Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32690 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32690 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 22495/2023 R.G., proposti, rispettivamente,
DA
il Comune di Melegnano (MI), in persona del Sindaco pro tempore , r appresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Velletri (RM), e dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
la ‘ RAGIONE_SOCIALE, ente iscritto nel registro delle persone giuridiche della Regione Lombardia col n. 138, con sede in Melegnano (MI), in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Milano, e dall’Avv. Prof. NOME COGNOME con studio in Milano, elettivamente domiciliata presso l’Avv. Prof. NOME COGNOME con studio in Roma, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
ICI IMU ACCERTAMENTO ESENZIONE PRESTAZIONI MEDICHE CONVENZIONATE CON LA REGIONE
PRINCIPIO DI DIRITTO
Rep.
CONTRORICORRENTE
E DA
la ‘ RAGIONE_SOCIALE, ente iscritto nel registro delle persone giuridiche della Regione Lombardia col n. 138, con sede in Melegnano (MI), in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Milano, e dall’Avv. Prof. NOME COGNOME con studio in Milano, elettivamente domiciliata presso l’Avv. Prof. NOME COGNOME con studio in Roma, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
il Comune di Melegnano (MI), in persona del Sindaco pro tempore , r appresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Velletri (RM), e dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia il 3 aprile 2023, n. 1198/09/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24 settembre 2024 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. il Comune di Melegnano (MI), prima, e la ‘ RAGIONE_SOCIALE, poi, hanno proposto separati ricorsi per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia il 3 aprile 2023, n.
1198/09/2023, la quale, in controversia sull ‘ impugnazione di avviso di accertamento per l’omesso versamento dell’I MU relativa a ll’anno 20 14, per importo complessivo di € 129.613,00, in relazione ad immobili ubicati in Melegnano (MI) e destinati all’esercizio di una pluralità di attività assistenziali, sanitarie e socio-sanitarie in regime di convenzione con la Regione Lombardia (tra le quali, in particolare, la gestione di una RAGIONE_SOCIALE. e di un C.D.I. per anziani), di cui la ‘ Fondazione Castellini – RAGIONE_SOCIALE ‘ è proprietaria, ha parzialmente accolto l’appello proposto dal Comune di Melegnano (MI) nei confronti della ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano il 22 luglio 2021, n. 3261/19/2021, con compensazione delle spese giudiziali;
la Commissione tributaria regionale ha parzialmente riformato la decisione di prime cure -che aveva accolto il ricorso originario -nel senso di confermare l’atto impositivo « limitatamente agli immobili adibiti a RAGIONE_SOCIALE, a C.D.I e alle attività pacificamente commerciali (ristorazione, parrucchiere, lavanderia, rivendita giornali, bar) con corrispondente riduzione delle sanzioni e degli interessi », annullandolo per il resto;
sia il Comune di Melegnano (MI) che la ‘ RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso al ricorso avversario;
la ‘ RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ..
CONSIDERATO CHE:
il ricorso del Comune di Melegnano (MI) è affidato a tre motivi;
1.1 con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 504, e 91bis del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’esenzione potesse spettare « con riferimento agli immobili adibiti allo svolgimento delle quattro attività psichiatriche gestite dalla Fondazione che ‘opera in regime di convenzione con il Servizio sanitario universale, con copertura integrale dei costi ad opera della Regione Lombardia e con erogazione del servizio sanitario psichiatrico senza alcun costo a carico degli ute nti’ », laddove « ai fabbricati posseduti da enti no profit, nei quali si svolga attività sanitaria, non si applica l’agevolazione solo perché accreditati o convenzionati con una struttura pubblica, né a tal fine rileva la destinazione degli utili, eventualmente ricavati, al perseguimento di fini sociali o religiosi, che costituisce un momento successivo alla loro produzione e non fa venir meno il carattere commerciale dell’attività »;
1.2 con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che la contribuente avesse assolto l’onere probatorio in ordine alla sussistenza dei requisiti per l’esenzione, con riferimento agli immobili adibiti allo svolgimento delle attività psichiatriche, non avendo « tenuto conto della dichiarazione dei redditi della contribuente (prodotta d al Comune) relativa all’anno di imposta 2014 dalla quale risultava che il totale delle operazioni attive ammontava ad € 17.228.547 a fronte di € 4.270.218 di
operazioni passive, con evidente scostamento anche ai fini fiscali tra corrispettivi e costi (pagg. 67 dell’atto di appello e all. 1 alle controdeduzioni di primo grado) » ed avendo, al contempo, « travisato gli elementari principi in tema dell’onere della prova. Incombeva, infatti, alla RAGIONE_SOCIALE provare l’esistenza in concreto dei requisiti dell’esenzione, fornendo la prova (onere neanche in parte assolto) che l’attività cui l’imm obile è destinato non si svolgesse con le modalità di un’at tività commerciale »;
1.3 con il terzo motivo, si denuncia omesso esame di fatti controversi e decisivi della causa, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per non essere stata esaminata dal giudice di secondo grado « la produzione documentale del Comune (dichiarazione dei redditi della contribuente anno in ordine al punto controverso relativo allo svolgimento delle attività psichiatriche con modalità non commerciali, quale requisito oggettivo per l’esenzione dal tributo », laddove: « L’esame della dichiarazione dei redditi della Fondazione relativa all’anno di imposta in contestazione, avrebbe consentito al Giudice di secondo grado di accertare lo svolgimento, con modalità commerciale, delle attività svolte nell’immobile oggetto di controversia »;
il ricorso della ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ è affidato a cinque motivi;
2.1 con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., anche in riferimento all’art. 324 cod. proc. civ. ed agli artt. 111 e 24 Cost., nonché ai principi in tema di elementi costitutivi della ‘ cosa giudicata ‘, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non essere stata considerata dal giudice di secondo grado « l’eccezione della Fondazione
COGNOME, relativa alla formazione ed all’estensione del giudicato esterno formatosi nel corso del giudizio di I grado in relazione al medesimo rapporto giuridico ed alle stesse questioni di fatto e di diritto dedotte in secondo grado di giudizio » (con riguardo alla sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano il 30 settembre 2019, n. 3936/19/2019), deducendo, altresì la formazione medio tempore di un nuovo giudicato esterno dopo il deposito della sentenza impugnata « tra le stesse parti, in riferimento ai medesimi immobili e medesime questioni di fatto e diritto » (con riguardo alla sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano il 21 ottobre 2022, n. 2856/05/2022);
2.2 con il secondo motivo, si denunciano, al contempo, nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 504, come modificato dall’art. 91bis , comma 1, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, nonché dell’art. 91 -bis , comma 3, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, come modificato dall’art. 9, comma 6, del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, dell’art. 9, comma 6ter , del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 212, degli artt. 1, comma 1, lett. p, 3 e 4, comma 2, lett. a, del d.m. 19 novembre 2012, n. 200, nonché per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, c omma 6, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 5 02, dell’art. 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e del d.P.C.M. 29 novembre 2001, dell’art. 5, comma 3, e dell’art. 27, comma 1, lett. e, n. 1, della legge reg.
Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’esenzione riguardasse « solo l’immobile adibito ai quattro servizi sanitari e sociosanitari psichiatrici (Casa di Anania), in quanto resi in gratuità, senza alcun costo a carico degli utenti, e non anche gli immobili adibiti a RSA e CDI (Padiglione INDIRIZZO e padiglione Giovenzana), e ciò poiché -a suo dire -la Fondazione, ‘oltre al co ntributo sanitario a carico della Regione, applica all’utenza una retta alberghiera giornaliera’, ‘offrendo servizi alberghieri per anziani con modalità concorrenziali, così collocandosi al di fuori della ipotesi di esenzione IMU, sussistente allorché l’ut enza fruisce del servizio a titolo gratuito o fornendo un contributo minimo” »; peraltro: « Riguardo all’immobile adibito ai servizi psichiatrici, la conclusione del Giudice di appello è corretta, tenendo conto che sono rispettati i requisiti dell’art. 4, c. 2, lett. a), compresa la gratuità in favore dell’utenza. Si ricorda che, essendo servizio svolto nell’ambito del Sistema sanitario pubblico fondato sui principi di copertura universale del servizio e di solidarietà, la gratuità è verso gli utenti, essendo irrilevante la percezione delle tariffe regionali che non sono corrispettivi ma contributi pubblici previsti in entità eguale e predeterminata per tutti gli enti erogatori accreditati, sia pubblici che privati, inseriti nel Sistema sanitario regionale, per garantire l’erogazione gratuita e la copertura universale del servizio »; tuttavia: « I giudici di appello hanno violato la predetta normativa sotto due profili: a) ritenendo sussistente una ‘retta alberghiera giornaliera’, ossia un prezzo per i servizi alberghieri svolti con modalità concorrenziali; b) ritenendo che tale retta possa non rilevare ai fini dell’esenzione IMU, solo se
costituisce un ‘contributo minimo’ », non tenendo conto che « l’ordinamento del Sistema sanitario pubblico prevede anche la compartecipazione ai costi da parte dell’utenza: di tale compartecipazione tiene espressamente conto anche l’art . 4, c. 2, lett. a) del D.M. n. 200/2012, che pone, sì, il requisito della gratuità, ma avendo cura di far espressamente ‘salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento per la copertura del servizio universale’. Il riferimento ordinamentale per la sussistenza di una compartecipazione alla spesa in ambito sociosanitario (ciò che viene chiamata ‘retta’) e per la verifica della relativa entità sono i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), previsti dall’art. 1, comma 6, del D.lgs. n. 502/1992 e disciplinati dal DPCM 29/11/2001, All. 1, par. 1C, confermato ed esplicitamente richiamato dall’art. 54, c. 2, della legge n. 289/2002. Anche il legislatore regionale lombardo, all’art. 5, c. 3, e 27, c. 1, lett. e), n. 1 della L.r. n. 33/2009 ha confermato che l’accesso alle unità d’offerta sociosanitarie prevede la compartecipazione dell’utente, rinviando poi ai LEA. Nei LEA di cui al DPCM 29/11/2001, All. 1C (‘Area Integrazione Socio -Sanitaria’), si prevede la compartecipazione a carico dell’utenza, rispetto alla quale non si prescrive che sia ‘simbolica’ ma se ne prevede l’entità in percentuale ai costi comples sivi: si fissano infatti le percentuali di contribuzione pubblica e quella lasciata alla compartecipazione dell’utenza (per le RSA e i CDI al 50%; per le prestazioni sociosanitarie psichiatriche il contributo pubblico è al 100%, salvo la residenzialità a bassa intensità assistenziale per la quale il contributo pubblico è al 60%) »;
2.3 con il terzo motivo, si denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc.
civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che le rette gravanti sugli utenti costituissero un corrispettivo per i servizi alberghieri, « senza avvedersi che tale condizione è normativamente prevista per le sole attività sanitarie e sociosanitarie non accreditate e convenzionate con il Sistema Sanitario pubblico, mentre per quelle accreditate e contrattualizzate l’entità della frazione di costo posta in compartecipazione è definita dai LEA, con criterio percentuale (50% per le RSA e CDI) »; in ogni caso, « anche nella ipotesi in cui ritenesse di estendere il suddetto requisito (‘contributo minimo, pari ad una frazione del costo’) anche alle attività accreditate e contrattualizzate con il Sistema Sanitario pubblico, la sentenza dovrebbe ugualmente essere cassata per avere i Giudici di secondo grado omesso di considerare fatti decisivi per il giudizio, la cui corretta valutazione li avrebbe indotti ad accertare la spettanza dell’esenzione: 1. la circostanza che le rette di compartecipazione della RSA e del CDI, come detto, si pongono al di sotto del 50% delle remunerazioni complessive e dei costi (ricorso introduttivo, pagg. 26-27; controdeduzioni in appello, pag. 26; estratto nota integrativa, doc. 36 in I grado e bilancio 2014 per centri di attività, doc. 35 in I° grado); 2. la circostanza che le rette di compartecipazione sono le più basse di quelle praticate da altre eguali strutture accreditate della zona, così determinate per i fini solidaristici perseguiti (ricorso introduttivo, pagg. 27-28; controdeduzioni in appello, pag. 2627; prospetto rette RSA e CDI zona Melegnano, doc. 37 in I grado, e prospetto rette RSA 2020, doc. 41 in I° grado); 3. la circostanza che le rette non sono preordinate a conseguire utili, generando perdite (ricorso introduttivo, pag. 26; controdeduzioni in appello, pag. 25 e 26; bilancio 2014 per
centri di attività, doc. 35 in I° grado) 4. la circostanza, che, ove vi fossero utili, questi verrebbero obbligatoriamente reinvestiti nell’attività (ricorso introduttivo, pag. 28; controdeduzioni, pag. 27-28; Statuto, doc. 2 in I° grado); 5. la circostanza che anche i servizi di Hospice e del Nucleo Stati Vegetativi della RSA sono resi gratuitamente agli utenti, in quanto la degenza è integralmente a carico della Regione Lombardia (ricorso introduttivo, pagg. 26 e 27, dove si chiarisce che le rette sono chieste solo il la RSA e il CDI; controdeduzioni in appello, pag. 29: memoria illustrativa in appello, pag. 5; All. E alla Carta dei servizi 2014, doc, 7 in I° grado) »;
2.4 con il quarto motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., anche con riferimento all’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente affermato dal giudice di secondo grado che, « ‘ con riferimento alla parte di immobili non adibita ad attività istituzionali ma allo svolgimento di attività certamente commerciali quali i servizi di ristorazione, parrucchiere, pedicure, lavanderia, rivendita di giornali e bar (…) ‘», recependo una contestazione mai sollevata dall’ente impositore nella motivazione dell’avviso di accertamento , che è stata così tardivamente integrata in sede giudiziale, laddove « l’unica contestazione mossa dal Comune di Melegnano con l’atto di accertamento originariamente notificato alla Fondazione risiede nel disconoscimento dell’esenzione la cui applicazione sarebbe da negarsi ove non sia provata la ‘non commercialità’ dell’attività, ossia, secondo il Comune, ‘che i proventi percepiti per il servizio non siano correlati ai costi ma abbiano natura meramente simbolica’ », mentre: « Soltanto in
sede di controdeduzioni in primo grado (cfr. p. 6), e quindi tardivamente, il Comune ha integrato tali originarie contestazioni, affermando che: ‘la Fondazione, tra l’altro, utilizza gli immobili per attività diverse da quella istituzionale. In particolare, gli spazi vengono utilizzati per servizi di ristorazione, parrucchiere, pedicure, lavanderia, giornali e bar. Del resto, non ha mai dimostrato l’esistenza in concreto dei requisiti per ottenere l’esenzione, vale a dire la prova che l’attività viene svolt a con modalità non commerciali. Prova che è a carico del contribuente. La Fondazione ha utilizzato un’unica partita Iva per le varie attività. Per il 2014, anno d’imposta che ha formato oggetto di accertamento, il ‘totale delle operazioni attive’ ammontava ad € 17.228.547 a fronte di € 4.270.218 di operazioni passive, con evidente scostamento anche ai fini fiscali tra corrispettivi e costi, come comprovato dalla dichiarazione dei redditi 2014, che si allega in copia’ »; 2.5 con il quinto motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, comma 4, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 504, del d.P.R. 14 gennaio 1997, delle deliberazioni adottate dalla Giunta Regionale il 14 dicembre 2001, n. 7435, ed il 22 marzo 2002, n. 8494, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che « che la parte degli immobili adibita a servizi di ristorazione, parrucchiere, pedicure, lavanderia, rivendita giornali e bar sia da assoggettarsi a IMU perché si tratterebbero non di attività istituzionali ma (addirittura) di ‘attività certamente commerciali’ », laddove: « Non si tratta di servizi esterni ed estranei all’attività sociosanitaria ma pacificamente di servizi connaturati alla natura residenziale del servizio sociosanitario di RSA e CDI », non conoscendosi « ospedali in
cui si ritenga che il posto letto e la ristorazione dei degenti sia(no) degli optional, anzi separate attività commerciali: lo stesso vale per le RSA e il CDI »; ancora, che la contribuente abbia omesso la denuncia dell’utilizzazione mista degli immobili, al fine di escludere l’esenzione per la quota corrispondente alla superficie destinata ad attività commerciali, laddove: « Irrilevante è il rilievo del Giudice di appello relativo alla non presentazione della dichiarazione, che peraltro ha effetto solo ricognitivo, dato che la presenza di eventuali attività commerciali è oggetto di accertamento giudiziale: è l’accertamento sostanziale del giudice, e non dati formali dichiarativi, a determinare se vi sono o no attività commerciali svolte in immobile adibito ad attività esenti, concludendo, se vi sono, per la debenza dell’IMU solo per la parte occupata dall’attività commerciale »;
3. preliminarmente, si rileva che il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e, perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia, quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 cod. proc. civ., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi (Cass., Sez. 5^, 16 luglio 2014, n. 16221; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2016, n. 27301; Cass., Sez. 5^, 6 aprile 2020, n.
