Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18941 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18941 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14217/2023 R.G., proposto
DA
‘ RAGIONE_SOCIALE , con sede in Firenze, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Pistoia, ove elettivamente domiciliata (indirizzo p.e.c. per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL ), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Comune di Pistoia, in persona del Sindaco pro tempore , autorizzato a resistere nel presente procedimento in virtù di determinazione resa dal Dirigente dell’U.O. Affari Legali del medesimo Comune il 2 agosto 2023, n. 1442, e di decreto reso dal Sindaco del medesimo Comune il 3 agosto 2023, n. 147, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Firenze, elettivamente domiciliato presso lo studio legale
ICI – IMU ACCERTAMENTO ESENZIONE LOCALI RAGIONE_SOCIALE TRASFERIMENTO DI SEDE OSPEDALIERA
RAGIONE_SOCIALE ‘, con sede in Roma (indirizzo p.e.c. per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL ), giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana il 28 febbraio 2023, n. 160/06/2023;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27 maggio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per la ricorrente, l’Avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso:
udito, per il controricorrente, l’Avv. NOME COGNOME per delega dell’Avv. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. L ” RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana il 28 febbraio 2023, n. 160/06/2023, la quale, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento n. 7497 del 14 ottobre 2019, notificato con p.e.c. del 14 ottobre 2019, da parte del Comune di Pistoia per l’omesso versamento dell’IMU relativa all’anno 201 4 nella misura di € 299. 033,00, oltre a sanzioni amministrative ed interessi moratori, in relazione a vari immobili ubicati nel medesimo Comune, tra i quali: a) i l complesso relativo all’area ospedaliera del Ceppo, comprensivo dell’immobile denominato
‘ Piloto ‘ e di alcuni piccolissimi resedi (particelle 536 sub. 5/N e 536 sub. 5/S del folio 205, 456 e 464 del folio 205, particelle 77, 506 sub. 1, 506 sub. 2 e 508 del folio 205); b) il complesso relativo all’area delle INDIRIZZO ( particelle 28 e 195 del folio 181); c) l’immobile sito in INDIRIZZO, facente parte del Centro RAGIONE_SOCIALE presso la RAGIONE_SOCIALE del INDIRIZZO (particella 236 sub. 3 del folio 177); d) l’immobile sito in INDIRIZZOangolo INDIRIZZO COGNOME adibito a centro stampa, magazzino ed archivio (particella 408 sub. 63 del folio 204); e) terreni facenti parte del complesso del nuovo Ospedale San Jacopo (particelle 269, 271, 273 del folio 236 e 606 del folio 253); f) altri terreni (particelle 178 del folio 130, 172, 198, 199, 200, 201, 202 del folio 131); ha parzialmente accolto sia l’appello proposto in via principale dal Comune di Pistoia, con riferimento al complesso dell’ ex ospedale del Ceppo, nonché con riferimento all’immobile denominato ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ e a quello sito in INDIRIZZO, che l’appello proposto in via incidentale dall” Azienda RAGIONE_SOCIALE , con riguardo all’ applicabilità della riduzione prevista dall’art. 13, comma 3, lett. a), del d.l. 6 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in relazione all’immobile delle INDIRIZZO Sbertoli, avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Pistoia il 28 settembre 2021, n. 175/01/2021, con compensazione delle spese giudiziali.
2. Il giudice di appello ha parzialmente riformato la decisione di prime cure – che aveva parzialmente accolto il ricorso originario della contribuente con riguardo al complesso del Ceppo, all’immobile del ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ed all’immobile di INDIRIZZO -sul rilievo:
A) con riferimento all’appello proposto in via principale:
– che la decisione di prime cure sarebbe errata nel porre a carico del l’ente impositore l’onere di provare il mutamento della destinazione degli immobili ai compiti istituzionali, stante l’orientamento della giurisprudenza di l egittimità in materia di ripartizione dell’ onus probandi nei casi di esenzioni da IMU, escludendo che la circostanza del pacifico riconoscimento dell’esenzione nei precedenti periodi di imposta costituirebbe una inversione dell’onere probatorio;
che, in considerazione degli orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità, le esenzioni previste d all’art . 7, comma 2, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e d all’ art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, potrebbero essere riconosciute soltanto a fronte di un effettivo e concreto utilizzo a fini istituzionali dell’immobile, che , nel caso di specie (e, in special modo, per il complesso del Ceppo), non sussisterebbe, avendo l’originaria destinazione ospedaliera « assunto una connotazione astratta, ipotetica, virtuale »;
che, in particolare, sempre per il complesso del Ceppo, nell’avviso di accertamento si sarebbero tenute presenti, considerandole esenti da IMU, le superfici effettivamente utilizzate dalla contribuente, quali risultanti dalla dichiarazione ai fini della TARES relativa all’anno 2013 (mq. 2.795) e dalle dichiarazioni rese in autonomo giudizio dalla stessa contribuente in ordine alle superfici produttive di rifiuti speciali (mq 9.256); laddove, per tutte le altre superfici facenti parte del complesso del Ceppo, nessuna esenzione spetterebbe, non essendo stata provato alcun concreto utilizzo a fini istituzionali; – che la tesi della contribuente – secondo cui anche gli spazi non utilizzati, per la loro intima connessione con le funzioni sanitarie pacificamente ancora svolte nel complesso del Ceppo
e
per l’impossibilità
di destinarli
ad altre
funzioni,
parteciperebbero dell’esenzione -non risulterebbe condivisibile; e questo in quanto « ciò che rileva non è tanto che si fosse o non si fosse verificato un mutamento di destinazione dell’immobile tale da consentirne un’utilizzazione diversa da quella sanitaria, ma che nell’anno 201 4 vi fosse o meno una concreta ed effettiva utilizzazione a fini istituzionali della ASL »;
