Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31580 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31580 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19107/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI BERGAMO, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione distaccata di BRESCIA, n. 774/2023 depositata il 27/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. Brescia, con la sentenza in epigrafe indicata, respingeva l’appello proposto dall’ Istituto Diocesano Preti Del Sacro Cuore nei confronti dell’amministrazione comunale avverso la sentenza della Comm issione tributaria provinciale di Bergamo n. 549/2017 di rigetto del ricorso proposto dal contribuente avverso la richiesta di rimborso dell’ IMU per l’anno 201 2 , con il quale l’Ufficio aveva escluso l’applicazione dell’esenzione prevista all’art. 7, comma 1, lett. i) del D.lgs. n. 504/92, per il ritenuto svolgimento, da parte dell’Istituto, nella citata sede, di attività didattica svolta con modalità commerciali e per la presenza di un parcheggio a pagamento, che non avrebbe portato alcun beneficio per gli utilizzatori-studenti-genitori-insegnanti.
In particolare, la CTR ha ritenuto corretta l’ esclusione del beneficio dell’esenzione fiscale , posta a fondamento del diniego di rimborso, atteso che sia il parcheggio, con tariffa a pagamento e gestito da terzi, che la scuola avevano caratteristiche proprie dell’attività commerciale.
Avverso la suddetta sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 3 motivi, cui ha resistito con controricorso il comune.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis .1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per avere il giudice di seconde cure sia valutato sufficiente la mera corresponsione di contributi di gestione per attribuire natura ‘commerciale’ alle attività didattiche svolte all’interno dell’immobile, sia nei limiti in cui ha ritenuto commerciale l’attività di parcheggio
pubblico a pagamento posto che tale attività è stata resa possibile soltanto con la stipulazione dell’atto di convenzionamento in data 11 giugno 2015.
1.1. In particolare, con riferimento alla scuola, trattandosi di comodato gratuito da parte dei religiosi alla diocesi di Bergamo e da questa, in subcomodato gratuito, all’opera Sant’ Alessandro, si tratterebbe per tutti di enti religiosi riconosciuti, senza fine di lucro, strutturalmente collegati. Contesta dunque parte ricorrente che la CTR avrebbe errato nella propria valutazione, con ciò violando il disposto normativo, atteso che le finalità istituzionali del ricorrente e dell’Opera Sant’Alessandro, non solo sarebbero comuni – come necessariamente richiesto ex art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 – ma risulterebbero pressoché identiche, atteso che l’art. 2 dello Statuto dell’Istituto ricorrente prevede che lo stesso ‘ha lo scopo di Culto e Religione e si propone a) di curare l’educazione e l’assistenza religiosa dei fedeli mediante la predicazione, le supplenze nelle parrocchie e altre forme di ministero sacerdotale; b) di promuovere l’educazione e l’assistenza della gioventù’, mentre l’art. 2 dello Statuto dell’Opera Diocesana Sant’Alessandro dispone che l’ente ‘ha lo scopo a) di curare l’educazione religiosa -morale dei giovani studenti della città e diocesi; b) di promuovere istituzioni ed attività rivolte alla formazione culturale cattolica dei giovani’ (pag. 22 del ricorso).
1.2. Il motivo è infondato, poiché non risulta né un uso diretto, né l’organicità strutturale e funzionale tra gli enti, né si è data prova del carattere non commerciale dell’attività didattica.
1.3. Ciò in base all’orientamento di questa Corte che ha chiarito che in tema di imposta comunale sugli immobili, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992 spetta soltanto se l’immobile viene impiegato direttamente dall’ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali, sicché l’utilizzazione, in virtù di un contratto di comodato, da parte di un soggetto diverso da quello a cui
spetta l’esenzione, anche se senza scopo di lucro e con destinazione di pubblico interesse, esclude l’agevolazione, essendo necessario che il bene, oltre ad essere utilizzato, sia anche posseduto dall’ente commerciale che ne fruisce, in ragione di un diritto di proprietà o di altro diritto reale (Cass. 20/07/2016, n. 14912 (Rv. 640827 – 01)), e che in tema di ICI, l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992 compete tendenzialmente solo in caso di utilizzo diretto del bene da parte dell’ente possessore, per lo svolgimento, con modalità non commerciali, delle attività previste dalla norma, potendo essere estesa all’ipotesi di utilizzo indiretto del bene solo qualora la concessione del godimento e dell’uso – a favore di altro ente collegato all’ente possessore, nel perseguimento delle stesse finalità istituzionali – sia del tutto gratuita, senza alcuna forma di remunerazione (Cass. 25/11/2022, n. 34772 (Rv. 666405 – 01)).
