Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32314 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32314 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
IMU -ESENZIONE ART. 7 CO.1, LETT. I ) D.LGS. 504/92 ATTIVITÀ NON COMMERCIALE -GIUDICATO – sul ricorso iscritto al n. 24958/2024 del ruolo generale, proposto
DA
il PONTIFICIO RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO in persona del suo legale rappresentante pro tempore , NOME. NOME COGNOME rappresentato e difeso, come da procura speciale e nomina poste in calce al ricorso e di nuova procura speciale rilasciata in calce all’istanza di fissazione dell’udienza ex art. 380bis c.p.c., dall’Avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE.
– RICORRENTE –
ROMA CAPITALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Sindaco in carica pro tempore , dr. NOME COGNOME rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE.
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio n. 3147/2/2023, depositata il 26 maggio 2023, non notificata.
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale dell’8 ottobre 2024.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso di accertamento indicato in atti, con cui il Comune di Roma aveva chiesto al ricorrente il pagamento della complessiva somma di 97.237,27 €, a titolo di IMU per l’anno di imposta 2014, in relazione al possesso dei beni immobili siti in Roma, alla INDIRIZZO. 49 e 51, alla INDIRIZZO nn. 38 e 12 ed in INDIRIZZO
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio rigettava l’appello proposto dal contribuente contro la sentenza n. 7379/27/2021 della Commissione tributaria provinciale di Roma, ritenendo:
-quanto all’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i ), d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 ed alle relative condizioni, « l’insussistenza della ricorrenza dei requisiti suddetti, in particolare della esclusiva destinazione di tali immobili ad alloggio gratuito dei religiosi impegnati nell’attività di culto o studio, non essendo a tal fine sufficiente né il riferimento allo
Statuto dell’Ente religioso né la stessa perizia giurata depositata, redatta in data 18/6/2018, la quale, nell’indicare numerosi immobili classati come abitazioni civili o popolari, non ne fornisce una descrizione atta ad escluderne l’idoneità a destinazione commerciale»;
di negare la dedotta sussistenza del giudicato esterno della sentenza n. 1477/9/2021, emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, « non potendo precludersi per ogni giudice il potere di valutare in modo autonomo e discrezionale le prove offerte dalle parti (così Cass. civ. sez. V n. 17668/2014 in un’ipotesi in cui l’imposta riguardava annualità diverse)», aggiungendo che « nell’ipotesi di tributi diversi, i giudici di legittimità hanno inoltre affermato (Cass. n. 19044/2014) che ‘nel processo tributario l’efficacia espansiva del giudicato esterno non ricorre quando i separati giudizi riguardino (come nella specie) tributi diversi, … ancorchè la pretesa impositiva sia fondata sui medesimi presupposti di fatto» (così nella sentenza impugnata).
Il Pontificio Istituto Ecclesiastico Polacco proponeva ricorso per cassazione avverso la predetta pronuncia, con atto notificato tramite posta elettronica in data 18 dicembre 2023, sulla base di due motivi, depositando in data 23 settembre 2024 memoria ex art. 380bis. 1. c.p.c.
Roma Capitale ha resistito con controricorso depositato 26 gennaio 2024.
Con ordinanza depositata il 5 aprile 2024 il Consigliere delegato ha proposto la definizione agevolata dell’art. 380 -bis. c.p.c.;
Con istanza depositata in data 24 aprile 2024 il ricorrente ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione, il Consorzio ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. per il mancato riconoscimento dell’efficacia di giudicato esterno della sentenza n. 1477/9/2021 emessa tra le medesime parti dalla Commissione tributaria provinciale di Roma in relazione ai requisiti per l’esenzione TASI 2014, segnalando che:
-per i tributi per i servizi indivisibili (TASI) l’art. 1, comma 3, d.l. 6 marzo 2014, n. 16, al fine di assimilare il trattamento di quest’ultima imposta a quello dell’IMU, rende applicabile all’imposta in esame i motivi di esenzione connessi alla destinazione dell’immobile all’esercizio di culto o di studio, applicabili all’IMU e riservata agli enti non commerciali, richiamando l’articolo 7, comma 1, lettere i ) d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504;
la sentenza n. 1477/9/2021 della Commissione tributaria provinciale di Roma aveva accertato che «La documentazione prodotta dal ricorrente risulta esauriente a sostegno della effettiva destinazione non commerciale del complesso commerciale. Nello Statuto e nel regolamento viene specificato che ‘Il Pontificio Istituto Ecclesiastico Polacco è la casa della formazione ove alloggiano i sacerdoti studenti i quali sono stati invitati dai loro Vescovi oppure dai loro superiori religiosi a compiere gli studi ecclesiastici di specializzazione’.