-che soltanto una mancata utilizzazione delle superfici, giustificabile con la « necessità di effettuare lavori », avrebbe consentito l’applicazione dell’esenzione, mentre , nel caso di specie, la mancata utilizzazione risulterebbe conseguenza del trasferimento delle funzioni ospedaliere nel l’anno 2013, « senza che fosse stata individuata concretamente una utilizzazione degli immobili alternativa » , considerata la ‘ mutevolezza ‘ degli accordi di programma succedutisi nel tempo, che proverebbe l’inutilizzo degli immobili dismessi alla funzione ospedaliera e la non prevedibilità di un loro utilizzo alternativo; parimenti irrilevante sarebbe la previsione di realizzazione nell’area del INDIRIZZO di una Casa della Salute;
che l’attività di deposito e rimessaggio di materiale a servizio della contribuente, a cui pacificamente erano destinati nel l’anno 2014 parte della superficie del complesso del Ceppo e l’immobile del ‘ Piloto ‘ , non costituirebbe, comunque, una destinazione connessa a quella sanitaria, e quindi rientrante nei fini istituzionali giustificanti l’esenzione ;
che, per quanto concerne l’immobile di INDIRIZZO, il giudice di appello avrebbe semplicemente rilevato che il pacifico impedimento all’utilizzo non avrebbe potuto giustificare l’esenzione ;
B ) con riferimento all’appello proposto in via incidentale:
-che l’atto impositivo sarebbe munito di adeguata motivazione;
che il complesso delle INDIRIZZO COGNOME sarebbe pacificamente inutilizzabile « perché inagibile e in condizioni di rischio di stabilità »; né potrebbe applicarsi la riduzione prevista per gli edifici inagibili, mancando la relativa istanza della contribuente;
che, in riferimento all’immobile di INDIRIZZO –INDIRIZZO, non risulterebbe provato l’utilizzo a fini sanitari, non essendo sufficiente l’aver documentato l’esistenza di un centro riabilitazione presso la RAGIONE_SOCIALE. INDIRIZZO Puccini;
che, in ordine ai terreni a servizio del presidio ospedaliero, non spetterebbe l’esenzione « che compete solo per gli immobili ove viene svolta in via diretta, concreta e non mediata l’attività istituzionale dell’ente ».
Il Comune di Pistoia ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc., civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato a dodici motivi.
Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso ex art. 360bis cod. proc. civ. per conformità della sentenza impugnata alla giurisprudenza di legittimità, alla luce dell’orientamento espresso da questa Corte sul thema decidendum in senso discordante dalla linea difensiva del controricorrente.
Con il primo motivo si denuncia: « I) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 comma 2 lett. a) del D.Lgs. 30.12.1992 n. 504 e dell’articolo 9 comma 8 del D.Lgs. 14.3.2011 n. 23, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata risulta viziata in quanto, pur ritenendo accertato il parziale utilizzo dell’ ex presidio ospedaliero del Ceppo a fini ancora sanitari, esclude l’esenzione, di cui alla normativa indicata, per l’intero complesso.
A suo dire: « La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, in sintesi, ha escluso le esenzioni previste dall’art. 9 comma 8 del D.Lgs. 23/2011 e dall’art. 7 comma 1 lett. a) del D.Lgs. 504/1992, in quanto non risulterebbe, per l’anno di accertamento, alcun utilizzo concreto tale da giustificarle, avendo il Comune, in sede di accertamento, già tenuto conto delle superfici ritenute utilizzate in quanto dichiarate ai fini TARES, ovvero indicate dalla stessa Azienda Usl come produttive di rifiuti speciali » (pagina 12 del ricorso).
Con il secondo motivo, si denuncia: « II) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 comma 2 lett. a) del D.Lgs. 30.12.1992 n. 504 e dell’articolo 9 comma 8 del D.Lgs. 14.3.2011 n. 23, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
« In particolare, si contesta l’assunto della sentenza , di cui al l’intero capo 3.4 (da 3.4.1. a 3.4.12), in cui si afferma l’applicabilità dell’esenzione solo a fronte di un utilizzo effettivo e concreto del cespite, quando la giurisprudenza univoca di Codesta Suprema Corte, come riportata nel prece-dente motivo di impugnazione (a cui si rinvia) e come citata anche nella sentenza impugnata, afferma chiaramente che non tutti i mancati utilizzi comportano il venir meno dell’esenzione in questione, ma solo quelli che sono indizio della cessazione della destinazione del bene a fini istituzionali » (pagina 19 del ricorso).
I predetti motivi -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta per la comune attinenza alla
questione della destinazione degli immobili a finalità istituzionali -sono fondati.
4.1 Come è stato già affermato da questa Corte in analoga controversia tra le medesime parti per diversa annualità dell’IMU ( vedasi: Cass., Sez. Trib., 28 giugno 2024, n. 17954), il temporaneo inutilizzo (per ragioni più o meno transitorie) non equivale alla definitiva cessazione della destinazione pubblicistica del bene; per cui, anche la perdita dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (al pari di quella prevista dall’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23), può giustificarsi soltanto in presenza di una situazione di fatto o di una scelta dell’ente pubblico che determini l’irreversibile inutilizzabilità del bene per l’attuazione delle finalità istituzionali (come nel caso del venir meno della sua disponibilità), non essendo sufficiente a tal fine la sopravvenienza di una materiale interruzione (ancorché di imprevedibile durata) nella latente continuità della vocazione funzionale del bene, anche se il ripristino dell’originaria destinazione (seppure in relazio ne strumentale ad un diverso settore della medesima amministrazione) possa dipendere dalle scelte organizzative o dalle esigenze finanziarie dell’ente pubblico (in termini: Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, n. 3445).
Per cui, le ragioni sottese alla temporanea e parziale irrealizzabilità della funzione pubblica (a seguito dell’avvenuto trasferimento nella nuova sede delle dotazioni occorrenti e del personale competente all’erogazione dei servizi primari) erano ininflue nti ai fini della conservazione dell’esenzione fondata sulla destinazione residuale degli immobili (attraverso l’utilizzo per attività meramente complementari e sussidiarie rispetto alle attività primarie di prevenzione, diagnosi, cura, assistenza
e terapia per la tutela della salute) agli scopi istituzionali dell’ente pubblico.
Per cui, con riguardo ai fabbricati costituenti il vecchio ‘ Ospedale del Ceppo ‘, la sentenza impugnata si è discostata da tali principi con la difforme conclusione che « la presenza di aree utilizzate a fini istituzionali è stata ben tenuta presente dal Comune, che ha preso atto che in alcuni locali dell’ ex ospedale in Ceppo continuavano ad essere svolte attività sanitarie limitando la pretesa alle restanti aree che la stessa ASL aveva dichiarato inutilizzate » (par. 5).
Il giudice di appello, anziché fare corretta applicazione dei suesposti principî, ha improntato l’intera decisione su un rilevato inutilizzo delle superfici accertate, senza, tuttavia, verificare se ciò fosse sintomo di un irreversibile mutamento della destinazione a fini protetti del bene; ed anzi escludendo che questo potesse rilevare ai fini del riconoscimento dell’esenzione (par. 3.4.3, secondo cui « ciò che rileva non è tanto che si fosse o non si fosse verificato un mutamento di destinazione dell”immobile tale da consentirne un’utilizzazione diversa da quella sanitaria, ma che nell’anno 201 4 vi fosse o meno una concreta ed effettiva utilizzazione a fini istituzionali dell’ASL »), ed arrivando persino ad affermare che solo la concreta esecuzione di lavori sugli immobili avrebbe potuto giustificare l’esenzione (par. 3.4.7).
Laddove, non si può far discendere ipso iure dal trasferimento delle funzioni ospedaliere la cessazione di ogni collegamento tra la struttura e la destinazione preesistente, giacché, nonostante l’interruzione definitiva dei servizi primari (ricoveri, cure chirurgiche, interventi di chirurgia e medicina in genere), un residuale esercizio delle funzioni istituzionali (sanitarie, amministrative e strumentali) -ancorché di carattere
meramente accessorio e secondario rispetto alle funzioni principali stricto sensu , il cui esercizio era già ripreso nella nuova sede – era proseguito nei locali in corso di dismissione anche oltre la data fissata per l’entrata in funzione del nuovo ‘ Ospedale San Jacopo ‘ (13 luglio 2013) in modo da garantire un graduale e progressivo completamento (fino a totale esaurimento) dell’articolato e complesso trasferimento della struttura ospedaliera.
Per cui, nel caso di specie, non si poteva aprioristicamente affermare che il parziale mancato utilizzo del complesso del Ceppo, seppur originato pacificamente dal trasferimento delle funzioni ospedaliere, avesse comportato una perdita della destinazione a fini istituzionali del cespite, senza tener conto dell’incidenza a tal fine della disciplina urbanistica, con l’argomento che « ciò che rileva non è tanto che si fosse o non si fosse verificato un mutamento di destinazione dell’immobile tale da consentirne un’utilizzazione diversa da quella sanitaria, ma che nell’anno 201 4 vi fosse o meno una concreta ed effettiva utilizzazione a fini istituzionali dell’ASL » (par. 3.4.3), pervenendo alla conclusione che: « Si tratta di un errore prospettico in cui è caduta la Commissione tributaria provinciale che ha ritenuto sussistere i presupposti per l’esenzione dal fatto che non era intervenuto un cambio di destinazione tale da determinare ‘la definitiva inidoneità al prospettico asservimento alle funzioni istituzionali dell’Ente’ » (par. 3.4.4).
Laddove, per stessa ammissione del giudice di appello: « Gli accordi programmatici succedutisi nel tempo (…) proprio in ragione della loro mutevolezza, costituiscono la migliore prova, non solo, che gli immobili dismessi dalla funzione ospedaliera erano rimasti di fatto inutilizzati, ma anche e soprattutto che
non fosse prevista né prevedibile concretamente una loro utilizzazione alternativa a quella ospedaliera (…) » (par. 3.4.9 e 3.4.10), confermando a contrario -secondo il condivisibile rilievo della ricorrente -che « proprio la ‘mutevolezza’ degli accordi di programma succeduti nel tempo e soprattutto la non efficacia nel 2014 delle destinazioni urbanistiche attuative di iniziativa pubblica, impedivano, in quel momento, che il cespite fosse utilizzato ed anche solo concretamente destinato a funzioni diverse ed alternative rispetto a quelle sanitarie, nonostante il trasferimento dei reparti ospedalieri » e che « la parziale mancata utilizzazione del complesso del Ceppo non poteva considerarsi sintomo della perdita della destinazione a fini protetti; e ciò perché, semplicemente, detta destinazione nel 2015 non avrebbe potuto essere mutata (come riconosciuto dal Giudice di appello) » (pagina 21 del ricorso).
4.2 In tale prospettiva, quindi, non è rilevante la constatazione del giudice di appello che: « Nessuna attività intimamente connessa a quella sanitaria è ravvisabile nella funzione di deposito, rimessaggio di materiale disparato in attesa di ricollocamento che emerge dalla lettura delle diverse richieste facchinaggio/trasloco prodotte dall’ ASL » (par. 3.4.13).
E, comunque, non può sottacersi che: « La funzione di archivio, magazzino e logistica, cui sono state adibite alcune superfici del Ceppo a seguito del trasferimento dell’ospedale ed a cui è stato da sempre destinato l’immobile del Piloto (comunque facente parte del complesso del vecchio nosocomio) sono strettamente strumentali rispetto allo svolgimento delle funzioni sanitarie ed amministrative proprie della Azienda Usl. (…) La funzione di magazzino partecipa, pertanto, strumentalmente allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’Ente, essendo volta a garantire la logistica delle
attrezzature necessarie per lo svolgimento di tali compiti » (pagina 29 del ricorso).