1.4. Nel caso di specie vi è un comodato al quale si è poi aggiunto un ulteriore sub-comodato, che fa certamente venire meno la pretesa unicità strutturale ed identità di finalità istituzionali.
1.5. Va in proposito rammentato che la normativa in tema di agevolazioni è di stretta interpretazione: ‘invero, le norme di carattere eccezionale, quali sono quelle che introducono agevolazioni od esenzioni, esigono un’esegesi ispirata al criterio di stretta interpretazione. Esse non ammettono «(…) interpretazioni analogica o estensiva (…) con la conseguenza che i benefici in esse contemplati non possono essere estesi oltre l’ambito di applicazione come rigorosamente identificato in base alla definizione normativa» (Cass., Sez. 5^, 7 maggio 2008, n. 11106- nello stesso senso: Cass., Sez. 5^, 7 marzo 2013, n. 2925; Cass., Sez. 5^, 4 marzo 2016, n. 4333; Cass., Sez. 6^, 21 giugno 2017, n. 15407; Cass., Sez. 5^, 16 maggio 2019, n. 13145)’ (Cass. 28/10/2020, n. 23692), sicché l’invocato beneficio non può estendersi oltre l’ipotesi prevista.
1.6. La doglianza è dunque infondata, e tale rimane anche alla luce del sopravvenire dell’art. 1 co. 71 l. 213/23, il quale non prevede quale causa esonerativa il sub-comodato e richiede anch’esso un collegamento funzionale o strutturale qui escluso.
1.7. Quanto al parcheggio, deve rilevarsi che vi è un uso indiretto del parcheggio tramite società di capitali. Ne consegue che non sussistono i requisiti di legge per fruire del beneficio, atteso che in tema di ICI-Imu, l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992 compete tendenzialmente solo in caso di utilizzo diretto del bene da parte dell’ente possessore, per lo svolgimento, con modalità non commerciali, delle attività previste dalla norma, potendo essere estesa all’ipotesi di utilizzo indiretto del bene solo qualora la concessione del godimento e dell’uso – a favore di altro ente collegato all’ente possessore, nel perseguimento delle stesse finalità istituzionali – sia del tutto gratuita, senza alcuna forma di remunerazione (Cass. 25/11/2022, n. 34772 (Rv. 666405 – 01)).
1.8. La censura formulata contrasta inoltre con gli accertamenti di fatto posti in essere dalla CTR – e la cui rivalutazione è preclusa in questa sede – che pone a fondamento della propria decisione proprio le caratteristiche d ‘uso del bene.
1.9. Inoltre, la circostanza dedotta non costituisce un fatto decisivo in sé, perché una volta appurata la destinazione del bene, la sua natura commerciale ne determina l’assoggettabilità all’imposta anche indipendentemente dalla contingente produzione di reddito in correlazione con le fasi di apertura e chiusura dell’impianto; il che è del resto in linea con la natura patrimoniale, non reddituale, dell’imposta .
1.10. Il motivo è dunque infondato.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza per ‘omessa pronuncia’ del Giudice in merito all’applicabilità al caso di specie della disposizione di cui all’art. 91 -bis
del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c.
2.1. In particolare, la sentenza di appello nulla avrebbe detto riguardo alla mancata applicazione del principio di utilizzazione mista dell’immobile disposto dai commi 2 e 3 dell’art. 91 -bis del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 e, risulterebbe, per l’effetto, in contrasto con il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato sancito dall’art. 112 del c.p.c.
