Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31597 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31597 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1104/2024 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, rappresentate e difese da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
COMUNE DI MUGNANO DI NAPOLI, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO CAMPANIA n. 3722/2023 depositata il 13/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’amministrazione comunale di Mugnano di Napoli ha notificato alla ricorrente un avviso di accertamento relativo a parziale pagamento imposta IMU per l’anno 201 6, relativa a diversi immobili, per un totale di € 12.156,07, calcolato in ottemperanza alla sentenza della CTP di Napoli n. 9216/41/19 relativa ad IMU 2013 passata in cosa giudicata.
Il contribuente ha proposto ricorso avverso tale provvedimento, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, deducendo di non essere tenuto al pagamento della differenza di imposta IMU anno 2016 – poiché possedeva un complesso edilizio religioso, con pertinenze (giardino), in parte adibito a culto, in parte a didattica, in parte ad oratorio, in parte effettivamente utilizzato quali locali commerciali in fitto, ma in gran parte non utilizzato sebbene strutturalmente completo e censito, in quanto fatiscente e inagibile – e chiedendo la condanna del Comune alla restituzione dell’importo di euro 8.426,00 per Imu 2016 parzialmente versata.
La Commissione Provinciale di Napoli ha emesso sentenza n. 8823/27/2022, di parziale accoglimento, ritenendo che sussistesse l’esenzione dal tributo IMU limitatamente alle aree destinate all’attività didattica.
Tale decisione è stata impugnata innanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania dal Comune, che ha contestato la esclusione degli edifici destinati ad attività didattica (in quanto beneficiari di rette non simboliche), cui è seguito l’appello incidentale della Congregazione, in relazione alla denegata esenzione per gli altri cespiti (inutilizzati) e per la mancata formulazione del nuovo calcolo dell’imposta, una volta riconosciuta la esclusione dei cespiti contestati .
La CTR, con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto l’appello principale, ritenendo che l’attività didattica prevedesse un corrispettivo non simbolico, sì da escludere l’applicazione del beneficio,
ed ha accolto parzialmente l’appello incidentale, annullando l’avviso di accertamento solo relativamente al giardino, compensando le spese.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 3 motivi (di cui i primi 4 articolati) , cui ha resistito con controricorso l’amministrazione comunale. La parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il controricorrente rileva che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania ha statuito in maniera esattamente conforme all’orientamento ed ai principi dettati dalla Suprema Corte in materia oggetto delle doglianze di controparte, circostanza che determinerebbe la declaratoria di inammissibilità del proposto ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c..Tale questione non può essere considerata con riferimento alla sentenza nel suo complesso, ma con riferimento ai singoli motivi di ricorso. Nei termini in cui è formulata l’eccezione è dunque inaccoglibile.
Deduce ancora che il ricorso tenderebbe a chiedere una inammissibile rivalutazione dei fatti e delle prove, senza peraltro specificare ulteriormente a cosa si riferisca: l’affermazione è infondata , atteso che si verte in ipotesi di contestazione dell’applicazione della norma, e non di rilettura del fatto.
2.1. Si eccepisce inoltre che l ‘ente ricorrente, nel censurare la sentenza impugnata per error in procedendo e per error in iudicando (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 4 richiamato in tutti i 5 motivi di impugnazione), avrebbe dovuto compiere una puntuale esposizione delle ragioni per le quali il relativo mezzo è stato proposto, nonchè illustrare gli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e precisare analiticamente le considerazioni che, in relazione al motivo indicato nella rubrica, comporterebbero la cassazione della pronunzia (Cass., 18/08/2020, n. 17224; Cass., 13/01/2021, n. 342), mentre tali elementi non sarebbero ravvisabili nell’avverso ricorso. Anche tale
eccezione è infondata, atteso che la esposizione dei motivi di ricorso è rispettosa del principio di autosufficienza, contenendo i requisiti prescritti dalla norma: va anche rilevato che, in tale prospettiva, il controricorrente non si spinge ad analizzare i singoli motivi per formulare le eccezioni in maniera specifica. Inoltre, pur trattandosi di motivi articolati, ne è comunque possibile dedurre chiaramente le argomentazioni a sostegno, le quali non si pongono in termini di incompatibilità tra di loro.
2.2. Eccepisce infine la mancanza di ‘specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie; diversamente impedendosi alla Corte di cassazione di verificare il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, inammissibile, la deduzione di errori di diritto individuati, come nella specie, per mezzo della preliminare indicazione della norma pretesamente violata’. Anche tale eccezione è infondata, avendo il ricorrente proposto argomentazioni chiare a sostegno della propria diversa interpretazione normativa.