7695; Cass., Sez. 5^, 14 maggio 2021, n. 13090; Cass., Sez. 3^, 23 novembre 2021, n. 36057; Cass., Sez. 5^, 4 gennaio 2022, n. 126; Cass., Sez. 5^, 3 maggio 2022, n. 13835; Cass., Sez. Lav., 26 gennaio 2023, n. 2393; Cass., Sez. 5^, 9 aprile 2024, n. 9446);
3.1 ne consegue che, secondo la sequenza cronologica delle notifiche, il ricorso proposto dal Comune di Melegnano (MI) (notificato il 2 novembre 2023) deve qualificarsi come ‘ ricorso principale ‘, mentre il ricorso proposto dalla ‘ Fondazione RAGIONE_SOCIALE ‘ (notificato il 3 novembre 2023) deve qualificarsi come ‘ ricorso incidentale ‘ ;
ad ogni buon conto, si deve scrutinare con precedenza il primo motivo del ricorso incidentale, che ha carattere pregiudiziale rispetto al ricorso principale, riguardando l’eccezione di giudicato esterno con riguardo a decisioni di giudici tributari (con esito favorevole alla contribuente) in procedimenti celebrati tra le medesime parti (in particolare, alla sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano il 30 settembre 2019, n. 3936/19/2019, ed alla sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano il 21 ottobre 2022, n. 2856/05/2022) in relazione ad altre annate (2013 e 2015) del medesimo tributo (IMU);
4.1 il suddetto motivo è infondato;
4.2 va premesso che la ricorrente ha integralmente trascritto in ricorso (rispettivamente, alle pagine 13, 18 e 19) il testo letterale delle predette sentenze e ed ha specificamente indicato gli atti difensivi contenenti la formulazione (o la riproposizione) dell’ exceptio iudicati nei giudizi di merito; inoltre, non vi è contestazione tra le parti sul passaggio in giudicato delle predette sentenze, benché una soltanto sia
munita della certificazione ex art. 124 disp. att. cod. proc. civ.; pertanto, può richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la parte che eccepisce il passaggio in giudicato di una sentenza ha l’onere di fornirne la prova mediante produzione della stessa, munita della certificazione di cui all’art. 124 disp. att. cod. proc. civ., anche nel caso di non contestazione della controparte, restandone, viceversa, esonerata solo nel caso in cui quest’ultima ammetta esplicitamente l’intervenuta formazione del giudicato esterno (tra le tante: (Cass., Sez. 6^-1, 1 marzo 2018, n. 4803; Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2021, n. 40150; Cass., Sez. 5^, 9 marzo 2022, n. 7740; Cass., Sez. 5^, 6 giugno 2022, n. 18001; Cass., Sez. 3^, 28 dicembre 2023, n. 36258; Cass., Sez. 5^, 6 maggio 2024, n. 12139);
4.3 ciò detto, per costante orientamento di questa Corte, l’ efficacia espansiva del giudicato esterno, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 settembre 2011, n. 20029; Cass., Sez. 5^, 29 gennaio 2014,
n. 1837; Cass., Sez. 5^, 4 ottobre 2018, n. 24293; Cass., Sez. 5^, 22 marzo 2019, n. 8138; Cass., Sez. 5^, 3 marzo 2021, n. 5766; Cass., Sez. 5^, 22 novembre 2021, n. 36021; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, n. 37936; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2022, n. 31171; Cass., Sez. 5^, 12 ottobre 2023, n. 28527; Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2024, n. 2864); inoltre, il giudicato in materia tributaria fa stato soltanto in relazione a quei fatti che, per legge, hanno efficacia tendenzialmente permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi d’imposta o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2018, n. 32254; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2019, n. 7417; Cass., Sez. 5^, 18 dicembre 2020, n. 29079; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8407; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2022, n. 31171; Cass., Sez. 5^, 2 marzo 2023, n. 6273; Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2024, n. 2864; Cass., Sez. 5^, 15 maggio 2024, n. 13462); dunque, il giudicato esterno incentra la sua potenziale capacità espansiva in funzione regolamentare solo su quegli elementi che abbiano un valore ” condizionante ” inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che risolva la controversia sotto il profilo formale dell’atto opposto non può precludere l’esame del merito delle controversie che attengono alla medesima questione, riferita ad annualità di imposta diverse; ciò in quanto solo l’accertamento su questioni di fatto e di diritto definito con sentenza passata in giudicato può precludere il riesame dell’identico punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (in
materia di ICI: Cass., Sez. 5^, 3 marzo 2021, n. 5766; Cass., Sez. 5^, 15 novembre 2021, n. 34499);
4.4 nella specie, il giudicato esterno è stato invocato dal contribuente con particolare riguardo alla sussistenza del requisito oggettivo – vale a dire il carattere non commerciale delle attività svolte per il riconoscimento dell’esenzione; tuttavia, è evidente che trattasi di condotte destinate a rinnovarsi anno per anno con peculiari modalità e condizioni, che, quindi, devono essere accertate e valutate dal giudice di merito per ciascun anno di riferimento, non potendo essere ultrattivamente vincolanti gli accertamenti relativi ad anni precedenti;
per il resto, il ricorso principale ed i restanti motivi del ricorso incidentale possono essere congiuntamente scrutinati per la comune attinenza (sotto distinti e contrapposti profili) ai requisiti necessari per il riconoscimento dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 504;
5.1 ora, è pacifico che l’obbligo motivazionale dell’avviso di accertamento in materia di ICI (ma le stesse argomentazioni possono valere anche per l’IMU) deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare l’ an e il quantum dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni
riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2021, n. 1569; Cass., Sez. 6^-5, 3 febbraio 2021, n. 2348; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, n. 16681; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2022, n. 34014; Cass., Sez. 5^, 17 ottobre 2023, n. 28758; Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2024, n. 2929; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501); né detto onere di motivazione comporta l’obbligo di indicare anche l’esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2018, n. 1694; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2022, nn. 36028 e 36032; Cass., Sez. 5^, 5 agosto 2024, n. 22031);
5 .2 ne discende che l’atto impositivo , con la contestazione dell’omesso o parziale versamento del tributo per l’anno di riferimento, contiene un implicito rigetto della pretesa esenzione, dovendo escludersi a monte la stessa configurabilità di un’ultra -petizione; infatti, per costante orientamento di questa Corte, il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.) deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione ( petitum e causa petendi ), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell’ambito della domanda o delle richieste delle parti, sicché non incorre nel vizio di ultra-petizione il giudice che esamini
una questione (anche se non espressamente formulata), tutte le volte che questa debba ritenersi in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente formulate (tra le tante: Cass., Sez. 6^ – 5, 3 luglio 2019, n. 17897; Cass., Sez. 6^-3, 11 giugno 2021, n. 16608; Cass., Sez. 5^, 28 giugno 2021, n. 18357; Cass., Sez. 5^, 6 giugno 2022, n. 18082; Cass., Sez. 5^, 4 dicembre 2023, n. 33699; Cass., Sez. 5^, 9 agosto 2024, nn. 22596 e 22597);
5.3 ad ogni modo, una volta escluso che l’esercizio effettivo delle attività assistenziali e sanitarie dovesse essere espressamente contestato al contribuente, non si può coerentemente ritenere che l’ente impositore avesse emendato o integrato in corso di causa la motivazione dell’avviso di accertamento; per orientamento costante di questa Corte, infatti, non è consentito all’amministrazione finanziaria di sopperire con integrazioni in sede processuale alle lacune dell’atto impositivo per difetto di motivazione (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2018, n. 2382; Cass., Sez. 6^, 21 maggio 2018, n. 12400; Cass., Sez. 5^, 12 ottobre 2018, n. 25450; Cass., Sez. 5^, 24 maggio 2019, n. 14185; Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2020, n. 4070; Cass., Sez. 6^-5, 13 dicembre 2021, n. 39685; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8361; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2022, n. 29996; Cass., Sez. 5^, 8 settembre 2023, n. 26194; Cass., Sez. 5^, 19 febbraio 2024, n. 4339); difatti, è regola fondamentale del diritto tributario quella secondo cui le ragioni poste a base dell’atto impositivo definiscono i confini del giudizio tributario, che (anche se con sue specifiche caratteristiche) è, pur sempre, un giudizio d’impugnazione di un atto, sicché l’ufficio finanziario, restandone le contestazioni adducibili in sede contenziosa circoscritte dalla motivazione dell’avviso di accertamento, non
