Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32401 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32401 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 14545-2018 R.G. proposto da:
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE BERGAMO -LECCO – COGNOME , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del ricorso;
-ricorrente-
contro
COMUNE DI BERGAMO , in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME che
la rappresenta e difende assieme all’ Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al controricorso;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 4528/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 10/11/2017;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/9/2024 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
RILEVATO CHE
l’Azienda RAGIONE_SOCIALE di Bergamo -Lecco- Sondrio (di seguito ALER) propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva respinto l’appello dell’ente avverso la sentenza n. della Commissione tributaria provinciale di Bergamo, in rigetto del ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento del Comune di Bergamo avente ad oggetto IMU 2012;
il Comune di Bergamo resiste con controricorso ed ha da ultimo depositato memoria difensiva
CONSIDERATO CHE
1.1. con il primo motivo ALER denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 7, comma 1, lett. i, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, degli artt. 7, lett. i), D. Lgs. n. 504/1992, 2 c. 2 lett. ff) L. n. 42/2009, e dell’art. 118, quarto comma, Cost. per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente escluso la sussistenza dei presupposti per l’agevolazione prevista dall’art. 7 c. 1 lett. i) cit. d.lgs. n. 504/1992 in relazione agli alloggi dell’edilizia residenziale sovvenzionata, di cui ALER ha il possesso, sul presupposto della mancanza del requisito dell’utilizzo diretto da parte dell’ente possessore;
1.2. con il secondo motivo NOME denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione degli artt. 13, comma 1, D.L. n. 201/2011 e 9 D.Lgs. n. 23/2011 e 7, lett. i), D. Lgs. n. 504/1992 per avere
la Commissione tributaria regionale erroneamente escluso anche la sussistenza dei presupposti dell’esenzione di cui all’art. 7, lett. i) D. Lgs. n. 504/1992 cit. relativamente agli immobili destinati, dai soggetti passivi IRES, quale è ALER, esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali.;
1.3. con il terzo motivo ALER denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell ‘ art. 13, commi 10 e 11, D.L. n. 201/2011 per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente respinto l’assunto difensivo della ricorrente secondo cui, avendo l’art. 13 D.L. n. 201/2011 istituito il tributo comunale (pari alla quota di competenza comunale) ed il tributo erariale (pari alla c.d. quota erariale), ne conseguiva che l’esclusione dalla riserva in favore dello Stato disposta dall’undicesimo comma della suddetta disposizione si sarebbe risolta in un ‘ esenzione che avrebbe dovuto esserle riconosciuta;
1.4. con il quarto motivo ALER denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 6 D.Lgs. 472/1997, dell’art. 8 D. Lgs. n. 546/1992, e dell’art. 10 L. 212/2000, per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente escluso la sussistenza della causa di non punibilità per obbiettiva incertezza normativa in relazione alle applicate sanzioni;
2.1. i primi due motivi di ricorso -che vanno esaminati congiuntamente, in quanto è ad essi sottesa una comune quaestio iuris di fondo – vanno disattesi;
2.2. come recentemente affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 22964/2023), sulla base di principi di diritto che il Collegio pienamente condivide, la disposizione di cui al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), è stata interpretata dalla Corte, secondo un consolidato, e risalente, orientamento, nel senso che le previste esenzioni «presuppongono il ricorrere di una duplice condizione costituita dall’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dall’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito» (così Cass. Sez. U., 26 novembre 2008, n. 28160 cui adde , ex plurimis , Cass., 20 luglio 2016, n. 14913; Cass., 4 giugno 2014, n. 12495; Cass., 6 dicembre 2013, n. 27418; Cass., 11 maggio 2012, n. 7385), e si è, quindi, rimarcato che, ai fini
