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Esenzione IMU enti non commerciali: la Cassazione decide

Una congregazione religiosa ha richiesto l’esenzione IMU per immobili con uso misto (scolastico/ricettivo e residenziale/culto). La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che per ottenere l’esenzione IMU enti non commerciali è indispensabile presentare una specifica dichiarazione che distingua le aree adibite ad attività commerciali da quelle non commerciali, in mancanza della quale l’agevolazione non spetta.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione IMU Enti Non Commerciali: Obbligo di Dichiarazione per Uso Misto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20236 del 22 luglio 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande interesse per il terzo settore: l’esenzione IMU per gli enti non commerciali. La decisione chiarisce in modo definitivo i requisiti necessari per beneficiare dell’agevolazione, in particolare quando un immobile è utilizzato per finalità miste, ovvero sia commerciali che istituzionali.

I Fatti del Caso: La Controversia sull’IMU di una Congregazione

Una congregazione religiosa si è vista notificare un avviso di accertamento IMU da parte di un Comune per l’annualità 2014. L’accertamento riguardava due immobili:
1. Una casa per ferie, per la quale il giudice di merito aveva escluso la natura non commerciale dell’attività, rilevando prezzi di soggiorno assimilabili a quelli di un albergo.
2. Un istituto scolastico, per il quale non era stata fornita la prova del rispetto di tutti i requisiti normativi per l’esenzione.

La congregazione ha impugnato la decisione dei giudici di secondo grado, sostenendo di aver diritto all’esenzione. Il caso è così giunto all’attenzione della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte e l’Esenzione IMU per Enti Non Commerciali

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della congregazione, confermando la decisione precedente e fornendo importanti chiarimenti sull’applicazione dell’esenzione IMU per enti non commerciali. Il punto focale della sentenza non risiede tanto nella natura commerciale o meno delle singole attività, quanto in un adempimento formale ritenuto imprescindibile: la presentazione di una specifica dichiarazione fiscale.

Il Ruolo Chiave della Dichiarazione per l’Uso Misto

Il cuore della pronuncia è la cosiddetta ratio decidendi. I giudici hanno stabilito che, in caso di immobili a uso misto, l’ente non commerciale ha l’onere di presentare un’apposita dichiarazione IMU, prevista dalla normativa introdotta nel 2012 (art. 91-bis del D.L. n. 1/2012 e successivi decreti attuativi). Questa dichiarazione serve a identificare con precisione le porzioni dell’immobile destinate all’attività non commerciale (che possono godere dell’esenzione) e quelle utilizzate per attività commerciali (soggette a imposta).

Nel caso di specie, la congregazione non aveva presentato questa specifica dichiarazione. Tale omissione, secondo la Corte, è fatale per il diritto all’esenzione, anche parziale. La normativa, infatti, è stata introdotta per rendere la disciplina italiana compatibile con le norme europee in materia di aiuti di Stato, garantendo che l’esenzione fiscale non si trasformi in un vantaggio indebito per attività economiche che operano sul mercato.

Rigetto del Motivo sulle Sanzioni per Mancanza di Incertezza Normativa

La Corte ha anche respinto la richiesta di disapplicare le sanzioni per presunta incertezza normativa. Secondo i giudici, già dal 2012 era chiaro che l’esenzione spettasse solo per le attività svolte con modalità “non commerciali”. La necessità di una dichiarazione specifica per l’uso misto era un obbligo altrettanto chiaro, la cui violazione giustifica pienamente l’applicazione delle sanzioni per dichiarazione infedele.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sull’interpretazione sistematica della normativa in materia di IMU per gli enti del terzo settore. L’introduzione dell’obbligo di dichiarazione per l’uso promiscuo risponde a un’esigenza di trasparenza e corretta applicazione del beneficio fiscale, in linea con i principi comunitari. La Corte ha ribadito che l’onere di provare la sussistenza dei requisiti per l’agevolazione, compresi quelli formali come la presentazione della dichiarazione corretta, ricade interamente sul contribuente. L’assenza di tale adempimento impedisce al giudice di poter verificare la ripartizione tra attività commerciali e non, rendendo inapplicabile l’esenzione.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 20236/2024 rappresenta un monito per tutti gli enti non commerciali che possiedono immobili a uso promiscuo. Per poter beneficiare, anche solo parzialmente, dell’esenzione IMU, è fondamentale non solo svolgere attività istituzionali con modalità non commerciali, ma anche adempiere scrupolosamente agli obblighi dichiarativi previsti dalla legge. La mancata presentazione della specifica dichiarazione per l’uso misto preclude il diritto all’agevolazione e può comportare l’applicazione di sanzioni.

Un ente non commerciale che utilizza un immobile per finalità sia commerciali che non (uso misto) ha diritto all’esenzione IMU totale?
No. Secondo la Corte, in caso di uso misto l’esenzione si applica solo proporzionalmente alla porzione dell’immobile destinata ad attività non commerciale, a condizione che venga presentata un’apposita dichiarazione che identifichi tale porzione.

È sufficiente aver ottenuto il riconoscimento di “scuola paritaria” per avere automaticamente diritto all’esenzione IMU per l’immobile scolastico?
No. La sentenza chiarisce che il riconoscimento di scuola paritaria non è di per sé sufficiente. Il contribuente deve comunque adempiere agli obblighi dichiarativi specifici previsti per l’esenzione IMU, in particolare la dichiarazione per l’uso misto se parti dell’immobile sono usate per altre finalità.

Si possono evitare le sanzioni per una dichiarazione IMU infedele invocando l’incertezza della normativa sull’esenzione per gli enti non commerciali?
No. La Corte ha stabilito che la normativa in vigore dal 2012 era sufficientemente chiara nel delineare i presupposti per l’esenzione (modalità non commerciali) e gli obblighi dichiarativi. Pertanto, non sussiste una condizione di “incertezza normativa oggettiva” che possa giustificare la non applicazione delle sanzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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