Con il terzo motivo, si denuncia: « III) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 comma 2 lett. a) del D.Lgs. 30.12.1992 n. 504 e dell’articolo 9 comma 8 del D.Lgs. 14.3.2011 n. 23, dell’art. 62 D.Lgs. 504/1993 ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.; Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 D.Lgs. 546/1992 e dell’art. 116 c.p.c. ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
A dire della ricorrente: « Si contesta la sentenza impugnata ove afferma, al capo 3 (da 3.3.1 a 3.3.4) , che le superfici dell’ ex ospedale del Ceppo effettivamente utilizzate a fini protetti dalla Azienda Usl nell’anno 201 4 corrispondono a quelle dichiarate ai fini TARES nonché a quelle dichiarate produttive di rifiuti speciali dalla stessa Azienda in sede di giudizio IMU 2013 » (pagina 24 del ricorso).
5.1 Il predetto motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo e del secondo motivo, risultandone superfluo ed ultroneo lo scrutinio.
5.2 In ogni caso, si può evidenziare ad abundantiam che la quiescenza del collegamento con le funzioni istituzionali non può essere contraddetto dalle dichiarazioni presentate dalla contribuente per la TARES, che hanno altri presupposti e altre funzioni, non risultando incompatibili con una permanenza della destinazione istituzionale, ancorché attenuata ed allentata. Difatti, il concetto di utilizzo a fini istituzionali si estende (oltre alle superfici destinate a funzioni strettamente sanitarie) anche alle ulteriori superfici destinate a funzioni strumentali alle prime e, comunque, alle superfici che, ancorché non utilizzate, non hanno perduto la destinazione allo
svolgimento di funzioni istituzionali, in quanto ad esse ancora strettamente connesse.
Per cui, il computo delle superfici produttive di rifiuti speciali e di rifiuti urbani ai fini della TARES risulta irrilevante nell’apprezzamento della destinazione ( effettiva o quiescente) a compiti istituzionali. Laddove, ai fini dell’ IMU, l’ esenzione concerne anche le superfici parzialmente o temporaneamente non utilizzate, che abbiano, tuttavia, mantenuto la destinazione a fini istituzionali.
Con il quarto motivo, si denuncia: « IV) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. ».
A dire della ricorrente: « Si contesta la sentenza impugnata ove ai capi da 3.4.10 a 3.4.12 afferma, in relazione al cespite del Ceppo, che, stanti gli accordi di programma succedutisi nel tempo ‘ gli immobili dismessi alla funzione ospedaliera erano rimasti di fatto inutilizzati … e che non fosse prevista né prevedibile concretamente una loro utilizzazione alternativa a quella ospedaliera tale da far ritenere mantenuta la loro destinazione istituzionale. Ciò sarebbe stato necessario per evitare che tale destinazione assumesse una connotazione astratta, ipotetica, virtuale, come tale incompatibile con quel carattere di concretezza, effettività ed attualità richiesti dalla norma di esenzione, secondo quanto richiesto nella sentenza della Cassazione n. 10289. È pertanto assolutamente irrilevante la circostanza che fosse stata progetta(ta) a realizzazione di una Casa della Salute, di cui si fa riferimento nella nota esplicativa della movimentazione dei servizi, peraltro priva di data ‘ » (pagina 27 del ricorso).
6.1 Il predetto motivo è fondato.
6.2 Invero, tale argomentazione della sentenza impugnata « non tiene conto del fatto storico -(…) decisivo per il giudizio – ampiamente dedotto sia nelle controdeduzioni che nella memoria illustrativa depositate nel secondo grado di giudizio (che si allegano al presente ricorso sub 8 e sub 14) che ampi spazi del complesso del Ceppo, anche non utilizzati nel 2014, sono stati successivamente al 2014 riconvertiti a funzioni sanitarie ed addirittura ospedaliere » (pagine 27 e 28 del ricorso).
Per cui, nella formazione del proprio convincimento, il giudice di appello ha trascurato di valutare « la significatività e varietà delle funzioni sanitarie ricollocate, nel tempo, all’interno dell’area del Ceppo (reparto Covid, reparto di cure intermedie, servizi socio-sanitari del territorio, reparto di odontoiatria, centro prelievi centro ausili e protesi, ambulatorio di continuità assistenziale, hub vaccinale, ambulatori dei medici di medicina generale, hub vaccinale pediatrico, 118) (…), che avrebbe dovuto condurre ad affermare la permanenza di una concreta destinazione a fini istituzionali del cespite anche dopo il trasferimento delle funzioni ospedaliere ed anche a fronte di un parziale inutilizzo del cespite nel 2014 » (pagina 28 del ricorso). 7. Con il quinto motivo, si denuncia: « V) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 comma 2 lett. a) del D.Lgs. 30.12.1992 n. 504 e dell’articolo 9 comma 8 del D.Lgs. 14.3.2011 n. 23, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
A dire della ricorrente: « Si contesta la sentenza impugnata ove afferma ai capi 3.4.13 e 4 ‘ Nessuna attività intimamente connessa a quella sanitaria è ravvisabile nella funzione di deposito, rimessaggio di materiale disparato in attesa di ricollocamento che emerge dalla lettura delle diverse richieste facchinaggio/trasloco prodotte dall’ASL. Quan to sin qui esposto
costituisce motivo di accoglimento dell’appello anche con riferimento all’immobile RAGIONE_SOCIALE, adibito a magazzino e logistica, per il quale è stata prodotta solamente una mail di un dipendente relativa al reperimento, in detti locali, di materiale di pertinenza dell’ospedale ‘ » (pagina 29 del ricorso) .
