Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32371 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32371 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6699/2022 R.G. proposto da: FONDO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I LAVORATORI DEI GIORNALI QUOTIDIANI COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE ; -ricorrente- contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. COGNOMECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 3845/2021 depositata il 03/08/2021;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il Fondo nazionale di previdenza per i lavoratori dei giornali quotidiani ‘COGNOME casella’ impugnava l’avviso di accertamento in rettifica n. 154 del 10 marzo 2017, con il quale Roma capitale accertava una maggiore Imu per l’annualità 2013, sul rilievo della carenza motivazionale dell’avviso, in quanto non erano esplicitate le ragioni del mancato riconoscimento dell’esenzione rivendicata con denuncia del 2012, con la quale si indicava il diritto all’esenzione ex art. 7, lett..i) d.lgs. 504/1992 richiamato dall’art. 9, comma 8, d.lgs. 23/2011, svolgendo il Fondo attività previdenziale.
Il giudici di prossimità respingevano il ricorso con sentenza che veniva gravata dalla contribuente.
Il Collegio di secondo grado, nel confermare la decisione di primo grado, respingeva l’appello affermando che < ai sensi dell'art. 7, comma 1, lett. i) del D. Lgs. n. 504/92, richiamato per quel che concerne l'IMU dall'art. 9, co. 8, del D. Lgs. n. 23/2011, l'esenzione spetta agli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, DPR 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222 (lett. i) del menzionato art. 7, comma 1 del d.lgs. 504/1992); -che nel caso di specie, come riconosce anche l'Amministrazione Capitolina, non è in discussione il requisito di carattere soggettivo, cioè che Il Fondo Nazionale di Previdenza per
i Lavoratori dei Giornali Quotidiani "NOME COGNOME" appartenga al novero di quegli enti indicati dall'art. 73, comma 1, lett. c), del TUIR, cioè enti pubblici e privati diversi dalle società, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale; – che difetta il requisito oggettivo, che riguarda, ai sensi dell'art. 7, comma 1, lett. i) del d. lgs. 504/1992, la destinazione degli immobili posseduti "…. esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222", in quanto l'attività previdenziale svolta dal Fondo appellante non può qualificarsi come attività diretta all'esercizio di previdenza obbligatoria e come tale, quindi, rientrante nel novero di quelle contemplate nel richiamato art. 7, comma 1, lett. i) del D. Lgs. n. 504 del 1992, data la ontologica diversità della previdenza obbligatoria, che si basa sul criterio della "ripartizione", dalla previdenza complementare o integrativa, che è regolata da un sistema a "capitalizzazione" dove i versamenti di ciascun lavoratore vengono autonomamente investiti nel mercato finanziario (azioni, titoli di Stato, titoli obbligazionari, quote di fondi comuni di investimento) dal fondo di previdenza al fine di creare una rendita; – che occorre valutare anche i requisiti generali e di settore, previsti dagli art. 3 e 4 del D.M. n. 200 del 2012 – ai quali è stata attribuita efficacia di norma di rango primario attraverso il richiamo effettuato allo stesso dall'art. 9, comma 6 -ter del D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 – che sono necessari per qualificare le attività di cui alla menzionata lett. i), come svolte con modalità non commerciali; – che, nello "Statuto del Fondo Nazionale di Previdenza per i Lavoratori dei Giornali Quotidiani", prodotto nel fascicolo di primo grado, non è previsto che lo stesso non abbia fini di lucro né si
rinviene l'esplicitazione del divieto di distribuire, anche in modo indiretto, avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale; che nello statuto non è riportato l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente ad altra organizzazione con finalità analoghe o a fini di pubblica utilità: anzi all'art. 16 dello Statuto citato viene sancito che "Le Organizzazioni che hanno costituito la Fondazione potranno deliberarne la fine; a loro spetta di disporre circa la devoluzione del patrimonio residuo …". Il Fondo indicato in epigrafe ricorre per la cassazione della sentenza n. 3845/2021, svolgendo due motivi di ricorso, ed ha depositato memoria.
Replica con controricorso il Comune di Roma.
