Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31624 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31624 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
sul ricorso iscritto al n. 16712/2022 del ruolo generale, proposto da
il Comune di Rodengo Saiano (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE),
ricorrente -contro
la Congregazione Suore di Santa Marta (codice fiscale CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE,
contro
ricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria 2022, non notificata, regionale della Lombardia n. 72/13/2022, depositata il 13 gennaio udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale del 14 novembre 2024.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia sono gli avvisi indicati in atti, con cui il Comune di Rodengo Saiano ha liquidato l’IMU e la TASI per gli anni di imposta 2012/2016 in relazione ad un compendio immobiliare catastalmente identificato al foglio 4, particella 55, sub. 4 (cat. A/6 autorimessa), sub. 9 (cat. B/1 collegio/convitto) e sub. 10 (cat. B/5 scuole) e destinato allo svolgimento di attività didattiche, con riferimento al quale la Congregazione Suore Santa Marta non ha provveduto a corrispondere le suindicate imposte.
La Commissione regionale ha rigettato l’appello proposto dal Comune avverso la sentenza n. 23/2/2019 della Commissione tributaria provinciale di Brescia, confermando il riconoscimento dell’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i ), d.lgs. n. 504/1992, sulla base delle seguenti considerazioni:
la Congregazione è un ente non commerciale, che svolge attività di scuola primaria parificata, richiedente rette annuali (pari a 2.475,00 €) « notevolmente inferiori a quanto corrisposto nell’ambito delle scuole pubbliche parametrato in € 6.634,15 €» (così nella sentenza impugnata) e ben inferiori al parametro stabilito dal MIUR, dunque avente carattere simbolico e finalizzate al recupero parziale di una parte degli oneri sostenuti per detta attività;
il decreto ministeriale n. 200/2012 esclude la possibilità di riconoscere la natura commerciale dell’attività didattica, «essendo la stessa paritaria» e le « scuole, che hanno ottenuto la
qualificazione di pariteticità rientrano nell’ambito normativo dello Stato» e sono « parificati, a tutti gli effetti » agli istituti educativi pubblici, « considerata la natura non commerciale del servizio reso»;
-l’immobile ha natura strumentale perché utilizzato direttamente ed esclusivamente ai fini dell’istruzione della comunità religiosa, come da certificazione della Diocesi di Brescia, senza logica di profitto, ma destinato al « soddisfacimento di bisogni socialmente primari, spesso non soddisfatti dalle strutture didattiche pubbliche».
Il Comune di Rodendo Saiano ha proposto ricorso per cassazione avverso la suindicata sentenza, con atto notificato il 22 giugno 2022, articolando due motivi di impugnazione, successivamente depositando in data 4 novembre 2024 memoria ex art. 380bis .1., c.p.c.
La Congregazione Suore di santa Marta ha resistito con controricorso notificato in data 23 agosto 2022.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione il Comune ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. c ), d.lgs. n. 504/1992, in combinato disposto con l’art. 4, comma 3, lett. c ), d.m. n. 200/2012, nonché con l’art, 2967 c.c., contestando la valutazione fornita dalla commissione regionale in quanto basata sui parametri della nota Miur, e non sui criteri di cui al citato decreto ministeriale, considerando i riferimenti della nota ministeriale del tutto estranei al dettato normativo ed assolutamente irrilevanti, dovendo riconoscersi natura simbolica a quelle rette che non hanno la minima attitudine a porsi in copertura dei costi del servizio,
laddove, nel caso di specie, la retta stabilita dalla Congregazione copre oltre il 50% dei costi per l’erogazione del servizio.
Con la seconda ragione di contestazione, l’ente territoriale ha dedotto, in relazione 360, primo comma, num. 3., c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7, comma 1, lett. c ), d.lgs. n. 504/1992, in combinato disposto con l’art. 4, comma 3, lett. c ), d.m. n. 200/2012, rimproverando al Giudice regionale di aver considerato la «presenza preponderante del soddisfacimento dei bisogni socialmente primari non soddisfatti dalle strutture didattiche pubbliche» (v. pagina n. 3 del ricorso), mentre è del tutto irrilevante la tipologia dell’attività svolta al fine di poter ritenere che la stessa sia posta in essere con modalità non commerciali, laddove, come nel caso di specie, le rette percepite sono in linea con quelle di mercato e conseguentemente l’attività svolta si pone in concorrenza con l’offerta delle diverse realtà educative presenti sul territori.
