Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8347 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8347 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25150/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’ Avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COMUNE DI ALBANO LAZIALE, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC EMAIL rappresentato e difeso da ll’ Avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE; -controricorrente- avverso SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO del LAZIO n. 2778/2023 depositata il 10/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Commissione Tributaria di II grado del Lazio, con la sentenza n. 2778/2023, depositata in data 10.5.2023 e non notificata, confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento n. 248 del 6.10.2018, relativo all’IMU annualità 2015, con il quale era stato intimato il pagamento della somma di € 24.913,00, oltre interessi e relative sanzioni come per legge, escludendo la sussistenza dei presupposti ai fini delle chieste esenzioni.
Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi illustrati con memoria, RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso il Comune di Albano Laziale che ha depositato successiva memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la società contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, lett. a), d.l. n. 201/2011 in relazione alla destinazione degli immobili ad abitazione principale dei soci ivi residenti. Assume che la sentenza impugnata risultava errata nella parte in cui, nel rilevare che nel caso in esame prima di procedere alla assegnazione degli immobili gli stessi erano stati concessi in locazione per otto anni ai soci ai quali era attribuita, alla scadenza del periodo, una prelazione per ottenere la assegnazione dell’immobile, aveva escluso la sussistenza dei requisiti prescritti dall’art. 13, comma 2, lett. a) del d.l. 201/2011, convertito con modificazioni dalla L. 22/12/2 011 n. 214 ai fini dell’esenzione dall’imposta municipale propria (c.d. IMU). Lamenta che, nel caso in esame, ricorrevano i presupposti di esenzione dall’imposta vertendosi nell’ipotesi di cooperativa indivisa ‘ pro tempore ‘ per otto anni (in ossequio al vincolo del bando regionale), la quale, dunque,
non poteva in alcun modo assegnare gli immobili in proprietà ai soci bensì esclusivamente in godimento, profilandosi esattamente la condizione richiesta dall’esenzione essendo la titolarità in capo all’ente e il godimento in capo ai soci i quali avevano iv i fissata la propria dimora e residenza anagrafica. Evidenzia che, aderendo alla ratio sottesa alla statuizione in questione, si sarebbe pervenuti alla paradossale conclusione di riservare alle società cooperative ed ai relativi componenti un trattamento fiscale deteriore rispetto a quello destinato ai cittadini aventi diritto all’esenzione dall’IMU sull’abitazione principale, posto che, per le cooperative a proprietà indivise (ed indivisibili per otto anni nel caso in questione), pur avendo tutti i soci la residenza e la dimora all’interno delle unità facenti parte del compendio edificato in edilizia agevolata, i membri della società non potrebbero fruire dell’esenzione dall’imposta sulla scorta delle previsioni generali, il tutto in stridente contraddizione logica, ancor prima che giuridica, con le norme di rango costituzionale che riconoscono e tutelano la funzione sociale della cooperazione e della mutualità senza scopo di lucro (art. 45 Cost.) ed il diritto alla casa (art. 47 Cost.).
Con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, lett. b), dl n. 201/2011 in relazione alla natura di alloggi sociali degli immobili oggetto dell’accertamento tributario. Evidenzia che i giudici di appello, erroneamente, avevano escluso la ricorrenza della qualità di alloggi sociali in capo agli immobili de quibus non interpretando correttamente la normativa di riferimento (d.l. n. 201/2011 il quale richiamava il Decreto del Ministro delle Infrastrutture del 22 aprile 2008) e non considerando una serie di elementi analiticamente richiamati in ricorso.
