Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31648 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31648 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2761/2024 R.G., proposto DA
‘ Collegio di NOME delle Salesiane di RAGIONE_SOCIALE ‘, ente ecclesiastico iscritto nel registro delle persone giuridiche presso la Prefettura della Provincia di Messina al n. 21/1987, con sede in Alì Terme (ME), in persona della Madre Superiora pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Palermo (presso gli Uffici dell’Avvocatura C omunale), ove elettivamente domiciliato (indirizzo p.e.c. per comunicazioni e notifiche relative al presente procedimento: EMAIL ), giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
ICI IMU ACCERTAMENTO ESENZIONE ENTI NON LUCRATIVI SCUOLA PARITARIA COMODATO
PRINCIPIO DI DIRITTO
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia il 13 giugno 2023, n. 5035/03/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14 novembre 2024 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Il ‘ Collegio di NOME delle Salesiane di Don Bosco ‘ ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia il 13 giugno 2023, n. 5035/03/2023, la quale, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento n. 7080/2019 per l’omesso versamento dell’ IMU relativa a ll’anno 2014, in relazione ad immobili ubicati in Palermo al INDIRIZZO ed alla INDIRIZZO e concessi da lungo tempo in comodato alla ‘ Casa religiosa canonica delle Suore Salesiane «Madre COGNOME» ‘, dei quali esso era proprietario, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti del Comune di Palermo avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Palermo il Roma l’11 gennaio 2022, n. 153/04/2022, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva rigettato il ricorso originario – sul rilievo che i presupposti per il riconoscimento alla contribuente del l’esenzione da IMU, ai sensi dell’art. 7 , comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 , quale richiamato dall’art. 9 , comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, non sussistessero in relazione a ll’ anno di riferimento, essendo stati utilizzati gli immobili da altro ente.
Il Comune di Palermo ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi sul primo motivo di appello, così formulato « I. Illegittimità della sentenza appellata relativamente alla parte in cui non ha ritenuto sussistente la carenza di motivazione dell’atto impugnato ai sensi dell’art. 7 della L. 27 luglio 2000 n. 212. Nel primo grado di giudizio l’Ente appellante ha eccepito la violazione dell’art. 7 della legge 27.07.2000 n. 212 in quanto l’avviso di accertamento IMU avverso il quale è stata proposta opposizione -non indica i presupposti di fatto e di diritto che hanno indotto l’uffic io tributi del Comune di Palermo ad accertare il carico tributario intimato all’ente giuridico ‘Collegio NOME delle Salesiane di Don Bosco’. Secondo i Giudici di primo grado, tuttavia, nella fattispecie non sussisterebbe difetto di motivazion e in quanto ‘emerge con sufficiente certezza la piena identificabilità degli immobili soggetti a tassazione, nonché le ragioni di fatto e di diritto sottese alla pretesa fatta valere dal Comune’. Tale conclusione è evidentemente errata e deve essere riformata. Si precisa che l’art. 7 della legge 27.07.2000 n. 212 (Statuto del contribuente), indica in forma chiara ed esaustiva che gli atti dell’amministrazione finanziaria devono essere motivati e negli stessi devono essere indicati i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. La motivazione ha lo scopo essenziale di assicurare ai contribuenti la necessaria chiarezza e trasparenza
in ordine all’iter logico seguito dall’amministrazione nella predisposizione dell’accertamento: essa consente di evidenziare eventuali punti di debolezza nel procedimento seguito dal Comune e di offrire al contribuente gli strumenti di carattere descrittivo ed informativo per approntare un’adeguata difesa. Per quanto sopra, l’indicazione degli immobili in relazione ai quali si contesta un omesso o parziale pagamento dell’imposta municipale unica non può essere considerato sufficiente e, pertanto, la sentenza impugnata deve essere riformata ».
2.1 Il motivo è infondato.
2.2 Premesso che il mezzo soddisfa appieno il canone dell’autosufficienza, essendo stato riportato in ricorso (alla pagina 6) il testo integrale del primo motivo di appello, si rammenta che, in tema di contenzioso tributario, qualora il giudice, nonostante l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento, sia passato all’esame del rapporto sostanziale, si deve ritenere, per come è strutturato il giudizio di fronte alle commissioni tributarie, che ha ritenuto tale eccezione implicitamente infondata, atteso che il giudizio tributario, ancorché avente ad oggetto l’accertamento del rapporto sostanziale, è formalmente costruito come giudizio di impugnazione dell’atto impositivo, il quale costituisce il ‘ veicolo di accesso ‘ al giudizio di merito, cui si perviene solo per il tramite di tale impugnazione, con la conseguenza che quando ricorrano vizi formali dell’atto, tali da condurre alla sua invalidazione, il giudice deve arrestarsi alla relativa pronuncia, rimanendo in tal guisa pienamente e correttamente esercitata la giurisdizione attribuitagli (Cass., Sez. Un., 4 gennaio 1993, n. 8; Cass., Sez. 5^, 8 ottobre 2021, n. 27430; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2021, n. 40694; Cass., Sez. 5^, 25 gennaio
2022, n. 2038; Cass., Sez. 5^, 19 aprile 2023, nn. 10514, 10517, 10518 e 10522). Dunque, la natura del giudizio tributario come giudizio non di ‘ impugnazione-annullamento ‘ in senso stretto, ma di ‘ impugnazione-merito ‘ , in quanto finalizzato non esclusivamente alla eliminazione dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito sul rapporto tributario, si manifesta allorché, non essendosi il contribuente limitato a dedurre il vizio di motivazione dell’atto, il giudice abbia ritenuto tale vizio inesistente (Cass., Sez. 5^, 8 ottobre 2021, n. 27430).
Pertanto, si può richiamare il costante orientamento di questa Corte, secondo cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia ove la decisione comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione, da ritenersi ravvisabile quando la pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia, nel senso che la domanda o l’eccezione, pur non espressamente trattate, siano superate e travolte dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone, come necessario antecedente logicogiuridico, la loro irrilevanza o infondatezza (Cass., Sez. 5^, 6 dicembre 2017, n. 29191; Cass., Sez. 2^, 13 agosto 2018, n. 20718; Cass., Sez. 2^, 26 settembre 2024, n. 25710).
2.3 Ad ogni buon conto, l’inadeguatezza motivazionale non sussiste, ove si consideri il testo dell’avviso di accertamento, che pure è stato riportato in ricorso (oltre che allegato nella documentazione prodotta in sede di legittimità).
Secondo il pacifico orientamento di questa Corte, l’obbligo motivazionale dell’avviso di accertamento in materia di ICI (ma le stesse argomentazioni possono valere anche per l’IMU) deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi
elementi essenziali e, quindi, di contestare l’ an e il quantum dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass., Sez. 5^, 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2021, n. 1569; Cass., Sez. 6^-5, 3 febbraio 2021, n. 2348; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, n. 16681; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2022, n. 34014; Cass., Sez. 5^, 17 ottobre 2023, n. 28758; Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2024, n. 2929; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501), nonché la specifica indicazione del presupposto cui ricondurre la modifica del valore dell’immobile con riferimento ai parametri indicati dall’art. 5 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (Cass., Sez. 6^-5, 17 giugno 2016, n. 12658; Cass., Sez. 5^, 30 gennaio 2019, n. 2555; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2021, nn. 1569 e 1570).
Né detto onere di motivazione comporta l’obbligo di indicare anche l’esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2018, n. 1694; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2022, nn. 36028 e 36032; Cass., Sez. 5^, 5 agosto 2024, n. 22031).
2.4 Pertanto, l’indicazione -attraverso un prospetto riassuntivo -dei dati catastali, del valore imponibile, dell’aliquota applicata e dell’imposta liquidata per ciascun immobile è sufficiente ad assicurare la completezza motivazionale dell’avviso di accertamento in ossequio ai parametri dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’ art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, quale richiamato dall’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, secondo l’ interpretazione autentica dell ‘art. 1, comma 71, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, nonché dell’art. 4, comma 3, del d.m. 19 dicembre 2012 n. 200, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non essere stata riconosciuta dal giudice di secondo grado l’« esenzione IMU in relazione ad immobile posseduto da ente ecclesiastico civilmente riconosciuto e concesso in comodato gratuito ad altro ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ad esso strutturalmente e funzionalmente collegato in quanto appartenente al medesimo Istituto religioso di diritto pontificio, utilizzato e destinato ad attività didattica scuola paritaria svolta con modalità non commerciale », laddove essa « si è discostata dalla corretta applicazione della normativa suindicata, in quanto ha disconosciuto nella fattispecie il diritto all’esenzione IMU sotto due profili, non richiesti dalla normativa: -la pretesa mancanza dell’utilizzazione ‘diretta’ dell’immobile da parte de l possessore dell’immobile destinato all’attività didattica, che quindi di per sé, sarebbe ostativo all’esenzione, nonché – il ritenuto esercizio della predetta attività didattica con modalità commerciale in quanto non svolta ‘ in modo del tutto gratuito ‘ ».
