente finalità di religione e di culto, come risulta da un esame attento del proprio Statuto, adottato con atto pubblico notarile redatto in data 15/12/2009 e registrato in data 18/12/2009; 3. il ricorso deve essere rigettato per le considerazioni appresso specificate;
il primo motivo è inammissibile. In disparte ogni considerazione circa la correttezza delle argomentazioni del giudice di appello che ha escluso la sussistenza del vizio di nullità lamentato, va ribadito che è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di ricorso in cassazione avverso la sentenza di appello che abbia omesso di dichiarare la nullità della sentenza di primo grado, qualora il vizio di questa, ove esistente, non avrebbe comportato la rimessione della causa al primo giudice, in quanto estraneo alle ipotesi tassative degli artt. 353 e 354 c.p.c., ed il giudice di appello abbia deciso nel merito su tutte le questioni controverse, senza alcun pregiudizio per il ricorrente conseguente alla omessa dichiarazione di nullità. (Sez. 3 – , Ordinanza n. 28744 del 16/10/2023, Rv. 669067 – 01) vedi anche Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 402 del 10/01/2019, Rv. 652572 -01 nonché Sez. 3, Sentenza n. 24612 del 03/12/2015, Rv. 637945 -01;
4.1. nella specie, non vertendosi in ipotesi di regressione del processo ex artt. 353 e 354 cod. proc. civ., parte ricorrente non ha nulla di cui dolersi in questa sede, dovendosi precisare che la rilevata inammissibilità del profilo rende irrilevante la questione di costituzionalità sollevata;
il secondo motivo deve essere rigettato;
5.1. i giudici di appello hanno correttamente rilevato, con congrue argomentazioni, che l ‘ associazione contribuente: ‘non ha fornito elementi idonei a dimostrazione della effettiva e concreta destinazione a scopo di culto delle unità immobiliari di sua proprietà cui si riferisce il contestato avviso di accertamento (né, quanto alla porzione classificata A/3 ubicata al 2° piano dell’edificio di INDIRIZZO, dell’avvenuto pagamento dell’IMU): non può, invero, ritenersi a tal fine sufficiente la documentazione catastale, planimetrica e fotografica prodotta dall’RAGIONE_SOCIALE con l’atto di appello, in quanto non rappresentativa, in modo certo, della concreta utilizzazione in via esclusiva degli immobili a scopo di culto. Ne
discende la inapplicabilità nella fattispecie della esenzione dall’IMU, ex art. 7, 1° comma, lett. i), d.lgs. 504/1992, delle unità immobiliari in questione, non essendo a ciò sufficiente (come già detto) la finalità di culto in linea generale perseguita dall’RAGIONE_SOCIALE medesima. Né, tenuto conto di quanto poc’anzi osservato circa il mancato assolvimento da parte dell’appellante dell’onere probatorio relativo alla concreta destinazione delle unità immobiliari in discorso, si potrebbe pervenire a diversa conclusione qualora si dovesse fare riferimento, come prospettato dall’appellante in sede di gravame nonché nel corso della discussione in pubblica udienza, alla disposizione di cui alla lett. d) del citato art. 7 d.lgs. 504/1992, la quale prevede l’esenzione dall’imposta per “i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione, e le loro pertinenze”), richiedendo quindi anche essa, analogamente alla disposizione di cui alla successiva lett. i), la sussistenza del requisito oggettivo della concreta destinazione dell’immobile all’attività che il legislatore ha inteso privilegiare attraverso l’esenzione dall’IMU ‘;
5.2. una simile ricostruzione, corretta in diritto, non appare inficiata dalle censure di parte ricorrente la quale richiama profili che attengono al solo requisito soggettivo ovvero, ma solo formalmente ed in astratto, a quello oggettivo (lo statuto, riconoscimento giuridico dell’attività di culto nella diffusione degli Insegnamenti Divini rivelati dal Maestro NOME COGNOME), non decisivi in difetto di prova del requisito oggettivo in concreto e nella sua effettività, come accertato in fatto dai giudici di merito;
alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, stante la infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato;
le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del Comune controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi ed € 3.000,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad agli altri accessori di legge; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione