Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18933 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18933 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 10/07/2025
ICI IMU Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17228/2022 R.G. proposto da Consorzio per l’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Industriale della Provincia di Avellino (P_IVA), in persona del suo Presidente p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente –
contro
Comune di Solofra (000919110646), in persona del suo Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 554/2022, depositata il 13 gennaio 2022, della Commissione tributaria regionale della Campania;
Udita la relazione della causa, svolta nella pubblica udienza del 27 maggio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME per parte ricorrente ; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 554/2022, depositata il 13 gennaio 2022, la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello proposto dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE della Provincia di Avellino, così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dal Comune di Solofra in relazione all’IMU dovuta dal contribuente per l’anno 2015.
1.1 -A fondamento del decisum , il giudice del gravame ha considerato che:
il Consorzio -quale ente pubblico economico -non poteva godere dell’esenzione prevista dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. a ), il cui àmbito di applicazione, secondo dicta della giurisprudenza di legittimità, rimaneva astretto ai soli compiti istituzionali dei consorzi tra enti territoriali, compiti che non potevano identificarsi «con il concetto di “servizi pubblici”, i quali, non rientrandovi, possono essere svolti anche tramite altri soggetti, quali le aziende municipalizzate, altri enti o società (tra cui, nella specie, il RAGIONE_SOCIALE, non aventi diritto a godere di detta esenzione in quanto svolgenti attività commerciale.»;
-del pari non trovava applicazione, nella fattispecie, l’esenzione prevista dal d.l. 102 del 2013, art. 2, in quanto lo stesso Consorzio nemmeno aveva allegato di aver presentato la dichiarazione prescritta dal comma 5bis di detta disposizione;
sussisteva, poi, nella fattispecie, il presupposto impositivo del tributo relativamente all’immobile «di cui al foglio 2, particella 2122, Sez. A, sub 1, 2,3 e 4, il quale, in base alle allegazioni attoree, è stato assegnato con delibera n. 97/2/2 del 8.1.1997, alla società RAGIONE_SOCIALE partecipata dai soci del Consorzio e dal Comune di Solofra», atteso che -diversamente da quanto dedotto dal contribuente -il contratto tra le parti concluso (e non trascritto) non era «costitutivo di un diritto di usufrutto ma di un semplice diritto personale di godimento» come poteva desumersi dalla precisazione secondo la quale la piena proprietà del bene rimaneva in capo al concedente; e analogo rilievo poteva svolgersi per altri immobili (in tesi) oggetto di concessione, beni questi per i quali non v’era evidenza di una cessione in proprietà, o della costituzione di un diritto reale sugli stessi;
i beni erano stati sottoposti a tassazione sulla base delle indicazioni offerte in dichiarazione dallo stesso contribuente così che non poteva trovare accoglimento l’eccezione «di non completa indicazione degli estremi catastali di alcuni immobili», atteso anche che il Consorzio aveva svolto «generiche allegazioni» senza dar conto dei reclamati errori «e proporre un diverso calcolo».
-Il Consorzio RAGIONE_SOCIALE della Provincia di Avellino ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, ed ha depositato memoria.
Il Comune di Solofra resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via pregiudiziale di rito, va rilevato che la memoria depositata da parte ricorrente può assolvere alla (sola) funzione di illustrare e chiarire le ragioni già compiutamente svolte col ricorso, ovvero di confutare le tesi avversarie, ma non può specificare od integrare od ampliare il contenuto delle originarie argomentazioni che
non siano state adeguatamente prospettate o sviluppate con il detto atto introduttivo e, tanto meno, dedurre nuove eccezioni – implicanti necessariamente accertamenti di fatto – o sollevare nuove questioni di dibattito (v. Cass. Sez. U., 15 maggio 2006, n. 11097 cui adde , ex plurimis , Cass., 6 luglio 2022, n. 21355; Cass., 21 gennaio 2021, n. 1177; Cass., 27 agosto 2020, n. 17893; Cass., 28 novembre 2018, n. 30760; Cass., 23 agosto 2011, n. 17603; Cass., 28 agosto 2007, n. 18195).