3.1 Il motivo è fondato.
3.2 L’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nel testo vigente dal l’ 1 gennaio 2003 al 3 ottobre 2005, disponeva l’esenzione dall’ ICI per « gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive ». Essa è stata, in seguito, integrata e modificata dall’art. 7, comma 2 -bis , del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, che ha esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse.
Un’ulteriore modifica è, poi, intervenuta con l’art. 39 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, che, sostituendo il comma 2bis del citato art. 7 del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, ha stabilito che l’esenzione disposta dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera « che non abbiano esclusivamente natura commerciale ».
Occorre precisare, inoltre, che le condizioni dell’esenzione sono cumulative, nel senso che è richiesta la coesistenza, sia del requisito soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente, sia del requisito oggettivo in forza del quale l’attività svolta nell’immobile deve rientrare tra quelle previste dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504; deve trattarsi, in particolare, di immobili destinati direttamente ed
esclusivamente allo svolgimento di determinate attività, tra le quali quelle dirette all’esercizio del culto ed alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all’educazione cristiana (Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2016, n. 13966).
Dunque, l’esenzione è subordinata alla compresenza di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma 1, lett. c, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, rinvia), e di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale (Cass., Sez. 5^, 21 marzo 2012, n. 4502; Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2015, n. 14226; Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2016, n. 13966, 13967, 13969, 13970 e 13971; Cass., Sez. 5^, 30 maggio 2017, n. 13574; Cass., Sez. 6^-5, 3 giugno 2018, n. 15564; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2019, nn. 10123 e 10124; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2019, n. 34602; Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2020, n. 28578; Cass., Sez. 5^, 10 febbraio 2021, nn. 3244, 2345, 3248 e 3249; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n. 16262; Cass., Sez. 5^, 14 settembre 2021, n. 24655 e 24644; Cass., Sez. 5^, 7 novembre 2022, nn. 32742 e 32765; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2022, nn. 36028 e 36032; Cass., Sez. 5^, 16 febbraio 2023, n. 4915 e 4917; Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2023, n. 17108; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501).
3.3 Ancora, secondo la giurisprudenza di legittimità, in materia di ICI, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 – che costituisce, al pari delle altre norme che prevedono trattamenti agevolati in materia tributaria, una deroga alla regola generale ed è perciò di stretta interpretazione -opera alla duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito, escludendo che il beneficio possa spettare in caso di utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di pubblico interesse (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2012, n. 7385; Cass., Sez. 6^-5, 6 dicembre 2013, n. 27418; Cass., Sez. 5^, 4 giugno 2014, n. 12495; Cass., Sez. 6^-5, 8 settembre 2021, n. 24247; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8631; Cass., Sez. 5^, 14 febbraio 2023, n. 4576; Cass., Sez. 5^, 27 maggio 2024, n. 14721); peraltro, l’utilizzazione, in virtù di concessione in locazione, da parte di un soggetto diverso da quello a cui spetta l’esenzione, esclude, in radice, la destinazione del bene ai compiti istituzionali di quest’ultimo, anche in considerazione della remunerazione derivante dalla percezione dei canoni, che contribuisce ad attribuire un connotato lucrativo all’attività svolta dall’ente proprietario (Cass., Sez. 5^, 4 giugno 2014, n. 12495; Cass., Sez. 5^, 4 maggio 2016, n. 8870; Cass., Sez. 5^, 30 settembre 2019, n. 24308; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8631; Cass., Sez. 5^, 14 febbraio 2023, n. 4576; Cass., Sez. 5^, 27 maggio 2024, n. 14721; Cass., Sez. 5^, 1 luglio 2024, n. 17967).
3.4 Di contro, secondo un indirizzo giurisprudenziale che si è venuto gradualmente affermando nella giurisprudenza della Corte, l’esenzione spetta non soltanto se l’immobile è
direttamente utilizzato dall’ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se l’immobile, concesso in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente (Cass., Sez. 5^, 18 dicembre 2015, n. 25508; Cass., Sez. 5^, 30 settembre 2019, n. 24308; Cass., Sez. 5^, 25 novembre 2022, n. 34772; Cass., Sez. 5^, 2 ottobre 2023, n 27761; Cass., Sez. 5^, 17 ottobre 2023, n. 28799; Cass., Sez. 5^, 6 giugno 2024, n. 17618; Cass., Sez. 5^, 25 giugno 2024, n. 17442; Cass., Sez. 5^, 1 luglio 2024, n. 17967). Viceversa, si è esclusa l’esenzione nel caso di ” utilizzo indiretto ” attraverso un diverso soggetto giuridico, ancorché anch’esso senza finalità di lucro, allorquando non venga accertata l’esistenza di un rapporto di stretta strumentalità nella realizzazione dei suddetti compiti, che autorizzi a ritenere una compenetrazione tra di essi e a configurarli come realizzatori di una medesima ” architettura strutturale ” (Cass., Sez. 6^, 23 luglio 2019, n. 19773). La circostanza che l’utilizzazione indiretta del bene trovi titolo in un contratto di comodato (gratuito) non è quindi sufficiente a giustificare l’applicazione dell’agevolazione (Cass., Sez. 5^, 26 giugno 2024, n. 17618).
In definitiva, l’esenzione in esame compete tendenzialmente solo in caso di utilizzo diretto del bene, da parte dell’ente possessore, per lo svolgimento, con modalità non commerciali, delle attività previste dalla norma, e può essere estesa all’ipotesi dell’utilizzo indiretto del bene, da parte dell’ente possessore, soltanto qualora ciò non snaturi la natura non commerciale dell’esercizio dell’attività in relazione alla quale è concessa l’esenzione di cui alla lett. i del citato art. 7. Pertanto,
la concessione del godimento e dell’uso, da parte dell’ente possessore, a favore di altro ente collegato al primo nel perseguimento delle stesse finalità istituzionali, deve essere del tutto gratuita, senza alcuna forma di remunerazione: circostanza che è necessario accertare in modo rigoroso (Cass., Sez. 5^, 1 luglio 2024, n. 17967).
3.5 Investita dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., 30 maggio 2005, n. 11426), « in riferimento agli artt. 3, 23, 53, 76 e 77 Cost., (sul) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 59, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nella parte in cui stabilisce che l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, concernente gli immobili utilizzati da enti non commerciali, si applica soltanto ai fabbricati e a condizione che gli stessi, oltre che utilizzati, siano anche posseduti dall’ente non commerciale utilizzatore. Tale disposizione impone infatti di interpretare la originaria previsione dell’art. 7, comma 1, lettera i), del d. lgs. n. 504 del 1992, il quale prevedeva l’esenzione dall’ICI per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma primo, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni – e cioè enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali -, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’art. 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, senza richiedere la coincidenza tra il proprietario, o titolare di altro diritto reale sul bene, e l’utilizzatore, con le suindicate
qualità soggettive e finalità, e ciò in contrasto: con gli artt. 3 e 53 Cost., sia perché l’esenzione verrebbe riconosciuta a favore dei proprietari, a prescindere dalla manifestazione di ricchezza e di potenzialità economica espressa dal bene posseduto, ma avendo riguardo unicamente ai requisiti posseduti dal terzo utilizzatore, sia perché l’esenzione risulta irragionevolmente accordata pur nel caso in cui il proprietario percepisca per l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto rientrante nella categoria di cui al citato art. 87, comma primo, lettera c), un canone di locazione; con l’art. 23 Cost., in quanto il potere, riconosciuto ai Comuni dalla disposizione indicata, di restringere o ampliare la portata delle esenzioni dall’imposta violerebbe la riserva di legge in materia; con gli artt. 76 e 77 Cost., per eccesso di delega, giacché con l’art. 3, comma 143, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, il Governo era stato delegato a semplificare e razionalizzare gli adempimenti dei contribuenti, ma non anche a dettare deroghe alla applicazione dell’ICI », nel dichiararne la manifesta infondatezza, la Corte Costituzionale ha ritenuto, per un verso, « che il citato art. 59, comma 1, lettera c), ha il solo scopo di attribuire ai Comuni, in deroga a quanto previsto all’art. 7, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 504 del 1992, la facoltà di escludere gli enti non commerciali che possiedono terreni agricoli e aree fabbricabili dal novero dei soggetti esenti -e, perciò, di applicare l’ICI anche nei loro confronti -, ferma restando l’esenzione per i fabbricati posseduti dai medesimi enti non commerciali e da essi direttamente utilizzati per lo svolgimento delle attività di cui all’art. 7 », e, per altro verso, « che, pertanto, l’art. 59, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 446 del 1997, prevedendo che l’esenzione dall’ICI spetta per i fabbricati a condizione che gli stessi, oltre che utilizzati, siano anche posseduti dall’ente
non commerciale utilizzatore, attribuisce all’art. 7, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 504 del 1992 lo stesso significato riconosciutogli dalle pronunce della Corte di cassazione richiamate nell’ordinanza di rimessione e quindi, sotto questo aspetto, non innova la disciplina dei requisiti soggettivi dell’esenzione » (Corte Cost., 19 dicembre 2006, n. 429).
3.6 Al contempo, investita ancora dalla Sezione Tributaria di questa Corte (Cass., Sez. 5^, 30 maggio 2005, n. 11427), sulla medesima questione di legittimità costituzionale, sul presupposto che la ‘rilettura’ dell’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicemb re 1992, n. 504, imposta dall’art. 59, comma 1, lett. c, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, « sarebbe tuttavia irragionevole e, perciò, costituzionalmente illegittima in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., in quanto l’esenzione, nel caso di locazione di immobile, verrebbe riconosciuta anche a soggetti passivi dell’imposta che non solo non svolgono direttamente le attività dalla norma ritenute meritevoli di agevolazione, ma percepiscono anche un canone dal conduttore e così manifestano una specifica capacità economica », nel ribadirne la manifesta infondatezza, la Corte Costituzionale ha confermato « che (…) l’art. 59, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 446 del 1997, prevedendo che l’esenzione dall’ICI spetta per i fabbricati a condizione che gli stess i, oltre che utilizzati, siano anche posseduti dall’ente non commerciale utilizzatore, attribuisce all’art. 7, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 504 del 1992 lo stesso significato riconosciutogli dalla richiamata giurisprudenza della Corte di cassazione e, quindi, non innova la disciplina dei requisiti soggettivi dell’esenzione » (Corte Cost., 26 gennaio 2007, n. 19).
3.7 Successivamente, il legislatore ha provveduto ad abrogare l’ICI e ad introdurre l’IMU sulla componente immobiliare . In particolare, il d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, ha introdotto nel nostro ordinamento l’IMU con decorrenza dall’anno 2014 (artt. 7 e 8) ed ha confermato anche per essa le esenzioni previste per l’ICI dall’art. 7, comma 1, lett. d e lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (art. 9, comma 8); peraltro, il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha modificato alcuni aspetti dell’imposta rispetto alla sua concezione originaria, ha poi ritenuto opportuno anticipare in via sperimentale l’applicazione della nuova imposta già con decorrenza dall’anno 2012 (art. 13), senza, comunque, intervenire sull’esenzione per gli immobili di cui al ricordato art. 7, comma 1, lett. d e lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.
In seguito, l’art. 91bis , comma 1, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, che, con decorrenza dall’1 gennaio 2013 (quindi, esulante dalla fattispecie in esame), ha modificato il testo dell’art. 7, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, che è stato così riformulato: « Sono esenti dall’imposta: (…) i) gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 87 , comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222 ». L’esenzione da IMU è attualmente fruibile da parte di soggetti che soddisfino contemporaneamente due requisiti: l’uno
soggettivo e l’altro oggettivo; ai fini dell’esenzione, gli immobili gravati dal tributo devono essere utilizzati direttamente da soggetti (pubblici o privati) che non abbiano come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali ed ivi svolgano, effettivamente, con modalità non commerciali, attività « assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché (quelle) di cui all’art. 16, lett. a), della legge 20 maggio 1985, n. 222 ».
Con tale disposizione, dunque, il legislatore nazionale ha riformulato l’esenzione (ora riferita all’IMU), introducendo l’ulteriore requisito secondo cui l’attività agevolata deve svolgersi con modalità « non commerciali »; pertanto, ai requisiti oggettivo e soggettivo già vigenti si affianca ora il riferimento alle concrete modalità di esercizio dell’attività che deve svolgersi nell’immobile perché l’esenzione possa applicarsi. In linea con tale ricostruzione, si è affermato che, in tema di IMU, l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, si applica agli immobili di cui all’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’art. 16, lett. a, della legge 20 maggio 1985, n. 222 (attività di religione e di culto), purché essi siano direttamente utilizzati dall’ente possessore e siano destinati esclusivamente ad attività peculiari non produttive di reddito, non spettando il beneficio in caso di utilizzazione indiretta, seppur assistita da finalità di pubblico interesse (Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2023, n. 17100).
L’art. 9, comma 6, del d.l. 10 ottobre 2012 n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012 n. 213, ha poi aggiunto un ulteriore periodo all’art. 91bis , comma 3, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, prevedendo che, con successivo decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, siano stabiliti anche « i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come svolte con modalità non commerciali ».
3.8 In relazione al thema decidendum , va anche tenuto conto che:
-la risoluzione emanata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 4 marzo 2013, n. 4/DF, in materia di IMU, ha ritenuto che, « nella particolare ipotesi in cui l’immobile posseduto da un ente non commerciale venga concesso in comodato a un altro ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività di cui al comma 1, lett. i, dell’art. 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992, possa t rovare applicazione l’esenzione in oggetto »; -l’art. 1, comma 759, lett. g, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha previsto (sia pure con decorrenza dall’anno 2020) l’esenzione da IMU per « gli immobili posseduti e utilizzati dai soggetti di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività previste nella medesima lettera i); si applicano, altresì, le disposizioni di cui all’articolo 91-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché il regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 19 novembre 2012, n. 200 »;
-l’art. 1, comma 71, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, ha disposto che l’art. 1, comma 759, lett. g, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nonché le norme da questo richiamate o sostituite, si interpretano, per gli effetti di cui all’art. 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cioè, in funzione di interpretazione autentica, e quindi con decorrenza retroattiva), nel senso che: « a) gli immobili si intendono posseduti anche nel caso in cui sono concessi in comodato a un soggetto di cui all’artico lo 73, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente, a condizione che il comodatario svolga nell’immobil e esclusivamente le attività previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, con modalità non commerciali; b) gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali alle destinazioni di cui all’articol o 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità ».
3.9 Sul punto, un recente arresto di questa Corte ha confermato che « la norma in esame è chiaramente definita di interpretazione autentica, anche in virtù del richiamo all’art. 1, comma 2, dello Statuto del contribuente e si riferisce all’art. 1, comma 759, lett. g, della legge n. 160 del 2019 e alle norme da questo richiamate o sostituite, sicché vale anche relativamente all’ ICI ed in particolare all’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. n. 504 del 1992, espressamente richiamato dall’art. 1, comma 759, lett. g, della legge n. 160 del 2019 » (Cass., Sez. 5^, 25 giugno 2024, n. 17442). Per cui, la retroattività è
stata estesa anche all’esenzione da ICI per gli immobili appartenenti ad enti non commerciali.
3.10 Su tale premessa, quindi, in linea con la richiamata giurisprudenza di questa Corte, si può affermare che, in caso di concessione in comodato, l’esenzione da IMU può essere riconosciuta, sempreché: a) l’ente comodatario, al pari dell’ente comodante, rientri tra i soggetti previsti dall’art. 73, comma 1, lett. c, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; b) l’ente comodatario sia strutturalmente o funzionalmente collegato all’ente comodante; c) l’ente comodatario utilizzi l’immobile per lo svolgimento esclusivo con modalità non commerciali di « attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive », nonché di « attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana ».
3.11 Va preliminarmente chiarita la portata della lett. a della norma succitata con riguardo alla definizione del ‘ collegamento strutturale o funzionale ‘ tra ente comodante ed ente comodatario.
Sul punto, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, la circolare emanata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 16 luglio 2024, n. 2/DF (avente ad oggetto ‘ Imposta municipale propria (IMU) -Art. 1, comma 71 della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di bilancio per l’anno 2024) Norma interpretativa dell’art. 1, comma 759, lett. g), della legge 27 dicembre 2019, n. 160 -Immobili utilizzati dagli enti non commerciali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività meritevoli di tutela ‘), ha fornito (con argomentazioni sostanzialmente condivisibili) significative
precisazioni sulle condizioni indispensabili per usufruire dell’esenzione da IMU in caso di concessione in comodato dell’immobile.
Così, si è detto che il ‘ collegamento funzionale ‘ tra comodante e comodatario postula un « rapporto di stretta strumentalità tra i due enti nella realizzazione di compiti e nello svolgimento di attività diverse (…), ma istituzionalmente connesse, riconoscendo una relazione servente, un rapporto funzionale delle prestazioni svolte (…) », per cui esso « può ritenersi sussistente ove le attività svolte dal comodatario nell’immobile rientrino nel novero di quelle agevolate, siano esercitate con modalità non commerciali e, al contempo, siano accessorie o integrative rispetto alle attività istituzionali dell’ente comodante, ponendosi con le finalità istituzionali di quest’ultimo in rapporto di diretta strumentalità ». In particolare, si è ritenuto che « tale nesso di strumentalità sussista qualora l’attività non commerciale svolta nell’immobile concesso in comodato sia legata alle finalità e alle attività istituzionali del concedente e risulti coerente e funzionale rispetto agli scopi dello stesso ente concedente ».
Da qui, l’indicazione esemplificativa di una sommaria casistica: « Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui il comodante svolga un’attività didattica e l’immobile concesso in comodato sia utilizzato dal comodatario per lo svolgimento, sempre con modalità non commerciali, di altre attività didattiche o assistenziali ricomprese tra quelle agevolate e funzionali a quella didattica del concedente (attività di doposcuola, attività assistenziale diretta a particolari categorie di studenti, etc.). Si pensi, ancora, all’ipotesi in cui il concedente svolga attività sanitaria o assistenziale e l’immobile sia concesso in comodato al fine di garantire ospitalità ai familiari delle persone assistite
o agli operatori sanitari. Si reputa, altresì, integrato il requisito del collegamento funzionale tra comodante e comodatario nell’ulteriore ipotesi in cui il primo detenga, in forza di norma statutaria, la facoltà di nominare i componenti dell’organo di gestione del secondo ente ».