2.3. Vanno dunque respinte le eccezioni espresse in termini generali dal controricorrente.
Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., si deduce la violazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c. , l’omessa delibazione di motivo di appello relativo alla determinazione e indicazione dell’entit à del legittimo tributo, l’ erronea ed illegittima applicazione degli interessi e delle sanzioni, nonché error in procedendo ed error in iudicando
3.1. Sostiene parte ricorrente che la Commissione Tributaria Regionale di Napoli, avallando la omissione della C.T.P. di Napoli, non avrebbe rideterminato gli importi, o quanto meno ordinato al Comune di provvedervi al fine di individuare correttamente l’import o dovuto,
epurandolo delle somme non dovute, degli interessi e delle sanzioni, atteso il parziale accoglimento del ricorso relativamente all’IMU 201 6.
3.2. Parte controricorrente sostiene invece che, una volta annullato parzialmente l’avviso di accertamento, competa all’ente impositore provvedere ad effettuare il nuovo calcolo, sicché non vi sarebbe alcun vizio nella decisione di gravame.
3.3. Il motivo non può essere accolto.
3.4. Si evince dalla sentenza della Commissione Tributaria Regionale la conferma dell’avviso impugnato con l’eccezione di un immobile. Si trattava di pronuncia implicita, effettivamente non quantificata dalla Commissione Tributaria Regionale, ma agevolmente quantificabile, tanto da non necessitare ulteriori ricalcoli. Invero, è sufficiente che parte ricorrente richieda al comune lo scorporo dal dovuto dell’ammontare dell’imposta addebitata per l’immobile escluso ( per il quale l’imposta non è dovuta per quanto appena detto), comprensivo dei relativi interessi e sanzioni, anch’essi da dedurre.
Quanto all’ ingiunzione ed agli eventuali atti successivi, gli stessi sono estranei al presente giudizio, e, se contenenti anche l’impost a inerente l’immobile escluso, dovranno essere opposti nella sede loro propria. Su tutti gli altri immobili devono invece essere pagati interessi e sanzioni e va rammentato che, in materia di IMU, il comune può esigere l’intero anche in pendenza di giudizio, non essendoci una riscossione frazionata.
3.5. Il motivo è dunque infondato.
Con il secondo motivo di ricorso il contribuente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 1 lettera i) del d.l.t. n. 504/92 e richiamato art. 9, comma 8 D.L.T. n. 23/2011, la violazione del d.m. n. 200 del 19/11/2012, della l. 24/01/2012 n. 1 art. 91 bis , della legge n. 27/2012 e del DM 26/06/2014, la violazione del regolamento MEF del 19/11/2012 nonchè la erronea applicazione della decisione
Commissione UE del 19/12/2012 confermata in parte qua da quella del 3/03/2023, la violazione dell’art. 2697 c.c., la violazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. , nonché l’omessa delibazione e il travisamento della prova costituita.
4.1. Sostiene il ricorrente che debba essere cassata la sentenza nella parte in cui non ha accolto il ricorso di appello relativamente alla conclusione dell’esenzione della parte dell’immobile adibito ad Istituto Scolastico per pretesa assenza del requisito oggettivo.
4.2. A prescindere dai profili di inammissibilità, per la commistione delle censure, ricondotte a molteplici violazione di legge e, unitamente, alla nullità della sentenza, deve ritenersi che il motivo sia infondato.
4.3. Questa Corte si è pronunciata più volte sulla questione della valutazione dell’ammontare del corrispettivo ai fini dell’esenzione dell’imposta sugli immobili (ICI nella fattispecie), in ipotesi di servizio reso dietro pagamento di somme non simboliche da enti aventi natura soggettiva di carattere non commerciale, stabilendo (Cass. 09/02/2024, n. 3674), proprio con riferimento alle rette scolastiche, che ‹‹7.5. in conformità a quanto ritenuto da Cass. 27821/2023 va confermato il principio di diritto sec ondo cui: ‘per corrispettivo simbolico, ai fini dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 per l’attività didattica ed in base ai criteri dettati dalla decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, deve intendersi quello caratterizzato da un irrisorio, marginale, del tutto residuale ammontare, in termini tali da non potersi porre in relazione con il servizio reso, così presentandosi come corrispettivo di natura meramente formale, tale da rendere la prestazione più prossima ad una erogazione gratuita, che a quella sotto remunerata rispetto agli standard medi’».
