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Esenzione IMU enti ecclesiastici: onere della prova

Un ente ecclesiastico si oppone a un avviso di accertamento IMU, sostenendo di aver diritto all’esenzione. La Cassazione rigetta il ricorso, confermando che l’onere della prova per l’esenzione IMU enti ecclesiastici spetta al contribuente, che deve dimostrare in concreto la natura non commerciale delle attività svolte e l’esatta delimitazione degli immobili.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione IMU Enti Ecclesiastici: La Prova è a Carico del Contribuente

L’esenzione IMU per gli enti ecclesiastici è un tema di costante dibattito, che richiede una chiara comprensione dei requisiti di legge e, soprattutto, di chi debba fornirne la prova. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia, chiarendo che l’onere probatorio grava interamente sul contribuente che richiede il beneficio fiscale. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso

Una congregazione religiosa si è vista recapitare un avviso di accertamento per il pagamento dell’IMU relativo all’anno 2012, emesso da un Comune siciliano. L’ente ha impugnato l’atto, sostenendo di avere diritto all’esenzione in quanto ente ecclesiastico.

Sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari hanno respinto le ragioni della congregazione. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado, in particolare, ha confermato la decisione precedente, sottolineando che era onere del contribuente dimostrare la sussistenza dei presupposti per beneficiare dell’esenzione. Secondo i giudici, l’ente non aveva fornito documentazione adeguata (come planimetrie o perizie) per distinguere chiaramente quali parti dell’immobile fossero destinate al culto (e quindi potenzialmente esenti) e quali fossero utilizzate per attività didattiche a pagamento, che per loro natura possono essere considerate commerciali.

Inoltre, dall’analisi di un bilancio prodotto, emergeva che i ricavi dell’attività didattica erano superiori ai costi, un dato che contrastava con il requisito della non commercialità dell’attività svolta, necessario per l’esenzione.

La Questione dell’esenzione IMU per gli enti ecclesiastici e la Prova

L’ente religioso ha quindi proposto ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Difetto di motivazione dell’avviso di accertamento: secondo la ricorrente, l’atto del Comune era nullo perché non spiegava le ragioni per cui l’esenzione non era applicabile.
2. Violazione di legge e errata valutazione delle prove: la congregazione sosteneva di aver provato la propria natura di “Ente ecclesiastico” attraverso un attestato della Curia Arcivescovile, documento che i giudici di merito non avrebbero considerato.

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, confermando la linea dei precedenti gradi di giudizio.

La Motivazione dell’Atto Impositivo

Sul primo punto, la Suprema Corte ha chiarito un principio consolidato: l’obbligo di motivazione di un avviso di accertamento è soddisfatto quando l’atto contiene gli elementi essenziali della pretesa tributaria (dati catastali, rendite, aliquote, etc.), mettendo il contribuente in condizione di difendersi. Non è richiesto all’ente impositore di anticipare e confutare tutte le possibili cause di esenzione. Al contrario, è onere del contribuente che invoca un beneficio fiscale, come l’esenzione IMU per gli enti ecclesiastici, dedurre e provare l’esistenza dei relativi presupposti.

L’Onere della Prova per l’esenzione IMU enti ecclesiastici

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha sottolineato che la semplice qualifica di “Ente ecclesiastico” non è sufficiente a garantire automaticamente l’esenzione. Il requisito fondamentale è legato all’utilizzo effettivo dell’immobile. L’esenzione spetta solo se nell’immobile si svolgono esclusivamente attività non commerciali, come quelle di religione o di culto.

I giudici hanno specificato che anche un ente religioso può svolgere attività commerciali. Pertanto, la prova che l’attività didattica fosse svolta con modalità non commerciali (ad esempio, a titolo gratuito o con corrispettivi puramente simbolici) era a carico della congregazione. Questa prova non è stata fornita. Mancava, inoltre, una chiara documentazione che permettesse di distinguere gli spazi adibiti al culto da quelli usati per l’insegnamento, impedendo anche un’eventuale esenzione parziale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su una giurisprudenza costante e chiara. L’esenzione IMU per gli enti ecclesiastici è subordinata a un requisito oggettivo: lo svolgimento esclusivo di attività non commerciali all’interno dell’immobile. L’accertamento di tale requisito deve essere fatto in concreto, caso per caso, e l’onere della prova incombe interamente sul soggetto che invoca il beneficio.

I giudici hanno ribadito che la natura dell’ente (religioso, no-profit, etc.) può creare una presunzione sulla non imprenditorialità del soggetto, ma non si estende automaticamente alle singole attività svolte. Spetta al contribuente dimostrare, con prove concrete e documentali (bilanci, planimetrie, regolamenti interni), che le attività non sono commerciali e che gli immobili sono utilizzati esclusivamente per fini meritevoli di esenzione. La sola presentazione di un attestato che certifica lo status di ente ecclesiastico non è sufficiente a soddisfare tale onere probatorio.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio cardine del diritto tributario: chi chiede un’agevolazione fiscale deve essere in grado di dimostrarne tutti i presupposti. Per l’esenzione IMU per gli enti ecclesiastici, non basta affermare la propria natura religiosa. È necessario provare in modo inequivocabile che le attività svolte negli immobili per cui si chiede l’esenzione sono effettivamente e totalmente prive di carattere commerciale. In assenza di una prova rigorosa, la pretesa del Fisco è da considerarsi legittima.

Chi deve provare i requisiti per l’esenzione IMU di un ente ecclesiastico?
L’onere della prova grava interamente sul contribuente, ovvero sull’ente ecclesiastico che reclama l’esenzione. Deve dimostrare che nell’immobile si svolgono esclusivamente attività con modalità non commerciali.

Un avviso di accertamento IMU è nullo se non spiega perché un’esenzione non si applica?
No. Secondo la Corte, l’atto impositivo è sufficientemente motivato se contiene gli elementi essenziali della pretesa tributaria, permettendo al contribuente di difendersi. Non è obbligatorio che l’ente impositore elenchi e confuti preventivamente tutte le possibili cause di esenzione.

Essere qualificati come “Ente ecclesiastico” garantisce automaticamente l’esenzione IMU per tutti gli immobili posseduti?
No. La qualifica soggettiva di ente ecclesiastico non è sufficiente. L’esenzione dipende dal requisito oggettivo, cioè dall’uso effettivo dell’immobile, che deve essere destinato esclusivamente ad attività non commerciali. Anche un ente religioso può svolgere attività commerciali, che sono soggette a tassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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