Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20964 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20964 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19663/2021 R.G. proposto da: ROMA CAPITALE, elettivamente domiciliata in ROMA presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
CASA GENERALIZIA DELLA CONGREGAZIONE SUORE NOME COGNOME
-intimata- avverso SENTENZA RAGIONE_SOCIALE COMM.TRIB.REG. del LAZIO n. 109/2021 depositata il 12/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
Roma Capitale propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Commissione tributaria regionale del Lazio n. 109/2021 depositata il 12/01/2021 e non notificata, che ha accolto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Commissione Tributaria Provinciale n. 1581/11/2018 ed ha annullato l’avviso di accertamento n. 18126 relativo ad IMU per l’annualità 2012;
la contribuente è rimasta intimata;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo l’ente impositore deduce, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod.civ. e delle norme correlate , rilevando che nel corso del giudizio di merito l’ente religioso non aveva fornito prova di quali fossero in concreto le attività svolte negli immobili per i quali aveva richiesto l’esenzione dal tributo;
con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc.civ. , violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, del decreto legislativo n. 504/1992 in combinato disposto con l’art. 2697 cod. civ. e delle norme connesse e/o correlate, assumendo che i giudici di appello, nell’ affermare che per gli immobili oggetto di accertamento poteva riconoscersi il beneficio dell’esenzione di imposta prevista ai sensi dell’art. 7, comma 1, lettera i) del d.lgs. 504/92 cit., avevano disatteso ovvero mal interpretato i criteri di esenzione previsti dalla normativa vigente;
3.1. deve rilevarsi che, secondo il costante orientamento di questa Corte (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. 5, 27 giugno 2019, n. 17256; Cass., Sez. 5, 11 marzo 2020, n. 6795; Cass., Sez. 5, 15 dicembre 2020, n. 28578), il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i, nel testo vigente dall’ 1 gennaio 2003 al 3 ottobre
2005, disponeva l’esenzione dall’ ICI per “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c) e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”. Tale disposizione è stata, successivamente, integrata e modificata dal d.l. 30 settembre 2005, n. 203, art. 7, comma 2-bis, convertito, con modificazioni, nella L. 2 dicembre 2005, n. 281, che ha esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse. Un’ulteriore modifica è, poi, intervenuta con il d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39, convertito, con modificazioni, nella L. 4 agosto 2006, n. 248, che, sostituendo il d.l. 30 settembre 2005, n. 203, cit. art. 7, comma 2-bis, convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 281, ha stabilito che l’esenzione disposta dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera “che non abbiano esclusivamente natura commerciale”. Occorre precisare, inoltre, che le condizioni dell’esenzione sono cumulative, nel senso che è richiesta la coesistenza, sia del requisito soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente, sia del requisito oggettivo in forza del quale l’attività svolta nell’immobile deve rientrare tra quelle previste dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i);
3.2. in relazione al profilo afferente la distribuzione degli oneri probatori è stato affermato, con principio condiviso da questo Collegio, che “il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale” (Cass., Sez. 5, 2 aprile 2015, n. 6711). Secondo la giurisprudenza di questa Corte, condizioni necessarie per beneficiare dell’esenzione de qua sono,
quindi, le seguenti: a) gli immobili devono essere utilizzati da enti non commerciali (requisito soggettivo); b) devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente indicate (quelle assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive e di religione o culto); c) le attività tassativamente indicate devono essere svolte con modalità non commerciali (Cass., Sez. 5, 15 dicembre 2020, n. 28578);
3.3. il riconoscimento del diritto all’esenzione, dunque, è legato all’accertamento di fatto relativo alle modalità di svolgimento attività sopra indicate (Cass. n. 17968 del 04/07/2019, Rv. 654747 -01, con riferimento all’attività didattica universitaria , n. 19072 del 16/07/2019, Rv. 654737 -01 con riferimento ad una casa per ferie gestita da un ente ecclesiastico);