MOTIVI DI DIRITTO
1.La prima censura prospetta la violazione dell'art. 112 c.p.c. e conseguente nullità della sentenza, in relazione all'art. 360, 1° comma, n. 4, c.p.c.; violazione dell'art. 1, comma 162, della l. n. 296 del 2006 e dell'art. 7 della legge 212 del 2000, in relazione all'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.; per avere i giudici territoriali omesso di pronunciarsi sul motivo dedotto in entrambi i gradi del giudizio concernente il deficit motivazionale dell'avviso di accertamento opposto. A tal proposito, assume che l'avviso di accertamento -per l'Imu, come per qualsiasi altro tributo deve consentire al contribuente di comprendere i presupposti della pretesa tributaria, cosicché laddove il contribuente abbia debitamente rappresentato all'ente impositore il suo diritto al godimento di un'esenzione non può mancare, da parte di quest'ultimo, una puntuale presa di posizione sulla spettanza del beneficio. A tal fine cita Cass. 21 novembre 2018, n. 30039, secondo la quale « l'avviso di accertamento soddisfa l'obbligo di motivazione quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, individuata nel petitum e nella causa petendi , mediante una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell'obbligazione tributaria,
anche quanto agli elementi di fatto ed istruttori posti a fondamento dell'atto impositivo, in ragione della necessaria trasparenza dell'attività della p.a., in vista di un immediato controllo della stessa ».
2.Con la seconda censura si denuncia violazione dell'art. 7, 1° comma, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992 e dell'art. 9, 8° comma, del d. lgs. n. 23 del 2011, e falsa applicazione del d.m. n. 200 del 2012, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.; per avere la CTR erroneamente affermato che la previdenza del Fondo non avrebbe natura obbligatoria; e che, nello statuto del Fondo, non si rinvengono le clausole prescritte dal d.m. n. 200 del 2012. Si obietta che la norma di cui si chiede l'applicazione (art. 7, 1° comma, lett. i, del d.lgs. n. 504 del 1992) non contiene una distinzione tra diverse tipologie di previdenza, e tanto esclude che questa possa essere fatta dall'interprete; che, comunque, quella erogata dal Fondo Casella può senz'altro dirsi una forma di previdenza obbligatoria, a fronte di una chiara previsione normativa di rango primario (il d.p.r. n. 1158 del 1962) che ha esteso erga omnes l'efficacia dell'obbligo, originariamente sancito dalla contrattazione collettiva, delle imprese editoriali di versare contributi finalizzati ad assicurare un trattamento previdenziale integrativo ai lavoratori poligrafici cessati dal servizio. Ribadisce che, contrariamente a quanto si legge in sentenza, nessuna differenza ' ontologica ' corre tra le prestazioni pensionistiche erogate dal Fondo Casella e quelle di cui si fa carico l'Inps (o gli altri enti c.d. 'di primo pilastro'), essendo entrambe (ora, dopo la c.d. 'riforma Dini') calcolate in base al meccanismo della capitalizzazione (la prestazione pensionistica è data dai contributi accumulati e dalle rendite nel frattempo conseguite) e non in base a quello della ripartizione (la prestazione pensionistica prescinde dai contributi accumulati). Deduce l'erroneità della statuizione concernente la carenza dei requisiti che avrebbero dovuto essere
contemplati dallo statuto, se sol si consideri che il d.m. n. 200 del 2012 concernente le unità immobiliari destinate ad un'utilizzazione «mista», si applica ai soli « casi in cui non sia possibile procedere (…) all'individuazione degli immobili o delle porzioni di immobili adibiti esclusivamente allo svolgimento delle attività istituzionali con modalità non commerciali ».
La prima censura, ancorché ossequiosa del principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, in quanto in essa riportati, nei loro esatti termini i passi del ricorso introduttivo con i quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio e quelli dell'atto d'appello con cui le censure sono state formulate» (Cass. n. 11738 del 08/06/2016; Cass. n. 19410 del 30/09/2015) è priva di pregio.
3.1.L'obbligo motivazionale dell'accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l'an ed il quantum dell'imposta, ed in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l'indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ente impositore nell'eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell'atto le questioni riguardanti l'effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva( Cass. 19/10/2023 n. 29141).
3.2.Come pacifico in giurisprudenza (V. Cass, Sentenza n. 1694 del 24/01/2018), in tema di ICI (e, dunque, deve ritenersi, per identità di ratio, anche in materia di IUC e TASI), l'art. 11, comma 2 -bis, del d.lgs. n. 504 del 1992 (applicabile 'ratione temporis'), disponendo che gli avvisi di liquidazione e accertamento devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto e alle ragioni
giuridiche che li hanno determinati, non comporta l'obbligo di indicare anche l'esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l'eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell'imposta.