Con il terzo motivo rileva, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. dell’art. 13, comma 9 -bis d.l. n. 201/2011 in relazione alla natura di benimerce degli immobili oggetto dell’accertamento
tributario ed anche con riferimento al tipo contrattuale della locazione di cui all’art. 1571 c.c. Assume che la sentenza impugnata, nell’attribuire rilevanza ‘dirimente’, al fine di escludere l’esenzione dall’imposta, all’elemento della ‘locazione per anni otto’ -che era inderogabilmente imposto dal bando regionale- e nel ritenere che non era applicabile la disposizione per le imprese che costruiscono immobili da porre in vendita nel caso che vi siano immobili invenduti insuscettibili di rientrare tra quelli per i quali è prevista l’IMU, poiché detti immobili non costituiscono “merci” in attesa di vendita da parte della società che le ha prodotte, ma vengano locate, producendo in questo modo reddito, non aveva considerato che le somme corrisposte dai soci e rano destinate ‘sostanzialmente’ a copertura dei costi di edificazione degli alloggi (e come tali insuscettibili, ex se , di generare alcun ‘reddito’ in capo alla cooperativa tale da escludere l’agevolazione bene merce). Osserva che andava considerato che, attesa la tipica natura della cooperativa si poteva ragionevolmente affermare che i soci prenotatari assumevano, di fatto, la veste di ‘costruttori’ degli immobili, avendone finanziato i relativi costi sia mediante l’apporto di danaro proprio sia mediante l’accesso al credito bancario e che l’agevolazione in parola era contemplata nel comma 9bis dell’art. 13, d.l. 210/2011 occorrendo tenere conto della totale insuscettibilità degli immobili concessi in godimento protempore ai soci di generare redditi e/o ritorni economici in capo alla cooperativa, il tutto anche e soprattutto in ragione della natura della società ricorrente la quale, essendo a mutualità prevalente ex artt. 2512 e ss. c.c., non persegue scopi di lucro bensì esclusivamente mutualistici. Precisa che proprio in coerenza con tali finalità, ciascun socio prenotatario procedeva a versare acconti alla cooperativa che venivano imputati esclusivamente in ‘conto assegnazione’ e, come tali, erano inoppugnabilmente destinati a sostenere i costi di edificazione dei cespiti; nel caso di specie si trattava di locazioni meramente ‘figurative’ difettando, tout court, gli elementi
sintomatici della locazione. Assume che, sulla scorta di quanto sopra rappresentato, dovevano ritenersi sussistenti appieno tutti gli elementi atti ad annoverare gli immobili de quibus nella categoria dei ‘beni merce’, e ciò sia in riferimento ai cespiti già assegnati in godimento nell’anno 2015 sia, a fortiori, in ordine a quelli all’epoca non ancora assegnati, tutti oggetto di dichiarazione IMU, con diritto dell’esenzione d’imposta, ponendosi una diversa interpretazione in conflitto logico-giuridico con le norme di rango costituzionale che riconoscono e tutelano la funzione sociale della cooperazione e della mutualità senza scopo di lucro (art. 45 Cost.) ed il diritto alla casa (art. 47 Cost.),
Il primo motivo è fondato e va accolto.
4.1. Va premesso che la società ricorrente ha prospettato in giudizio che ricorrevano, nella fattispecie, tre ordini di esenzione: – ex art. 13, comma 2, lett. b) d.l. n. 201/2013 attesa la ricorrenza della qualifica di ‘alloggi sociali’ delle unità immobiliari oggetto di accertamento tributario; – ex art. 13, comma 9bis , d.l. n. 201/2013 stante la qualifica di ‘beni merce’ di tutti i cespiti appartenenti alla RAGIONE_SOCIALE; – ex art. 13, comma 2, lett. a) d.l. n. 201/2013 stante la destinazione degli immobili de quibus ad ‘abitazioni principali’ dei soci ivi residenti.
In particolare ha dedotto che si trattava di immobili realizzati in un piano di zona c.d. ‘167’ tramite il ricorso a contributi pubblici per l’edilizia agevolata erogati dalla Regione Lazio (bando regionale n. 2036/2000, il tutto previa stipula di convenzione tra Comune di Albano e la cooperativa) e che la stessa, in qualità di aggiudicataria del contributo, era stata assoggettata ex lege ad un regime di ‘indivisibilità pro-tempore ‘ dei cespiti per la durata di otto anni, sussistendo, pertanto, durante tale periodo un vincolo imperativo ed inderogabile non potendosi trasferire alcun diritto reale ai soci. Ha precisato ancora che, nella perduranza di tale vincolo, ciascun socio avrebbe potuto, tutt’al più, acquisire il ‘godimento temporaneo degli
immobili’, esercitando contestualmente il diritto di prelazione all’acquisto dei beni (circostanze entrambe, poi, verificatesi) e null’altro, dovendo, viceversa e necessariamente, attendere lo spirare del predetto periodo di otto anni per acquisire la proprietà dei cespiti.