4. nel caso di specie il Giudice d’appello, dopo aver sinteticamente ricostruito i principi cardine in materia, ha ritenuto, con conclusioni del tutto apodittiche , che: ‘ Con riguardo alla fattispecie in esame può affermarsi che sono presenti entrambi i requisiti. Quanto a quello soggettivo dagli atti si evince trattarsi di un ente ecclesiastico, dotato di personalità giuridica, non di natura commerciale e rientrante fra quelli previsti dalle norme vigenti, sotto il profilo oggettivo, dovrà essere in concreto valutata l’attività che darà diritto all’esenzione, in linea con la consolidata giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Suprema Corte di Cassazione (Cass. sent. n 6795/2020; Cass. sent. nn. 19036/16;19037/16; 19038/16 ). Al riguardo si evidenzia che gli immobili in questione in parte sono adibiti allo sviluppo delle attività religiose e possono rientrare nell’esenzione. Del resto lo stesso Comune di Roma non contesta che le unità immobiliari 1 e 7 siano adibite ad alloggio delle religiose, ma solo che per esse non sia stata data la prova di svolgere l’attività di culto e tale affermazione è genericamente riportata nella sentenza impugnata che nega l’esistenza dell’elemento oggettivo. Ma questo Collegio, in linea con un consolidato orientamento giurisprudenziale ritiene che, in tema
di IMU (le considerazioni sono rivolte all’ICI possono essere analogamente riportate anche per l’IMU) “l’esenzione, prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per gli immobili destinati ……allo svolgimento delle attività di religione o di culto di cui all’art. 16, lett. a), RAGIONE_SOCIALE legge 20 maggio 1985, n. 222, spetta ad un ente ecclesiastico in relazione ad un immobile destinato ad abitazione di membri RAGIONE_SOCIALE propria comunità religiosa, con modalità assimilabili all’abitazione di una unità immobiliare da parte del proprietario e dei suoi familiari, comportando tale destinazione lo svolgimento di un’attività non commerciale, ma diretta alla “formazione del clero e dei religiosi”, espressamente compresa nell’elencazione di cui all’art. 16, lett. a) legge 20 maggio 1985 n 22 (Cass. Sez 5, sent. n. 26654 /2009 ); è evidente che in tali luoghi si sviluppa con la convivenza e la preghiera l’accrescimento RAGIONE_SOCIALE catechesi e dell’educazione cristiana, in linea con le attività a cui fanno cenno sia l’art 7. lett. i) d.lgs. n 504/92 che l’art. 16, lett. a) legge 20 maggio 222, tale ultimo articolo prevede che “si considerano comunque (lett. a) attività religiose e di culto quelle dirette all’esercizio del culto ed alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana”. La conferma di tale utilizzo può altresì essere rinvenuta nella destinazione catastale visto che i predetti immobili sono classificati alla categoria catastale B/1 (Collegi e convitti, educandati, ricoveri, orfanatrofi, ospizi, seminari e caserme)’ »;
6. orbene, come lamentato da parte ricorrente, emerge in modo univoco che nel corso del giudizio di merito l’RAGIONE_SOCIALE religioso non ha fornito prova di quali fossero, in concreto, le attività svolte negli immobili per i quali aveva richiesto l’esenzione dal tr ibuto e, quindi, in ordine alla sussistenza e al rispetto del requisito oggettivo. L’art. 7, stabilisce che l’esenzione ‘è relativa ai soli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali,
previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’art. 16, lettera a) RAGIONE_SOCIALE legge 20 maggio 1985 n. 222′. Più precisamente, affinché vi sia l’esenzione la destinazione del bene deve riguardar e una delle attività elencate e, nella pratica, essa deve coincidere con la verifica dell’effettivo ed esclusivo utilizzo degli immobili per una di quelle attività, senza che questa presenti profili di lucro o caratteri di commercialità. Invero la mera presenza di religiosi/e in loco non giustifica, di per sé, l’esenzione laddove, come nel caso de quo , manchi la prova di un diretto collegamento con l’esercizio di attività di religione o di culto (vedi, sul punto, Cass. 10754/2017), specie a fronte RAGIONE_SOCIALE contestazione secondo cui, nel caso in esame, gli immobili utilizzati dalla RAGIONE_SOCIALE, erano destinati nel loro complesso (e, quindi, anche gli alloggi delle religiose) ad attività sanitarie non solo in ambito convenzionato ma anche in regime privato. Sono nella presente fattispecie applicabili gli stessi principi già affermati – tra le parti – nei precedenti di questa Corte nn. 17297 e 17298 del 2021, aventi ad oggetto altre annualità IMU, ed invocati anche da Roma Capitale nell’ odierno ricorso ; (v. anche, tra le parti, Cass. n. 5062/15);
5. il ricorso merita, dunque, accoglimento e la controversia può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con il rigetto dell’originario ricorso di parte contribuente;
in ragione del succedersi nel tempo delle interpretazioni giurisprudenziali richiamate che hanno chiarito gli esatti termini RAGIONE_SOCIALE tematica in questione, le spese dell’intero giudizio di merito possono essere compensate tra le parti, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso di parte contribuente. Compensa le spese dei gradi di merito e condanna la ‘RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore di parte ricorrente, in euro 5.800,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge se dovuti;
Così deciso nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione Tributaria in data