Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30873 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30873 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21025/2022 R.G., proposto
DA
Comune di Chivasso (TO), in persona del Sindaco pro tempore , autorizzato ad instaurare il presente procedimento in virtù di deliberazione adottata dalla Giunta Comunale il 26 maggio 2022, n. 100 , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME entrambi con studio in Lecce, elettivamente domiciliati presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, giusta procura in margine al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
‘ Asilo Infantile Scuola Materna «Beato Angelo COGNOME »’, ente iscritto nel registro delle persone giuridiche presso il Tribunale di Torino col n. 1223, con sede in Chivasso (TO), in persona del presidente del consiglio di amministrazione tempore , rappresentato e difeso dal l’Avv. NOME COGNOME con studio in Padova, e dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
ICI IMU ACCERTAMENTO ESENZIONE ENTI NON LUCRATIVI UTILIZZAZIONE INDIRETTA
IUS SUPERVENIENS
CONTRORICORRENTE/RICORRENTE INCIDENTALE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Piemonte il 2 febbraio 2022, n. 169/01/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14 novembre 2024 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. Il Comune di Chivasso (TO) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Piemonte il 2 febbraio 2022, n. 169/01/2022, la quale, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento n. 60/2017 per l’ omesso versamento dell’ IMU relativa a ll’anno 20 12, in relazione ad un fabbricato ubicato nel medesimo Comune e censito in catasto con le particelle 197 sub. 7 – 197 sub. 8 (graffate) del folio 23, del quale l” Asilo RAGIONE_SOCIALE Materna «NOME NOME COGNOME »’ aveva concesso in ‘ locazione ‘ per la durata di 75 anni ad un canone irrisorio di € 6,50 per anno (salvo l’accollo delle spese di ristrutturazione del sottotetto) -con scrittura privata autenticata nelle firme dal Notaio NOME COGNOME da Settimo Torinese (TO) il 17 dicembre 2003, rep. n. 28636, e registrata a Torino il 19 dicembre 2003 al n. 2785 – una porzione (costituita dal piano primo e dal piano secondo) alla Curia Generalizia dell” Istituto delle Figlie di Santa Maria di Leuca ‘ per lo svolgimento di attività didattic a (asilo-nido) e per residenza delle suore addette all’attività didattica , conservando la residua porzione (piano terreno e piano seminterrato) per lo svolgimento delle attività istituzionali (scuola materna), ha accolto l’appello proposto dall” Asilo Infantile Scuola Materna «Beato NOME COGNOME »’ nei confronti del Comune di Chivasso (TO) avverso la sentenza depositata dalla Commissione
tributaria provinciale di Torino il 9 giugno 2020, n. 361/06/2020, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure -che aveva respinto il ricorso originario – sul rilievo che i presupposti per il riconoscimento alla contribuente del l’esenzione prevista da ll’art. 7 , comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, quale richiamato dall’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, sussistessero in relazione all’anno di riferimento, nonostante l’utilizzazione indiretta (riqualificata ope iudicis in termini di concessione in comodato) di una porzione dell’immobile da parte dell’ente proprietario .
L ” Asilo Infantile Scuola Materna «Beato NOME COGNOME »’ ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale avverso la medesima sentenza.
La controricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., invocando l’applicabilità a suo favore della decisione adottata dalla Commissione Europea il 3 marzo 2023, n. 2013, con riguardo alla sussistenza delle condizioni previste dall’art. 2 del regolamento n. 1998/2006/CE della Commissione del 15 dicembre 2006, sulla base dell’art. 2 del regolamento n. 994/98/CE del Consiglio del 7 maggio 1998, al fine di escludere ratione temporis l’esenzione beneficiata dall’ambito degli aiuti di Stato.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso principale è affidato a quattro motivi.
1.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in combinato disposto con l’art. 91 -bis , comma 3, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, i n relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato
erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che il contribuente avesse diritto all’esenzione per l’anno di riferimento, nonostante l’utilizzazione indiretta (mediante concessione in locazione) di una porzione dell’immobile .
1.2 Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in combinato disposto con l’art. 91 -bis , comma 3, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, i n relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che il contribuente avesse diritto all’esenzion e per l’anno di riferimento, nonostante la perce zione di corrispettivi tutt’altro che simbolici nell’esercizio dell’attività didattica, senza aver adeguato il proprio statuto alle prescrizioni dettate dall’art. 3 del d.m. 19 novembre 2012, n. 200.
1.3 Con il terzo motivo, si denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per non essere stato tenuto in conto dal giudice di secondo grado che il contribuente non aveva adeguato il proprio statuto alle prescrizioni dettate dall’art. 3 del d.m. 19 novembre 2012, n. 200.
1.4 Con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che il contratto di concessione in godimento a terzi di una porzione dell’immobile appartenente al contribuente doveva riqualificarsi in termini di comodato e non di locazione, nonostante la carenza di elementi significativi per discostarsi dal nomen iuris convenuto tra le parti.
Il ricorso incidentale è affidato a quattro motivi.
2.1 Con il primo motivo (rubricato in controricorso col n. 8), si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 41 della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europea (c.d. ‘ Carta di Nizza ‘) , 24 e 97 Cost., 5, 6, 7, 10, comma 1, e 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, 11, comma 3, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado, rigettando il relativo motivo di appello, « come non sussista nell’ordinamento nazionale una norma che imponga il contraddittorio endoprocedimentale, l’art. 12 legge 212/2000 è limitato a precise ipotesi e come afferma la giurisprudenza consolidata di legittimità non esprime un principio immanente per i tributi non armonizzati ».
2.2 Con il secondo motivo (rubricato in controricorso col n. 9), si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111, sesto comma, Cost., 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., e 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato rigettato dal giudice di secondo grado il motivo di appello circa l’adeguatezza motivazionale dell’avviso di accertamento con motivazione assolutamente carente o insufficiente, affermando che: « Il motivo è infondato, la CTP ha ritenuto che il Comune abbia ‘ampiamente motivato sul punto’, in effetti a pag. 1 e 2 dell’avviso sono minuziosamente riportate le norme applicate ed enunciata la carenza dei presupposti per la esenzione (requisito utilizzazione diretta e natura commerciale dell’attività) », laddove il giudice di prime cure si era limitato a rilevare che: « sul motivo poi, che riguarda
la pretesa illegittimità dell’atto di accertamento per omessa indicazione delle ragioni in virtù delle quali è stata disconosciuta l’esenzione ex art. 7 comma 1 lett. i D.Lgs. 504/92, si ritiene la stessa priva di fondamento, avendo l’Ufficio ampiamente mo tivato sul punto».
