Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6095 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6095 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23680-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende assieme all’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE,
che la rappresenta e difende assieme all’AVV_NOTAIO giusta procura speciale allegata al controricorso
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 490/26/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata l’ 8/2/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/2/2024 dal Consigliere Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la RAGIONE_SOCIALE (di seguito la RAGIONE_SOCIALE) propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva respinto l’appello dell’ente avverso la sentenza n. della Commissione tributaria provinciale di Brescia, in accoglimento del ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso avviso di accertamento IMU 2012 emesso dal Comune di Orzinuovi;
il Comune di Orzinuovi resiste con controricorso ed ha da ultimo depositato memoria difensiva
CONSIDERATO CHE
1.1. con unico motivo la RAGIONE_SOCIALE denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 7, comma 1, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente escluso la sussistenza del diritto all’esenzione di cui all’art. 7 cit. in quanto la RAGIONE_SOCIALE si sarebbe «limitata ad asserire che nell’immobile si svolge attività assistenziale a favore di anziani disagiati conformemente alle sue finalità istituzionali senza dimostrare che tale attività si svolga con modalità non commerciali»;
1.2. la doglianza va disattesa;
1.3. si controverte qui dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992 in tema di ICI, applicabile anche all’IMU per l’anno 2012, oggetto di causa, in virtù del rinvio operato dall’art. 9, comma 8, del d.lgs. n. 23 del 2011, in combinato disposto con l’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011;
1.4. tale esenzione, nella versione modificata ad opera dell’art. 91 bis del d.l. n. 1 del 2012, conv. dalla l. n. 27 del 12 opera per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222;
1.5. come è evidente, si è in presenza di una norma che, prevedendo un ‘ agevolazione fiscale, ha natura speciale e perciò, essendo di stretta interpretazione, non può essere applicata al di fuori delle ipotesi tipiche e tassative indicate, stante il divieto non solo di applicazione analogica, ma anche di interpretazione estensiva, in conformità a quanto stabilito dall’art. 14 preleggi. (cfr. con riferimento ad altra fattispecie, in materia di ICI, Cass.n. 15407 del 2017 ed innumerevoli altre);
1.6. l ‘esenzione in oggetto muove dal concorso di un presupposto soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente (art. 87, ora 73, co.1 lett. c Tuir), e di un presupposto oggettivo dato dallo svolgimento nell’immobile, secondo modalità non commerciali, di una delle attività indicate dall’art. 7 co. 1 ° lett. i) in esame (assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222);
1.7. come già più volte affermato da questa Corte, una lettura dell’evoluzione normativa in materia indotta dalla decisione della Commissione UE 2013/286 – impone di escludere che possa riconoscersi l’esenzione allorquando quest’ultima, venendo ad incidere su un settore produttivo operan te alle condizioni di mercato, finisca con l’alterare le regole della libera concorrenza mediante la pratica configurazione di un vero e proprio aiuto di Stato, come tale inammissibile ex art. 107, paragrafo 1 TUE, sicché solo l’attività svolta a titolo gr atuito ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico rende compatibile, quanto a requisito obiettivo, l’esenzione in parola (altrimenti disapplicabile dal giudice nazionale) con il
diritto UE (Cass.nn.13970/16; 4066/19; 6795/20; 18831/20; 28578/20; 15364/22 e molte altre);
1.8. ciò sul presupposto che né il requisito soggettivo (natura non commerciale dell’ente) né quello oggettivo (inteso esclusivamente come natura dell’attività svolta) per quanto entrambi necessari -possono essere sufficienti ad escludere l’incidenza delle modalità di concreto svolgi mento dell’attività sulle condizioni di libero mercato, nel senso indicato ;
1.9. infatti, anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè, offrire beni o servizi sul mercato, mentre la finalità sociale dell’attività svolta non è di per sé incompatibile con il suo carattere anche economico-produttivo, la cui esclusione vuole appunto che essa sia svolta a titolo gratuito o dietro il versamento di un importo simbolico;