I motivi in esame, contrariamente alle eccezioni formulate nel controricorso, non tendono ad una rivalutazione dei fatti accertati, ma denunciano piuttosto l’interpretazione della normativa vigente e l’irrilevanza degli elementi valorizzati nella decisione impugnata alla luce della corretta lettura del dato normativo: sono, pertanto, ammissibili e devono essere trattati in modo unitario, siccome connessi nella dedotta violazione di legge concernente l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. c ), d.lgs. n. 504/1992.
La questione ivi coinvolta ha costituito oggetto di varie pronunce di questa Corte.
La previsione dell’art. 7, comma 1, lett. i ), d.lgs. n. 504/1992, nel testo attualmente vigente, come modificato dall’art. 91 -bis del d.l. n. 1 del 2012, conv. in legge n. 27 del 2012, espressamente richiamata, in tema di IMU, dal d.lgs. n. 23 del 2011, deve essere applicata nell’accezione compatibile con la decisione adottata dalla Commissione dell’Unione Europea il 19 dicembre 2012 e con la
sentenza resa dalla Corte di giustizia del 6 novembre 2018, nelle cause riunite C-622, 663 e 624/2016, che ha confermato la decisione, limitandosi ad annullarla in ordine al mancato recupero degli aiuti di Stato. Solo per completezza deve evidenziarsi che non è, invece, pertinente la più recente decisione della Commissione dell’Unione Europea del 3 marzo 2023, che riguarda solo ed esclusivamente il recupero degli aiuti illegali concessi tramite l’esenzione dell’i.c.i.
Pertanto, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i, d.lgs. n. 504 del 1992 va riconosciuta solo se le attività ivi elencate (assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’art. 16, lett. a, della legge n. 22 del 1985) sono esercitate con modalità non commerciali. Risulta, invece, irrilevante la finalità sociale e di pubblica utilità sodisfatta dall’attività didattica, trattandosi di profili che non incidono sul modo (commerciale o meno) con cui la predetta attività è stata svolta, così come la qualificazione di scuola paritaria (ritenuta, al contrario, decisiva dal giudice di appello).
In particolare, come ha precisato l’art. 4, comma 3, lett. c, del regolamento, adottato dal Ministero delle Finanze, con decreto n. 200 del 2012, a cui rinvia l’art. 91 -bis, comma 3, del d.l. n. 1 del 2012, conv. in legge n. 27 del 2012, le attività didattiche sono svolte con modalità non commerciali se esercitate a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso.
Si è chiarito che per corrispettivo simbolico, ai fini dell’esenzione prevista dall’art. 7, lett. i, d.lgs. n. 504 del 1992, per l’attività didattica, in base ai criteri dettati dalla decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, deve intendersi quello caratterizzato da un irrisorio, marginale, del tutto residuale
ammontare, in termini tali da non potersi porre in relazione con il servizio reso, così presentandosi come corrispettivo di natura meramente formale, tale da rendere la prestazione più prossima ad una erogazione gratuita, che a quella sotto-remunerata rispetto agli standard medi (così Cass., Sez. T., 2 ottobre 2023, n. 27821). Si è anche precisato che deve escludersi l’equivalenza del concetto di corrispettivo simbolico con quello di corrispettivo inferiore rispetto alla media dei prezzi praticati nella zona, atteso che il corrispettivo puramente simbolico non è quello tenue o modesto, ma quello che escludendo completamente il rapporto sinallagmatico equivale alla sua assenza (cfr. Cass. n. 17902/2024 che richiama Cass. n. 8967/2020; Cass. n. 4066/2019; Cass. n. 37340/2021).
