Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30357 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30357 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12619/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, con l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro NOME
NOME CAPITALE, con l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di II GRADO del LAZIO n. 6556/2023 depositata il 19/11/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 1205/2022 la Commissione RAGIONE_SOCIALEle di Roma ha rigettato il ricorso della RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento IUC/Imu n. 662 concernente l’annualità 2015. L’ente ricorrente contestava l’ applicazione di classamenti e rendite catastali errate e l’applicazione errata di I MU ad immobili esenti in quanto destinati allo svolgimento di attività didattiche con modalità non commerciali.
La CTP non ha accolto il primo motivo in quanto il Comune aveva applicato rendite catastali non essendo al corrente di eventuali sentenze o contenziosi in atto non ancora definitivi. Quanto al requisito oggettivo, di non svolgimento di attività commerciale, la Commissione non ha ritenuto dimostrata la condizione e pertanto ha rigettato il ricorso.
La RAGIONE_SOCIALE ha interposto appello.
La CTG-2, con la sentenza in epigrafe indicata, lo ha accolto in parte. Nello specifico, la Corte ha accolto il primo motivo, relativo alle rendite catastali, riconoscendo le sentenze come passate in giudicato e l’acquiescenza di Roma Capitale. Ha quindi disposto l’adeguamento delle rendite per gli immobili in INDIRIZZO ai valori aggiornati. Ha invece rigettato il secondo motivo, relativo all’esenzione IMU, ritenendolo infondato, sulla considerazione che l’esenzione spetta solo se sussistono congiuntamente tre requisiti: soggettivo (ente non commerciale), oggettivo (uso esclusivo per attività esenti), e modalità non commerciale e che l’attività deve essere svolta gratuitamente o dietro corrispettivo simbolico. Nel caso concreto, l’appellante n on aveva invece fornito prove idonee a dimostrare il diritto all’esenzione, mentre il Comune aveva documentato che l’RAGIONE_SOCIALE svolgeva attività didattiche ma anche numerose attività accessorie a pagamento, escludendo così la gratuità o natura simbolica delle prestazioni e quindi il diritto all’esenzione IMU.
Avverso la suddetta sentenza di gravame l’ente contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso Roma Capitale.
Successivamente l’ente ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I n via preliminare si deve respingere l’eccezione di Roma Capitale, che lamenta che il ricorso riproduca pedissequamente l’atto di appello.
Ancorché il ricorso sia confezionato in modalità a tratti non del tutto formale, con copia incolla di parte di altri atti, non può ritenersi che i motivi di ricorso non siano formulati con un indirizzo critico verso la decisione impugnata, né tantomeno che le stesse non siano comprensibili.
L’eccezione va dunque rigettata.
1.1. Va parimenti rigettata l’eccezione di inammissibilità del controricorso, motivata sulla circostanza che l’ente impositore richiamerebbe meramente le difese svolte nei gradi precedenti di giudizio: il tenore delle argomentazioni è chiaramente rivolto ai motivi di ricorso per cassazione ed a confutare le argomentazioni di controparte.
L’ente rubrica due distinti motivi di ricorso che, per espressa dichiarazione, affronta poi in maniera congiunta, in quanto connessi.
Con il primo motivo di ricorso, si deduce, in relazione all’art. 360 c. 1 nn. 3 e 5 c.p.c., la violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115, 116 e 132 n. 4 c .p.c., in relazione dell’art. 7 comma 1 lettera i) del D.Lgs. n. 504/1992 e della circolare n. 2/2009 del MEF, per avere la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dichiarato la mancata produzione di documentazione ai fini dell’esenzione IMU.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3, la violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e 324 c .p.c., per avere la Corte di merito violato il giudicato intervenuto tra le stesse parti sulle precedenti decisioni delle Corti Tributarie in merito all’accertata mancanza di finalità commerciali e lucrative dell’attività di parte ricorrente, presupposto della non debenza dell’imposta IMU.
5 . Si sostiene, in sostanza, l’errata applicazione dei classamenti e delle rendite catastali da parte del Comune RAGIONE_SOCIALE Roma, che ha portato a un calcolo inesatto dell’IMU per l’anno 2015 su due immobili dell’RAGIONE_SOCIALE siti in INDIRIZZO , contestando che le rendite indicate nell’avviso di accertamento n. 662/2015 non corrispondevano a quelle effettive, già riconosciute da sentenze definitive riferite agli anni 2014 e 2015, e confermate dalla Cassazione.
La censure devono essere disattese.
