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Esenzione IMU Enti Religiosi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha negato l’esenzione IMU a un istituto religioso per un immobile adibito a casa per ferie. La sentenza chiarisce che la presenza di un corrispettivo, anche se a tariffe ridotte, e un rilevante volume d’affari qualificano l’attività come commerciale, escludendo il diritto all’agevolazione. Viene inoltre ribadito che l’onere di provare i requisiti per l’esenzione IMU per enti religiosi spetta interamente al contribuente.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione IMU Enti Religiosi: quando l’attività ricettiva diventa commerciale?

La questione dell’esenzione IMU per gli enti religiosi che svolgono attività ricettive è da tempo al centro di un acceso dibattito giurisprudenziale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo criteri rigorosi per distinguere un’attività non commerciale, e quindi esente, da una commerciale. La decisione sottolinea come il pagamento di un corrispettivo e l’onere della prova a carico del contribuente siano elementi determinanti. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I fatti di causa

Un istituto religioso si è opposto a un avviso di accertamento IMU emesso da un Comune, con cui si contestava il mancato pagamento dell’imposta per un immobile adibito a un duplice uso. Una parte dell’edificio era destinata alla residenza di sacerdoti e studenti, mentre un’altra ala funzionava come “Casa per Ferie”, accogliendo pellegrini e gruppi a fronte del pagamento di una retta.

L’istituto sosteneva la natura non commerciale dell’attività ricettiva, evidenziando che le tariffe erano inferiori alla media di mercato, la gestione era in perdita e l’accoglienza era rivolta a una specifica utenza con finalità religiose. Se in primo grado la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione all’ente, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello del Comune. La controversia è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La questione dell’Esenzione IMU per Enti Religiosi in Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’istituto religioso, confermando la decisione di secondo grado e fornendo motivazioni dettagliate su tre punti principali sollevati dal ricorrente.

1. L’inefficacia del giudicato esterno

L’istituto aveva invocato una precedente sentenza favorevole relativa all’IMU dell’anno precedente per gli stessi immobili. La Corte ha respinto questo motivo, chiarendo che l’efficacia vincolante di una sentenza passata (giudicato esterno) si applica solo a elementi stabili e permanenti. Nel caso delle imposte annuali come l’IMU, l’attività svolta nell’immobile è un fatto variabile che può cambiare di anno in anno. Pertanto, una decisione favorevole per un’annualità non garantisce automaticamente lo stesso esito per le successive, a meno che il contribuente non dimostri la perfetta coincidenza delle condizioni, cosa non avvenuta nel caso di specie.

2. Il divieto di nuove argomentazioni in appello

Il ricorrente lamentava che il Comune avesse introdotto nuovi argomenti in appello, violando il divieto di ius novorum. Anche questa doglianza è stata respinta. La Cassazione ha precisato che il divieto riguarda solo le eccezioni “in senso tecnico” (che introducono nuovi fatti costitutivi della pretesa), ma non le mere difese o argomentazioni che sviluppano quanto già contenuto nell’originario avviso di accertamento.

Le motivazioni

Il cuore della decisione riguarda l’interpretazione dei requisiti per ottenere l’esenzione IMU. La Corte di Cassazione ha ribadito principi ormai consolidati in materia, che costituiscono una guida fondamentale per tutti gli enti non commerciali.

Il primo punto chiave è l’onere della prova, che, ai sensi dell’art. 2697 c.c., grava interamente sul contribuente che chiede di beneficiare dell’esenzione. Non spetta all’amministrazione finanziaria dimostrare che l’attività è commerciale, ma è l’ente a dover provare concretamente la sussistenza di tutti i requisiti, sia soggettivi che oggettivi, previsti dalla legge.

Il secondo aspetto cruciale è la qualificazione dell’attività come non commerciale. Secondo la Corte, il semplice fatto che l’attività sia svolta in perdita o che le tariffe siano inferiori a quelle di mercato non è sufficiente a escluderne la commercialità. L’elemento dirimente è la natura del corrispettivo richiesto agli ospiti. Per non essere considerato commerciale, il corrispettivo deve essere puramente simbolico e non proporzionato al costo del servizio offerto. Nel caso esaminato, la presenza di un volume d’affari rilevante e di rette strutturate, seppur ridotte, è stata interpretata come indice di un’attività economica svolta con modalità commerciali, che entra in concorrenza con altre strutture ricettive.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un orientamento rigoroso in materia di esenzione IMU per gli enti religiosi. Gli enti che svolgono attività potenzialmente commerciali, come quelle ricettive, devono essere consapevoli che l’onere di dimostrare la natura non commerciale delle loro prestazioni è interamente a loro carico. Non basta operare senza scopo di lucro o con finalità solidaristiche; è necessario provare che il servizio non viene offerto secondo logiche economiche e che l’eventuale corrispettivo richiesto ha un carattere meramente simbolico. In assenza di tale prova rigorosa, il rischio di vedersi negare l’esenzione e subire un accertamento fiscale è molto concreto.

Quando un ente religioso ha diritto all’esenzione IMU per un’attività ricettiva?
Un ente religioso ha diritto all’esenzione IMU solo se dimostra che l’attività ricettiva è svolta con modalità non commerciali. Ciò significa, secondo la Corte, che l’eventuale corrispettivo pagato dagli ospiti deve essere puramente simbolico e non proporzionato al costo del servizio, indipendentemente dal fatto che la gestione sia in perdita.

Su chi ricade l’onere di provare i requisiti per l’esenzione IMU?
L’onere della prova grava interamente sul contribuente. È l’ente religioso che deve dimostrare concretamente di possedere tutti i requisiti oggettivi e soggettivi per beneficiare dell’esenzione, non spetta all’amministrazione finanziaria provare il contrario.

Una precedente sentenza favorevole su un’annualità d’imposta garantisce l’esenzione per gli anni successivi?
No. Una sentenza favorevole su un’annualità precedente non è automaticamente vincolante per gli anni successivi. Poiché l’attività svolta in un immobile può cambiare nel tempo, il giudicato si applica solo a elementi giuridici permanenti e non a fatti variabili, a meno che non si dimostri che le condizioni sono rimaste identiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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