7.1 Il predetto motivo è infondato.
7.2 In base a tale prospettazione, la funzione di archivio, magazzino e logistica, cui erano state adibite alcune superfici del complesso del Ceppo a seguito del trasferimento dell’ospedale ed a cui era stato da sempre destinato l’immobile del Piloto (comunque, facente parte del complesso del vecchio nosocomio) sarebbero strettamente strumentali rispetto allo svolgimento delle funzioni sanitarie ed amministrative proprie dell’ente ospedaliero.
7.3 Tuttavia, ribadite le conclusioni generali del precedente par. 4.2, con specifico riguardo al fabbricato ‘ Piloto ‘, che era materialmente separato dai fabbricati costituenti il vecchio ‘ INDIRIZZO Ceppo ‘, il giudice di appello ha valutato l’insufficienza della prova fornita dalla contribuente, che si era limitata a documentare un mero scambio di mail tra propri dipendenti del 3 dicembre 2016 e del 6 dicembre 2016, in ordine alla perdurante destinazione dei relativi locali a deposito ed archivio. Per cui, si trattava di attività meramente materiali prive di una diretta e immediata strumentalità rispetto alle attività istituzionali.
Con il sesto motivo, si denuncia: « VI) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 comma 2 lett. a) e lett. i) del D.Lgs. 30.12.1992 n. 504 e dell’articolo 9 comma 8 del D.Lgs. 14.3.2011 n. 23, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
A dire della ricorrente: « Si contesta la sentenza impugnata nella parte in cui afferma (capi 5 e 5.1) : ‘in relazione agli
immobili di INDIRIZZO è pienamente condivisibile quanto esposto al par. 6 dei motivi di appello. Non si è trattato di un impedimento temporaneo ma di una prolungata e definitiva inutilizzabilità degli immobili, tale da escludere la loro destinazione a sc opi istituzionali’. Detta statuizione esclude l’applicabilità all’immobile di INDIRIZZO delle esenzioni in epigrafe indicate, sulla base di un criterio meramente temporale dell’impedimento all’utilizzo dei locali » (pagina 30 del ricorso).
8.1 Il predetto motivo è infondato.
8.2 Secondo la sentenza impugnata: « In relazione agli immobili di INDIRIZZO è pienamente condivisibile quanto esposto al § 3 dei motivi di appello. (…) Non si è trattato di un impedimento temporaneo ma di una prolungata e definitiva inutilizzabilità degli immobili, tale da escludere la loro destinazione a scopi istituzionali » (capi 5 e 5.1).
Dunque, con riguardo al fabbricato ubicato in INDIRIZZO, il giudice di appello ha correttamente ritenuto che la prolungata inagibilità per infiltrazioni idriche sin da epoca antecedente al trasferimento della sede ospedaliera non potesse costituire un impedimento solo temporaneo all’utilizzazione per gli scopi istituzionali, che neppure poteva essere ripristinata per il residuale esercizio di attività accessorie e secondarie, per cui la cessazione della originaria destinazione alle funzioni sanitarie era ormai tendenzialmente definitiva ed irreversibile. 9. Con il settimo motivo, si denuncia: « VII) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 comma 2 lett. a) e lett. i) del D.Lgs. 30.12.1992 n. 504 e dell’articolo 9 comma 8 del D.Lgs. 14.3.2011 n. 23, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
A dire della ricorrente: « Si contesta la sentenza impugnata ove afferma, al capo 7 ‘ con riferimento al complesso delle Ville
COGNOME è pacifica la sua inutilizzabilità perché inagibile e in condizioni di rischio stabilità ‘ » (pagina 31 del ricorso).
10. Con l’ottavo motivo, si denuncia: « VIII) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 8 comma 1 del D.Lgs. 504/1992, e dell’art. 10 Legge 212/2000, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ». A dire della ricorrente: « Si contesta il capo 7.1 e 7.1.1 della sentenza impugnata ove afferma ‘ Anche la richiesta subordinata di riduzione per inagibilità va rigettata. Essendo richieste specifiche caratteristiche di fatiscenza per usufruire della riduzione, non era sufficiente la conoscenza dello stato di inagibilità da parte del Comune ma era necessaria la presentazione di una domanda, con richiesta di perizia tecnica o con allegazione di una dichiarazione sostitutiva di notorietà ‘ » (pagina 31 del ricorso).
11. I predetti motivi -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta per la comune attinenza allo stato di inagibilità di uno degli immobili -sono fondati.
11.1 Secondo la sentenza impugnata: « Anche la richiesta subordinata di riduzione per l’inagibilità va rigettata. Essendo richieste specifiche caratteristiche di fatiscenza per usufruire della riduzione, non era sufficiente la conoscenza dello stato di inagibilità da parte del Comune ma era necessario la presentazione di domanda, con richiesta di perizia tecnica o con allegazione di una dichiarazione sostitutiva di notorietà » (capi 7.1 e 7.1.1).
11.2 Certamente, si deve escludere il riconoscimento dell’esenzione per destinazione ad attività istituzionali ( ex art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23), giacché lo stato di inagibilità e inutilizzabilità (con il rischio per la stabilità) del fabbricato comporta una duratura e prolungata cessazione
della originaria destinazione alle funzioni sanitarie, per il cui ripristino occorrono opere di radicale ristrutturazione.
Tuttavia, stante la formulazione (in via subordinata) del petitum con il ricorso originario, si può riconoscere la riduzione per l’inagibilità e inutilizzabilità, essendo pacifico che, in tema di IMU, la riduzione d’imposta, prevista ratione temporis dall’art. 13, comma 3, lett. b), del d.l. 6 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, va riconosciuta, anche in assenza di una formale e preventiva richiesta del contribuente, quando il Comune ha una conoscenza qualificata, documentabile e derivata dall’esercizio dell’attività amministrativa propria dell’ente territoriale, anche se per finalità extra-tributarie, dello stato d’inagibilità dell’immobile, restando irrilevante la mera ed estemporanea conoscenza di fatto della situazione suscettiva di integrare i presupposti del beneficio fiscale (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 26 marzo 2021, n. 8592; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35474; Cass., Sez. Trib., 11 luglio 2023, n. 19665; Cass., Sez. Trib., 29 marzo 2025, n. 8280).
11.3 Nella specie, la sentenza impugnata ha confermato la piena consapevolezza dell’ente impositore circa la fatiscenza del complesso delle Ville Sbertoli, avendo affermato che: « Con riferimento al complesso delle Ville Sbertoli è pacifica la sua inutilizzabilità perché inagibile e in condizioni di rischio stabilità » (par. 7).
Con il nono motivo, si denuncia: « IX) Nullità della sentenza per violazione dell’art. 116 c.p.c., ex art. 360 n. 4 c.p.c. ».
A dire della ricorrente: « Si contesta l ‘intero capo 8 (da 8.1 a 8.1.1) della sentenza impugnata ove afferma ‘ Con riferimento all’immobile di INDIRIZZO, l’ASL assume che si trattava di un fabbricato un tempo adibito a casa
del Parroco, che avrebbe poi acquisito un utilizzo sanitario in quanto a servizio della riabilitazione, avente sede nel complesso immobiliare contiguo. Di ciò però non vi è prova in atti non essendo sufficiente la prova dell’esistenza del centro di riabilitazione presso la RSA Villon Puccini. Sarebbe stato necessario fornire la prova che anche l’immobile predetto, censito autonomamente in cat. A/4, fosse effettivamente annesso al centro’ » (pagina 32 del ricorso).
12.1 Il predetto motivo è inammissibile.
12.2 La sentenza impugnata ha ritenuto, in buona sostanza, che per il fabbricato sito in INDIRIZZO ( ex casa del Parroco) non fosse stata raggiunta la prova di un suo utilizzo a fini istituzionali da parte della contribuente.
12.3 A ben vedere, la censura tende a contestare l’accertamento fattuale del giudice di appello, che ha espressamente escluso il raggiungimento della prova sulla destinazione del fabbricato ad attività sanitarie in base alla sola collocazione contigua alla R.S.A.
In tal modo, però, sotto l’egida della prospettata violazione dell’art. 11 6 cod. proc. civ., essa introduce surrettiziamente una rivisitazione del merito della controversia, limitandosi a contrapporre, alle argomentazioni dei giudici di merito, proprie valutazioni (peraltro del tutto generiche) su elementi di fatto, finendo per formulare una richiesta di riesame del merito della lite, che non è consentita in questa sede di legittimità.
Difatti, si rammenta che, in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo ” prudente apprezzamento “, pretendendo di attribuirle un
altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867; Cass., Sez. 3^, 11 febbraio 2021, n. 3572; Cass., Sez. 5^, 13 gennaio 2022, n. 867; Cass., Sez. Trib., 27 luglio 2023, n. 22942; Cass., Sez. Trib., 29 aprile 2024, n. 11329; Cass., Sez. Trib., 17 aprile 2025, n. 10218).
13. Con il decimo motivo, si denuncia: « X) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 comma 2 lett. a) e lett. i) del D.Lgs. 30.12.1992 n. 504 e dell’articolo 9 comma 8 del D.Lgs. 14.3.2011 n. 23, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
A dire della ricorrente: « Si contesta il capo 9 della sentenza impugnata ove afferma: ‘ Con riferimento ai terreni a servizio del nuovo ospedale non spetta l’esenzione che compete solo per gli immobili ove viene svolta in via diretta, concreta e non mediata l’attività istituzionale dell’ente ‘ » (pagina 33 del ricorso).
13.1 Il predetto motivo è infondato.
13.2 In base alla prospettazione della ricorrente, « tale esenzione -pacificamente riconosciuta per il nuovo ospedale -non può che estendersi a tutte le parti di esso a servizio del nosocomio, compresi i terreni che ne fanno parte. Nei fatti, detti terreni, essendo -come accertato dal Giudice di appello
-a servizio del nuovo ospedale non possono che considerarsi pertinenze del medesimo ai sensi dell’articolo 817 c.c. ed in quanto tali partecipano alle relative esenzioni » (pagina 33 del ricorso).
Illustrando i motivi di appello incidentale, la sentenza impugnata ha riportato (par. 5.2.2) che: « I terreni identificati nel Foglio di Mappa 236 con le partt. 269 -271 -273 costituiscono pertinenza e resede del nuovo ospedale San Jacopo e il terreno di cui al Foglio di Mappa 253, part. 606 è destinato a servizio del presidio con funzione di cassa di laminazione. Di fatto, essi costituiscono aree a servizio dell’ospedale e pertanto non possono che considerarsi pertinenze del medesimo ai sensi dell’articolo 817 c.c., anche se aventi una rappresentazione catastale distinta. Su detti terreni risulta realizzata la pista ciclabile che collega il nuovo nosocomio alla città, nonché risultano parzialmente utilizzati come parcheggio gratuito a servizio dell’ospedale ».
13.3 Ora, l ‘art. 7, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, con riguardo all’ICI, considera le pertinenze ai fini dell’esenzione soltanto con riguardo ai fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto (lett. d). Per cui, trattandosi di norma agevolativa, la cui interpretazione deve essere restrittiva, si deve escludere che il beneficio possa estendersi anche alle pertinenze.
Peraltro, in relazione all’esenzione prevista dalla lett. a) della norma citata, una destinazione esclusiva (e diretta) dei terreni pertinenziali ai compiti istituzionali non sembra logicamente concepibile, apparendo più plausibile un’eventuale strumentalità a finalità non strettamente istituzionali, come parcheggi, giardini, cortili, marciapiedi, percorsi pedonali, piste ciclabili, strade carrabili, accessi per i fornitori et similia .