2.3 Con il terzo motivo (rubricato in controricorso col n. 10), si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, comma 161 e 162, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, i n relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’avviso di accertamento era munito di congrua motivazione con riguardo alla liquidazione dell’IMU relativa all’anno di riferimento, laddove « non è dato comprendere: 1) come l’amministrazione comunale sia giunta alla determinazione del valore dei singoli immobili; 2) il valore delle rendite catastali attribuite a ciascun immobile; 3) il significato delle diciture «Liq», «Dic», «Inf» riportate nella prima colonna di ogni quadro; 4) la ragione per cui i fabbricati identificati nei riquadri con il numero 20093 siano indicati più di una volta con valori diversi (…); 5) come il Comune sia giunto a quantificare in Euro 14.732,24 l’ammontare dell’imposta asseritamente dovuta (considerato che la somma degli importi indicati nella colonna «imposta netta» di ogni quadro non dà come risultato quello indicato a pagina 7 quale «totale imposta dovuta») » .
2.4 Con il quarto motivo (rubricato in controricorso col n. 11), si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., 91 e 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., 15 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, prim o comma, n. 3, cod. proc. civ. (quale richiamato dall’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), per essere stata disposta dal
giudice di secondo grado -con difetto assoluto di motivazione – la compensazione tra le parti delle spese giudiziali, « attesa la complessità delle questioni, l’accavallarsi di normativa e un contrasto giurisprudenziale di merito. Spese del grado compensate per analoghi motivi ».
3. Secondo questa Corte, alla stregua del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, il cui fine primario è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito; qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di Cassazione solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 4 luglio 2019, n. 17949; Cass., Sez. 5^, 30 giugno 2020, n. 13094; Cass., Sez. 5^, 2 novembre 2021, n. 30979; Cass., Sez. 5^, 9 settembre 2022, n. 26557; Cass., Sez. 5^, 20 ottobre 2023, n. 29193; Cass., Sez. 5^, 28 maggio 2024, n. 14920).
Pertanto, nel caso di specie, il ricorso principale deve essere scrutinato con precedenza rispetto al ricorso incidentale, che non ha prospettato l’esame di questioni rilevabili ex officio iudicis in sede di legittimità.
3.1 Ciò detto, pur tenendo conto della deduzione fattane dal controricorrente in memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., si deve escludere l’applicabilità alla fattispecie del regime de minimis , con particolare riguardo alla relazione tra l’esenzione da ICI e la disciplina euro-unitaria degli aiuti di Stato, così come risultante dalla decisione adottata dalla Commissione Europea il 3 marzo 2023, n. 2013, che è stata medio tempore oggetto di recepimento interno da parte dell’art. 16 -bis del d.l. 16 settembre 2024, n. 131, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 2024, n. 166, dettando ‘ Misure urgenti per l’applicazione della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 6 novembre 2018, relative alle cause riunite da C622/16 P a C-624/16 P, e delle decisioni della Commissione europea del 19 dicembre 2012 e del 3 marzo 2023 ‘.
3.2 Invero, proprio in ottemperanza alla sentenza depositata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il 6 novembre 2018, cause riunite C-622/16 P – C-623/16 P, C-624/16, RAGIONE_SOCIALE. Commissione Europea ed altri , nonché alle decisioni adottate dalla Commissione Europea il 19 dicembre 2012 ed il 3 marzo 2023, il predetto art. 16bis ha previsto la sola recuperabilità dell’ICI relativa agli anni dal 2006 al 2011, non essendo stata considerata l’esenzione da IMU un aiuto d i Stato , ai sensi dell’art. 107, par. 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
Preliminarmente, si deve respingere l’eccezione di inammissibilità del ricorso, che il contribuente ha sollevato con riguardo alla mancata contestazione di alcune delle plurime rationes decidendi della sentenza impugnata; invero, quelle non censurate – secondo la prospettazione del contribuente (pagine 13 e 14 del controricorso) -sarebbero rappresentate da meri corollari della condivisione delle finalità istituzionali con
la conduttrice/comodataria della porzione di immobile e dell’esercizio dell’attività didattica da parte dello stesso con modalità non lucrative, che, a ben vedere, sono già state specificamente ed adeguatamente attinte dai motivi dedotti a fondamento del ricorso (nella sintesi precedente).
Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
5.1 Il d.lgs 14 marzo 2011, n. 23, ha introdotto nel nostro ordinamento l’IMU con decorrenza dal l’anno 2014 (artt. 7 e 8) ed ha confermato anche per essa le esenzioni previste per l’ICI dall’art. 7, comma 1, lett. d e lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (art. 9, comma 8); peraltro, il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha modificato alcuni aspetti dell’imposta rispetto alla sua concezione originaria, ha poi ritenuto opportuno anticipare in via sperimentale l’applicazione della nuova imposta già con decorrenza dall’anno 2012 (art. 13), senza, comunque, intervenire sull’esenzione per gli immobili di cui al ricordato art. 7, comma 1, lett. d e lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.
5.2 Così, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito che, in tema di IMU, l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, si applica agli immobili di cui all’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’art. 16, lett. a, della legge 20 maggio 1985, n. 222 (attività di religione e di culto), purché essi siano direttamente utilizzati dall’ente possessore e siano destinati esclusivamente ad attività peculiari non produttive di reddito, non spettando il beneficio in caso di
utilizzazione indiretta, seppur assistita da finalità di pubblico interesse (Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2023, n. 17100).
5.3 Peraltro, con riguardo sia all’ICI che all’IMU, l’utilizzazione, in virtù di concessione in locazione, da parte di un soggetto diverso da quello a cui spetta l’esenzione, esclude, in radice, la destinazione del bene ai compiti istituzionali di quest’ultimo, anche in considerazione della remunerazione derivante dalla percezione dei canoni, che contribuisce ad attribuire un connotato lucrativo all’attività svolta dall’ente proprietario (Cass., Sez. 5^, 30 settembre 2019, n. 24308; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8631; Cass., Sez. 5^, 14 febbraio 2023, n. 4576; Cass., Sez. 5^, 27 maggio 2024, n. 14721; Cass., Sez. 5^, 1 luglio 2024, n. 17967).