Nella perizia tecnica asseverata viene descritto, anche con planimetrie e fotografie, un complesso immobiliare avente tutte le caratteristiche proprie di un seminario, cioè di un collegio per convittori che intendono formarsi e specializzarsi
per l’attività sacerdotale (cappella, sagrestia, biblioteca, cucina, refettorio, ecc.)» (così a pagina n. 6 del ricorso).
Tutto ciò, invocando, quindi, il citato giudicato, considerando i medesimi presupposti fattuali per il riconoscimento dell’esenzione in tema di TASI e di IMU.
1.1. Il predetto motivo di ricorso non può essere accolto.
Va premesso che i l giudicato caduto sull’accertamento fattuale operato con la sentenza 1477/9/2021 della Commissione tributaria provinciale di Roma ha riguardato un differente tributo (TASI e non IMU), applicato sui medesimi beni ed anno di imposta (2014).
La Corte ha affermato il principio secondo cui non ricorre l’efficacia estensiva del giudicato esterno qualora siano oggetto di separati giudizi tributi diversi (quali Iva ed Irpef), stante la diversità strutturale delle imposte, oggettivamente differenti, ancorchè la pretesa impositiva sia fondata sui medesimi presupposti di fatto (così Cass. n. 14596/2018, che richiama Cass. n. 7884/2016; Cass. n. 235/2014; Cass. n. 3756/2013; Cass. n. 802/2011; Cass. n. 3706/2010).
Nello stesso senso, anche da ultimo, si è ribadito che la sentenza pronunciata in riferimento ad una determinata imposta, ancorché fondata sui medesimi fatti rilevanti ai fini dell’applicazione di un’imposta diversa, non spiega efficacia preclusiva nel giudizio avente ad oggetto quest’ultima imposta, qualora sia stata adottata sulla base di norme giuridiche diverse da quelle sotto le quali deve aver luogo la sussunzione della fattispecie controversa (v. Cass. n. 24416/2024, che richiama Cass. n. 8773/2008 e Cass. n. 33596/2019).
1.2. La peculiarità della fattispecie in rassegna sta nel fatto che l’art. 1, comma 3, d.l. 6 marzo 2014, n. 16, in tema di TASI, richiama, ai fini dell’esenzione, l’art. 7, comma 1, lett. i ), d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 e, quindi, la stessa condizione oggettiva (attività non commerciale) per usufruire dell’esenzione, per cui, in tal caso, si è di fronte all’ applicazione della stessa norma giuridica in relazione alla quale sussumere la fattispecie controversa e su cui è intervenuta la decisione della Commissione tributaria provinciale con la citata sentenza n. 1477/9/2021.
1.3. Senonchè, il predetto giudicato non può utilmente essere invocato, in quanto la relativa sentenza risulta articolata su di un’interpretazione dell’esenzione in esame contraria al consolidato orientamento di questa Corte ed alle prescrizioni Unionali.
1.4. Come sopra esposto, la citata pronuncia n. 1477/9/2021 ha basato la decisione sul dato formale della destinazione non commerciale del complesso immobiliare, quale risultante dalle regole statutarie e regolamentari dell’ente, nonché sul dato strutturale delle caratteristiche del bene, ritenute essere proprie di un seminario.
Ebbene, la predetta valutazione non risulta in linea con il principio generale, affermato della Commissione Europea con la decisione del 19 dicembre 2012 in tema di IMU, secondo cui l’interpretazione del concetto di attività economica dipende, tra le altre cose, dalle circostanze specifiche, dal modo cioè in cui l’attività è organizzata e dal contesto in cui viene organizzata.
Ciò significa che la valutazione va operata nella concretezza del caso specifico, il che è quanto, più volte, affermato da questa Corte, anche in pronunce rese tra le
stesse parti del presente giudizio, secondo cui « il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale (Cass., Sez. 5^, 2 aprile 2015, n.6711; Cass., Sez. 6″-5, 16 luglio 2019, n. 19072)» (così tra le tante, Cass., n. 22565/2024, che richiama Cass. n. 34766/2022, Cass. n. 6337/2024; Cass. n. 17677 e 17679/2024; nello stesso senso -come si diceva – tra le medesime parti, v. Cass. n. 16562/2022 e 16563/2022.
In altri termini, «la sussistenza del requisito oggettivo che in base ai principi generali è onere del contribuente dimostrare – non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino, a priori, il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale» (così Cass. n. 6337/2024 cit. e le altre ivi richiamate).