3.3.Pertanto, deve ritenersi sufficientemente motivato l'avviso di accertamento, nel quale sono stati indicati i dati identificativi dell'immobile, il soggetto tenuto al pagamento e l'ammontare dell'imposta( dati contenuti nell'atto impositivo de quo).
La seconda doglianza non supera il vaglio di ammissibilità.
4.1.Invero, la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 22223 del 2019; Cass. n. 7415 del 2019; n.18831/2020) è concorde nel ritenere che l'art. 7, comma 2, bis del d.l. n. 203 del 2005, aggiunto dalla legge di conversione n. 248 del 2005 dall'art. 1 comma 133 della legge n. 266 del 2005 ed infine sostituito dall'art. 39 del d.l. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 248 del 2006, ha esteso l'esenzione dall'ICI disposta dall'art. 7 comma 1 lettera I) della legge citata alle attività che non avessero esclusivamente natura -commerciale, prima delle modifiche apportate alla norma in esame dall'art. 11 bis del d.l. n. 149 del 2013, convertito con modificazioni nella legge n. 13 del 2013. In particolare, è stato il d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale), all'art. 7, ad introdurre nel nostro ordinamento l'IMU a decorrere dal 2014 (art. 8) ed a confermare per essa le esenzioni previste per l'ICI dall'art. 7, I co., lett. d) e lett. i) del d.lgs. n. 504/1992. Peraltro, il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 (c.d. Salva – Italia), convertito in I. 22 dicembre 2011, n. 214, che ha modificato alcuni aspetti dell'imposta rispetto alla sua concezione originaria, ha poi ritenuto opportuno anticipare in via sperimentale l'applicazione della nuova imposta già a partire dall'anno 2012 (art. 13) senza comunque intervenire sull'esenzione per gli immobili di
cui al ricordato art. 7, I co., lett. d) ed i) d.lgs. n. 504/1992 e, un emendamento del Governo ha introdotto nel d.l. 24 gennaio 2012 n. 1 (c.d. "decreto-legge sulle liberalizzazioni"), poi convertito in legge n. 27/2012, l'articolo 91 bis che, con decorrenza dal 1° gennaio 2013, ha previsto ulteriori limiti all'applicabilità dell'esenzione prevista dall'art. 7, lettera i), del d.lgs. n. 504/92 L'art. 91-bis (rubricato Norme sull'esenzione dell'imposta comunale sugli immobili degli enti non commerciali) che come si è detto al primo comma, prevede, modificando l'art. 7, I co., lett. i) del d.lgs. n. 504/1992, che «sono esenti dall'imposta: i) gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'articolo 87 , comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222. (art. 7, comma 1, lett. i, D.Lgs. 504/1992). 4.2.L'esenzione dal tributo comunale (IMU), prevista dall'ordinamento italiano, è attualmente fruibile da parte di soggetti che soddisfino contemporaneamente due requisiti: l'uno soggettivo e l'altro oggettivo. Ai fini dell'esenzione, gli immobili gravati dal tributo, devono essere utilizzati direttamente da soggetti (pubblici o privati) che non abbiano come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, e ivi svolgano, effettivamente con modalità non commerciali, attività "assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché (quelle) di cui all'art. 16, lett. a), della legge 20 maggio 1985, n. 222". Con tale articolo, dunque, il legislatore ha riformulato l'esenzione (ora riferita all'imposta IMU di nuova introduzione), ponendo l'ulteriore requisito secondo cui l'attività agevolata deve svolgersi con modalità «non commerciali».
Pertanto, ai requisiti oggettivo e soggettivo già vigenti si affianca ora il riferimento alle concrete modalità di svolgimento dell'attività che deve svolgersi nell'immobile perché l'esenzione possa applicarsi.