può porre a base della propria pretesa ragioni diverse da quelle definite dalla motivazione suddetta (Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2016, n. 6103; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2018, n. 11466; Cass., Sez. 5^, 5 ottobre 2021, n. 26892; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8361; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2022, n. 29996; Cass., Sez. 5^, 8 settembre 2023, n. 26194; Cass., Sez. 5^, 19 febbraio 2024, n. 4339); in altre parole, la motivazione dell’atto impugnato, ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’amministrazione finanziaria nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’ an ed il quantum della pretesa tributaria, al fine di approntare una idonea difesa (Cass., Sez. 5^, 6 giugno 2018, n. 14570; Cass., Sez. 5^, 5 ottobre 2021, n. 26892);
5.4 per cui, l’ufficio accertatore non può modificare e/o integrare il presupposto della propria pretesa originariamente contenuta nell’accertamento, poiché è solo tale motivazione che delimita i confini della lite (Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2016, n. 6103; Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2018, n. 2382; Cass., Sez. 6^-5, 11 luglio 2018, n. 18222; Cass., Sez. 6^-5, 21 settembre 2021, n. 25529; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8361; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2022, n. 29996; Cass., Sez. 5^, 8 settembre 2023, n. 26194; Cass., Sez. 5^, 19 febbraio 2024, n. 4339), atteso che le ragioni poste a base di un atto impositivo non possono essere oggetto di modifica e/o di integrazione durante la fase contenziosa, in quanto la difesa del ricorrente si concentra su quanto illustrato nella motivazione;
5.5 nella specie, quindi, la censura di una postuma integrazione in sede processuale della motivazione dell’atto impositivo non coglie nel segno, giacché l’addebito d ello svolgimento in
concreto di attività tipicamente ed intrinsecamente commerciali (« quali i servizi di ristorazione, parrucchiere, pedicure, lavanderia, rivendita giornali e bar »), a prescindere da ll’irrilevanza dell” accessorietà ‘ e della ‘ connessione ‘ alla residenzialità degli utenti dei servizi assistenziali e sanitari, era implicitamente insito nella contestazione del mancato versamento dell’imposta per l’anno di riferimento;
5.6 secondo il costante orientamento di questa Corte (vedansi, in motivazione: Cass., Sez. 5^, 27 giugno 2019, n. 17256; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2020, n. 6795; Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2020, n. 28578; Cass., Sez. 6^-5, 6 aprile 2021, n. 9211; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9967; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, nn. 14316 e 14317; Cass., Sez. 6^-5, 13 maggio 2022, n. 15364; Cass., Sez. 5^, 14 febbraio 2023, n. 4579; Cass., Sez. 5^, 16 febbraio 2023, nn. 4872, 4946 e 4952; Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2023, n. 17142; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501), l’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nel testo vigente dal l’ 1 gennaio 2003 al 3 ottobre 2005, disponeva l’esenzione dall’ ICI per « gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive »;
5.7 tale disposizione è stata, in seguito, integrata e modificata dall’art. 7, comma 2 -bis , del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, che ha esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse; un’ulteriore modifica è, poi,
intervenuta con l’art. 39 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, che, sostituendo il comma 2bis del citato art. 7 del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, ha stabilito che l’esenzione disposta dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera « che non abbiano esclusivamente natura commerciale »;
5.8 occorre precisare, inoltre, che le condizioni dell’esenzione sono cumulative, nel senso che è richiesta la coesistenza, sia del requisito soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente, sia del requisito oggettivo in forza del quale l’attività svolta nell’immobile deve rientrare tra quelle previste dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504; deve trattarsi, in particolare, di immobili destinati direttamente ed esclusivamente allo svolgimento di determinate attività;
5.9 dunque, l’esenzione è subordinata alla compresenza di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma 1, lett. c, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, rinvia), e di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale (Cass., Sez. 5^, 21 marzo 2012, n. 4502; Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2015, n. 14226; Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2016, n. 13966, 13967, 13969, 13970 e 13971; Cass.,
Sez. 5^, 30 maggio 2017, n. 13574; Cass., Sez. 6^-5, 3 giugno 2018, n. 15564; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2019, nn. 10123 e 10124; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2019, n. 34602; Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2020, n. 28578; Cass., Sez. 5^, 10 febbraio 2021, nn. 3244, 2345, 3248 e 3249; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n. 16262; Cass., Sez. 5^, 14 settembre 2021, n. 24655 e 24644; Cass., Sez. 5^, 7 novembre 2022, nn. 32742 e 32765; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2022, nn. 36028 e 36032; Cass., Sez. 5^, 16 febbraio 2023, n. 4915 e 4917; Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2023, n. 17108; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501);
5.10 sul diverso versante della compatibilità della norma in esame con il diritto dell’Unione E uropea, da tempo si è affermato un orientamento di legittimità secondo cui, dovendo tenersi conto della decisione adottata dalla Commissione Europea del 19 dicembre 2012, l’esenzione prevista in favore degli enti non commerciali dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è compatibile con il divieto di aiuti di Stato sancito dalla normativa dell’Unione Europea solo qualora abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica nei termini sopra precisati: cioè, quando l’attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico (Cass., Sez. 5^, 12 febbraio 2019, n. 4066; Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2019, n. 10288; Cass., Sez. 6^, 10 settembre 2020, n. 18831; Cass., Se. 5^, 11 febbraio 2021, nn. 3443, 3444 e 3446; Cass., Sez. 6^-5, 13 maggio 2022, n. 15364; Cass., Sez. 5^, 25 settembre 2022, n. 34766; Cass., Sez. 5^, 14 febbraio 2023, n. 4579; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501);
5.11 sul punto, questa Corte ha verificato se l’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in tema di
esenzione da ICI, nelle sue diverse formulazioni succedutesi nel tempo, concretizzasse una forma di aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione Europea, in particolare con l’art. 107, paragrafo 1, del Trattato, secondo il quale: « sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza »;
5.12 è stato, poi, precisato che anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato; la finalità sociale dell’attività svolta non è, dunque, di per sé sufficiente ad escluderne la classificazione in termini di attività economica; per escludere la natura economica dell’attività è necessario che essa sia svolta a titolo gratuito o dietro il versamento di un importo simbolico;