dell’integrazione dell’esenzione, occorrono un requisito oggettivo – rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate dal legislatore ai fini dell’esenzione ed un requisito soggettivo – costituito, a sua volta, dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali – (cfr. ex plurimis , Cass., 30 aprile 2019, n. 11409; Cass., 20 luglio 2016, n. 14913; Cass., 4 maggio 2016, n. 8870; Cass., 8 luglio 2015, n. 14226; Cass., 21 marzo 2012, n. 4502);
2.3. in fattispecie del tutto assimilabile relativa alle Agenzie territoriali per la casa del Piemonte, la Corte, per vero, ha rilevato che – assolvendo le suddette Agenzie alle funzioni già attribuite agli Istituti Autonomi per le Case Popolari (come per ALER) , di cui costituiscono, quindi, un’evoluzione normativa – la reclamata esenzione si pone in rapporto di incompatibilità con l’espressa previsione di una detrazione di imposta (ai sensi del d.lgs. n. 504, cit., art. 8, comma 4, e del d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 10, cit.), ed implica, pertanto, l’utilizzo diretto delle unità immobiliari detenute, essendo stato, peraltro, rimarcato (anche) che i canoni locativi, seppur corrisposti in misura inferiore a quelli di mercato, sono volti a remunerare il capitale investito e, ad ogni modo, «non escludono il carattere economico dell’attività svolta, non essendovi equivalenza tra il concetto di corrispettivo tenue o modesto e quello di corrispettivo simbolico, il quale esclude completamente il rapporto sinallagmatico, sussistente invece nel primo caso» (cfr. Cass., 14 settembre 2021, n. 24655; Cass., 14 maggio 2020, n. 8964; Cass., 30 dicembre 2019, n. 34601; v., altresì, Cass., 4 dicembre 2003, n. 18549);
2.4. va, difatti, rilevato – quanto agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari -che l’esenzione prevista dal d.l. 27 maggio 2008, n. 93, art. 1, comma 3, conv. in l. legge 24 luglio 2008 n. 126, è venuta meno con l’abrogaz ione di detta speciale disposizione e che -quanto alla espressa previsione di un’esenzione dei «fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 146 del 24 giugno 2008» – la stessa deve farsi ascendere dapprima al d.l. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 4, conv. in l. 28 ottobre 2013, n. 124 -che ha equiparato all’abitazione principale detti fabbricati di civile abitazione (solo) a decorrere dal 1° gennaio 2014 -, di poi alla l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 707, lettera b), n. 3) (di modifica del d.l. n. 201 del 2011, art. 13) che -nell’escludere dalla tassazione il possesso «dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le quali continuano ad applicarsi l’aliquota di cui al comma 7 e la detrazione di cui al comma 10» -ha espressamente escluso dall’ap plicazione dell’imposta municipale propria (anche) i fabbricati in questione;
2.5. risulta, pertanto, dirimente che – continuando a formar oggetto del trattamento di favore la detrazione di imposta prevista per gli «alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione dell’articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616» (d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 10, cit.) -detta detrazione si pone in termini di incompatibilità con la riconosciuta esenzione che, ad ogni modo, nemmeno può correlarsi ratione temporis (siccome in contestazione l’IMU corrisposta per l’anno 2012) a quella introdotta (a decorrere dal gennaio 2014) per i citati fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali (cfr., altresì, Cass., 14 dicembre 2021, n. 39799; Cass., 29 novembre 2021, n. 37342);
2.6. va, peraltro, soggiunto che, come già rilevato dalla Corte sempre con riferimento ad alloggi assegnati dalle Agenzie territoriali per la casa del Piemonte, gli arresti sopra ripercorsi sono stati ulteriormente ribaditi, anche in fattispecie perfezionatesi in epoca antecedente alla modifica normativa dell’art. 7, comma 1, lett. i), cit., ad opera del d.l. n. 1 del 2012, art. 91 -bis, comma 1, cit., essendosi rilevato che il diritto all’esenzione dall’ICI presuppone che l’utilizzo, seppur indiretto, dell’ unità immobiliare avvenga con modalità non commerciali, così come ritenuto nella decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, al fine di evitare che il regime dell’esenzione si risolva in un aiuto di Stato;
