Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31643 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31643 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3493/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI BERGAMO, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione distaccata di BRESCIA n. 3360/2022 depositata il 24/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. Brescia, con la sentenza in epigrafe indicata, respingeva l’appello proposto dall’ Istituto Diocesano Preti Del Sacro Cuore nei confronti dell’amministrazione comunale avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bergamo n. 108/2020 di rigetto del ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento IMU per l’anno 20 13 , con il quale l’Ufficio aveva escluso l’applicazione dell’esenzione prevista all’art. 7, comma 1, lett. i) del D.lgs. n. 504/92, per il ritenuto svolgimento, da parte dell’Istituto, nella citata sede, di attività didattica svolta con modalità commerciali e per la presenza di un parcheggio a pagamento, che non avrebbe portato alcun beneficio per gli utilizzatori-studenti-genitori-insegnanti.
In particolare, la CTR ha escluso i dedotti vizi di notifica, escluso la sussistenza di vizio di extrapetizione da parte della CTP, ed escluso l’esistenza di un collegamento strumentale tra i due enti, con la conseguente esclusione del beneficio dell’esenzione fiscale , ritenendo altresì inapplicabile il principio di proporzionalità per uso promiscuo, difettando il presupposto dell’esistenza di un frazionamento catastale risalente al periodo di imposizione. Ha altresì ritenuto non sussistente la dedotta incertezza normativa, in virtù della quale si chiedeva di escludere le sanzioni.
Avverso la suddetta sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 3 motivi, cui ha resistito con controricorso il comune.
Le parti hanno altresì depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis .1 cpc.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per vizio di ‘ultrapetizione’ in violazione dell’art. 112 c.p.c. e in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per assenza di
qualsivoglia accertamento da parte di giudice di secondo grado dell’estraneità dell’elemento soggettivo al perimetro processuale della controversia. Ritiene, in particolare, la parte ricorrente che soltanto con la proposizione delle controdeduzioni di primo grado ex art. 23 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il Comune di Bergamo avrebbe provveduto a contestare l’assenza del requisito soggettivo, sicché la decisione, non potendo decidere su questione tardivamente introdotta, sarebbe viziata da ultrapetizione.
1.1. Deve rilevarsi che la indicazione della norma che si assume violata contiene già ex se un riferimento al contenuto precettivo della stessa, che, con riferimento al beneficio in questione, comprende certamente sia il profilo oggettivo che quello soggettivo. La Commissione Tributaria Regionale ha deciso nei limiti della domanda e sul rapporto giuridico dedotto, comprensivo anche del requisito legale dell’utilizzo diretto . Del resto il provvedimento di accertamento oggetto di impugnazione contiene anche e sso un riferimento all’uso da parte di soggetto terzo, sicché certamente è oggetto del contenzioso nel quale il comune si è difeso continuando a sostenere le proprie pretese impositive.
1.2. La doglianza è dunque infondata.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per avere il giudice di seconde cure erroneamente escluso l’esenzione d’imposta per l’anno 2013 nonostante l’utilizzatore fosse stato riconosciuto quale ente non commerciale. Trattandosi di comodato gratuito da parte dei religiosi alla diocesi di Bergamo e da questa, in subcomodato gratuito, all’opera Sant’ NOME, si tratterebbe per tutti di enti religiosi riconosciuti, senza fine di lucro, strutturalmente collegati. Contesta dunque parte ricorrente che la CTR avrebbe errato nella propria valutazione, con ciò violando il disposto normativo, atteso che le finalità
istituzionali del ricorrente e dell’Opera Sant’Alessandro, non solo sarebbero comuni – come necessariamente richiesto ex art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 – ma risulterebbero pressoché identiche, atteso che l’art. 2 dello Statuto dell’Istituto ricorrente prevede che lo stesso ‘ha lo scopo di Culto e Religione e si propone a) di curare l’educazione e l’assistenza religiosa dei fedeli mediante la predicazione, le supplenze nelle parrocchie e altre forme di ministero sacerdotale; b ) di promuovere l’educazione e l’assistenza della gioventù’, mentre l’art. 2 dello Statuto dell’Opera Diocesana Sant’Alessandro dispone che l’ente ‘ha lo scopo a) di curare l’educazione religiosa -morale dei giovani studenti della città e diocesi; b) di promuovere istituzioni ed attività rivolte alla formazione culturale cattolica dei giovani’ (pag. 22 del ricorso).
2.1. Il motivo è infondato, poiché non risulta né un uso diretto, né l’ organicità strutturale e funzionale tra gli enti, né si è data prova del carattere non commerciale dell’attività didattica .
2.2. Ciò in base all’orientamento di questa Corte che ha chiarito che in tema di imposta comunale sugli immobili, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992 spetta soltanto se l’immobile viene impiegato direttamente dall’ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali, sicché l’utilizzazione, in virtù di un contratto di comodato, da parte di un soggetto diverso (nella specie, un’associazione sportiva) da quello a cui spetta l’esenzione, anche se senza scopo di lucro e con destinazione di pubblico interesse, esclude l’agevolazione, essendo necessario che il bene, oltre ad essere utilizzato, sia anche posseduto dall’ente non commerciale che ne fruisce, in ragione di un diritto di proprietà o di altro diritto reale (Cass. 20/07/2016, n. 14912 (Rv. 640827 – 01)), e che in tema di ICI, l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992 compete tendenzialmente solo in caso di utilizzo diretto del bene da parte dell’ente possessore, per lo svolgimento, con modalità non
commerciali, delle attività previste dalla norma, potendo essere estesa all’ipotesi di utilizzo indiretto del bene solo qualora la concessione del godimento e dell’uso – a favore di altro ente collegato all’ente possessore, nel perseguimento delle stesse finalità istituzionali – sia del tutto gratuita, senza alcuna forma di remunerazione (Cass. 25/11/2022, n. 34772 (Rv. 666405 – 01)).