5.13 né può tenersi conto della circolare emanata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 26 gennaio 2009, n. 2/F, nella parte esplicativa dei criteri utili per stabilire quando le attività di cui all’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, debbano essere considerate di natura « non esclusivamente commerciale »;
5.14 la Commissione Europea ha ritenuto, infatti, che l’applicazione dei criteri di cui alla citata circolare non vale ad escludere la natura economica delle attività interessate ed ha concluso nel senso che l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, costituisce aiuto di Stato (in quella ipotesi, tuttavia, non è stato ritenuto possibile ordinare il recupero delle somme);
5.15 tale ultimo aspetto è stato affrontato e risolto dalla sentenza depositata dalla C orte di Giustizia dell’Unione
Europea il 6 novembre 2018, cause riunite C-622/16 P – C623/16 P, C-624/16, RAGIONE_SOCIALE vs. Commissione Europea ed altri , con la quale è stato chiarito che l’ordine di recupero di un aiuto illegale è la logica e normale conseguenza dell’accertamento della sua illegalità e che diversamente si farebbero perdurare gli effetti anticoncorrenziali della misura; in questo senso è stato precisato che le decisioni della Commissione Europea volte ad autorizzare o vietare un regime nazionale hanno portata generale;
5.16 se ne è concluso, quindi, dando seguito al più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. 5^, 12 febbraio 2019, n. 4066; Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2019, n. 10288; Cass., Sez. 6^, 10 settembre 2020, n. 18831; Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, nn. 3443, 3444 e 3446; Cass., Sez. 6^-5, 13 maggio 2022, n. 15364; Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2023, n. 17142; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501), che l’esenzione prevista in favore degli enti non commerciali dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è compatibile con il divieto di aiuti di Stato sancito dalla normativa dell’Unione Europea soltanto qualora abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica nei termini sopra precisati: cioè, quando l’attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico;
5.17 ed è questa la disposizione normativa (nell’interpretazione ‘ europeisticamente ‘ orientata di questa Corte) da applicare ratione temporis alla fattispecie in esame, con riguardo al pagamento dell’ ICI per gli anni 2009, 2010 e 2011, prima delle modifiche apportate dall’art. 91 -bis del d.l. 24 gennaio 2012, n.1, convertito, con modificazioni, dalla legge
24 marzo 2012, n. 27, e dall’art. 11bis del d.l. 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13;
5.18 ora, l’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, prevede che l’esenzione da ICI spetti, oltre che per gli immobili destinati allo svolgimento con modalità non commerciali delle « attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive », anche per gli immobili destinati allo svolgimento delle « attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222 »;
5.19 per sfuggire ad un assai probabile procedimento per infrazione, il legislatore nazionale ha successivamente provveduto ad abrogare l’ICI e ad introdurre l’IMU sulla componente immobiliare; in particolare, il d.lgs 14 marzo 2011, n. 23, ha introdotto nel nostro ordinamento l’IMU con decorrenza dal l’anno 2014 (artt. 7 e 8) ed ha confermato anche per essa le esenzioni previste per l’ICI dall’art. 7, comma 1, lett. d e lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (art. 9, comma 8); peraltro, il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha modificato alcuni aspetti dell’imposta rispetto alla sua concezione originaria, ha poi ritenuto opportuno anticipare in via sperimentale l’applicazione della nuova imposta già con decorrenza dall’anno 2012 (art. 13), senza, comunque, intervenire sull’esenzione per gli immobili di cui al ricordato art. 7, comma 1, lett. d e lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504;
5.20 in seguito, l’art. 91bis , comma 1, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, che, con decorrenza dal l’1 gennaio 2013 (quindi,
esulante dalla fattispecie in esame), ha modificato il testo dell’art. 7, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, che è stato così riformulato: « Sono esenti dall’imposta: (…) i ) gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 87 , comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222 »;
5.21 l’esenzione dall’IMU è attualmente fruibile da parte di soggetti che soddisfino contemporaneamente due requisiti: l’uno soggettivo e l’altro oggettivo; ai fini dell’esenzione, gli immobili gravati dal tributo devono essere utilizzati direttamente da soggetti (pubblici o privati) che non abbiano come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali ed ivi svolgano, effettivamente, con modalità non commerciali, attività « assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché (quelle) di cui all’art. 16, lett. a), della legge 20 maggio 1985, n. 222 »;
5.22 con tale disposizione, dunque, il legislatore nazionale ha riformulato l’esenzione (ora riferita all’IMU), introducendo l’ulteriore requisito secondo cui l’attività agevolata deve svolgersi con modalità « non commerciali »; pertanto, ai requisiti oggettivo e soggettivo già vigenti si affianca ora il riferimento alle concrete modalità di esercizio dell’attività che deve svolgersi nell’immobile perché l’esenzione possa applicarsi; in linea con tale ricostruzione, si è affermato che, in
tema di IMU, l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, si applica agli immobili di cui all’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’art. 16, lett. a, della legge 20 maggio 1985, n. 222 (attività di religione e di culto), purché essi siano direttamente utilizzati dall’ente possessore e siano destinati esclusivamente ad attività peculiari non produttive di reddito, non spettando il beneficio in caso di utilizzazione indiretta, seppur assistita da finalità di pubblico interesse (Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2023, n. 17100);
5.23 si pone, quindi, la questione della prova dei requisiti previsti dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per beneficiare dell’esenzione dall’ICI (ma lo stesso dicasi per l’esenzione dall’IMU, stante l’espresso richiamo a tale agevolazione da parte dell’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23);
5.24 sotto il profilo della distribuzione degli oneri probatori è stato affermato, ed è un principio del tutto condiviso da questo collegio, che « il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale » (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 2 aprile 2015, n.6711; Cass., Sez. 6^-5, 16 luglio 2019, n. 19072; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, n. 14316; Cass., Sez. 5^, 25 novembre 2022, n. 34766; Cass., Sez. 5^, 17 ottobre 2023, n. 28756; Cass., Sez. 5^, 8 agosto 2024, n. 22565);
5.25 l’art. 9, comma 6, del d.l. 10 ottobre 2012 n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, ha poi aggiunto un ulteriore periodo all’art. 91bis , comma 3, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, prevedendo che, con successivo decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, siano stabiliti anche « i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come svolte con modalità non commerciali »;
5.26 in ossequio alla previsione dell’art. 91 -bis , comma 3, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, il d.m. 19 novembre 2012, n. 200 (portante il regolamento in materia di IMU per gli enti non commerciali) – dopo aver preliminarmente chiarito (art. 1, lett. f e lett. i) che le attività assistenziali sono « attività riconducibili a quelle di cui all’articolo 128 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia » e che le attività sanitarie sono « attività dirette ad assicurare i livelli essenziali di assistenza definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001 » – ha previsto, per un verso, ‘ requisiti generali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali ‘ (art. 3), stabilendo che: « 1. Le attività istituzionali sono svolte con modalità non commerciali quando l’atto costitutivo o lo statuto dell’ente non
