Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20971 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20971 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19211/2021 R.G. proposto da: ROMA CAPITALE, elettivamente domiciliata in ROMA presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. del LAZIO n. 8/2021 depositata il 05/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
Roma Capitale propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 8/11/2021, depositata in data 5 gennaio 2021 e non notificata, in forza della quale veniva accolto l’appello proposto dalla contribuente ‘RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado ed annullato l’avviso di accertamento n. 45013 relativo ad IMU 2012;
l’ istituto contribuente è rimasto intimato;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo l’ente impositore deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc., violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 1, del decreto legislativo n. 504/1992 in combinato disposto con l’art. 2697 cod. civ. e RAGIONE_SOCIALE norme c onnesse e/o correlate, assumendo che i giudici di appello, nell’ affermare che per gli immobili oggetto di accertamento poteva riconoscersi il beneficio dell’esenzione di imposta prevista ai sensi dell’art. 7, comma 1, lettera i) del d.lgs. 504/92 cit., avevano disatteso ovvero mal interpretato i criteri di esenzione previsti dalla normativa vigente; 1.1. lamenta che nessuna prova in concreto dello svolgimento di attività esente era stata fornita da parte contribuente e che, alla luce RAGIONE_SOCIALE didattica di per sé solo non costituiva presupposto per poter beneficiare dell’esenzione
dei principi giurisprudenziali in materia, la destinazione immobili di proprietà dell’ente religioso ad attività ex art. 7 del d.lgs. n. 504/1992;
2. con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 cod. civ. e RAGIONE_SOCIALE artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non avendo i giudici territoriali considerato che l’ ‘RAGIONE_SOCIALE non aveva fornito alcuna specifica prova della circostanza che gli immobili oggetto di accertamento fossero effettivamente destinati alle attività di cui all’art. 7, comma 1, lettera i) del d.lgs. 504/92, non avendo la contribuente dimostrato l’esistenza, in concreto, dei requisiti
dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non era stata svolta con le modalità esclusivamente non commerciali;
3.1. deve rilevarsi che, secondo il costante orientamento di questa Corte (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. 5, 27 giugno 2019, n. 17256; Cass., Sez. 5, 11 marzo 2020, n. 6795; Cass., Sez. 5, 15 dicembre 2020, n. 28578), il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i, nel testo vigente dall’ 1 gennaio 2003 al 3 ottobre 2005, disponeva l’esenzione dall’ ICI per “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c) e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”. Tale disposizione è stata, successivamente, integrata e modificata dal d.l. 30 settembre 2005, n. 203, art. 7, comma 2-bis, convertito, con modificazioni, nella L. 2 dicembre 2005, n. 281, che ha esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale RAGIONE_SOCIALE stesse. Un’ulteriore modifica è, poi, intervenuta con il d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39, convertito, con modificazioni, nella L. 4 agosto 2006, n. 248, che, sostituendo il d.l. 30 settembre 2005, n. 203, cit. art. 7, comma 2-bis, convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 281, ha stabilito che l’esenzione disposta dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera “che non abbiano esclusivamente natura commerciale”. Occorre precisare, inoltre, che le condizioni dell’esenzione sono cumulative, nel senso che è richiesta la coesistenza, sia del requisito soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente, sia del requisito oggettivo in forza del quale
l’attività svolta nell’immobile deve rientrare tra quelle previste dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i);
3.2. in relazione al profilo afferente della distribuzione RAGIONE_SOCIALE oneri probatori è stato affermato, con principio condiviso da questo Collegio, che “il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale” (Cass., Sez. 5, 2 aprile 2015, n. 6711). Secondo la giurisprudenza di questa Corte, condizioni necessarie per beneficiare dell’esenzione de qua sono, quindi, le seguenti: a) gli immobili devono essere utilizzati da enti non commerciali (medesimo requisito soggettivo); b) devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento RAGIONE_SOCIALE attività tassativamente indicate (quelle assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive e di religione o culto); c) le attività tassativamente indicate devono essere svolte con modalità non commerciali (Cass., Sez. 5, 15 dicembre 2020, n. 28578);
3.3. il riconoscimento del diritto all’esenzione, dunque, è legato all’accertamento di fatto relativo alle modalità di svolgimento attività sopra indicate (Cass. n. 17968 del 04/07/2019, Rv. 654747 -01, con riferimento all’attività didattica universitaria , n. 19072 del 16/07/2019, Rv. 654737 -01 con riferimento ad una casa per ferie gestita da un ente ecclesiastico);
3.4. nel caso di specie il Giudice d’appello ha ritenuto che sussistevano i presupposti per l’esenzione in quanto «…. esaminando le produzioni documentali effettuate nei due gradi di giudizio dall’RAGIONE_SOCIALE, si evince che è stata fornita prova della sussistenza del requisito di cui trattasi, avendo l’appellante depositato copia RAGIONE_SOCIALE disposizioni statutarie dell’RAGIONE_SOCIALE scolastico che asseverano il rispetto di dette connotazioni dell’attività didattica di cui trattasi (secondo quanto indicato anche nella risoluzione n. 1/DF/2012 del