Di contro, secondo un indirizzo giurisprudenziale che si è venuto gradualmente affermando nella giurisprudenza della Corte, l’esenzione spetta non soltanto se l’immobile è direttamente utilizzato dall’ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se l’immobile, concesso in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente (Cass., Sez. 5^, 30 settembre 2019, n. 24308; Cass., Sez. 5^, 25 novembre 2022, n. 34772; Cass., Sez. 5^, 2 ottobre 2023, n 27761; Cass., Sez. 5^, 17 ottobre 2023, n. 28799; Cass., Sez. 5^, 6 giugno 2024, n. 17618; Cass., Sez. 5^, 25 giugno 2024, n. 17442; Cass., Sez. 5^, 1 luglio 2024, n. 17967). Viceversa, si è esclusa l’esenzione nel caso di ” utilizzo indiretto ” attraverso un diverso soggetto giuridico, ancorché anch’esso senza finalità di lucro, allorquando non venga accertata l’esisten za di un rapporto di stretta strumentalità nella realizzazione dei
suddetti compiti, che autorizzi a ritenere una compenetrazione tra di essi e a configurarli come realizzatori di una medesima ” architettura strutturale ” (Cass., Sez. 6^, 23 luglio 2019, n. 19773). La circostanza che l’utilizzazione indiretta del bene trovi titolo in un contratto di comodato (gratuito) non è quindi sufficiente a giustificare l’applicazione dell’agevolazione (Cass., Sez. 5^, 26 giugno 2024, n. 17618).
In definitiva, l’esenzione in esame compete tendenzialmente solo in caso di utilizzo diretto del bene, da parte dell’ente possessore, per lo svolgimento, con modalità non commerciali, delle attività previste dalla norma, e può essere estesa all’ipotesi dell’utilizzo indiretto del bene, da parte dell’ente possessore, soltanto qualora ciò non snaturi la natura non commerciale dell’esercizio dell’attività in relazione alla quale è concessa l’esenzione di cui alla lett. i del citato art. 7. Pertanto, la concessione del godimento e dell’uso, da parte dell’ente possessore, a favore di altro ente collegato al primo nel perseguimento delle stesse finalità istituzionali, deve essere del tutto gratuita, senza alcuna forma di remunerazione: circostanza che è necessario accertare in modo rigoroso (Cass., Sez. 5^, 1 luglio 2024, n. 17967).
5.4 In relazione al thema decidendum , va anche tenuto conto che:
-la risoluzione emanata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 4 marzo 2013, n. 4/DF, in materia di IMU, ha ritenuto che, « nella particolare ipotesi in cui l’immobile posseduto da un ente non commerciale venga concesso in comodato a un altro ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività di cui al comma 1, lett. i, dell’art. 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992, possa t rovare applicazione l’esenzione in oggetto »;
-l’art. 1, comma 759, lett. g, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha previsto (sia pure con decorrenza dall’anno 2020) l’esenzione da IMU per « gli immobili posseduti e utilizzati dai soggetti di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività previste nella medesima lettera i); si applicano, altresì, le disposizioni di cui all’articolo 91-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché il regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 19 novembre 2012, n. 200 »;
-l’art. 1, comma 71, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, ha disposto che l’art. 1, comma 759, lett. g, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nonché le norme da questo richiamate o sostituite, si interpretano, per gli effetti di cui all’art. 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cioè, in funzione di interpretazione autentica, e quindi con decorrenza retroattiva), nel senso che: « a) gli immobili si intendono posseduti anche nel caso in cui sono concessi in comodato a un soggetto di cui all’artico lo 73, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente, a condizione che il comodatario svolga nell’immobil e esclusivamente le attività previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, con modalità non commerciali; b) gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali alle destinazioni di cui all’articol o 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, anche in
assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità ».
Sul punto, un recente arresto di questa Corte ha confermato che « la norma in esame è chiaramente definita di interpretazione autentica, anche in virtù del richiamo all’art. 1, comma 2, dello Statuto del contribuente e si riferisce all’art. 1, comma 759, lett. g, della legge n. 160 del 2019 e alle norme da questo richiamate o sostituite, sicché vale anche relativamente all’ ICI ed in particolare all’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. n. 504 del 1992, espressamente richiamato dall’art. 1, comma 759, lett. g, della legge n. 160 del 2019 » (Cass., Sez. 5^, 25 giugno 2024, n. 17442). Per cui, la retroattività è stata estesa anche all’esenzione da ICI per gli immob ili appartenenti ad enti non commerciali.
5.5 Su tale premessa, quindi, in linea con la richiamata giurisprudenza di questa Corte, si può affermare che, in caso di concessione in comodato, l’esenzione da IMU può essere riconosciuta, sempreché: a) l’ente comodatario , al pari dell’ente comodante, rientri tra i soggetti previsti dall’art. 73, comma 1, lett. c, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; b) l’ente comodatario sia strutturalmente o funzionalmente collegato all’ente comodante; c) l’ente comodatario utilizzi l’immobile per lo svolgimento esclusivo con modalità non commerciali di « attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive », nonché di « attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana ».
5.6 O ra, secondo l’art. 18, lett. g, del regolamento comunale IMU (nel testo approvato con deliberazione adottata dal
Consiglio Comunale il 30 ottobre 2012, n. 65): « Sono esenti dall’imposta: (…) g) gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lettera c), del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della Legge 20 maggio 1985, n. 222, a condizione che gli stessi, oltre che utilizzati, siano anche posseduti dall’Ente non commerciale utilizzatore ».
5.7 Posto che la sopravvenienza (con efficacia ex tunc ) dell’art. 1, comma 71, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, è destinata a prevalere sul l’art. 18, lett. g, del regolamento comunale IMU, che deve essere disapplicato in parte qua per contrarietà allo ius superveniens di rango primario ( ex art. 7, comma 5, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), va preliminarmente chiarita la portata della lett. a della norma succitata con riguardo al la definizione ‘ collegamento strutturale o funzionale ‘ tra ente comodante ed ente comodatario.
Sul punto, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, la circolare emanata dal Ministero dell’ Economia e delle Finanze il 16 luglio 2024, n. 2/DF (avente ad oggetto ‘ Imposta municipale propria (IMU) -Art. 1, comma 71 della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di bilancio per l’anno 2024) Norma interpretativa dell’art. 1, comma 759, lett. g), della legge 27 dicembre 2019, n. 160 -Immobili utilizzati dagli enti non commerciali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività meritevoli di tutela ‘) , ha fornito (con argomentazioni sostanzialmente condivisibili) significative precisazioni sulle condizioni indispensabili per usufruire
dell’esenzione da IMU in caso di concessione in comodato dell’immobile.