commerciale prevedono: a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività ovvero altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente; b) l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale; c) l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge », e, per altro vers o, ‘ ulteriori requisiti ‘ (art. 4, comma 2), stabilendo che: « 2. Lo svolgimento di attività assistenziali e attività sanitarie si ritiene effettuato con modalità non commerciali quando le stesse: a) sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni e gli enti locali e sono svolte, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi vigente, in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico, e prestano a favore dell’utenza, alle condizioni previste dal diritto dell’Unione europea e nazionale, servizi sanitari e assistenziali gratuiti, salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento per la copertura del servizio universale; b) se non accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni e gli enti locali, sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico
e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio »; 5.27 peraltro, il citato d.m. 19 novembre 2012, n. 200, ha espressamente previsto (art. 6) l’ipotesi dell’utilizzazione ‘ mista ‘ (vale a dire, in parte ad attività commerciale ed in parte ad attività non commerciale) di un immobile, disponendo che dichiarazione di cui all’art. 9, comma 6, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, debba indicare « gli immobili per i quali l’esenzione dall’IMU si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale degli stessi »; in proposito, questa Corte ha chiarito che, in tema di IMU, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 504, in caso di immobile ad uso misto si applica proporzionalmente alla porzione destinata ad attività non commerciale, anche laddove non sia possibile procedere ad una sua autonoma identificazione catastale, purché vi sia una specifica indicazione del contribuente nella apposita dichiarazione (Cass., Sez. 5^, 7 novembre 2022, n. 32742);
5.28 inoltre, l’art. 1, lett. p, del d.m. 19 novembre 2012, n. 200, sancisce che le ‘ modalità non commerciali ‘ sono le « modalità di svolgimento delle attività istituzionali prive di scopo di lucro che, conformemente al diritto dell’Unione Europea, per loro natura non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che tale scopo perseguono e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà »;
5.29 ora, in relazione al citato regolamento, con particolare riguardo alle attività assistenziali e sanitarie, la Commissione Europea ha stabilito che: « Per le attività assistenziali e
sanitarie, devono essere soddisfatti due requisiti alternativi: a) il beneficiario è accreditato dallo Stato e ha concluso un contratto o una convenzione con le autorità pubbliche; le attività sono svolte in maniera integrativa o complementare rispetto al servizio pubblico, fornendo agli utenti un servizio a titolo gratuito o dietro versamento di un importo che rappresenta una semplice partecipazione alla spesa prevista per la copertura del servizio universale; b) se l’ente non è accreditato e contrattualizzato o convenzionato, i servizi sono forniti a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e comunque non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività realizzate nello stesso ambito territoriale con modalità concorrenziali, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio »;
5.30 si tratta, dunque, di controllare se il giudice di merito, nell’accertamento dei vari requisiti, abbia correttamente applicato l’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nel testo novellato, dapprima, dall’art. 7, comma 2 -bis , del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, dall’art. 39 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, in forza del rinvio fattone dall’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nell’accezione compatibile con la decisione adottata dalla Commissione Europea il 19 dicembre 2012, verificando che le attività assistenziali e sanitarie in regime convenzionato (come è pacifico nel caso di specie) comportino per gli utenti una semplice partecipazione alla spesa prevista per la copertura del servizio, che non ha natura di corrispettivo ed esclude la percezione di un lucro;
5.31 peraltro, la questione è stata espressamente ribadita da questa Corte, seppure in materia di ICI, affermando che per poter usufruire dell’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 504, non è sufficiente che l’immobile sia utilizzato per lo svolgimento di attività sanitaria in regime di convenzione con il RAGIONE_SOCIALE da una fondazione, fisiologicamente priva di finalità lucrativa, ma è necessario che il contribuente dimostri che l’attività cui l’immobile è destinato, oltre a rientrare tra quelle esenti, non sia svolta con modalità commerciali, poiché, in conformità ai principi eurounitari, la presenza di un’attività con finalità sociale non basta, da sola, ad escluderne l’eventuale natura economica (nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva desunto l’oggettiva non commerciabilità dell’attività sanitaria da elementi irrilevanti, quali l’erogazione di prestazioni sanitarie, remunerate attraverso un regime tariffario imposto dalle Regioni, in regime di convenzione con il RAGIONE_SOCIALE, e l’assenza di finalità lucrative dalla natura di ONLUS della Fondazione) (in termini: Cass., Sez. 6^-5, 3 agosto 2022, n. 24044); a tal fine, tale arresto ha richiamato pregressi orientamenti di questa Corte in tema di attività sanitaria convenzionata, secondo i quali: « È in questi termini superficiale e illogico, quando non manifestamente inconferente, l’assunto secondo cui l’attività di una Fondazione, svolta in regime di convenzione con la Regione, per il solo di fatto di essere il prezzo delle singole prestazioni fissato nella convenzione, equivalga ad implicare il suo inserimento in maniera completa ed esclusiva nell’ambito di un servizio pubblico » (Cass., Sez. 5^, 2 aprile 2015, n. 6711); « Infatti, anche in questo settore non vi è alcun profilo che consenta di affermare che l’attività sia svolta in forma gratuita o semigratuita, dovendosi ritenere
che le tariffe convenzionali siano, comunque, dirette a coprire i costi e a remunerare i fattori della produzione, salvo che, in ragione di specifiche circostanze fattuali, nel caso di specie assenti, possa dirsi che l’immobile viene destinato ad attività sanitaria svolta con modalità non commerciali escludendo la logica del profitto e del mercato. Né assume rilievo ai fini in questione l’osservazione che la prestazione sanitaria sia stata svolta in un mercato non concorrenziale, dal momento che la qualifica dell’attività non dipende dal suo essere esercitata in regime di libero mercato. Né è dirimente il fatto che l’attività sanitaria svolta in regime di convenzionamento si inserisca nel servizio pubblico (Servizio Sanitario Nazionale) gestito direttamente da una Istituzione pubblica. Il Servizio Sanitario infatti è attività pubblica ed eventualmente gratuita per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione ed i suoi rapporti con il cittadino utente, ma nel caso in cui la P.A. si avvalga dell’opera di privati l’attività svolta da questi ultimi è attività commerciale ove sia prestata dietro corrispettivi pattuiti o stabiliti in funzione dei costi e dell’adeguata remunerazione dei fattori di produzione dei servizi demandati al privato stesso. Non può avere effetto vincolante la contraria qualificazione enunciata nella circolare 26.1.2009, secondo cui “lo svolgimento di attività assistenziali e attività sanitarie si ritiene effettuato con modalità non commerciali quando le stesse (…) sono accreditate, e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni e gli enti locali e sono svolte (…) in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico”, trattandosi di una circolare amministrativa che ha una valenza interna e non può influire sulla qualificazione giuridica dell’attività che è invece demandata al giudice » (in termini: Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2019, nn. 10123 e 10124);