Altrettanto deve ribadirsi, con riguardo all’IMU, in ordine all’esenzione prevista dall’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23.
14. Con l’undicesimo motivo, si denuncia: « XI) Violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 7 del D.Lgs. 546/1992, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
A dire della ricorrente: « Si contesta la sentenza impugnata ove, in riforma della sentenza di primo grado, non riconosce in capo all’Amministrazione l’onere probatorio circa il mutamento comportante il ‘ venir meno della strumentalità dell’immobile allo svolgimento di funzioni istituzionali e la concreta destinazione del medesimo ad altri scopi ‘ (capo 2 e 2.1 e capo 3.4.6) » (pagina del 34 ricorso).
15.1 Il predetto motivo è infondato.
15.2 Secondo il giudice di appello, « la sentenza impugnata va censurata nella parte in cui pone a carico del Comune l’onere di provare il venir meno della strumentalità dell’immobile allo svolgimento di funzioni istituzionali e la concreta destinazione del medesimo ad altri scopi » (capo 2).
Stando al tenore della doglianza, in tale decisione, il giudice di appello « non ha tenuto conto della particolarità del caso di specie, che non permette una piana applicazione dei principî affermati dalla giurisprudenza citata nella sentenza impugnata ». (pagina 34 del ricorso).
15.3 Invero, l a prova dei requisiti per l’esenzione deve essere rinnovata anno per anno dal contribuente, non potendo valere a tal fine la produzione una tantum della relativa documentazione anche per gli anni successivi, per cui la sentenza impugnata ha correttamente concluso che: « La circostanza che in precedenti periodi d’imposta l’immobile fosse pacificamente destinato a funzioni istituzionali non
determina un’inversione dell’onere della prova in quanto non incide sulla regola generale in materia di prova posta dall’art. 2967 c.c .».
16. Con il dodicesimo motivo, si denuncia: « XII) Violazione dell’articolo 1 comma 162 della legge 27.12.2006 n. 296, dell’articolo 7 della legge 212/2000, dell’articolo 17 del D.Lgs. 472/1997, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
A dire della ricorrente: « La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha totalmente omesso di pronunciarsi in ordine al quinto motivo di appello incidentale proposto dalla Azienda Usl (…) » (pagina 38 del ricorso), il cui testo integrale è stato riportato e trascritto secondo il canone dell’autosufficienza (« ‘V) Violazione dell’articolo 1 comma 162 della legge 27.12.2006 n. 296; Violazione dell’articolo 7 della legge 212/2000; Violazione dell’articolo 17 del D.Lgs. 472/1997.
Si contesta la sentenza impugnata ove rigetta l’eccezione di difetto di motivazione dell’accertamento impugnato, affermando che ‘il Comune ha soddisfatto all’obbligo di motivazione su di esso gravante indicando in modo dettagliato, benché sintetico, le ragioni per le quali ha ritenuto che i diversi immobili fossero soggetti ad IMU e non trovasse applicazione l’esenzione di cui all’art. 7 D.Lgs. n. 504 del 1992’.
La statuizione è erronea, in quanto dall’avviso di accertamento impugnato non è dato dedurre nemmeno i criteri che hanno portato il Comune alla quantificazione delle superfici (con particolare riferimento al complesso del Ceppo) ritenute assoggettate ad imposta. Detta quantificazione è un presupposto di fatto essenziale dell’avviso di accertamento, la mancata indicazione (e giustificazione) del quale non può che comportare la nullità dell’avviso stesso per violazione delle norme in epigrafe indicate, contrariamente a quanto statuito
dalla CTP. Infatti, l’Amministrazione, ai fini della indicazione delle superfici oggetto di avviso, si è limitata a fare riferimento alle dichiarazioni TARES ed a non meglio precisate ‘dichiarazioni agli atti dell’ufficio per le aree soggette alla produzio ne di rifiuti speciali’.
Tuttavia:
dalla motivazione dell’accertamento non si comprende quali siano le dichiarazioni ai fini TARES ‘agli atti dell’ufficio’ cui ci si riferisce, né da chi provengano;
tali dichiarazioni comunque sono inerenti a diversi e distinti tributi, che nessun rilievo hanno ai fini IMU;
non si indicano, inoltre, né i criteri di accertamento, né il procedimento accertativo applicato.
Solo con le difese nel primo grado di giudizio, questa difesa ha potuto apprendere che le dichiarazioni cui ci si riferisce nell’avviso di accertamento erano quelle asseritamente rilasciate dal legale della contribuente nel giudizio attinente all’avviso di accertamento IMU 2013. Inoltre, solo nel giudizio, il Comune ha esplicitato il metodo di calcolo delle superfici ritenute tassabili ai fini IMU. Ma la tardiva motivazione esplicitata nel giudizio non può correggere la carenza della medesima nell’avviso di accertamento, che -si ripete -non consente di risalire ai dati utilizzati dal Comune per la quantificazione delle superfici tassabili.
Inoltre, la CTP non ha sufficientemente e correttamente valutato che prima di procedere alla emanazione degli avvisi era dovere dell’Amministrazione verificare l’esistenza di tutti i presupposti per l’applicazione dei tributi, e quantomeno, chiedere alla Azienda Usl ogni documentazione che fosse indispensabile a procedere a detti accertamenti, in applicazione dell’obbligo di leale collaborazione con il contribuente. Ciò a
maggior ragione, visto il contenzioso già in essere per gli avvisi di accertamento IMU dell’anno 2013, e la precedente pronuncia della CTP n. 116/2019, totalmente ignorata dal Comune di Pistoia.