4.2. Ora, la disposizione di favore invocata (con il primo motivo di ricorso) di cui al d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, lett. a), espressamente dispone che : <>; trattasi di disposizione che ha ad oggetto, dunque, «unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa» ma «adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari».
4.3. In relazione al quadro normativo di riferimento va ricordato che già in tema di ICI l’art. 8 n. 504 del 1992 (recante ‘riduzioni
e detrazioni di imposta’), al comma
<>.
Il d.l. 21 maggio 2013, n. 54, conv. in l. 18 luglio 2013, n.85, art. 1, comma 1, lett. b) in materia di imposta municipale propria ha successivamente disposto: <>.
Quindi il d.l. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 4, conv. in l. 28 ottobre 2013, n. 12, recante disposizioni urgenti in materia di IMU ha disposto nei seguenti termini: <>
Infine, per effetto dell’art. 1, comma 741, legge n. 160/2019 (disposizione nella sostanza meramente confermativa di dette pregresse previsioni) ai fini IMU sono state assimilate per legge all’abitazione principale ‘le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari’.
4.4. Va, quindi, ricordato che nella giurisprudenza della Corte si è affermato che <> (Cass., 6 marzo 2024, n. 6088).
4.5. In disparte ogni considerazione in ordine alla natura del titolo dell’assegnazione nelle cooperative a proprietà indivisa che, secondo questa Corte integra un diritto di uso di natura reale (v. Cass. Sez. U., 24 maggio 2013, n. 12898) – è chiaro che gli assegnatari non possono vantare un titolo di proprietà esclusiva (altrimenti, in quanto soggetti passivi, l’esenzione spetterebbe loro), così che il termine assegnatari deve intendersi riferito indipendentemente dal trasferimento di proprietà, atteso che chi si avvantaggia dell’esenzione è la cooperativa a proprietà indivisa.
4.6. Ciò premesso osserva questa Corte che i giudici di merito, nell’incorrere nella lamentata violazione di legge omettendo di considerare che la Cooperativa, in qualità di aggiudicataria del contributo cennato, era stata assoggettata ex lege ad un regime di ‘indivisibilità pro -tempore’ dei cespiti per la durata di otto anni e che, pertanto, durante tale periodo, per vincolo imperativo ed inderogabile, la stessa non poteva trasferire alcun diritto reale ai soci, si sono limitatati a considerare il mero dato nominalistico riguardante il riferimento a rapporti di ‘locazione’ mentre avrebbero dovuto valutare la effettiva natura e portata del rapporto in contestazione intercorrente con i soci assegnatari sulla scorta di quanto allegato dalla medesima società contribuente e, quindi, verificare in concreto se gli assegnatari di alloggi avevano dimora abituale presso le abitazioni assegnate.
Da ciò discende che detto motivo deve essere accolto.
Il secondo motivo non coglie nel segno.
5.1. L’analisi delle disposizioni in materia di IMU rivela che non è configurabile una coincidenza tra gli immobili regolarmente assegnati dagli ex IACP e gli alloggi sociali, atteso che il legislatore, nell’ambito del medesimo contesto normativo, ha disci plinato autonomamente e differentemente le due fattispecie.
Il legislatore, infatti, all’art. 13, comma 10, del d.l. n. 201/2011 cit. ha previsto espressamente un’agevolazione consistente in una detrazione di euro 200 per gli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, risultando, dunque, evidente la volontà del legislatore di differenziare gli alloggi ex IACP da quelli «sociali», che, invece, sono esenti dal prelievo per espressa disposizione di legge (art. 13, co. 2, lett. b, del d.l. n.201/2011 cit.); non è dunque invocabile un’assimilazione tra gli alloggi concessi in locazione e gli alloggi sociali, che è preclusa, inevitabilmente, dalla corretta applicazione del principio generale e inderogabile in materia fiscale che prevede che «in materia fiscale le norme che stabiliscono esenzioni o agevolazioni sono di stretta interpretazione ai sensi dell’art 14 preleggi sicché non vi è spazio per ricorrere al criterio analogico o all’interpretazione estensiva della norma oltre i casi e le condizioni dalle stesse espressamente considerati» (cfr. Cass. n. 20135/2019, Cass n. 15407/2017, 4333/2016, 2925/2013 e 5933/2013).