2.3. Nel caso di specie vi è un comodato al quale si è poi aggiunto un ulteriore sub-comodato, che fa certamente venire meno la pretesa unicità strutturale ed identità di finalità istituzionali.
2.4. Va in proposito rammentato che la normativa in tema di agevolazioni è di stretta interpretazione: ‘invero, le norme di carattere eccezionale, quali sono quelle che introducono agevolazioni od esenzioni, esigono un’esegesi ispirata al criterio di stretta interpretazione. Esse non ammettono «(…) interpretazioni analogica o estensiva (…) con la conseguenza che i benefici in esse contemplati non possono essere estesi oltre l’ambito di applicazione come rigorosamente identificato in base alla definizione normativa» (Cass., Sez. 5^, 7 maggio 2008, n. 11106- nello stesso senso: Cass., Sez. 5^, 7 marzo 2013, n. 2925; Cass., Sez. 5^, 4 marzo 2016, n. 4333; Cass., Sez. 6^, 21 giugno 2017, n. 15407; Cass., Sez. 5^, 16 maggio 2019, n. 13145)’ (Cass. 28/10/2020, n. 23692) , sicchè l’invocato beneficio non può estendersi oltre l’ipotesi prevista.
2.5. La doglianza è dunque infondata, e tale rimane pur alla luce del sopravvenire dell’art.1 co. 71 l. 213/23, il quale non prevede l’ipotesi esonerativa del sub -comodato, e richiede anch’esso un requisito, qui escluso, di collegamento funzionale o strutturale.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 91 -bis , commi 2 e 3, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per mancata applicazione del principio di proporzionalità per le ipotesi di uso promiscuo dell’immobile.
3.1. La CTR ne ha escluso l’applicazione in ragione difetto del presupposto dell’esistenza di un frazionamento catastale risalente al periodo di imposizione.
3.2. Il ricorrente deduce che l’immobile sito in INDIRIZZO originariamente identificato al numero 2401, sub. 701 sarebbe stato frazionato, d’intesa con il Comune di Bergamo, con effetti a far data dal 13 luglio 2012 in due distinti subalterni, ovvero, nel Sub. 703 Cat. B05 e nel Sub. 704 Cat. D08, e che tale circostanza sarebbe verificabile dall’apposita visu ra catastale del 19 settembre 2020.
3.3. Obietta parte controricorrente che, in realtà, solo con successiva dichiarazione DOC.FA. del 15/5/2019, l’Istituto ricorrente ha presentato all’Agenzia del Territorio di Bergamo la variazione catastale conseguente alla divisione o frazionamento dell’originario Sub 701, comprensivo dell’intero fabbricato e del parcheggio, in 3 unità distinte, e, ancora successivamente, con ulteriore DOC.FA. presentata il 3/12/2019 la proprietà ha rettificato la ‘data di fine lavori’ indicata nella precedente dichiarazio ne, allo scopo di anticiparne l’efficacia retroattiva al 2012 (invece che con decorrenza dal 2019).
3.4. Va rammentato che l’a rt. 91bis d.l. 1/2012: così dispone: ‘ 1. Al comma 1, lettera i), dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, dopo le parole: “allo svolgimento” sono inserite le seguenti: “con modalità non commerciali”.
Qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista, l’esenzione di cui al comma 1 si applica solo alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, se identificabile attraverso l’individuazione degli immobili o porzioni di immobili adibiti esclusivamente a tale attività. Alla restante parte dell’unità immobiliare, in quanto dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente, si applicano le disposizioni dei commi 41, 42 e 44 dell’articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286. Le rendite
catastali dichiarate o attribuite in base al periodo precedente producono effetto fiscale a partire dal 1º gennaio 2013.
Nel caso in cui non sia possibile procedere ai sensi del precedente comma 2, a partire dal 1º gennaio 2013, l’esenzione si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile quale risulta da apposita dichiarazione. Con successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 17 agosto 1988, n. 400, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità e le procedure relative alla predetta dichiarazione ( …) gli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale, nonché i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come svolte con modalità non commerciali.’
3.5. Dunque, qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista, l’esenzione di cui al comma 1 si applica solo alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, quale risulta da apposita dichiarazione.
3.6. Il motivo è dunque infondato, atteso che vi era assenza di frazionamento nell’anno 2013 e, anche, di una dichiarazione sostitutiva di uso promiscuo. Anzi, la dichiarazione di parte richiedeva l’esenzione per la totalità indistinta dell’immobile. In ogni caso, nella fattispecie non vi era un uso promiscuo, ma un uso totalmente commerciale.
Ne consegue il rigetto dell’intero ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i requisiti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la
presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/11/2024 .