2.2. La doglianza, fondata solla omessa pronuncia sul punto, è irrilevante, in quanto, una volta dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso, e con ciò accertato con valore definitivo quanto affermato dalla Corte di giustizia di secondo grado in merito alla natura commerciale del l’attività, la omessa pronuncia sul tema della applicazione del tributo in proporzione e della sua esenzione alla parte effettivamente destinata ad uso non commerciale diventa del tutto priva di rilevanza.
2.3. Il motivo è dunque travolto dalla declaratoria di reiezione del motivo n. 1, atteso che il suo accoglimento, con diverso accertamento del fatto ivi sottostante, ne costituiva un presupposto.
2.4. Si rinvia anche quanto verrà detto con riferimento al motivo n. 3, inerente la medesima questione.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 91 -bis , commi 2 e 3, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per mancata applicazione del principio di proporzionalità per le ipotesi di uso.
3.1. Si tratta della medesima questione affrontata con riguardo al motivo n.2, ma sotto il diverso profilo della violazione di legge. Oltre a quanto già osservato con riferimento al motivo che precede, deve qui osservarsi che l a CTR ne ha escluso l’applicazione in ragione difetto del
presupposto dell’esistenza di un frazionamento catastale risalente al periodo di imposizione.
3.2. Afferma che solo per il tramite del convenzionamento dell’11 giugno 2015 è stato possibile asservire a uso pubblico (consentendo quindi lo svolgimento di attività commerciale) n. 132 (centotrentadue) posti auto per una superficie pari a 3.035 metri quadrati rispetto al totale dei parcheggi (n. 214), la cui differenza resta quale pertinenza della porzione immobiliare destinata ad attività scolastica (per insegnanti, genitori, sacerdoti, ecc.)
3.3. Obietta parte controricorrente, in realtà solo con successiva dichiarazione DOC.FA. del 15/5/2019, l’Istituto ricorrente ha presentato all’Agenzia del Territorio di Bergamo la variazione catastale conseguente alla divisione o frazionamento dell’originario sub 701, comprensivo dell’intero fabbricato e del parcheggio, in 3 unità distinte, e, ancora successivamente, con ulteriore DOC.FA. presentata il 3/12/2019 la proprietà ha rettificato la ‘data di fine lavori’ indicata nella precedente dichiarazione, a llo scopo di anticiparne l’efficacia retroattiva al 2012 (invece che con decorrenza dal 2019).
3.4. Va rammentato che l’a rt. 91bis d.l. 1/2012: così dispone: ‘ 1. Al comma 1, lettera i), dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, dopo le parole: “allo svolgimento” sono inserite le seguenti: “con modalità non commerciali”.
Qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista, l’esenzione di cui al comma 1 si applica solo alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, se identificabile attraverso l’individuazione degli immobili o porzioni di immobili adibiti esclusivamente a tale attività. Alla restante parte dell’unità immobiliare, in quanto dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente, si applicano le disposizioni dei commi 41, 42 e 44 dell’articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286. Le rendite
catastali dichiarate o attribuite in base al periodo precedente producono effetto fiscale a partire dal 1º gennaio 2013.
Nel caso in cui non sia possibile procedere ai sensi del precedente comma 2, a partire dal 1º gennaio 2013, l’esenzione si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile quale risulta da apposita dichiarazione. Con successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 17 agosto 1988, n. 400, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità e le procedure relative alla predetta dichiarazione ((, gli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale, nonché i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come svolte con modalità non commerciali.’
3.5. Dunque, qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista, l’esenzione di cui al comma 1 si applica solo alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, quale risulta da apposita dichiarazione.
3.6. Il motivo è dunque infondato, atteso che vi era assenza di frazionamento nell’anno 2013 e, anche, di una dichiarazione sostitutiva di uso promiscuo. Anzi, la dichiarazione di parte richiedeva l’esenzione per la totalità indistinta dell’immobile. In ogni caso, nella fattispecie non vi era un uso promiscuo, ma un uso totalmente commerciale.
Ne consegue il rigetto dell’intero ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i requisiti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la
presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente a rifondere al controricorrente ricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge, se dovuti.
Dichiara la sussistenza in capo alla parte ricorrente dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, il 14/11/2024 .