L’esenzione dal pagamento è prevista, pertanto, solo per gli immobili specificamente destinati ad alloggi sociali, cioè per gli immobili destinati alla locazione che abbiano le caratteristiche individuate dal decreto del ministero dell’infrastrutture, al che consegue che sono esenti dal pagamento non tutti gli alloggi IACP ma solo quelli che abbiano le caratteristiche indicate nei parametri stabiliti dal decreto ministeriale del 22 aprile 2008. In particolare, è alloggio sociale l’unità immobiliare destinat a ad uso residenziale ed oggetto di locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale di
ridurre il disagio abitativo di soggetti e nuclei familiari svantaggiati, i quali non sono in grado di avere accesso alla locazione di alloggi nel libero mercato, essendo configurati, tali immobili come elemento essenziale del sistema di edilizia residenziale sociale.
Per di più, va rimarcato, la distinzione tra alloggi degli IACP e alloggi sociali va comunque operata tenendo conto, in via prioritaria, della misura del canone corrisposto, atteso che il d.m. n. 200 del 2012, nel disciplinare i «requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come svolte con modalità non commerciali», ha espressamente previsto – nel contesto degli altri (pur) delineati requisiti, soggettivi e oggettivi – per le attività (come nella fattispecie) di natura ricettiva (ma la disposizione assume carattere tendenzialmente generale nella disciplina in discorso), che le modalità non commerciali sussistono se «sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio» (art. 4, comma 4); disposizione, quest’ultima, che -nel contesto della globale valutazione della disciplina dei requisiti, soggettivi e oggettivi, ascrivibili alle modalità non commerciali delle attività considerate ha, giustappunto, indotto la Commissione dell’Unione Europea (decisione del 19 dicembre 2012) alla conclusione quanto alla liceità dell’esenzione IMU, essendosi, in particolare, rimarcato che «a norma del regolamento, per avere natura simbolica il compenso non deve essere commisurato al costo del servizio, e dall’altro, che il limite della metà del prezzo medio, fissato per le stesse attività svolte nello stesso ambito territoriale con modalità concorrenziali, può essere utilizzato solo per escludere il diritto all’esenzione (come indicano le parole «in ogni caso») e non implica a contrario che
possano beneficiare dell’esenzione i fornitori di servizi che applicano un prezzo al di sotto di tale limite.» (Decisione cit., § 6.4, punto 168 e ss.; v., tra le diverse, Cass., 27 luglio 2023, n. 22954; Cass., 14 settembre 2021, n. 24655; Cass., 30 settembre 2019, n. 24308; Cass., 5 settembre 2019, n. 22223; Cass., 15 marzo 2019, n. 7415; Cass., 8 luglio 2016, n. 13970; v. altresì, quanto ai caratteri del canone locativo, Cass., 14 maggio 2020, n. 8964; Cass., 30 dicembre 2019, n. 34601).
Orbene risulta di tutta evidenza che sulla scorta delle medesime allegazioni di parte ricorrente non risulta allegata e comprovata l’univoca ricorrenza dei requisiti propri degli alloggi sociali come definiti nel D.M. infrastrutture 22 aprile 2008, stabilita dall’art.13, comma 2, lett. b, d.l. n. 201 del 2011 (conv. con modif. dalla l.n. 214 del 2011), come modificato dall’art. 1, comma 707, della l. n. 147 del 2013, il che rende la cesura priva di pregio.
Parimenti va escluso che i beni in questione possano rientrare nella nozione c.d. beni-merce (rappresentati dai fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita) vertendosi in ipotesi di cooperativa a proprietà indivisa con alloggi destinati ai soci ed apparendo priva di pregio alcuno – oltre che del tutto indimostrata l’affermazione di parte ricorrente secondo cui nella specie i soci prenotatari ‘tutti’ avrebbero assunto ‘di fatto’ la veste di ‘costruttori’.
Conseguentemente il primo motivo va accolto e vanno rigettati gli altri; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lazio che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia attenendosi ai principi di diritto sopra esposti.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo ed il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo grado di giudizio. Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data