2.7. è, dunque, necessario, al fine dell’esclusione del carattere economico dell’attività, che quest’ultima sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico (Cass., 14 settembre 2021, n. 24655, cit.; Cass., 30 settembre 2019, n. 24308; Cass., 5 settembre 2019, n. 22223; Cass., 15 marzo 2019, n. 7415; Cass., 8 luglio 2016, n. 13970; v. altresì, quanto ai caratteri del canone locativo, e con riferimento a fattispecie omologhe a quella in trattazione, Cass., 14 maggio 2020, n. 8964; Cass., 30 dicembre 2019, n. 34601);
2.8. la citata decisione della Commissione, difatti – nel rimarcare che, secondo la stessa giurisprudenza unionale, in tema di aiuti di Stato e di concorrenza, la nozione di impresa, a prescindere dal suo status giuridico, si correla allo svolgimento di un’attività economica (cfr., tra le tante, CGUE, 1 luglio 2008, procedimento C-49/07, MOTOE, punti 27 e 28; CGUE, 10 gennaio 2006, procedimento C-222/04, Ministero dell’Economia e delle Finanze, punti 107, 108, 122, 123; CGUE, 12 settembre 2000, procedimenti riuniti da C180/98 a C-184/98, COGNOME e altri, punti 74 e 75) e che, pertanto, le finalità sociali, e di solidarietà, eventualmente perseguite non escludono la riconducibilità delle relative attività a detta nozione in quanto (anche) un’impresa che agisca senza fine di lucro pu ò offrire beni e servizi sul mercato e, così, porsi in concorrenza con altre imprese – ha considerato quale aiuto di S tato, incompatibile con il mercato interno (art. 107 TFUE), l’esenzione ICI di cui al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) e, per converso, lecita, perché non costituente aiuto di Stato, l’esenzione IMU che, seppur riconducibile alla sopra citata disposizione del d.lgs. n. 504, cit., art. 7, comma 1, conseguiva dalla rimodulazione regolatoria di quella stessa disposizione (d.l. n. 1 del 2012, art. 91 bis, comma 3, come modificato dal d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, art. 9, comma 6, conv. in l. 7 dicembre 2012, n. 213);
2.9. il riferimento al concetto di corrispettivo simbolico – quale elaborato dalla giurisprudenza della Corte in relazione alla specifica connotazione delle modalità non commerciali delle attività suscettibili di essere ricondotte all’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), cit. – ha trovato, poi, uno specifico riscontro regolativo nel d.m. n. 200 del 2012, cit., che, nel
disciplinare i «requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come svolte con modalità non commerciali», ha espressamente previsto – nel contesto degli altri (pur) delineati requisiti, soggettivi e oggettivi – per le attività (come nella fattispecie) di natura ricettiva (ma la disposizione assume carattere tendenzialmente generale nella disciplina in discorso), che le modalità non commerciali sussistono se «sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio» (art. 4, comma 4), disposizione, quest’ultima, che – nel contesto della globale valutazione della disciplina dei requisiti, soggettivi e oggettivi, ascrivibili alle modalità non commerciali delle attività considerate – ha, quindi, indotto la Commissione dell’Unione Europea alla ricordata conclusione quanto alla liceità dell’esenzione IMU, essendosi, in particolare, rimarcato che «a norma del regolamento, per avere natura simbolica il compenso non deve essere commisurato al costo del servizio, e dall’altro, che il limite della metà del prezzo medio, fissato per le stesse attività svolte nello stesso ambito territoriale con modalità concorrenziali, può essere utilizzato solo per escludere il diritto all’esenzione (come indicano le parole «in ogni caso») e non implica a contrario che possano beneficiare dell’esenzione i fornitori di servizi che applicano un prezzo al di sotto di tale limite» (Decisione cit., § 6.4, punto 168 e ss.);
2.10. la Corte ha, altresì, rimarcato, seppure con riferimento alla Legge Regione Piemonte, 17 febbraio 2010, n. 3 (recante norme in materia di edilizia sociale) che la stessa «espressamente prevede che «il canone di locazione degli alloggi di edilizia sociale è diretto a compensare i costi generali, di amministrazione, manutenzione ordinaria e fiscali sostenuti per la gestione degli immobili, nonché a consentire il recupero di una parte delle risorse impiegate per la realizzazione degli stessi, da destinare a fini di reinvestimento» (art. 19, comma 1), e, come reso esplicito anche dal relativo Regolamento di attuazione (Decreto del Presidente della Giunta regionale, 4