4.3.Il decreto attuativo approvato dal Governo ha a sua volta chiarito che tali modalità sono quelle «prive di scopo di lucro che, conformemente al diritto dell'Unione Europea, per loro natura non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che tale scopo perseguono e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà» L'art. 9, VI co., del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174 (convertito, con modificazioni, in I. 7 dicembre 2012, n. 213, "Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012") ha poi aggiunto un ulteriore periodo al suddetto III co. dell'art. 91-bis, prevedendo che con successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze siano stabiliti anche «i requisiti, generali e di settore per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 , come svolte con modalità non commerciali» Le condizioni necessarie per beneficiare dell'esenzione dono dunque attualmente le seguenti: 1) gli immobili devono essere utilizzati da enti non commerciali (medesimo requisito soggettivo); 2) devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente indicate (quelle assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive e di religione o culto); 3) le attività tassativamente indicate devono essere svolte con modalità non commerciali (novità); 4) se gli immobili sono utilizzati promiscuamente (vi si svolgono sia attività agevolate che attività non agevolate) è necessario operare un frazionamento catastale che renda unità immobiliare autonoma la parte di immobile utilizzata per le attività agevolate; se il frazionamento non è
tecnicamente possibile, l'esenzione si applica in proporzione all'utilizzo agevolato (novità). Il regolamento redatto da parte del Ministero dell'Economia e delle Finanze è il d.m. 19 novembre 2012, n. 200, ed ivi sono state stabilite le modalità e le procedure relative alla dichiarazione IMU, gli elementi rilevanti ai fini dell'individuazione del rapporto proporzionale, nonché i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività previste dalla novellata lett. i) del comma 1 dell'art. 7 del D. Lgs. 504/1992 (decreto ICI) come svolte "con modalità non commerciali". Le modalità non commerciali sono definite dall'art.1 lett. p) come «modalità di svolgimento delle attività istituzionali prive di scopo di lucro che, conformemente al diritto dell'Unione Europea, per loro natura non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che tale scopo perseguono e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà». Il successivo art. 3 elenca i requisiti generali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali, che sono: «a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività ovvero altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente; b) l'obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale c) l'obbligo di devolvere il patrimoni6 dell'ente non commerciale in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga un'analoga attività istituzionale, salvo
diversa destinazione imposta dalla legge».( v. Cass.n. 28578/2020).
5. Il 19 dicembre 2012 la Commissione ha adottato la decisione 2013/284/UE, relativa all'aiuto di Stato S.A. 20829 , Regime riguardante l'esenzione dall'ICI per gli immobili utilizzati da enti non commerciali per fini specifici cui l'Italia ha dato esecuzione, avente quale unico destinatario la Repubblica italiana. Ai nostri fini rilevano i seguenti passaggi logici: . Senza tralasciare che, per quanto riguarda i requisiti soggettivi, il regolamento, nello stabilire
le condizioni generali che gli enti non commerciali devono soddisfare per beneficiare dell’esenzione dall’IMU, precisa che l’atto costitutivo o lo statuto dell’ente non commerciale deve prevedere il divieto generale di distribuire qualsiasi tipo di utili, avanzi di gestione, fondi e riserve. Inoltre, vige l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale; in caso di scioglimento dell’ente non commerciale, vige l’obbligo di devolverne il patrimonio a un altro ente non commerciale che svolga un’attività analoga.
6. Tanto premesso, è a rilevarsi che, la sentenza è fondata su una duplice ratio decidendi -quella sulla natura dell’attività previdenziale e quella sulla assenza nello Statuto dei requisiti prescritti dalla normativa di settore -, la seconda delle quali, non attinta con i motivi di ricorso.
Orbene, è noto che, in tema di impugnazioni, qualora la sentenza del giudice di merito si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, anche di una soltanto di tali ragioni (o il rigetto della relativa doglianza) determina l’inammissibilità, per difetto di interesse, anche del gravame proposta avverso le altre, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulla ratio decidendi non censurata, con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe, pur sempre, fondata su di essa. Pertanto, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione,
il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, in toto o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato.(Cass. n. 15399/2018; n. 11493/2018; n. 18641/2017; n.22753 del 2011; Sez. U, Sentenza n. 16602 del 08/08/2005).
Per di più, va rimarcato, è rimasta del tutto inespressa la stessa destinazione funzionale delle attività svolte nelle u.i. in contestazione.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 4.500,00 per onorari, oltre 200,00 euro per esborsi, spese generali ed accessori come per legge, in favore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della Corte di cassazione il 24 settembre 2024.
Il Presidente NOME COGNOME