Così, si è detto che il ‘ collegamento funzionale ‘ tra comodante e comodatario postula un « rapporto di stretta strumentalità tra i due enti nella realizzazione di compiti e nello svolgimento di attività diverse (…), ma istituzionalmente connesse, riconoscendo una relazione servente, un rapporto funzionale delle prestazioni svolte (…) », per cui esso « può ritenersi sussistente ove le attività svolte dal comodatario nell’immobile rientrino nel novero di quelle agevolate, siano esercitate con modalità non commerciali e, al contempo, siano accessorie o integrative rispetto alle attività istituzionali dell’ ente comodante, ponendosi con le finalità istituzionali di quest’ultimo in rapporto di diretta strumentalità ». In particolare, si è ritenuto che « tale nesso di strumentalità sussista qualora l’attività non commerciale svolta nell’immobile concesso in comodato sia legata alle finalità e alle attività istituzionali del concedente e risulti coerente e funzionale rispetto agli scopi dello stesso ente concedente ».
Da qui, l’indicazione esemplificativa di una sommaria casistica: « Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui il comodante svolga un’attività didattica e l’immobile concesso in comodato sia utilizzato dal comodatario per lo svolgimento, sempre con modalità non commerciali, di altre attività didattiche o assistenziali ricomprese tra quelle agevolate e funzionali a quella didattica del concedente (attività di doposcuola, attività assistenziale diretta a particolari categorie di studenti, etc.). Si pensi, ancora, all’ipotesi in cui il concedente svolga attività sanitaria o assistenziale e l’immobile sia concesso in comodato al fine di garantire ospitalità ai familiari delle persone assistite o agli operatori sanitari. Si reputa, altresì, integrato il requisito
del collegamento funzionale tra comodante e comodatario nell’ulteriore ipotesi in cui il primo detenga, in forza di norma statutaria, la facoltà di nominare i componenti dell’organo di gestione del secondo ente ».
Parimenti, parafrasando la motivazione di taluni precedenti di questa Corte, si è aggiunto che il ‘ collegamento strutturale ‘ tra comodante e comodatario esige che « ‘ il comodatario sostanzialmente utilizzi il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell’ente concedente, con il quale sussista uno stretto rapporto di strumentalità che potrebbe definirsi «compenetrante», ovverosia il caso «in cui l’immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di un’attività meritevole prevista dalla norma agevolativa’ ».
In proposito, si è fatta « l’ipotesi in cui un ente religioso civilmente riconosciuto conceda in comodato un immobile di sua proprietà a una fondazione, costituita ai sensi del codice civile dal medesimo ente religioso ai fini del miglior perseguimento delle proprie attività di assistenza e beneficenza ».
5.8 In definitiva, si può dire che:
il ‘ collegamento funzionale ‘ presuppone una relazione sinergica di collaborazione o cooperazione tra enti autonomi che trova titolo in una convenzione indipendente dal contratto di comodato sull’immobile e che colloca l ‘ente comodatario in una posizione ausiliaria (attraverso l’esercizio di attività accessorie o sussidiarie) rispetto alle attività istituzionali dell’ente comodante ; pertanto, in tale cornice, la concessione in comodato dell’i mmobile si pone come mezzo per realizzare, consolidare, rinsaldare o incentivare la partnership tra gli enti;
b) il ‘ collegamento strutturale ‘ presuppone l’inserimento di una pluralità di enti con ruoli diversificati in una più ampia organizzazione di tipo orizzontale o verticale (un vero e proprio gruppo di associazioni e/o fondazioni), che colloca uno o più enti (tra cui il comodante) in posizione di dominio, controllo, direzione o coordinamento e gli altri enti (tra cui il comodatario) in posizione di subordinazione o dipendenza, creando un asservimento poliforme di funzioni e finalità istituzionali degli uni rispetto agli altri , in modo che l’ente comodatario sia vincolato ad agire come longa manus dell’ente comodante; pertanto, in tale contesto, la concessione in comodato dell’immobile si pone come mezzo per realizzare, incentivare, agevolare o facilitare le attività istituzionali svolte dall’ente comodatario per conto e nell’interesse dell’ente comodante.
5.9 In proposito, va fatta applicazione del principio secondo cui, nel giudizio di legittimità, lo ius superveniens , che introduca una nuova disciplina del rapporto controverso, può trovare di regola applicazione solo alla duplice condizione che, da un lato, la sopravvenienza sia posteriore alla proposizione del ricorso per cassazione, e ciò perché, in tale ipotesi, il ricorrente non ha potuto tener conto dei mutamenti operatisi successivamente nei presupposti legali che condizionano la disciplina dei singoli casi concreti; e, dall’altro lato, la normativa sopraggiunta sia pertinente rispetto alle questioni agitate nel ricorso, posto che i principi generali dell’ordinamento in materia di processo per cassazione – e soprattutto quello che impone che la funzione di legittimità sia esercitata attraverso l’individuazione delle censure espresse nei motivi di ricorso e sulla base di esse – impediscono di rilevare d’ufficio (o a seguito di segnalazione fatta dalla parte
mediante memoria difensiva) regole di giudizio determinate dalla sopravvenienza di disposizioni, ancorché dotate di efficacia retroattiva, afferenti ad un profilo della norma applicata che non sia stato investito, neppure indirettamente, dai motivi di ricorso e che concernano quindi una questione non sottoposta al giudice di legittimità (Cass., Sez. Lav., 1 ottobre 2012, n. 16642; Cass., Sez. 5^, 24 luglio 2018, n. 19617).
Per cui, ove la nuova situazione di diritto obiettivo (che può conseguire, oltre che all’entrata in vigore o alla dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma di legge, anche alla decisione di organismi comunitari) richieda accertamenti di fatto non necessari alla stregua della precedente disciplina, questi debbono essere compiuti in sede di merito, al qual fine, ove il processo si trovi nella fase di cassazione, deve disporsi il rinvio della causa al giudice di appello (Cass., Sez. 5^, 19 gennaio 2018, n. 1325; Cass., Sez. 5^, 7 agosto 2020, n. 16812; Cass., Sez. Lav., 8 aprile 2024, n. 9396).
