Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20294 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20294 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 23/07/2024
Comune di Catania;
-intimato – avverso la sentenza n. 8412/2022, depositata il 10 ottobre 2022, della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia; udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 16 maggio 2024, dal AVV_NOTAIO.
ICI IMU Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9131/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. NOME (cf.: CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (cf.: CODICE_FISCALE; pec: EMAIL);
-ricorrente – contro
Rilevato che:
-con sentenza n. 8412/2022, depositata il 10 ottobre 2022, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia ha rigettato l’appello proposto dalla parte, odierna ricorrente, così confermando il decisum di prime cure che aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento (n. 46206), emesso dal Comune di Catania in relazione all’I MU dovuta dalla contribuente per l’anno 2012;
1.1 -il giudice del gravame ha considerato che:
doveva ritenersi «pacifico -alla luce degli ordinari criteri di riparto degli oneri probatori di cui all’art. 2697 c.c. che sarebbe stato onere del contribuente allegare e dimostrare le circostanze fattuali suscettibili di integrare» la reclamata esenzione, così che l’avviso di accertamento risultava compiutamente motivato con riferimento agli «elementi costitutivi (estremi catastali, rendite, superfici, aliquote, ecc.) della pretesa, relativa ad immobili pacificamente posseduti dalla contribuente»;
-posto, poi, che gravava sulla contribuente l’onere della prova in ordine alle attività svolte, ed alle relative modalità non commerciali «difatti, può essere presunta la natura non imprenditoriale del soggetto, ma non può escludersi che enti, sia pure a connotazione religiosa, espletino un’attività commerciale in senso proprio » – nella fattispecie rilevava che:
-la contribuente non aveva prodotto «documentazione (planimetrie, perizie, ecc.) tese a chiarire la supposta delimitazione tra immobili destinati al culto ed immobili destinati ad attività didattiche, svolte dietro il pagamento di rette corrisposte dalle famiglie degli studenti» né aveva dimostrato lo svolgimento di detta attività nel rispetto RAGIONE_SOCIALE prescrizioni poste dal d.m. 19 novembre 2012, n. 200 a riguardo dei requisiti generali per lo svolgimento con modalità non
commerciali RAGIONE_SOCIALE attività istituzionali (art. 3) e di quelli specifici dell’attività svolta (art. 4);
per di più, e con riferimento a quest’ultima disposizione che, a riguardo RAGIONE_SOCIALE attività didattiche, prescriveva lo svolgimento di detta l’attività «a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso» -dalla stessa prodotta documentazione -un bilancio di esercizio che esponeva «entrate complessive …. pari a 181.898,89, … uscite … pari a 180.059,95» emergeva l’insussistenza di un siffatto requisito a fronte di « entrate di ammontare addirittura superiore alle spese.»;
-l’esenzione, inoltre, non poteva essere riconosciuta nemmeno in relazione alla destinazione esclusivamente religiosa degli immobili «atteso che difetta un affidabile supporto documentale dal quale poter evincere se vi siano e quali siano, tra gli immobili tassati, quelli destinati esclusivamente al culto.»;
-la RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;
il Comune di Catania non ha svolto attività difensiva.
Considerato che:
-il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione della l. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 162, deducendo, in sintesi, che -diversamente da quanto ritenuto dal giudice del gravame -l’avviso di accertamento impugnato doveva ritenersi nullo per difetto di motivazione, atteso che non esponeva le ragioni di insussistenza dei presupposti dell’esenzione reclamata in giudizio, ragioni che erano state espresse (solo) nelle controdeduzioni depositate nel giudizio di
primo grado, senza che, dunque, ne risultasse l’articolazione (anche) nell’avviso di accertamento impugnato, così che il giudice del gravame avrebbe dovuto rilevare la nullità dell’atto impositivo tenuto conto (anche) del divieto di integrazione della relativa motivazione in corso di giudizio;
1.2 -il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 115 cod. proc. civ., al d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 8, al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. d ) e i ), nonché al d.l. 30 settembre 2005, n. 203, art. 7, comma 2bis , conv. in l. 2 dicembre 2005, n. 248;
assume, in sintesi, la ricorrente di aver dato prova dei presupposti giustificativi dell’esenzione dal tributo avendo prodotto, sin dal primo grado del giudizio, «un attestato della Curia Arcivescovile di Catania (allegato 4 al fascicolo di I grado), nel quale era dato pienamente atto che ‘la RAGIONE_SOCIALE…è RAGIONE_SOCIALE‘, donde la natura certamente estranea ad ogni ipotesi di attività commerciale di quelle dalla stessa svolte», documento, questo, del quale il giudice del gravame non aveva tenuto alcun conto;