Al contrario, il Comune si è limitato ad una verifica puramente formale, non aprendo un contraddittorio con il contribuente e non procedendo nemmeno al reale accertamento dello stato di fatto esistente. Pertanto, contrariamente a quanto statuito dalla CTP, l’avviso di accertamento impugnato non soddisfa gli obblighi di motivazione statuiti dall’art. 7 legge 212/2000, non contenendo chiare indicazioni in ordine né ai presupposti di fatto né ai presupposti di diritto che lo sorreggono’ » (pagine 37 e 38 del ricorso).
16.1 Il predetto motivo è infondato.
16.2 Nella sintetica e puntuale esposizione delle vicende processuali, la sentenza impugnata ha dato conto che il giudice di prime cure ha affermato « di condividere le valutazioni operate con la sentenza 116/2019 relativa all’imposta accertata per l’anno 2013, dopo aver precisato che ‘il Comune ha soddisfatto all’obbligo di motivazione su di esso gravante indicando in modo dettagliato, benché sintetico, le ragioni per le quali ha ritenuto che i diversi immobili fossero soggetti ad IMU e non trovasse applicazione l’esenzione di cui all’art. 7, d.lgs. n. 504 del 1992’ » (premessa de llo ‘ Svolgimento del processo ‘) , rinviando per relationem -come è consentito dall’art. 118, primo comma, disp. att. cod. proc. civ. -alla motivazione di un precedente conforme (ben individuato) tra le medesime parti per un diverso anno di imposta.
In proposito, questa Corte ha evidenziato che la sentenza di merito può essere motivata mediante rinvio ad altro precedente dello stesso ufficio (nella specie, reso tra le stesse
parti), in quanto il riferimento ai ” precedenti conformi ” contenuto nell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. non deve intendersi limitato ai precedenti di legittimità, ma si estende anche a quelli di merito, ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di identiche questioni, nell’ambito di un più ampio disegno di riduzione dei tempi del processo civile; in tal caso, la motivazione del precedente costituisce parte integrante della decisione, sicché la parte che intenda impugnarla ha l’onere di compiere una precisa analisi anche delle argomentazioni che vi sono inserite mediante l’operazione inclusiva del precedente, alla stregua dei requisiti di specificità propri di ciascun modello di gravame, previo esame preliminare della sovrapponibilità del caso richiamato alla fattispecie in discussione (Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2019, n. 2861; Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2021, n. 16999; Cass., Sez. 5^, 25 marzo 2022, n. 9695; Cass., Sez. Trib., 22 marzo 2024, n. 7732; Cass., Sez. Trib., 19 maggio 2025, n. 13203).
Ad ogni modo, siffatta motivazione è in piena sintonia con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’obbligo motivazionale dell’avviso di accertamento in materia di ICI (ma le stesse argomentazioni possono valere anche per l’IMU) deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare l’ an e il quantum dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase
contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2021, n. 1569; Cass., Sez. 6^-5, 3 febbraio 2021, n. 2348; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, n. 16681; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. Trib., 18 novembre 2022, n. 34014; Cass., Sez. Trib., 17 ottobre 2023, n. 28758; Cass., Sez. Trib., 31 gennaio 2024, n. 2929; Cass., Sez. Trib., 12 marzo 2024, n. 6501; Cass., Sez. Trib., 4 gennaio 2025, n. 121).
Pertanto, l’indicazione attraverso un prospetto analitico e riassuntivo dell’identificazione catastale, della superficie rilevante, del periodo temporale, del valore imponibile, dell’aliquota applicabile e dell’imposta liquidata per ciascun immobile (come è avvenuto nel caso di specie) è sufficiente ad assicurare la completezza motivazionale dell’avviso di accertamento in ossequio ai parametri dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (in termini: Cass., Sez. Trib., 4 gennaio 2025, n. 121; Cass., Sez. Trib., 9 marzo 2025, n. 6259).
Né detto onere di motivazione comporta l’obbligo di indicare anche l’esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2018, n. 1694; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2022, nn. 36028 e 36032; Cass., Sez. 5^, 5 agosto 2024, n. 22031; Cass., Sez. Trib., 30 maggio 2025, n. 14562).
16.3 Su tali premesse, tenendo conto, per un verso, del consapevole richiamo alle argomentazioni della decisione di primo grado, e, per altro verso, della dettagliata disamina delle censure inerenti alla sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa impositiva, si può ritenere che vi sia stato un rigetto implicito della censura in questione da parte del giudice di appello, secondo il principio per cui, in tema di contenzioso tributario, qualora il giudice, nonostante l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento, sia passato all’esame del rapporto sostanziale, si deve ritenere, per come è strutturato il giudizio di fronte alle commissioni tributarie, che ha ritenuto tale eccezione implicitamente infondata, atteso che il giudizio tributario, ancorché avente ad oggetto l’accertamento del rapporto sostanziale, è formalmente costruito come giudizio di impugnazione dell’atto impositivo, il quale costituisce il ‘ veicolo di accesso ‘ al giudizio di merito, cui si perviene solo per il tramite di tale impugnazione, con la conseguenza che quando ricorrano vizi formali dell’atto, tali da condurre alla sua invalidazione, il giudice deve arrestarsi alla relativa pronuncia, rimanendo in tal guisa pienamente e correttamente esercitata la giurisdizione attribuitagli (da ultime: Cass., Sez. Trib., 10 dicembre 2024, n. 31827; Cass., Sez. Trib., 30 maggio 2025, n. 14562).
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza del primo motivo, del secondo motivo, del quarto motivo e dell’ottavo motivo, l’infondatezza /inammissibilità del quinto motivo, del sesto motivo, del settimo motivo, del nono motivo, del decimo motivo, dell’undicesimo motivo e del dodicesimo motivo, nonché l’assorbimento del terzo motivo , il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve
essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, il secondo motivo, il quarto motivo e l’ottavo motivo ; dichiara l’assorbimento del terzo motivo; rigetta i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 27 maggio