5.10 Tanto premesso, la sopravvenienza della norma interpretativa -per quanto meramente ‘ recettiva ‘ ed ‘ esplicativa ‘ di principi antecedentemente enunciati dalla giurisprudenza di legittimità -impone il riesame della controversia risalente ad epoca anteriore, che deve essere necessariamente rivalutata alla luce della regolamentazione dettata ex novo con particolare riguardo ai requisiti tipizzati per il riconoscimento dell’esenzione in caso di comodato immobiliare tra enti non commerciali.
A tale proposito, il giudice di appello ha evidenziato che: « Nella fattispecie concreta: entrambi i soggetti coinvolti avevano in comune «le finalità di assistenza all’infanzia, l’educazione e l’istruzione dei bambini in età prescolare»; l’immobile era in prevalenza destinato all’esercizio di attività didattica (scuola
materna e nido) e in minima parte adibito ad abitazione delle religiose; tra le parti (ente proprietario/odierno appellante ed ente religioso) si era inteso concludere un contratto di comodato gratuito; l’attività di scuola materna era gestita direttamente dall’ente odierno appellante che aveva affidato alle suore solo la cura della «parte didattica», ossia l’insegnamento; le religiose all’interno dell’immobile si occupavano, sempre senza alcun intento lucrativo, della gestione dell’attività di asilo nido », concludendone che: « Il motivo di appello è da accogliere, è da ritenersi soddisfatto il requisito della ‘utilizzazione diretta’ dell’immobile ancorch é avvenga anche tramite l’attività di un terzo con le medesime finalità, non rilevando che l’immobile debba essere anche posseduto dall’ente non commerciale co -utilizzatore ».
Con riguardo al collegamento funzionale tra i due enti, il giudice di appello ha significativamente riconosciuto che: « La giurisprudenza di legittimità ha considerato rientrare nel concetto di utilizzazione diretta quella di concedere in comodato l’immobile per l’attività esente ove sia ravvisabile un rapporto di strumentalità tra i due enti nella realizzazione dell’attività esente (non contestata rientrare tra le attività didattiche), nel caso di specie l’attività viene svolta in sinergia tra l’ente Asilo Infantile e Suore di S. Maria di Leuca per quanto attiene i locali dedicati alla scuola materna e per i locali in cui si svolge l’attività di asilo nido da parte delle Suore è operante un rapporto di locazione (ovvero un sostanziale comodato), chiara la intenzione delle parti, possessore e comodatario di svolgere una attività didattica per più fasce di età prescolare come risulta essere dagli atti costitutivi la finalità comune di entrambi gli enti ».
5.11 In definitiva, la sentenza impugnata ha valorizzato in parte qua il tenore delle pattuizioni contenute nella ‘ convenzione ‘ stipulata tra l” Asilo Infantile Scuola Materna «Beato NOME COGNOME »’ e la Curia Generalizia dell” Istituto delle Figlie di Santa Maria di Leuca ‘ il 16 maggio 2007, con la quale il primo affidava al secondo « la direzione, assistenza ed educazione dei bambini ammessi a frequentare la Scuola Materna » e continuava a curare « la gestione della Scuola Materna sotto l’aspetto economico, finanziario, amministrativo, fiscale e quant’altro » con la facoltà di determinare le rette e l’onere della responsabilità del relativo funzionamento (art. 2), mettendone in risalto la stretta connessione con la concessione in comodato della porzione di fabbricato da destinare alla gestione dell’asilo -nido (e alla residenza delle religiose addette all’attività didattica). Il che ha dato conferma all’assunto del controricorrente per cui « l’attività di scuola materna era gestita direttamente dall’Asilo COGNOME che ha affidato alla congregazione religiosa la cura della sola parte didattica a fronte di «stipendi da erogare alle suore/insegnanti impiegate presso la scuola materna» ».
5.12 Dunque, alla stregua di tali argomentazioni della sentenza impugnata, l’ accertamento in fatto ha già tenuto conto -nell’apprezzamento delle risultanze probatorie – di parametri conformi alle previsioni dello ius superveniens , che sarebbero destinate a trovare applicazione anche nella vicenda in disamina. Per cui, in ossequio al principio di economia processuale (anche alla luce dell’art. 111, secondo comma, Cost.), non occorre demandare al giudice di appello -attraverso la cassazione con rinvio della sentenza impugnata un nuovo esame della fattispecie concreta alla luce della norma
sopravvenuta, i cui canoni di valutazione erano stati anticipati dall’elaborazione giurisprudenziale.
Ragioni di pregiudizialità logico-giuridica consigliano di dare precedenza allo scrutinio del quarto motivo del ricorso principale per l’attinenza alla qualificazione del contratto intercorso tra gli enti non commerciali.
Tale motivo è inammissibile.
6.1 Ora, con riguardo all’interpretazione del contenuto di una convenzione negoziale adottata dal giudice di merito, l’invocato sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati a quel giudice, ma deve appuntarsi esclusivamente sul mancato rispetto dei canoni normativi di interpretazione dettati dal legislatore agli artt. 1362 ss. cod. civ., e sulla incoerenza e illogicità della motivazione addotta, per cui deve essere ritenuta inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella mera prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass., Sez. 1^, 19 ottobre 2017, n. 24686; Cass., Sez. 2^, 13 giugno 2018, n. 15503; Cass., Sez. 5^, 4 settembre 2020, n. 18381; Cass., Sez. 2^, 20 dicembre 2021, n. 40829; Cass., Sez. 1^, 31 maggio 2022, n. 17736; Cass., Sez. 2^, 27 dicembre 2023, n. 36082; Cass., Sez. 1^, 4 novembre 2024, n. 28241). Va, in proposito, ricordato il principio di diritto, più volte affermato da questa Corte, secondo il quale la parte che con il ricorso per cassazione intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ., avendo l’onere di specificare i
canoni che in concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, e dovendo i rilievi contenuti nel ricorso essere accompagnati, in ossequio al principio di autosufficienza, dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti, al fine di consentire alla Corte di verificare l’erronea applicazione della disciplina normativa (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 15 novembre 2017, n. 27136; Cass., Sez. 1^, 9 aprile 2021, n. 9461; Cass., Sez. 1^, 31 maggio 2022, n. 17736; Cass., Sez. 2^, 27 dicembre 2023, n. 36082; Cass., Sez. 1^, 4 novembre 2024, n. 28241).