5.32 siffatti principi sono stati reiterati da più recenti arresti, che hanno confermato la validità sistematica dell’impianto argomentativo (così: Cass., Sez. 5^, 30 novembre 2022, n. 32765; Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2023, n. 17089), estendendolo anche all’IMU (Cass., Sez. 5^, 6 marzo 2024, n. 6095);
5.33 invero, la sopravvenienza del d.m. 19 novembre 2012, n. 200, i n relazione all’IMU, non vale ad alterare la definizione normativa del requisito oggettivo per il riconoscimento dell’esenzione alle attività assistenziali e sanitarie;
5.34 per queste ultime, in relazione all’ICI, l a circolare emanata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 26 gennaio 2009, n. 2/F, aveva inizialmente precisato (punto 6) che: « Le attività assistenziali sono quelle riconducibili alle attività previste dall’art. 128 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, secondo il quale per ‘servizi sociali si intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia’. Bisogna, inoltre, tener conto della legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e cioè la legge 8 novembre 2000, n. 328, che all’art. 1, comma 4, dispone che gli enti locali, le regioni e lo Stato ‘riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo
Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. (…) Si intendono svolte con modalità non esclusivamente commerciali le attività convenzionate o contrattualizzate per le quali sono previste ‘rette’ nella misura fissata in convenzione. Siffatta circostanza, infatti, garantisce uno standard di qualità e pone un limite alla remunerazione delle prestazioni rese, assicurando che tali prestazioni non siano orientate alla realizzazione di profitti »; e che: « Le attività sanitarie sono quelle riconducibili nell’ambito disciplinato dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, dirette ad assicurare i livelli essenziali di assistenza definiti dal DPCM 29 novembre 2001. Devono considerarsi svolte con modalità non esclusivamente commerciali le attività accreditate o contrattualizzate o convenzionate dalla Regione e che, pertanto, si svolgono, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi vigente, in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico; tale circostanza garantisce uno standard di qualità e pone un limite alla remunerazione delle prestazioni rese, assicurando che tali prestazioni non siano orientate alla realizzazione di profitti »;
5.35 tali indicazioni di massima sono state sostanzialmente recepite e dettagliate dalla tipizzazione normativa del successivo regolamento (art. 4, comma 2, lett. a, del d.m. 19 novembre 2012, n. 200), secondo cui, come si è detto, le modalità non commerciali esigono che le attività istituzionali dell’ente no profit : a) siano accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni e gli enti locali; b) siano svolte, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi vigente, in maniera complementare o integrativa rispetto al
servizio pubblico; c) prestino a favore dell’utenza, alle condizioni previste dal diritto dell’Unione europea e nazionale, servizi sanitari e assistenziali gratuiti, salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento per la copertura del servizio universale;
5.36 le prescrizioni del d.m. 19 novembre 2012, n. 200, hanno trovato eco e riflesso nella legge reg. Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33, la quale prevede in subiecta materia :
– che: « 1. I soggetti erogatori privati sanitari e sociosanitari che mantengono la propria autonomia giuridica e amministrativa rientrano nella programmazione e nelle regole del SSL e ne sono parte integrante, concorrono all’erogazione delle prestazioni (…), in relazione al proprio assetto giuridico ed amministrativo. 2. I soggetti erogatori di cui al comma 1, in possesso dei requisiti previsti dalla normativa statale e regionale e in coerenza con la programmazione territoriale del SSL , sottoscrivono con le ATS competenti per le prestazioni previste dalla programmazione di cui al comma 1 contratti analoghi a quelli previsti per le ASST e le AO di cui all’ articolo 7, assumendo e rispettando i medesimi diritti e doveri, ove applicabili, previsti per le strutture pubbliche senza contributi aggiuntivi diversi da quelli previsti dalla presente legge » (art. 8, commi 1 e 2);
-che la programmazione, la gestione e l’organizzazione del SRAGIONE_SOCIALE sono attuate, tra l’altro, in ossequio al principio di « equivalenza e integrazione all’interno del SSL dell’offerta sanitaria e sociosanitaria delle strutture pubbliche e private accreditate, garantendo la parità di diritti e
di obblighi per tutti gli erogatori di diritto pubblico e di diritto privato » (art. 2, comma 1, lett. bbis );
– che il finanziamento del servizio sanitario e sociosanitario regionale è assicurato, tra l’altro, anche mediante « le quote di compartecipazione di competenza regionale del cittadino al costo delle prestazioni sanitarie e, dove previsto, sociosanitarie, comprese le eventuali esenzioni e graduazioni in funzione proporzionale al reddito del fruitore delle prestazioni e fino alla data della sua eliminazione con apposito provvedimento che individui la copertura di spesa susseguente ad una maggiore e sufficiente disponibilità regionale del gettito fiscale lombardo » (art. 37, comma 1, lett., n. 1);
5.37 in base all’art. 3 -septies , comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (sul riordino della disciplina in materia sanitaria), il quale prevedeva l’adozione di un atto di indirizzo e coordinamento per assicurare « livelli uniformi delle prestazioni socio-sanitarie ad alta integrazione sanitaria », è stato emanato il d.P.C.M. 29 novembre 2001, in materia di definizione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, il quale ha stabilito, tra l’altro, per le attività di assistenza sanitaria residenziale e semiresidenziale per anziani il limite di compartecipazione al costo di servizio da parte dell’utente nella misura del 50%; 5.38 ancora, in base all’art. 8, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (sul riordino della disciplina in materia sanitaria), il quale prevedeva l’adozione di un atto di indirizzo e coordinamento per definire « i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private », il d.P.R. 14 gennaio 1997 (art. 4, comma 1, lett. c) ha individuato -tra le strutture sanitarie la cui classificazione è rimessa alle Regioni -quelle « che erogano prestazioni in regime residenziale, a
ciclo continuativo e/o diurno », precisando che le strutture che erogano prestazioni in regime residenziale, « in riferimento all’attività a ciclo continuativo e/o diurno, possono essere distinte in tipologie connesse ai livelli di assistenza previsti dal Piano Sanitario Nazionale »; queste ultime, poi, sono state suddivise in ‘ residenze sanitarie assistenziali ‘ (RSA), le quali « sono presìdi che offrono a soggetti non autosufficienti, anziani e non, con esiti di patologie, fisiche, psichiche, sensoriali o miste, non curabili a domicilio, un livello medio di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, accompagnata da un livello «alto» di assistenza tutelare ed alberghiera, modulate in base al modello assistenziale adottato dalle Regioni e Province autonome » e « sono destinate a soggetti non autosufficienti, non curabili a domicilio, portatori di patologie geriatriche, neurologiche e neuropsichiatriche stabilizzate » (art. 4, commi 4 e 5), e in ‘ centri diurni integrati ‘ (CDI), i qual i sono presìdi che accolgono persone anziane provenienti dal loro domicilio, parzialmente o totalmente non autosufficienti, con necessità socio-assistenziali e capacità residue da sviluppare; essi si collocano nella rete dei servizi sociosanitari per anziani con funzione intermedia tra l’assistenza domiciliare e le strutture residenziali, rivolgendosi ad anziani che vivono in casa, con compromissione totale o parziale dell’autosufficienza e con necessità assistenziali oltre la capacità del solo intervento domiciliare, seppure non al punto di richiedere un ricovero in RSA (vedasi anche la definizione riportata nell’allegato 1 alla deliberazione adottata dalla Giunta Regionale della Lombardia il 22 marzo 2002, n. 7);