Parimenti, parafrasando la motivazione di taluni precedenti di questa Corte, si è aggiunto che il ‘ collegamento strutturale ‘ tra comodante e comodatario esige che « ‘ il comodatario sostanzialmente utilizzi il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell’ente concedente, con il quale sussista uno stretto rapporto di strumentalità che potrebbe definirsi «compenetrante», ovverosia il caso «in cui l’immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di un’attività meritevole prevista dalla norma agevolativa’ ».
In proposito, si è fatta « l’ipotesi in cui un ente religioso civilmente riconosciuto conceda in comodato un immobile di sua proprietà a una fondazione, costituita ai sensi del codice civile dal medesimo ente religioso ai fini del miglior perseguimento delle proprie attività di assistenza e beneficenza ».
In definitiva, si può dire che:
a) il ‘ collegamento funzionale ‘ presuppone una relazione sinergica di collaborazione o cooperazione tra enti autonomi che trova titolo in una convenzione indipendente dal contratto di comodato sull’immobile e che colloca l’ente comodatario in una posizione ausiliaria (attraverso l’eser cizio di attività accessorie o sussidiarie) rispetto alle attività istituzionali dell’ente comodante; pertanto, in tale cornice, la concessione
in comodato dell’immobile si pone come mezzo per realizzare, consolidare, rinsaldare o incentivare la partnership tra gli enti; b) il ‘ collegamento strutturale ‘ presuppone l’inserimento di una pluralità di enti con ruoli diversificati in una più ampia organizzazione di tipo orizzontale o verticale (un vero e proprio gruppo di associazioni e/o fondazioni), che colloca uno o più enti (tra cui il comodante) in posizione di dominio, controllo, direzione o coordinamento e gli altri enti (tra cui il comodatario) in posizione di subordinazione o dipendenza, creando un asservimento poliforme di funzioni e finalità istituzionali degli uni rispetto agli altri, in modo che l’ente comodatario sia vincolato ad agire come longa manus dell’ente comodante; pertanto, in tale contesto, la concessione in comodato dell’immobile si pone come mezzo per realizzare, incentivare, agevolare o facilitare le attività istituzionali svolte dall’ente comodatario per conto e nell’interesse dell’ente comodante.
3.12 In proposito, va fatta applicazione del principio secondo cui, nel giudizio di legittimità, lo ius superveniens , che introduca una nuova disciplina del rapporto controverso, può trovare di regola applicazione solo alla duplice condizione che, da un lato, la sopravvenienza sia posteriore alla proposizione del ricorso per cassazione, e ciò perché, in tale ipotesi, il ricorrente non ha potuto tener conto dei mutamenti operatisi successivamente nei presupposti legali che condizionano la disciplina dei singoli casi concreti; e, dall’altro lato, la normativa sopraggiunta sia pertinente rispetto alle questioni agitate nel ricorso, posto che i principi generali dell’ordinamento in materia di processo per cassazione – e soprattutto quello che impone che la funzione di legittimità sia esercitata attraverso l’individuazione delle censure espresse
nei motivi di ricorso e sulla base di esse – impediscono di rilevare d’ufficio (o a seguito di segnalazione fatta dalla parte mediante memoria difensiva) regole di giudizio determinate dalla sopravvenienza di disposizioni, ancorché dotate di efficacia retroattiva, afferenti ad un profilo della norma applicata che non sia stato investito, neppure indirettamente, dai motivi di ricorso e che concernano, quindi, una questione non sottoposta al giudice di legittimità (Cass., Sez. Lav., 1 ottobre 2012, n. 16642; Cass., Sez. 5^, 24 luglio 2018, n. 19617).
Per cui, ove la nuova situazione di diritto obiettivo (che può conseguire, oltre che all’entrata in vigore o alla dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma di legge, anche alla decisione di organismi comunitari) richieda accertamenti di fatto non necessari alla stregua della precedente disciplina, questi debbono essere compiuti in sede di merito, al qual fine, ove il processo si trovi nella fase di cassazione, deve disporsi il rinvio della causa al giudice di appello (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 17 marzo 2005, n. 5888; Cass., Sez. 5^, 19 gennaio 2018, n. 1325; Cass., Sez. 5^, 7 agosto 2020, n. 16812; Cass., Sez. Lav., 8 aprile 2024, n. 9396).