1.5. La decisione del menzionato giudice provinciale, invece, si è limitata ad una valutazione teorica nella parte in cui ha valorizzato la destinazione impressa ai beni dallo statuto e dal regolamento e, comunque, non aderente ad una verifica sulla concreta destinazione del bene nella parte si è limitato a considerare le generali caratteristiche strutturali del complesso immobiliare, un dato cioè statico, senza alcuna verifica circa la sua incompatibilità con un utilizzo commerciale dello stesso, tale da poterlo escludere.
In tale prospettiva, la citata pronuncia ha basato il relativo accertamento fattuale su presupposti giuridici errati, reputando (implicitamente quanto chiaramente) non necessaria la predetta verifica in concreto sulle modalità (non
commerciali) di utilizzo del bene, omettendo quindi l’esame sull’aspetto giuridicamente rilevante ai fini che interessano, il che esclude la sussistenza di un utile giudicato in ragione del fatto che -in definitiva – non vi è stato uno specifico accertamento sulle concrete modalità di utilizzo del bene.
1.6. Resta da aggiungere che nessun giudicato può essere ipotizzato sulla questione giuridica attinente alle condizioni di riconoscimento dell’esenzione in esame, vale dire sulla necessità di un accertamento fattuale in ordine al concreto utilizzo del bene, verifica questa che – come detto – è stata implicitamente ritenuta non necessaria dalla decisione invocata dalla contribuente.
Difatti, l’attività interpretativa delle norme giuridiche compiuta da un giudice, in quanto consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può mai costituire limite all’attività esegetica esercitata da un altro giudice, dovendosi richiamare a tal proposito il distinto modo in cui opera il vincolo determinato dall’efficacia oggettiva del giudicato ex art. 2909 c.c. rispetto a quello imposto, in altri ordinamenti giuridici, dal principio dello ” stare decisis ” (cioè del-precedente giurisprudenziale vincolante”), che non trova riconoscimento nell’attuale ordinamento processuale (cfr. Cass. n. 11331/2022, che richiama Cass. n. 23723/2013; Cass. n. 14509/2016 e Cass. n. 15215/2021; da ultimo, v., tra le tante, anche Cass. n. 211/2024).
Con la seconda censura il ricorrente ha lamentato, in relazione al canone censorio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. i ), d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ponendo in rilievo che:
-già dal contenuto dello Statuto e dal regolamento emergeva che «Il Pontificio Istituto Ecclesiastico Polacco è la casa della formazione in cui alloggiano i sacerdoti, studenti i quali sono stati invitati dai loro Vescovi oppure dai loro superiori religiosi a compiere gli studi ecclesiastici di specializzazione. Nell’istituto possono alloggiare come ospiti: i vescovi, i sacerdoti e nelle situazioni d’eccezione anche i laici » (v. pagina n. 9 del ricorso);
dalla lettura dello statuto emergeva che le suddette persone venivano alloggiate in detta struttura come ‘ospiti’ e quindi in modo gratuito;
-dalla perizia giurata risultava che all’interno del complesso immobiliare non vi era alcun bene idoneo ad essere destinato ad attività commerciale, il che dimostrava che l’effettiva destinazione degli immobili non era rivolta all’esercizio di un’attività commerciale.
2.1. Vanno sul punto richiamate le valutazioni sopra esposte sulla necessità di una valutazione in concreto circa le modalità di utilizzo del bene.
2.2. Va aggiunto che il motivo si scontra, altresì, con l’accertamento fattuale compiuto nella sentenza impugnata nella parte in cui, in linea coerente con il principio sopra illustrato, ha escluso che la contribuente avesse dimostrato il concreto utilizzo del bene con modalità non commerciali, reputando, al riguardo, inidoneo non solo il riferimento allo statuto ed al regolamento, ma anche la citata perizia, nella quale venivano considerati vari immobili (classati come abitazioni, civile e popolari), siccome reputata priva di una descrizione capace di inibire la destinazione commerciale.
Per tale via, il motivo, calibrato sulla violazione di legge, finisce con l’esprimere un uso improprio del canone censorio prescelto, celando il tentativo di coinvolgere la Corte in un inammissibile riesame di merito circa la predetta condizione fattuale dell’utilizzo asseritamente non commerciale dei beni.
Alla stregua delle ragioni svolte il ricorso va respinto.
La decisione, basata su ragioni diverse dalla proposta di definizione agevolata, giustifica, nella peculiarità del presente procedimento, la compensazione delle spese del presente grado di giudizio e la non applicazione della condanna al pagamento delle somme di cui all’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c..
Nondimeno, va dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento da parte del ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso, compensa le spese e dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento da parte del ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 ottobre 2024.