5.39 ora, le superiori considerazioni consentono di definire il significato e la portata dei criteri stabiliti dal d.m. 19 novembre 2012, n. 200 (così come quelli stabiliti dal d.m. 26 giugno 2014), che devono essere applicati in armonia con quanto stabilito dalla decisione adottata dalla Commissione Europea il 19 dicembre, secondo i principi posti dalla giurisprudenza nazionale; in proposito, questa Corte ha reiteratamente ritenuto -con orientamento da cui il collegio valuta di non doversi discostare anche in questa sede – che l’osservanza dei requisiti fissati d all’art. 4, comma 2, del d .m. 19 novembre 2012, n. 200, non dà automaticamente diritto all ‘ esenzione, perché essa non incide sul potere del l’ente impositore di eseguire un controllo e una valutazione (nei termini di cui sopra si è detto), né sul potere del giudice di merito di operare un accertamento – che costituisce giudizio di fatto e quindi sottratto al controllo di legittimità – sulla effettiva sussistenza delle modalità non commerciali (vedansi: Cass., Sez. 5^, 29 novembre 2022, n. 35123; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501; Cass., Sez. 5^, 24 giugno 2024, n. 17327); tanto è chiarito nello stesso allegato al d.m. 26 giugno 2014, laddove si precisa « sulla base degli anzidetti principi enucleati dalla decisione della Commissione Europea spetta quindi al Comune in sede di verifica delle dichiarazioni e dei versamenti effettuati dagli enti non commerciali valutare la simbolicità dei corrispettivi praticati da ciascun ente commerciale non potendosi effettuare in astratto una definizione di corrispettivo simbolico perché in tal modo si violerebbe la finalità perseguita dalla decisione della Commissione »; la giurisprudenza di legittimità, in proposito, ha già avuto occasione di affermare la natura non vincolante delle predette istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni IMU, posto che esse non
possono derogare, né alla normativa primaria, da interpretarsi in senso conforme alla citata decisione della Commissione Europea, né alla stessa normativa secondaria alla quale accedono, laddove si ribadisce il criterio del corrispettivo simbolico (Cass., Sez. 5^, 29 novembre 2022, n. 35123; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501; Cass., Sez. 5^, 24 giugno 2024, n. 17327);
5.40 ne discende che la sentenza impugnata si è conformata ai principi enunciati, sia in relazione al riconoscimento dell’esenzione per gli immobili destinati allo svolgimento delle attività psichiatriche, a cagione dell’integrale copertura pubblica del costo del servizio (senza alcun onere per gli utenti), che esclude in radice la stessa ipotizzabilità di una finalità lucrativa (in assenza di corrispettivi anche puramente simbolici), avendo affermato che: « In riferimento alla condizione di cui alla lettera a) la Commissione europea ha precisato (punto 170 della decisione 19.12.2012) che, per la sussistenza della ‘modalità non commerciale’, è necessario che gli enti senza fini di lucro integrati con il servizio sanitario nazionale, al pari degli ospedali pubblici forniscano il servizio a titolo gratuito ‘o dietro versamento di un importo ridotto che copre soltanto una piccola frazione del costo effettivo del servizio’. In tale ipotesi di esenzione IMU rientrano gli immobili adibiti allo svolgimento delle quattro attività psichiatriche gestite dalla Fondazione, essendo pacifico, in quanto non contestato da controparte, che la Fondazione Castellini opera in regime di convenzione con il Servizio sanitario universale, con copertura integrale dei costi ad opera della Regione Lombardia e con erogazione del servizio sanitario psichiatrico senza alcun costo a carico degli utenti »; sia in relazione al disconoscimento dell’esenzione per gli immobili destinati alla
RRAGIONE_SOCIALE e al C.D.I., a cagione dell’apprezzamento in concreto delle modalità commerciali delle attività svolte, con riguardo alla comparazione di costi e guadagni, avendo valutato che: « A diversa conclusione si deve giungere in riferimento all’immobile adibito alla attività di RAGIONE_SOCIALE, con disponibilità di 350 posti letto, e del C.D.I.(Centro diurno integrato). La Fondazione che gestisce la residenza per anziani, ed il Centro diurno integrato, oltre a ricevere il contributo sanitario a carico della Regione, app lica all’utenza una retta alberghiera giornaliera che secondo i dati forniti dalla stessa parte appellata (pag.27 controdeduzioni) è sostanzialmente in linea con i prezzi praticati sul mercato dagli altri operatori e comunque opera anch’essa offrendo servizi alberghieri per anziani con modalità concorrenziali, così collocandosi al di fuori della ipotesi di esenzione IMU, sussistente allorché l’utenza fruisce del servizio a titolo gratuito o fornendo un contributo minimo »; sia in relazione al disconoscimento dell’esenzione per gli immobili destinati alle ‘ attività non istituzionali ‘, a cagione della intrinseca commercialità a prescindere dal collegamento strumentale con le ‘ attività istituzionali ‘, in ragione della destinazione al perseguimento di utili (il cui reimpiego nel finanziamento delle attività assistenziali e sanitarie non basta ad escludere la remuneratività dei servizi erogati), avendo concluso che: « L’IMU è inoltre dovuta con riferimento alla parte di immobili non adibita ad attività istituzionali ma allo svolgimento di attività certamente commerciali quali i servizi di ristorazione, parrucchiere, pedicure, lavanderia, rivendita giornali e bar (circostanza non negata da controparte, pag.30 controdeduzioni) » ; sia anche in relazione all’inadempienza della contribuente a ll’obbligo dichiarativo con riguardo agli immobili ad utilizzazione ‘ mista ‘ , che era essenziale per la
sottrazione percentuale ad esenzione delle superfici destinate ad attività commerciali, avendo messo in risalto che: «
»;
5.41 peraltro, a fronte degli accertamenti in fatto del giudice di appello, le censure del ricorrente principale e della ricorrente incidentale in relazione all’omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti devono essere disattese, emergendo la inequivoca carenza di ‘ decisività ‘ delle circostanze prospettate rispetto alle conclusioni raggiunte, a cagione dell’inidoneità del risultato probatorio a sortire con ragionevole verosimiglianza, sulla base di un giudizio prognostico, un diverso esito della controversia;
5.42 in conclusione, al solo scopo di rinsaldare e consolidare tale interpretazione, il collegio ritiene di enunciare il seguente principio di diritto: « In materia di IMU, per usufruire dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 504 (in forza del rinvio disposto dall’art. 9, comm a 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23), non è sufficiente che un immobile sia utilizzato per lo svolgimento di attività assistenziali o sanitarie, in regime di convenzione con il RAGIONE_SOCIALE e con tariffe imposte dalla Regione in ossequio ai limiti fissati dal d.P.C.M. 29 novembre 2001 per la compartecipazione percentuale degli utenti ai costi delle prestazioni erogate, in presenza dei requisiti previsti dagli artt. 3 e 4, comma 2, del d.m. 19 novembre 2012, n. 200, da una fondazione senza finalità lucrativa e con carattere di ONLUS, ma è
necessario che quest’ultima -oltre ad assolvere l’obbligo dichiarativo di cui all’art. 9, comma 6, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nelle forme stabilite dall’art. 6 del d.m. 19 novembre 2012, n. 200, che è adempimento essenziale ed imprescindibile per godere dell’agevolazione (anche in caso di utilizzazione ‘mista’) – dimostri che le attività a cui l’immobile è destinato, oltre a rientrare tra quelle esenti secondo la tipizzazione legislativa e regolamentare, siano svolte con modalità ‘non commerciali’ nell’accezione sancita dalla decisione adottata dalla Commissione Europea del 19 dicembre 2012 ».
alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la manifesta infondatezza dei motivi dedotti, i ricorsi principale ed incidentale devono essere rigettati;
la reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese giudiziali;
ai sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale ed il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi; compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale ed il ricorso incidentale, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 24 settembre