In ogni caso, l’art. 1362 cod. civ., allorché nel primo comma prescrive all’interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l’elemento letterale del contratto, ma, al contrario, intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile (Cass. Sez. 5^, 24 dicembre 2020, n. 29525; Cass., Sez. 5^, 22 aprile 2022, n. 12830; Cass., Sez. 2^, 26 maggio 2022, n. 17159; Cass., Sez. 1^, 26 aprile 2023, n. 10967; Cass., Sez. 2^, 27 dicembre 2023, n. 36039; Cass., Sez. 2^, 4 novembre 2024, n. 28259).
In ogni caso, l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione, oltre che per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.
proc. civ., anche nell’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., Sez. Lav., 4 aprile 2022, n. 10745).
6.2 La censura attinge la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di appello ha manifestato il convincimento « che il contratto di locazione in atti sia in realtà da ritenere, secondo la volontà delle parti, che prevale sul nomen iuris del contratto, un comodato in considerazione della irrisorietà del canone convenuto, della durata prevista in 75 anni e della espressa previsione di svolgere in detti locali una attività di assistenza e didattica rientrante tra le esenzioni ».
Tuttavia, il mezzo si limita ad enfatizzare l’astratta prevalenza del testo letterale della pattuizione contrattuale , senza dedurre la violazione del canone ermeneutico in cui il giudice di appello sarebbe incorso con il diverso apprezzamento della comune volontà delle parti, valutando che: « La contribuzione al pagamento dei lavori di ristrutturazione (che ha interessato il piano sottotetto adibito ad alloggio delle Suore) è stata operata a fronte della rinuncia da parte dell’ente religioso all’incremento biennale -pattuito in precedenza -degli
stipendi da erogare alle suore/insegnanti impiegate presso la scuola materna, pari ad Euro 6.000,00, per un periodo di 10 anni (cfr. scrittura integrativa 23.2.2011) e non rileva ai fini del comodato ».
Il complessivo apprezzamento è in piena sintonia con la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il carattere gratuito del comodato non viene meno per effetto della apposizione, a carico del comodatario, di un modus di consistenza tale da non poter rappresentare un corrispettivo del godimento del bene; al contrario, viene meno ove l’entità dell’onere economico posto a carico del comodatario e la consistenza del vantaggio a carico del comodante assumano natura di reciproci impegni negoziali, connotandosi in termini di vera e propria sinallagmaticità (Cass., Sez. 3^, 17 giugno 2002, n. 8703; Cass., Sez. 3^, 28 giugno 2005, n. 13920; Cass., Sez. 3^, 11 febbraio 2010, n. 3087; Cass., 3^, 17 gennaio 2019, n. 1039).
Difatti, la macroscopica irrisorietà del presunto ‘ canone ‘ annuo e la lunghissima durata del contratto sono stati interpretati dal giudice di appello come sintomi inequivoci della comune volontà delle parti di concedere il godimento della porzione di fabbricato senza la pattuizione di un congruo corrispettivo e senza la fissazione di un tempo limitato. Il che è rispondente alla tipica funzione del comodato di concedere a titolo gratuito il godimento del bene per una durata rapportata alla destinazione convenuta tra le parti. In tale quadro, l’accollo della spesa per i lavori di ristrutturazione del sottotetto non vale ad alterare l ‘ essenziale ‘ gratuità ‘ del contratto, tenendo conto che le opere in questione riguardano i locali destinati a residenza delle religiose e, quindi, rientrano nell’interesse
dell’ente comodatario alla conservazione dell’integrità materiale del bene detenuto.
Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il comodatario, che al fine di utilizzare la cosa debba affrontare spese di manutenzione straordinaria, può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, salvo che si tratti di spese necessarie ed urgenti, pretenderne il rimborso dal comodante, non essendo quest’ultimo tenuto, in ragione dell’essenziale gratuità del contratto, a conservare la qualità del godimento della cosa, né a far sì che la stessa sia idonea all’uso cui il comodatario intende destinarla (in termini: Cass., Sez. 2^, 27 gennaio 2012, n. 1216; Cass., Sez. 1^, 14 giugno 2018, n. 15699; Cass., Sez. 2^, 18 agosto 2021, n. 23111). Per cui, la preventiva assunzione dell’obbligazione di sostenere il costo di tali spese in relazione al bene concesso in godimento è pienamente compatibile con la funzione causale del comodato. Dunque, su tali basi non ha fondamento la censura di un’ermeneusi del contratto in distonia con la concorde intenzione delle parti.
Il secondo motivo del ricorso principale è fondato, derivandone l’assorbimento del terzo motivo del ricorso principale.
7.1 Richiamate le considerazioni esposte al precedente punto 5), si tratta di controllare se il giudice di merito, nell’accertamento dei vari requisiti, abbia correttamente applicato l’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nel testo novellato, dapprima, dall’art. 7, comma 2 -bis , del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, dall’art. 39 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni,
dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, quale richiamato dall’art. 9 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nell’accezione compatibile con la decisione adottata dalla Commissione Europea il 19 dicembre 2012 e con la sentenza resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il 6 novembre 2018, cause riunite C622/16 P – C-623/16 P, C-624/16, RAGIONE_SOCIALE vs. Commissione Europea ed altri , verificando che l’attività didattica fosse stata svolta a titolo gratuito ovvero dietro versamento di un importo simbolico a copertura di una sola frazione del costo effettivo del servizio.
Da ultimo, aggiungasi anche che, ai fini dell’esenzione in parola, non si può attribuire alcun rilievo al fatto che la gestione operi in perdita, giacché anche un imprenditore può operare in un fisiologico stato di eccedenza delle passività sulle attività (Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2015, n. 14226; Cass., Sez. 5^, 14 febbraio 2023, n. 4560; Cass., Sez. 5^, 16 febbraio 2023, nn. 4915 e 4917; Cass., Sez. 5^, 19 giugno 2023, n. 17490), per cui la circostanza di conseguire o meno un guadagno e di pareggiare effettivamente i costi con i proventi risulta irrilevante se l’attività si connota economicamente , e cioè per il fatto che i beni ed i servizi siano offerti al pubblico con prezzi non simbolici (Cass., Sez. 5^, 14 febbraio 2023, n. 4560).