4.4. Secondo i profili elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, si deve verificare: a) la necessaria compresenza, ai fini
dell’esenzione Ici invocata ex art. 7 c. 1 lett. i d.lvo 504/92 (valevole anche per la disciplina IMU) di un requisito soggettivo (qui non in discussione) e di un requisito oggettivo dato dallo svolgimento con modalità non commerciali dell’attività scolastica; b) l’accollo del relativo onere probatorio in capo al contribuente che l’esenzione deduca in deroga alla regola di generale contribuzione; c) la necessità che questa prova muova da dati, non formali, statutari o comunque aprioristici, bensì dalla dimostrazione delle concrete modalità di svolgimento dell’attività nel periodo considerato e dei loro effettivi contenuti economici; d) l’esigenza che l’attività didattica venga espletata (anche e proprio in ragione dei vincoli UE: decisione 2013/284/UE della Commissione, del 19 dicembre 2012) a titolo gratuito ovvero a fronte di corrispettivi sostanzialmente simbolici (per la cui nozione si rinvia, in particolare, a Cass.n. 27821/23 e n. 3674/19); e) il carattere indicativo e non dirimente dei parametri di cui al DMef 200/12 (che richiama esso stesso il requisito della simbolicità dei corrispettivi: art. 4 co. 3^ lett.c)), così come del rapporto su di esso instaurabile tra costo medio per studente (CMS) e corrispettivo medio percepito (CM); f) la irrilevanza del risultato della gestione e, in particolare, del fatto che nell’esercizio considerato questa sia stata in perdita (Cass.n. 34311/22).
4.5. Nel caso di specie dalla relazione del CTP dell’ente religioso emerge che le rette pagate in favore della congregazione nell’anno in analisi ammontano ad € 118,00 mensili per gli iscritti alla scuola dell’infanzia ed € 126,00 mensili per gli iscritti alla scuola primaria, per oltre 1200.00 euro annue.
4.6. Non si è dunque in presenza di retta simbolica e, stante la irrilevanza della perdita di esercizio, per quanto detto sopra, la censura deve ritenersi infondata, dovendosi concludere che la CTR abbia fatto corretta applicazione del principio.
Con il terzo motivo di ricorso il contribuente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. del d.l.t. 504/1992 e della correlata circolare MEF del 26/01/2009 in aderenza ai principi espressi dalla Corte Costituzionale con sent. 429/2006 ed ord. n. 19 del 26/01/2007, nonché la violazione dell’art. 13 d.l. 6/12/2011 n. 201, comma 1 e 2 con combinato disposto art. 2 d.l.t. 504/1992, la violazione della delibera c.c. n. 15 del 28/04/2016 comune di Mugnano di Napoli, la violazione artt. 112 e 113 c.p.c. , l’ error in iudicando ed error in procedendo. La CTR avrebbe errato nel non riconoscere l’esenzione a parte degli immobili, in quanto non utilizzati .
5.1. Il motivo è infondato.
5.2. Premesso che l’inutilizzabilità di fatto non assume rilievo, essendo rimessa ad una scelta della parte che non incide sulla destinazione e rilevanza economica de bene, deve rilevarsi che è invero incontestato che la ricorrente, per l’anno 201 6, non ha mai presentato al comune alcuna dichiarazione attestante l’inagibilità e il non utilizzo degli immobili, né ha dato prova in giudizio della conoscenza, in capo al comune, dello stato di inagibilità, né tantomeno tale pregressa conoscenza emerge dalla documentazione prodotta in giudizio. L’affermazione secondo cui la riduzione dell’IMU va riconosciuta, in base al principio di buona fede e di leale collaborazione tra le parti e anche in assenza di specifica dichiarazione, qualora lo stato di inagibilità sia noto al Comune, richiede infatti la prova della conoscenza da parte dell’ente dello stato di inagibilità ed inutilizzabilità delle unità immobiliari oggetto dell’accertamento (Cass. 15/09/2023, n.26679, al punto 7.5.).
5.3. In tema di IMU e nell’ipotesi di immobile inagibile, l’imposta va ridotta, ai sensi dell’art. 13, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011 (conv. con modif. dalla l.n. 214 del 2011), nella misura del 50 per cento anche in assenza di richiesta del contribuente quando lo stato di inagibilità è
perfettamente noto al Comune, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente di cui è espressione anche la regola secondo cui a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune (Cass 26/03/2021, n. 8592 (Rv. 660884 – 01)).
5.4. Nel caso di specie il ricorrente deduce che la prova del degrado e dell’inutilizzo era notoria, tanto che l’immobile sarebbe stato (successivamente) demolito, e che è stata prodotta (solo) durante il giudizio una perizia di parte, corredata da prove fotografiche e documentali (pag. 35 del ricorso). Ritiene la Corte che tale circostanza non sia univoca, potendo la demolizione trovare la propria ragione anche in diversi presupposti, e che la produzione in sede di giudizio non sia ovviamente idonea a forn ire una comunicazione ‘retroattiva’ sullo stato d ell’immobile. Difetta quindi la prova di una conoscenza aliunde pregressa da parte dell’ente impositore.
5.5. Il motivo va quindi rigettato.
In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.400,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/11/2024 .