ottobre 2011, n. 14/R), il canone in discorso – seppur variamente articolato in relazione ad aree e fasce reddituali – è, ad ogni modo, incentrato su di un valore base (costo di costruzione) corretto sulla base di diversi coefficienti correlati a cd. variabili oggettive ;
2.11. in ragione, allora, dei suoi criteri di determinazione, detto canone – che, in effetti, risulta commisurato (anche) al costo del servizio – non può affatto considerarsi simbolico, nell’accezione assunta dalla nozione nel contesto del d.m. n. 200 del 2012, art. 4, che, come detto, segna lo stesso limite di conformità dell’es enzione alla disciplina Eurounitaria in tema di aiuti di Stato» (così Cass., 14 settembre 2021, n. 24655, cit.);
2.12. l’impugnata sentenza , che ha respinto l’appello affermando il principio secondo cui non spetta l’esenzione di cui all’art. 7 comma 1 lett. i d.lgs. n. 504/1992 con riguardo agli immobili in oggetto, in quanto «utilizzati da terzi dietro pagamento di un corrispettivo, che pur ridotto e vincolato come destinazione di spesa , ha le caratteristiche del canone e l’utilizzazione di un soggetto diverso dall’ente IACP», va, pertanto, esente da censure in quanto conforme ai principi di diritto dianzi illustrati;
3.1. il terzo motivo va parimenti disatteso;
3.2. ai sensi dell’art. 13, comma 2, d.l. n. 201/2011 istitutiva dell’IMU sperimentale «l’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ivi compresa l’abitazione principale e le pertinenze della stessa. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»;
3.3. il successivo comma 7 stabilisce che «l’aliquota è ridotta allo 0,4 per cento per l’abitazione principale e per le relative pertinenze. I comuni possono modificare, in aumento o in diminuzione, la suddetta aliquota sino a 0,2 punti percentuali»:
3.4. l’imposta municipale propria avrebbe dovuto essere applicata a decorrere dal 2014, in sostituzione dell’IRPEF, delle relative addizionali e dell’ICI, ed a causa della necessità di reperire ulteriori risorse per la finanza pubblica, il Legislatore ha provveduto ad anticipare l’introduzione dell’imposta in via sperimentale, a decorrere dal 2012 ed a posticipare l’introduzione dell’imposta a regime a decorrere dal 2015;
3.5. ai sensi dell’art. 13 del d.l. 6 dicembre 2011, n, 201, nel testo applicabile ” ratione temporis “, si prevede ai commi 6 e 7 quanto segue: «L’aliquota di base dell’imposta è pari allo 6,76 per cento. I comuni con deliberazione del consiglio comunale, adottata ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 25 dicembre 1997, n. 446, possono modificare, in aumento o in diminuzione, l’aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali. L’aliquota è ridotta allo 0,4 per cento per l’abitazione principale e per le relative pertinenze. I comuni possono modificare, in aumento o in diminuzione, la suddetta aliquota sino a 0,2 punti percentuali»;
3.6. ai sensi del successivo comma 11 è previsto inoltre quanto segue: «Dall’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze, si detraggono, fino alla concorrenza del suo ammontare, euro 200 rapportati ,31 periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica»;
3.7. lo stesso comma ha altresì previsto che tale detrazione si applica anche «alle unità immobiliari di cui all’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504» (cioè «agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari») e che «per le fattispecie non si applica la riserva della quota di imposta prevista dai comma 11 a favore dello Stato»;
3.8. tale comma 11 ha riservato allo Stato «la quota di imposta pari alla metà dell’importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell’abitazione principale e delle relative pertinenze»;
3.9. questa Corte con l’ordinanza n. 20135 del 2019 (conformi Cass. nn. 29376 e 24540 del 2020), in fattispecie analoga a quella in esame, ha dunque precisato che «l’ interpretazione fornita dal ricorrente del combinato disposto delle disposizioni passate in rassegna secondo la quale la rinuncia da parte dello Stato alla propria quota di imposta relativamente a tali alloggi deve intendersi effettuata a favore dell’ATER e non del Comune non può essere condivisa. L’esame dei testo normativo non autorizza infatti a ritenere che la quota non più riservata allo Stato sia devoluta a favore degli enti che operano nel settore dell’edilizia residenziale pubblica assoggettandoli alla sola «aliquota comunale dello 0,38%»;