1.10. convergente è la casistica giurisprudenziale di legittimità nella specifica materia dell’imponibilità ICI-IMU di immobili destinati ad attività sanitaria e di residenza assistenziale, essendosi così affermato che (cfr. Cass. n. 32765/2022) in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione riconosciuta dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, è limitata all’ipotesi in cui gli immobili siano destinati in via esclusiva allo svolgimento di una delle attività di religione o di culto indicate nell’art. 16, lett. a), della l. n. 222 del 1985, e, pertanto, non si applica ai fabbricati di proprietà di enti ecclesiastici nei quali si svolga attività sanitaria, anche se in regime di accreditamento con il RAGIONE_SOCIALE, poiché le tariffe convenzionali sono comunque dirette a coprire i costi e a remunerare i fattori della produzione, escludendo che l’attività sia svolta in forma gratuita o semigratuita, secondo modalità non commerciali; così Cass. n. 24044/2022 per cui: in materia di ICI, per poter usufruire dell’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, non è sufficiente che l’immobile sia utilizzato per lo svolgimento di attività sanitaria in regime di convenzione con il RAGIONE_SOCIALE da una RAGIONE_SOCIALE, fisiologicamente priva di finalità lucrativa, ma è necessario che il contribuente dimostri che l’attività cui l’immobile è destinato, oltre a rientrare tra quelle esenti, non sia svolta con modalità commerciali, poiché, in conformità ai principi eurounitari, la presenza di un’attività con finalità sociale non basta, da sola, ad escluderne l’eventuale
natura economica (nella specie, la RAGIONE_SOCIALE. ha cassato la sentenza di merito, che aveva desunto l’oggettiva non commerciabilità dell’attività sanitaria da elementi irrilevanti, quali l’erogazione di prestazioni sanitarie, remunerate attraverso un regime tariffario imposto dalle Regioni, in regime di convenzione con il RAGIONE_SOCIALEN., e l’assenza di finalità lucrative dalla natura di RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE); così, ancora, Cass.n. 6711/2015, la quale ha osservato che: in materia di ICI, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. (i) del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, anche in base all’evoluzione di cui all’art. 7, comma 2 bis, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, conv. in legge 2 dicembre 2005, n. 248 (come sostituito dall’art. 39, comma 1, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv. in legge 4 agosto 2006, n. 248), impone di considerare realizzate in senso non esclusivamente commerciale le attività sanitarie e assistenziali che, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi vigente, per le concrete modalità di svolgimento, non siano orientate alla realizzazione di profitti, senza che rilevi il mero fatto dell’esistenza di una convenzione pubblica alla base di tale attività; ne consegue che il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti (poiché di tipo assistenziale e sanitario), non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale ed abbia quelle finalità solidaristiche alla base delle ragioni di esenzione, mentre spetta al giudice di merito l’obbligo di accertare in concreto le circostanze fattuali, senza far ricorso ad astrazioni argomentative; resta quindi fermo che, pur mantenendo l’ente impositore veste di attore in senso sostanziale, è onere del contribuente fornire la prova in giudizio dei presupposti dell’esenzione invocata, ponendosi quest’ultima quale fatto impeditivo della pretesa di prelievo e, in definitiva, quale causa di inoperatività dell’obbligo di generale contribuzione ex art.53 Cost.;
1.12. questa prova deve appunto vertere, oltre che sulla natura dell’attività esercitata, anche sulle modalità (non commerciali) attraverso le quali, nella concretezza del caso, essa viene svolta;
1.13. orbene, nel caso di specie il Giudice regionale ha fatto corretta applicazione di questo complesso quadro normativo ed interpretativo, laddove ha escluso la sussistenza dei presupposti dell’esenzione rimarcando
come, con riguardo all’attività svolta nel l’immobile dalla RAGIONE_SOCIALE («attività assistenziale a favore di anziani e disagiati») , quest’ultima non avesse dimostrato che «tale attività si svolge(va)… con modalità non commerciali»;
1.14. l’accertamento in fatto, insindacabile nella presente sede, svolto dai Giudici di merito sulle modalità attraverso le quali questa attività veniva in concreto esercitata, di cui non poteva escludersi il carattere commerciale -lucrativo, conferma l’insussi stenza dei presupposti per la suddetta esenzione;
per quanto fin qui osservato il ricorso va integralmente rigettato;
le spese della presente fase di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio in favore della parte controricorrente, liquidandole in Euro 3.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da