Peraltro, si attaglia al caso di specie anche il principio enunciato da altri arresti di questa Corte, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è consentito alla parte invocare la violazione di disposizioni legislative emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattive e, quindi, applicabili al rapporto dedotto, avendo il giudizio di legittimità ad oggetto la conformità della decisione adottata dal giudice dell’appello all’ordinamento giuridico, ma al giudice di legittimità compete anche verificare la sussistenza del concreto interesse della parte ad avvalersi della nuova disciplina sostanziale (Cass.,
Sez. 2^, 18 dicembre 2020, n. 29099; Cass., Sez. 5^, 20 ottobre 2021, n. 29223; Cass., Sez. 2^, 6 ottobre 2023, n. 28203; Cass., Sez. 2^, 24 maggio 2024, n. 14528).
Difatti, il motivo in disamina deduce il vizio previsto dall’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., proprio in relazione ad una norma sopravvenuta di interpretazione autentica (quindi, con efficacia retroattiva).
5.13 Tanto premesso, la sopravvenienza della norma interpretativa -per quanto meramente ‘ recettiva ‘ ed ‘ esplicativa ‘ di principi antecedentemente enunciati dalla giurisprudenza di legittimità -impone il riesame della controversia risalente ad epoca anteriore, che deve essere necessariamente rivalutata alla luce della regolamentazione dettata ex novo con particolare riguardo ai requisiti tipizzati per il riconoscimento dell’esenzione in caso di comodato immobiliare tra enti non commerciali.
5.14 Nella specie, in difformità rispetto ai principi enunciati, la sentenza impugnata ha escluso a monte che la concessione in comodato tra enti ecclesiastici consentisse di beneficiare dell’esenzione, avendo ritenuto che: « L’esenzione prevista dal citato art.7 del D.Lgs. 504 del 1997 esige altresì l’identità soggettiva tra il possessore ovvero il soggetto passivo ICI/IMU e l’utilizzatore dell’immobile. Tale coincidenza ovviamente non si verifica quando l’immobile è utilizzat o, seppure a titolo gratuito, da altro ente non commerciale per finalità didattiche, come nella presente fattispecie (cfr in termini, Cass. sentt. nn. 21329/2008; 7385/2012; 3843/2013; 15025/2015; 8073/2019) ».
Per cui, occorre che il giudice di appello rinnovi l’accertamento in fatto alla stregua della norma sopravvenuta dopo la pubblicazione della sentenza impugnata al fine di verificare la
sussistenza delle condizioni per usufruire dell’esenzione da IMU in presenza di concessione in comodato di immobili tra enti non commerciali, attenendosi al seguente principio di diritto: « In tema di IMU, l’art. 1, comma 759, lett. g, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, secondo l’interpretazione autentica datane dall’art. 1, comma 71, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, per gli effetti di cui all’art. 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, riconosce l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, quale richiamato dall’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, anche in caso di concessione in comodato dell’immobile, sempreché: a) l’ente comodatario, al pari dell’ente comodante, rientri tra i soggetti previsti dall’art. 73, comma 1, lett. c, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; b) l’ente comodatario sia struttural mente o funzionalmente collegato all’ente comodante; c) l’ente comodatario utilizzi l’immobile per lo svolgimento esclusivo con modalità non commerciali di « attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive », nonché di « attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana ». A tal fine, il ‘ collegamento funzionale ‘ presuppone una relazione sinergica di collaborazione o cooperazione tra enti autonomi che trova titolo in una convenzione indipendente dal contratto di comodato sull’immobile e che colloca l’ente comodatario in una posizione ausiliaria (attraverso l’eser cizio di attività accessorie o
sussidiarie) rispetto alle attività istituzionali dell’ente comodante, ponendosi la concessione in comodato dell’immobile come mezzo per realizzare, consolidare, rinsaldare o incentivare la partnership tra gli enti; viceversa, il ‘ collegamento strutturale ‘ presuppone l’inserimento di una pluralità di enti con ruoli diversificati in una più ampia organizzazione di tipo orizzontale o verticale (un vero e proprio gruppo di associazioni e/o fondazioni), che colloca uno o più enti (tra cui l’ente comodante) in posizione di dominio, controllo, direzione o coordinamento e gli altri enti (tra cui l’ente comodatario) in posizione di subordinazione o dipendenza, creando un asservimento poliforme di funzioni e finalità istituzionali degli uni rispetto agli altri, in modo che l’ente comodatario sia vincolato ad agire come longa manus dell’ente comodante, per cui la concessione in comodato dell’immobile si pone come mezzo per realizzare, incentivare, agevolare o facilitare le attività istituzionali svolte dall’ente comodatario per conto e nell’interesse dell’ente comodante ».
4. In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza del secondo motivo e l’infondatezza del primo motivo, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo e rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado
della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 14 novembre