-il primo motivo di ricorso è manifestamente destituito di fondamento;
2.1 -il giudice del gravame ha espressamente esaminato la questione relativa alla motivazione dell’atto impositivo rilevando, come anticipato, che l’atto risultava compiutamente motivato con riferimento agli «elementi costitutivi (estremi catastali, rendite, superfici, aliquote, ecc.) della pretesa, relativa ad immobili pacificamente posseduti dalla contribuente»;
2.2 -detta argomentazione -che si correla al premesso rilievo dell’onere della prova che, nella fattispecie, viene in considerazione e
che delimita i contorni dell’obbligo di motivazione dell’atto impositivo in tema di cause di esenzione o di esclusione del tributo -è, poi, del tutto conforme alla giurisprudenza della Corte secondo la quale l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’ an ed il quantum dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria de dotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito RAGIONE_SOCIALE ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazion e dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2555; Cass., 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., 10 novembre 2010, n. 22841; Cass., 15 novembre 2004, n. 21571);
e si è, altresì, rimarcato che detto onere di motivazione non comporta l’obbligo di indicare anche le ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (Cass., 2 4 gennaio 2018, n. 1694; Cass., 11 giugno 2010, n. 14094);
2.3 -con riferimento, poi, al requisito cd. oggettivo necessario ai fini dell’esenzione prevista dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i ) -requisito costituito dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di un’ attività con modalità non commerciali -la Corte ha statuito che detto requisito va , per l’appunto, accertato in concreto, e con onere probatorio a carico del contribuente (Cass., 16 luglio 2019,
n. 19072; Cass., 8 luglio 2015, n. 14226; Cass., 21 marzo 2012, n. 4502);
2.4 -non sussisteva, pertanto, alcun difetto di motivazione dell’atto impositivo a riguardo dell’oggetto dell’imposizione, e dei relativi criteri di applicazione del tributo, laddove gravava sulla stessa contribuente l’onere di dedurre, e provare, i presupposti della reclamata esenzione;
-nemmeno il secondo motivo può trovare accoglimento;
3.1 – va rilevato al riguardo innanzitutto che, come la Corte ha ripetutamente statuito, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass., 25 marzo 2022, n. 9695; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione);
3.2 – per di più, nemmeno sussiste il (pur impropriamente denunciato) omesso esame dell’attestazione evocata secondo la quale «la RAGIONE_SOCIALE, con casa generalizia in Catania, INDIRIZZO, è RAGIONE_SOCIALE …» – atteso che il giudice del gravame, come anticipato, ha specificamente rilevato, da un lato, che, seppur « … può essere presunta la natura non imprenditoriale del soggetto», ciò non di meno non poteva «escludersi che enti, sia pure a connotazione religiosa, espletino un’attività commerciale in senso proprio» e, dall’altro, che la contribuente non aveva prodotto
«documentazione (planimetrie, perizie, ecc.) tese a chiarire la supposta delimitazione tra immobili destinati al culto ed immobili destinati ad attività didattiche, svolte dietro il pagamento di rette corrisposte dalle famiglie degli studenti», così che difettava «un affidabile supporto documentale dal quale poter evincere se vi siano e quali siano, tra gli immobili tassati, quelli destinati esclusivamente al culto»;
– rilievi, questi, che replicano principi di diritto costantemente ribaditi dalla Corte che -alla luce della disposizione di cui alla l. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16, lett. b ), secondo la quale «Agli effetti RAGIONE_SOCIALE leggi civili si considerano comunque: … b) attività diverse da quelle di religione o di culto quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro.» ha, per l’appunto, statuito che l’esenzione prevista dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i ), è subordinata allo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di religione o di culto o di altre attività elencate, il cui accertamento in concreto – e il relativo onere probatorio – incombe sul soggetto che ne invoca l’applicazione, in quanto la ricorrenza del requisito cd. oggettivo dell’esenzione non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino a priori il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale (v., ex plurimis , Cass., 11 marzo 2022, n. 7980; Cass., 13 marzo 2015, n. 5062; Cass., 13 marzo 2015, n. 5041; Cass., 18 dicembre 2009, n. 26654; Cass., 8 marzo 2004, n. 4645);
4. – le spese del giudizio di legittimità non vanno regolate tra le parti, in difetto di attività difensiva della parte rimasta intimata, mentre nei confronti della ricorrente sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari
a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte
-rigetta il ricorso;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 maggio 2024.