3.10. nel suddetto precedente in termini, le cui conclusioni si condividono, si è chiarito che il Legislatore si è limitato a prevedere la non applicazione della quota di imposta riservata a favore dello Stato, senza disporre che essa non sia dovuta;
3.11. la tesi sostenuta da COGNOME, che ritiene che la norma debba essere interpretata non nel senso di avere trasferito ai Comuni a quota dell’IMU riservata allo Stato, bensì di avere esentato gli ex IACP dell’anzidetta imposta erariale, non può quindi essere condivisa, atteso che, come rilevato nell’ordinanza n. 20135 citata, tale tesi è stata smentita dal Ministero dell’Economia e Finanze che ha avuto modo di chiarire, con nota 15 giugno 2012, n. 12507, rispondendo a specifico quesito formulato al riguardo, che «dalla lettura sistematica delle norme in questione emerge che il legislatore, attraverso la previsione della rinuncia da parte dello Stato alla propria quota IMU, ha inteso destinare ai Comune tutto il gettito del tributo, non più decurtato della quota statale, e non ridurre dallo 0,76 per mille allo 0,38 l’aliquota base applicabile agli immobili in questione»;
3.12. in tal senso è, peraltro, orientata anche la giurisprudenza amministrativa secondo la quale l ‘ esclusione della quota del tributo riservata allo Stato opera a favore del Comune (e non del soggetto passivo), in quanto la legge ha inteso favorire indirettamente, col maggior gettito accordato all’ente impositore, la fissazione di tariffe meno onerose per i contribuenti;
3.13. ne consegue che la tesi di parte ricorrente, secondo la quale l’esclusione della quota del tributo riservata allo Stato, comporterebbe la corrispondente riduzione della imposta per l’Istituto, non è condivisibile;
4.1. va infine respinto anche il quarto motivo;
4.2. in tema di obiettiva incertezza della normativa tributaria, questa Corte ha affermato il condivisibile principio, che va ribadito, secondo cui essa ricorre nell’ipotesi di incertezza inevitabile sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della disposizione tributaria, anche all’esito del procedimento di interpretazione della stessa da parte del giudice (cfr. Cass. n. 18718 del 13/07/2018), e, più in particolare, si è affermato che l’incertezza normativa oggettiva è caratterizzata dall’impossibilità di individuare con sicurezza e univocamente la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile e può essere desunta da alcuni indici, quali: 1) la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) l’assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorietà delle circolari; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione implicita preesistente (cfr. Cass. n. 15452 del 13/06/2018);
4.3. tali fatti indice devono essere accertati ed esaminati ed inseriti in procedimenti interpretativi della formazione che siano metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risultati tra loro contrastanti ed incompatibili;
4.4. nella fattispecie la contribuente, nel richiedere di disapplicare le sanzioni applicate dal Comune per omesso versamento IMU, non ha in alcun modo indicato la sussistenza di elementi tali da far ritenere che la normativa applicabile non fornisse elementi adeguati e sufficientemente chiari in ordine all’applicazione della richiesta esenzioni d’imposta, ponendo in rilievo, in
particolare, il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità ed unionale;
4.5. le affermazioni della Commissione tributaria regionale che ha respinto anche sul punto l’appello della ricorrente non ritenendo ravvisabile alcuna obiettiva incertezza del dato normativo risultano, dunque, pienamente condivisibili ed esenti da censure in diritto;
sulla scorta di quanto sin qui illustrato, assorbita ogni altra questione, il ricorso va integralmente respinto;
le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio in favore del Comune controricorrente che liquida in Euro 14.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da