7.2 Nella specie, pur muovendo dalla corretta premessa che: « La presa di posizione ministeriale, favorevole agli enti commerciali, di ritenere svolta con modalità non commerciale l’attività didattica i cui proventi derivanti dalle rette siano inferiori al ‘costo medio’ per studente, è infatti in aperto contrasto con il diritto europeo. Per la Corte Europea, al fine di qualificare economica un’attività è sufficiente che vi sia un legame causale diretto tra somma pagata e servizio offerto (innegabile nel caso oggetto dell’odierno contenzioso ) », dopo
aver accertato che: « L’attività di RAGIONE_SOCIALE, sulla cui gestione l’Ente proprietario – Asilo Infantile Beato NOME COGNOME – non ha alcuna voce in capitolo (non essendo peraltro riconducibile ai suoi compiti istituzionali), viene svolta a fronte del pagamento di regolari rette mensili da parte degli utilizzatori: per stessa ammissione dell’appellante, le rette ammonterebbero a 360 euro mensili, tali da coprire la quasi totalità dei costi sostenuti per lo svolgimento del servizio stesso (i proventi delle rette ammonterebbero a 251.900,00 €, a fronte di 264.545,00 € di costi) ; l’attività di RAGIONE_SOCIALE (unica riconducibile all’attività istituzionale dell’Ente proprietario) viene svolta a fronte del pagamento di regolari rette mensili da parte degli utilizzatori: per stessa ammissione dell’appellante, pari a 185 euro mensili, tali da coprire circa il 62% della totalità dei costi sostenuti per lo svolgimento del servizio stesso (i proventi delle rette ammonterebbero a 249.995,88 € a fronte di 404.201,26 € di costi); i contributi comunali e regionali percepiti esclusivamente dalla scuola materna indicati a pag. 19 dell’appello (78.745,63 €), coprono oltre il 19% degli oneri sostenuti; i contributi comunali e regionali percepiti esclusivamente dalla scuola materna indicati a pag. 19 dell’appello (78.745,63 €), coprono oltre il 19% degli oneri sostenuti », la sentenza impugnata ha concluso nel senso che: « Nel caso di specie è dimostrato e non contestato che il corrispettivo percepito non è adeguato alla copertura dei costi e alla remunerazione dei fattori produttivi ».
Così facendo, però, il giudice di appello è incorso in falsa applicazione delle norme richiamate, tralasciando che le rette percepite per l’asilo -nido garantiscono una copertura pari ad oltre l’80% dei costi sostenuti e ritenendo che la copertura pari al 62% dei costi sostenuti mediante le rette percepite per la
scuola materna valga ad integrare l’esercizio di attività didattica con modalità non commerciali, ma non tenendo conto che requisito imprescindibile della ‘ simbolicità ‘ del corrispettivo è rappresentato dalla copertura di una frazione esigua, minima e marginale dei costi del servizio prestato all’utenza , tale da rendere la prestazione più prossima ad una erogazione gratuita, che a quella sotto remunerata rispetto agli standards medi (Cass., Sez. 5^, 2 ottobre 2023, n. 27821), che non può certamente ravvisarsi nella percezione di compensi in misura percentuale di gran lunga superiore alla metà delle spese.
E tanto porta ad escludere che le attività didattiche svolte in forma diretta ed indiretta dal contribuente possano rientrare, nel solco del diritto euro-unitario, tra « gli istituti che facciano parte di un sistema di insegnamento pubblico e che siano finanziati, interamente o prevalentemente, mediante fondi pubblici », dacché, « istituendo e mantenendo un siffatto sistema di insegnamento pubblico, finanziato di norma dal bilancio pubblico e non dagli studenti o dai loro genitori, lo Stato non intende impegnarsi in attività remunerate, bensì adempie la propria missione nei settori sociale, culturale e educativo nei confronti della propria popolazione » (Corte Giust., 11 settembre 2007, C-76/05, Schwarz e Gootjes-COGNOME , punto 39; Corte Giust., 11 settembre 2007, C-318/05, Commissione/Germania , punto 68; Corte Giust., 27 giugno 2017, C-74/16, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania vs. Ayuntamiento de Getafe , punto 50).
Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato.
8.1 La censura investe il passaggio motivazionale della sentenza impugnata ove si legge, in relazione al primo motivo di appello, che: «Il motivo è da respingere corretta la decisione
della CTP che rileva come non sussista nell’ordinamento nazionale una norma che imponga il contraddittorio endoprocedimentale, l’art. 12 legge 212/2000 è limitato a precise ipotesi e come afferma la giurisprudenza consolidata di legittimità non esprime un principio immanente per i tributi non armonizzati».
A dire del ricorrente, « i gi udici d’appello sembrano ignorare l’esistenza dell’art. 24 della L. 4/1929, che detta le norme generali per la repressione delle violazioni delle disposizioni tributarie, prevedendo che «le violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie sono contestate mediante processo verbale»; -i principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in tema di contraddittorio endoprocedimentale che sono volti a valorizzare l’effettività della tutela del contribuente (cfr. sentenze Texdata e Kamino ».
8.2 Tuttavia, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di tributi ” non armonizzati ” (come l’IRPEF, l’IRAP , le imposte di registro, ipotecaria e catastale, i tributi locali), l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di instaurare il contraddittorio nel corso del procedimento non sussiste per gli accertamenti c.d. ‘ a tavolino ‘, per cui non si pone la questione di un’eventuale inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (tra le tante: Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass., Sez. 6^-5, 29 ottobre 2018, n. 27420; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2020, n. 29726; Cass., Sez. 5^, 6 luglio 2021, nn. 19176 e 19177; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481; Cass., Sez. 5^, 4 dicembre 2023, n. 33699; Cass., Sez. 5^, 6 marzo 2024, n. 6094).
Sul punto, peraltro, pur rilevando che « (…) la mancata generalizzazione del contraddittorio preventivo con il contribuente, fin qui limitato a specifiche e ben tipizzate fattispecie, risulta ormai distonica rispetto all’evoluzione del sistema tributario, avvenuta sia a livello normativo che giurisprudenziale », il giudice delle leggi ha recentemente ribadito che, « (…) dalla pluralità dei moduli procedimentali legislativamente previsti e dal loro ambito applicativo, emerge con evidenza la varietà e la frammentarietà delle norme che disciplinano l’istituto e la difficoltà di assumere una di esse a modello generale (…) » (Corte Cost., 21 marzo 2023, n. 47); per cui, premesso che: « Il principio enunciato dall’art. 12, comma 7, statuto contribuente -la partecipazione procedimentale del contribuente -ancorché esprima una esigenza di carattere costituzionale, non può essere esteso in via generale tramite una sentenza di questa Corte; comunque la soluzione proposta dal rimettente potrebbe creare disfunzioni nel sistema tributario, imponendo un’unica tipologia partecipativa per tutti gli accertamenti, anche ‘a tavolino’ », se ne è desunto che: « Di fronte alla molteplicità di strutture e di forme che il contraddittorio endoprocedimentale ha assunto e può assumere in ambito tributario, spetta al legislatore, nel rispetto dei principi costituzionali evidenziati, il compito di adeguare il diritto vigente, scegliendo tra diverse possibili opzioni che tengano conto e bilancino i differenti interessi in gioco, in particolare assegnando adeguato rilievo al contraddittorio con i contribuenti » (Corte Cost., 21 marzo 2023, n. 47).
Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato.
9.1 C ome è noto l’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo
comma, n. 4, cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69), dispone che la sentenza: « (…) deve contenere: (…) 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; (…) ».
9.2 Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. 5^, 9 aprile 2024, n. 9446).
Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. 5^, 9 aprile 2024, n. 9446).
9.3 Nella specie, tuttavia, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia -in parte qua – insufficiente, inconcludente o incoerente sul piano della logica giuridica, giacché essa
contiene una sufficiente illustrazione delle ragioni sottese al rigetto del secondo motivo di appello, anche attraverso un breve richiamo di richiamo alla decisione di prime cure, per cui, la motivazione del decisum raggiunge la soglia del minimo costituzionale.
9.4 Invero, secondo il giudice di appello, « Il motivo è infondato, la CTP ha ritenuto che il Comune abbia ‘ampiamente motivato sul punto’, in effetti a pag. 1 e 2 dell’avviso sono minuziosamente riportate le norme applicate ed enunciata la carenza dei presupposti per la esenzione (requisito utilizzazione diretta e natura commerciale dell’attività) ».
Ora, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta per relationem rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti ” autosufficiente “, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico -giuridica; la sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 6 marzo 2018, n. 5209; Cass., Sez. 6^-5, 15 febbraio 2021, n. 3867; Cass., Sez. 5^, 4 gennaio 2022, n. 11; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2023, n. 34252; Cass., Sez. 5^, 25 ottobre 2024, n. 27718).
In particolare, la sentenza di appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate
in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 5 agosto 2019, n. 20883; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2021, n. 40697; Cass., Sez. 5^, 11 gennaio 2022, n. 478; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2023, n. 34252).
Dunque, si deve considerare nulla la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 30 novembre 2021, n. 37486; Cass., Sez. 5^, 4 gennaio 2022, n. 11); p er cui, si deve valutare l’adeguatezza della sentenza impugnata che, nel dare atto dei motivi di appello proposti dalla parte e delle ragioni del decisum di prime cure, per un verso, abbia mostrato di condividere le conclusioni raggiunte dal primo giudice, così risultando legittimamente motivata per relationem e, per il resto, abbia disatteso implicitamente il motivo di gravame in trattazione, fondando la decisione su una costruzione logico-giuridica con detto motivo incompatibile (tra le tante: Cass., Sez. Un., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. Un., 20 marzo 2017, n. 7074; Cass., Sez. Lav., 5 novembre 2018, n. 28139; Cass., Sez. 1^, 5 agosto 2019, n. 20883; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2021, n. 40697; Cass., Sez. 6^-5, 30 novembre 2021, n. 37486; Cass., Sez.
5^, 11 gennaio 2022, n. 478), ovvero abbia reso proprie le argomentazioni del primo giudice e, così, espresso, sia pure sintetim , le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti (Cass., Sez. 5^, 26 novembre 2021, nn. 36895 e 36896).
9.5 Nella specie, a ben vedere, la sentenza impugnata non si è limitata ad una generica adesione alla decisione di prime cure, ma ha esplicitato in modo conciso le ragioni favorevoli alla condivisione de l contenuto dell’atto impositivo in ordine al diniego dell’esenzione .
Il terzo motivo del ricorso incidentale è inammissibile.
10.1 Secondo il tenore della censura, « l’avviso di accertamento impugnato, motivato per relationem , non riportando l’indicazione dei calcoli eseguiti per la rettifica dei valori dichiarati ed essendo contraddittorio, di fatto, manca della specificazione chiara dei presupposti di fatto in virtù dei quali sono state determinate le somme indicate nell’att o impugnato, e soprattutto delle ragioni giuridiche sulle quali si fonda la pretesa ».
10.2 Secondo l’orientamento costante di questa Corte, nel giudizio tributario, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di un giudice tributario sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso ne riporti testualmente i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentirne la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di
fatto e dalle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9630; Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2021, n. 19395; Cass., Sez. 6^-5, 8 settembre 2021, n. 24247; Cass., Sez. 6^-5, 27 ottobre 2021, n. 30215; Cass., Sez. 5^, 4 gennaio 2022, n. 29; Cass., Sez. 5^, 11 agosto 2023, n. 24547; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501).
10.3 Nel caso di specie, in mancanza di trascrizione integrale dell’impugnato avviso di accertamento nel corpo del ricorso, non bastando la riproduzione di stralci sparsi ed isolati nell’illustrazione complessiva del motivo , che non consentono la ricostruzione dei passaggi rilevanti, non è concessa a questa Corte la possibilità di verificare la corrispondenza del contenuto dell’atto impositivo rispetto a quanto asserito dal contribuente; ciò comporta il radicale impedimento di ogni attività nomofilattica, la quale presuppone, appunto, la certa conoscenza del tenore dell’atto impositivo.
Il quarto motivo del ricorso incidentale è assorbito dall’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, essendone travolta la regolamentazione delle spese del giudizio di appello.
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza dei secondo motivo, l’infondatezza del primo motivo, l’inammissibilità de l quarto motivo e l’assorbimento del secondo motivo del ricorso principale , nonché l’infondatezza del primo motivo e del secondo motivo, l’inammissibilità del terzo motivo e l’assorbimento del quarto motivo del ricorso incidentale, il ricorso principale può trovare accoglimento entro tali limiti, mentre il ricorso incidentale deve essere rigettato; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso accolto
con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a, della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. 13 . Ai sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del controricorrente/ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo motivo, dichiara l’inammissibilità de l quarto motivo e l’assorbimento del terzo motivo del ricorso principale; rigetta il primo motivo ed il secondo motivo, dichiara l’inammissibilità del terzo motivo e l’assorbimento del quarto motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del controricorrente/ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 14 novembre