1.1 – In disparte, allora, la stessa insussistenza del denunciato vizio di motivazione apparente -ché la gravata sentenza, come reso esplicito dai sopra ripercorsi contenuti decisori, pianamente rende evidenti le sue rationes decidendi -del tutto nuove -e, per vero, nemmeno dettagliate -risultano le censure ex novo articolate in memoria, con la precisazione -seppur nel contesto di allegazioni connotate da anomia di specifici contenuti -che, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di aiuti di Stato e di concorrenza, la nozione di impresa, a prescindere dal suo status giuridico, si correla allo svolgimento di un’attività economica (v., tra le tante, CGUE, 6 novembre 2018, cause riunite da C-622/16P a C624/16P, RAGIONE_SOCIALE, punti 103 ss.; CGUE, 27 giugno 2017, causa C-74/16, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, punti 41 e ss.; CGUE, 1 luglio 2008, procedimento C-49/07, MOTOE, punti 27 e 28; CGUE, 10 gennaio 2006, procedimento C-222/04, Ministero dell’Economia e delle Finanze, punti 107, 108, 122, 123; CGUE, 12 settembre 2000, procedimenti riuniti da C-180/98 a C-184/98, COGNOME e altri, punti 74 e 75) e che, pertanto, le stesse finalità sociali, e di solidarietà, eventualmente perseguite non escludono la riconducibilità delle relative attività a detta nozione in quanto (anche) un’impresa che agisca senza fine di lucro può offrire
beni e servizi sul mercato e, così, porsi in concorrenza con altre imprese.
-Tanto premesso, il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. a ), al d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 8, ed alla l. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 31, comma 18, assumendo il ricorrente che -venendo in considerazione, nella fattispecie, un consorzio costituito esclusivamente da enti territoriali oltrechè la destinazione degli immobili posseduti a fini istituzionali -illegittimamente il giudice del gravame aveva escluso l’applicabilità della reclamata esenzione, posto, poi, che la partecipazione dello IACP (nella misura del 3%) non mutava la sostanza della composizione soggettiva di esso esponente (quale Consorzio tra enti locali) e che «la finalità istituzionale era (ed è) insita nell’attività del Consorzio RAGIONE_SOCIALE, il quale è nato con il compito di promuovere, nell’ambito degli agglomerati industriali, le condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo di attività industriali e favorire lo sviluppo delle aree ex art.32 L. 219/81.».
-Il motivo è destituito di fondamento.
3.1 – S econdo un consolidato orientamento della Corte, l’esenzione di cui al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, c. 1, lett. a ), presuppone l’utilizzo diretto da parte dell’Ente che soggettivamente usufruisce della esenzione e, dunque, che l’immobile deve essere adibito ad un compito istituzionale riferibile, in via diretta ed immediata, allo stesso ente che lo possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale e che sarebbe perciò soggetto passivo dell’imposta ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992 (v. Cass., 9 gennaio 2004, n. 142 cui adde , ex plurimis , Cass., 23 luglio 2019, n. 19773; Cass., 20 luglio 2016, n. 14912; Cass.,
20 maggio 2016, n. 10483; Cass., 17 luglio 2015, n. 15025; Cass., 24 ottobre 2005, n. 20577; Cass., 15 novembre 2004, n. 21571).
In termini generali -e sempre con riferimento all’esenzione di cui al l’ art. 7, comma 1, lett. a ), cit. – il cui contenuto è stato però riproposto dal d.lgs. n. 23 del 2011, art. 9, comma 8 («Sono esenti dall’imposta municipale propria gli immobili posseduti dallo Stato, nonchè gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, ove non soppressi, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali») -la Corte ha altresì statuito che l’esenzione in discorso non può essere rifer ita allo svolgimento di attività imprenditoriale in quanto non si può identificare il concetto di «finalità istituzionali», che sono proprie dell’ente locale e che costituiscono la ragione d’essere dello stesso, con quello di «servizi pubblici», che, invece, non rientrano tra i compiti istituzionali e possono essere svolti anche tramite altri soggetti, come le aziende municipalizzate od altri enti o società; e ne consegue che detti soggetti, svolgendo attività commerciali, non hanno ragione di godere dell’esenzione (v. Cass., 7 dicembre 2022, n. 36028; Cass., 25 febbraio 2020, n. 4997; Cass., 3 dicembre 2010, n. 24593).
L ‘esclusione dall’ambito di applicazione dell’esenzione è stata, nello specifico, affermata (proprio) a riguardo dei Consorzi di sviluppo industriale per i quali si è rimarcata la natura di enti pubblici economici in ragione dell’ attività di diritto privato inerente alla concessione di beni in godimento, o allo svolgimento di servizi, dietro versamento di canoni o corrispettivi (v. Cass., 13 dicembre 2022, n. 36478; Cass., 21 febbraio 2020, n. 4649; Cass., 26 febbraio 2019, n. 5551; Cass., 30 novembre 2018, n. 31037).
E detti principi sono stati ribaditi (anche) in tema di IMU (v. Cass., 9 agosto 2024, n. 22613; Cass., 9 agosto 2024, n. 22601).
3.2 -E’, poi, ben vero che nella presupposta configurazione di enti pubblici economici -si è rimarcato che le attività dei Consorzi RAGIONE_SOCIALE consistono (anche) dell’esercizio di attività pubblicistica (quale l’attività attinente alla localizzazione industriale), in quanto tale estranea al campo privatistico imprenditoriale (v. Cass., 22 ottobre 2018, n. 26575; Cass. Sez. U., 29 aprile 2015, n. 8619; Cass. Sez. U., 15 giugno 2010, n. 14293; v., altresì, Consiglio di Stato, II, 12 febbraio 2021, n. 1282; Consiglio di Stato, IV, 5 novembre 2018, n. 6251; v., ancora, la l. regione Campania, 6 dicembre 2013, n. 19, art. 4).
Ciò non di meno di detta attività non v’è, nella fattispecie, alcuna evidenza, nemmeno in allegazione, risultando accertato dal giudice del gravame lo svolgimento di attività economica e rimanendo dedotta, sotto la censura di violazione di legge, una indistinta ascrizione delle attività a finalità istituzionali (per il rilievo che l’onere della prova della destinazione dei beni all’espletamento di compiti istituzionali grava sul contribuente v. Cass., 9 agosto 2024, n. 22601; Cass., 22 ottobre 2018, n. 26575).
4. -Col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione art. 112 cod. proc. civ. sull’assunto che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sulle eccezioni da esso esponente svolte a riguardo dell’erronea liquidazione del tributo con riferimento ad immobili sprovvisti di identificativi catastali, all’immobile concesso in usufrutto alla RAGIONE_SOCIALE e ad «una serie di errori nell’emissione dell’accertamento impugnato, nella determinazione dell’importo ».
4.1 -Questo motivo è manifestamente destituito di fondamento.
Il giudice del gravame, come anticipato, ha sottoposto a specifico esame il contenuto dell’accordo intercorso con la concessionaria RAGIONE_SOCIALE -rilevandone l’oggetto in un diritto personale di godimento –
ed ha, per l’appunto, soggiunto che i beni immobili erano stati ripresi a tassazione sulla base delle stesse indicazioni offerte in dichiarazione dal Consorzio così che non poteva trovare accoglimento l’eccezione «di non completa indicazione degli estremi catastali di alcuni immobili», atteso anche che il Consorzio aveva svolto «generiche allegazioni», con ciò senza dar conto dei reclamati errori «e proporre un diverso calcolo».
– Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte
-rigetta il ricorso;
-condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio liquidate in € 6.500,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il proposto ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 maggio 2025.