M.E.F.). Risulta, altresì, sussistente l’ulteriore condizione prevista dall’art. 4, comma 3, lett. c) del decreto del Ministro dell’economia e RAGIONE_SOCIALE finanze e cioè quello afferente al profilo squisitamente economico’ …. poiché ‘il limite di cui al detto pa rametro non è stato superato, posto che dalla dichiarazione IMU presentata dall’RAGIONE_SOCIALE per l’anno in questione risulta che il corrispettivo annuo per la frequenza è di euro 1.900,00, significativamente inferiore rispetto al costo medio per studente pubbl icato dal M.I.U.R. (euro 5.739,17)’»; 3.5. appare chiaro, ad avviso di questa Corte, che il giudice di appello non ha correttamente applicato l’art. 7, comma 1, lett. i), d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, nel testo novellato, dapprima, dall’art. 7, comma 2bis , d.l. 30 settembre 2005 n. 203, convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005 n. 281, e, poi, dall’art. 39 d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006 n. 248, nell’accezione compatibile con la decisione adottata dalla Commissione europea il 19 dicembre 2012 e con la sentenza resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il 6 novembre 2018, cause riunite C-622/16 P – C-623/16 P, C-624/16, verificando se l’attività fosse o meno stata svolta a titolo sostanzialmente gratuito e cioè dietro versamento di un importo simbolico a copertura di una sola frazione del costo effettivo del servizio;
3.6. la giurisprudenza di questa Corte ha, invero, chiarito che «Sul diverso versante della compatibilità della norma in esame con il diritto unitario, da tempo si è affermato un orientamento di legittimità secondo cui deve tenersi conto della decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012», negando, quindi, che l’art. 7, comma 1, lett. i), d.l. 30 dicembre 1992 n. 504, concretizzi una forma di aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione Europea (in particolare con l’art. 107, paragrafo 1, del Trattato, secondo il quale: «sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri,
gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza»), solo a condizione che l’attività svolta ed oggetto di tutela possa co nsiderarsi esercitata con modalità non economica e, cioè, sia resa a titolo gratuito o dietro il versamento di un importo simbolico (cfr. Cass. Sez. T., 11 febbraio 2021, n. 3443, che richiama Cass., Sez. 5^, 12 febbraio 2019, n. 4066; Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2019, n. 10288; Cass., Sez. 6^, 10 settembre 2020, n. 18831, e, nello stesso senso, ex multis, Cass. Sez. T, 12 maggio 2021, n. 12539);
3.7. la giurisprudenza della Cassazione (v., ex plurimis , Cass. Sez. T., 11 febbraio 2021, n. 3443 cit.) ha pure affermato, con riferimento al d.m. 19 novembre 2012 n. 200, e con riguardo alla stessa nozione di attività non commerciale come intesa dalla vincolante decisione della Commissione europea (attività svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico), che la verifica di tale remunerazione dell’attività «obbliga ad una valutazione puntuale, non predeterminata, riferita alle specifiche condizioni in cui opera il singolo contribuente, delineando un accertamento basato sulla verifica dell’irrisorietà della retta, in ragione della sua inidoneità a porsi pure come larvata forma retributiva dell’attività didattica prestata, come precisato da questa Corte secondo cui ‘a fare il discrimine in questo caso è la retta’ (Cass., Sez. 5, n. 18831/2020; Sez. 5, n. 3369/2019; Sez. 5, n. 13787/2019, in motivazione; Sez. 5, n. 24308/2019, Rv. 655478 – 01; Cass., Sez. 6-5, n. 10754/2017, Rv. 644064 – 01; Cass., Sez. 5, n. 10483 del 2016, Rv. 639985 01; Sez. 5, n. 19773 del 2019, Rv. 654969 – 01; Sez. 5, n. 13970 del 2016, Rv. 640244 – 01)» (così Cass., Sez. T, 13 aprile 2023, n. 9927 e 9922, che richiamano Cass., Sez. T, 16 febbraio 2023 nn. 4945 e 4952);
4. orbene, nella concretezza del caso, i giudici di merito hanno erroneamente ritenuto che un ruolo essenziale nella riconoscibilità
dell’esenzione in questione dovesse attribuirsi all’entità economica RAGIONE_SOCIALE rette scolastiche riscosse dalla contribuente ‘significativamente inferiore rispetto al costo medio per studente pubblicato dal M.I.U.R.’, non considerando che le stesse, quand’anch e notevolmente inferiori a quelle di mercato, non potevano tuttavia reputarsi puramente simboliche. In tali termini, la decisione impugnata non si è posta in linea con i delineati principi, avendo riconosciuto l’esenzione non considerando che la retta per cepita (circa euro 1.900,00 ad allievo) non potesse nell’anno di riferimento considerarsi di valore simbolico, nel senso di un suo irrisorio, marginale e del tutto residuale ammontare, con ciò dovendosi reputare tale un corrispettivo di natura meramente formale, da rendere la prestazione più prossima ad una erogazione gratuita, che a quella sotto remunerata rispetto agli standard medi, come impone la decisione della Commissione Europea nella parte in cui ha accostato la simbolicità della retta alla sua gratuità, accreditando, per tale via, il riconoscimento del beneficio alla sussistenza di un corrispettivo di importo così modesto da non potersi rapportare al comune concetto di remunerazione del servizio reso;
4.1. privo di rilievo alcuno si pone, poi, il richiamo al tenore RAGIONE_SOCIALE disposizioni statutarie, in sé del tutto irrilevanti a fini che occupano, risultando evidente che nel caso in questione, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE complessive allegazioni dell’ istituto contribuente è mancata la prova in concreto del presupposto oggettivo per l’esenzione dall’ICI;
il ricorso merita, dunque, accoglimento e la controversia può decidersi nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con il rigetto dell’originario ricorso di parte contribuente;
in ragione del succedersi nel tempo RAGIONE_SOCIALE interpretazioni giurisprudenziali richiamate che hanno chiarito gli esatti termini della tematica in questione, le spese dell’intero giudizio di merito possono essere compensate tra le parti, mentre le spese del giudizio di
legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso di parte contribuente. Compensa le spese dei gradi di merito e condanna l’ ‘RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.300,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALE spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge se dovuti;
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data