6.1. Va premesso che, in punto di diritto, questa Corte (Cass. 09/12/2024, n. 31641) ha già reiteratamente osservato i limiti di fruibilità del beneficio in presenza di enti scolastici:
‘ 3.3. Questa Corte si è pronunciata più volte sulla questione della valutazione dell’ammontare del corrispettivo ai fini dell’esenzione dell’imposta sugli immobili (ICI nella fattispecie), in ipotesi di servizio reso dietro pagamento di somme non simboliche da enti aventi natura soggettiva di carattere non commerciale, stabilendo (Cass. 09/02/2024, n. 3674), proprio con riferimento alle rette scolastiche, che ‹‹7.5. in conformità a quanto ritenuto da Cass. 27821/2023 va confermato il principio di diritto se condo cui: ‘per corrispettivo simbolico, ai fini dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 per l’attività didattica ed in base ai criteri dettati dalla decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, deve intendersi quello caratterizzato da un
irrisorio, marginale, del tutto residuale ammontare, in termini tali da non potersi porre in relazione con il servizio reso, così presentandosi come corrispettivo di natura meramente formale, tale da rendere la prestazione più prossima ad una erogazione gratuita, che a quella sotto remunerata rispetto agli standard medi’».
3.4. Secondo i profili elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, si deve verificare: a) la necessaria compresenza, ai fini dell’esenzione Ici invocata ex art. 7 co. 1 lett. i) d.lgs. 504/92 (valevole anche per la disciplina IMU) di un requisito soggettivo (qui non in discussione) e di un requisito oggettivo dato dallo svolgimento con modalità non commerciali dell’attività scolastica; b) l’accollo del relativo onere probatorio in capo al contribuente che l’esenzione deduca in deroga alla regola di generale contribuzione; c) la necessità che questa prova muova da dati, non formali, statutari o comunque aprioristici, bensì dalla dimostrazione delle concrete modalità di svolgimento dell’attività nel periodo considerato e dei loro effettivi contenuti economici; d) l’esigenza che l’attività didattica venga espletata (anche e proprio in ragione dei vincoli UE: decisione 2013/284/UE della Commissione, del 19 dicembre 2012) a titolo gratuito ovvero a fronte di corrispettivi sostanzialmente simbolici (per la cui nozione si rinvia, in particolare, a Cass.n. 27821/23 e n. 3674/19); e) il carattere indicativo e non dirimente dei parametri di cui al DMef 200/12 (che richiama esso stesso il requisito della simbolicità dei corrispettivi: art. 4 co. 3^ lett.c)), così come del rapporto su di esso instaurabile tra costo medio per studente (CMS) e corrispettivo medio percepito (CM); f) la irrilevanza del risultato della gestione e, in particolare, del fatto che nell’esercizio considerato questa sia stata in perdita (Cass. n. 34311/22)’.
Tali sono dunque i principi applicabili alla fattispecie, in cui è accertato che il corrispettivo per le diverse attività svolte a pagamento nella struttura non avesse rivestito natura meramente simbolica.
6.2. Quanto alla dedotta rilevanza del giudicato inerente la base di imposta, deve osserv arsi che le caratteristiche dell’immobile sono soggette a cambiamenti e variazioni (Cass. 23/07/2024, n. 20294), specie in fattispecie in cui sussista un uso misto o in cui debba essere valutata, di volta in volta, la esistenza di condizioni di per sé stesse mutevoli, come nel caso di specie.
La categoria catastale degli immobili non è di per sé ostativa alla qualificazione commerciale dell’attività in essi svolta e , quindi, della destinazione ad essi concretamente impressa. Là dove la natura commerciale o non commerciale dell’attività muova dall’applicazione di parametri legislativi (a maggior ragione se di matrice unionale), l’accertamento di merito esula dal vincolo preclu sivo ex art. 2909 c.c., vertendosi appunto e principalmente, non in tema di accertamento di fatti materiali (del resto, nella specie pacifici), ma di esercizio giurisdizionale in senso proprio (tra le molte, Cass. n. 2798/24). Il giudicato esterno tributario, in presenza di circostanze e fatti per loro natura suscettibili, come nella specie, di mutare di anno in anno, esplica effetto preclusivo e vincolante per la sola annualità impositiva con riguardo alla quale l’ accertamento è stato reso (v. il principio affermato da Cass. SU n. 13916/06 ed innumerevoli volte applicato; da ultimo, Cass. n. 2305/24 con ulteriori richiami).
6.3. Non può dunque ritenersi che l’eventuale giudicato si rifletta automaticamente in altri anni di imposta.
6.4. Ne consegue che non sussistono i lamentati vizi.
Il ricorso va conseguentemente rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la
presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.880,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dov uto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/11/2025.
Il Presidente NOME COGNOME