Quanto al d.m. 26 giugno 2014, contenente le istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni i.m.u. e t.a.s.i., questa Corte ha chiarito che le istruzioni ministeriali non possono vincolare l’interpretazione del dato normativo, sicché la valutazione della natura non commerciale dell’attività didattica non può esaurirsi nell’applicazione meccanica del parametro, consistente nel rapporto tra corrispettivo medio (CM) e costo medio per studente (CMS), previsto da tali istruzioni. Tale parametro è stabilito in via generale, una volta per tutte, ed è funzionale ad una elaborazione forfettaria del requisito, mentre, in termini del tutto diversi, il dato normativo obbliga ad una valutazione puntuale, non predeterminata, riferita alla specifiche condizioni in cui opera il singolo contribuente, delineando un accertamento basato sulla verifica dell’irrisorietà della retta, in ragione della sua inidoneità a porsi come larvata forma retributiva dell’attività didattica prestata (Cass.18831/2020; n. 3369/2019;n. 2019/13787, in motiv; 24308/2019; Cass. n. 10754/2017; Cass. n. 10483 del 2016; n. 19773 del 2019; n. 13970 del 2016). In definitiva, il d.m. 16 giugno 2014 introduce un parametro che si pone in contrasto con la norma gerarchicamente superiore, contenuta nel d.m. 200 del 2012, richiamata dalla legge
n. 1 del 2012, limitandosi ad una valutazione astratta, che, peraltro, pone a confronto entità non omogenee e, cioè, il corrispettivo effettivamente praticato in un dato contesto temporale e territoriale ed il costo medio del servizio per studente, calcolato dal Ministero, in base a dati raccolti su tutto il territorio nazionale, in cui esistono disparità, anche rilevanti, di costi. Non assume, quindi, rilievo la rispondenza della retta scolastica ai limiti fissati in materia di ‘costo medio per studente’ per l’anno di riferimento secondo la tabella redatta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sulla base delle istruzioni per la compilazione del modello di dichiarazione a fini dell’IMU per gli enti non commerciali in allegato al d.m. 26 giugno 2014, non ponendosi detti criteri in armonia con quanto stabilito dalla decisione adottata dalla Commissione Europea il 19 dicembre 2012 e del d.m. 200/2012 (v., amplius , sul punto, Cass. m. 17704/2024).
Le stesse considerazioni si estendono a tutti i decreti adottati dal Ministero dell’Istruzione per l’assegnazione dei contributi alle scuole paritarie di ogni ordine e grado (da ultimo il d.m. n. 20 del 2024), che parimenti non hanno natura normativa e non possono modificare o introdurre deroghe rispetto alla disciplina delineata dalle fonti normative, così come alle eventuali note o circolari.
Neppure è decisivo il disavanzo di bilancio, potendo essere condizionato da una pluralità di fattori e come tale non esclusivamente dipendente dall’ammontare delle rette, per cui non è capace di esprimere il concetto di corrispettivo simbolico, né dimostra che quest’ultimo sia stato determinato in assenza di relazione col costo effettivo del servizio, profilo questo che integra, invece, il parametro normativo di riferimento per stabilire il carattere non commerciale dell’attività didattica ai fini che occupano (cfr. Cass. n. 4952/2023 e Cass. n. 17704/2024 e le varie pronunce ivi menzionate).
A ciò si aggiunga che la natura simbolica del corrispettivo deve essere valutata anche in considerazione dei finanziamenti ricevuti dall’istituto scolastico, in quanto, laddove la retta, anche inferiore al costo del servizio, unitamente ai finanziamenti pubblici o anche privati, consenta di raggiungere o, comunque, perseguire il pareggio di bilancio, l’attività è svolta con metodo economico.
Infine, il carattere simbolico del corrispettivo non può essere presunto, ma deve essere dimostrato dal soggetto che invoca l’esenzione ulteriore ragione per cui non può utilizzarsi, quale termine di confronto, il dato disomogeneo e scarsamente significativo del costo medio nazionale, per sopperire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del ricorrente. Neppure alcun valore presuntivo si collega al tipo di attività svolto, visto che qualsiasi attività, anche se strumentale a soddisfare interessi pubblici o bisogni primari della collettività, può essere svolta con metodo economico.
In conclusione, la sentenza impugnata è incorsa nelle violazioni denunciate dal Comune ricorrente, in quanto ha ritenuto l’attività didattica esercitata con modalità non commerciali in base al tipo di attività svolta, alla natura paritaria della scuola ed all’inferiorità della retta rispetto al costo medio del servizio, calcolato dal Ministero, senza prendere, invece, in considerazione dati concreti, quali, ad esempio, oltre alla misura della retta, i costi effettivi sostenuti dall’istituto scolastico e/o i finanziamenti pubblici ricevuti, e prescindendo, inoltre, dall’assolvimento dell’onere probatorio da parte del contribuente.
4. In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria regionale della Lombardia -in diversa composizione -stante l’esigenza di rinnovare, sulla base degli illustrati principii di diritto, il predetto accertamento sul diritto all’esenzione dell’immobile oggetto di
tassazione, verifica questa tipicamente di merito e, quindi, sottratta alla valutazione della Corte.
Il Giudice del rinvio provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre