Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10973 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10973 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7530/2022 R.G., proposto
DA
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL, giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma ( presso gli Uffici dell’Avvocatura C apitolina), ove elettivamente domiciliato (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL ), giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
ICI IMU ACCERTAMENTO ABITAZIONE PRINCIPALE DIVERSA RESIDENZA DEI CONIUGI
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 22 settembre 2021, n. 4172/01/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25 marzo 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 22 settembre 2021, n. 4172/01/2021, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento in rettifica n. 68131/2012 dell’8 novembre 2017 da parte di Roma Capitale (a mezzo della partecipata ‘ RAGIONE_SOCIALE) per insufficiente versamento del l’I MU relativa a ll’anno 2012 nella misura complessiva di € 5.520,00, con riguardo ad immobile sito in Roma alla INDIRIZZO, dopo il rigetto dell’istanza di annullamento in autotutela con provvedimento reso il 15 giugno 2018, prot. n. QB/2018/444108, disconoscendosi la riduzione di imposta per l’abitazione principale sul presupposto che, nell’anno d i riferimento, il coniuge di NOME COGNOME, NOME COGNOME, risiedeva con lo stesso e le due figlie in Roma non alla INDIRIZZO ma alla INDIRIZZO in un immobile dove, peraltro, ella già fruiva dell’agevolazione , ha accolto l’appello proposto da Roma Capitale nei confronti del medesimo avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma l’8 aprile 2019, n. 5031/26/2019, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure -che aveva accolto il ricorso originario del contribuente -sul rilievo che la fissazione della dimora abituale e della residenza anagrafica in immobili diversi, da parte di coniugi non
legalmente separati, avesse determinato un’autonoma fruizione dell’agevolazione per abitazione principale , ma su immobili differenti e, pertanto, non fosse condizione idonea a legittimare il beneficio della detrazione fiscale.
Roma Capitale ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione ed errata applicazione dell’art. 13 , comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nonché de ll’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non aver il giudice di appello « fatto riferimento all’art. 13 comma 2 citato, nel testo in vigore nel 2013 anziché nel testo in vigore nel 2012, anno di imposta al quale si riferisce l’atto impugnato », definendo un ambito applicativo del beneficio tributario che escludeva la fattispecie oggetto del giudizio.
In concreto, il ricorrente contesta l’erronea applicazione dell’art. 13, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, al caso di specie, tenendo conto delle modifiche introdotte nel l’anno 2012 e in vigore solo dal l’anno 2013, quindi successivamente all’anno d’imposta in contestazione . Ciò anche alla luce della previsione generale dell’art. 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (in materia di ‘ Efficacia temporale delle norme tributarie ‘), a tenore del quale, salvi i casi di norme di interpretazione autentica, le disposizioni tributarie non hanno mai effetto retroattivo e le relative modifiche si applicano soltanto « a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle
disposizioni che le prevedono ». A suo dire, pertanto, soltanto dal l’anno 2013 andava ridotto ulteriormente l’ambito applicativo del beneficio, con la previsione del fatto che la residenza anagrafica non deve sussistere solo per il possessore, ma per tutti i membri della famiglia.
1.1 Il predetto motivo è fondato.
1.2 In sede di istituzione dell’IMU, l’art. 8, comma 3, seconda parte, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (a tenore del quale: « Si intende per effettiva abitazione principale l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente »), non conteneva alcun riferimento al ‘ nucleo familiare ‘ , essendo subordinato il riconoscimento dell’esenzione per l’abitazione principale alla sussistenza del solo requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale del possessore dell’immobile: a questi veniva riconosciuto il diritto all’esenzione in termini oggettivi, del tutto a prescind ere dal suo status soggettivo di coniugato. Ciò che rilevava, ai fini della identificazione della abitazione principale, era, infatti, che egli si trovasse a risiedere e dimorare abitualmente in un determinato immobile.
Il riferimento al ‘ nucleo familiare ‘ nemmeno figurava nella successiva formulazione dell’art. 13, comma 2, seconda parte, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il quale -in sede di istituzione anticipata dell’IMU con decorrenza dall’anno 2012 -aveva sostanzialmente confermato la definizione originaria dell” abitazione principale ‘ (« Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente »).
Tanto è stato espressamente riconosciuto anche dal giudice delle leggi (Corte Cost., sent., 13 ottobre 2022, n. 209), il quale ha ribadito che: « Il riferimento al nucleo familiare non era presente nell’originaria disciplina dell’IMU (istituita dall’art. 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante «Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale»), che subordinava il riconoscim ento dell’esenzione per l’abitazione principale alla sussistenza del solo requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale del possessore dell’immobile: a questi veniva riconosciuto il diritto all’esenzione in termini oggettivi, del tutto a prescindere dal suo status soggettivo di coniugato. Ciò che rilevava, ai fini della identificazione della abitazione principale, era, infatti, che egli si trovasse a risiedere e dimorare abitualmente in un determinato immobile. Il riferimento al nucleo familiare nemmeno figurava nella successiva formulazione, con la quale «è stata disposta l’anticipazione dell’introduzione dell’IMU al 2012» (sentenza n. 262 del 2020), ovvero l’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, dove l’agevolazione -consistente non più in un’esenzione, ma in una riduzione dell’aliquota era riconosciuta, anche in questo caso, per l’immobile nel quale «il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente». Pertanto, sino a quel momento, se due persone unite in matrimonio avevano residenze e dimore abituali differenti, a ciascuna spettava l’agevolazione per l’abitazione principale ».
Dunque, l’agevolazione consistente non più in un’esenzione, ma in una riduzione dell’aliquota (allo 0,4%, salva la detrazione di € 200,00, in base all’art. 13, commi 7 e 10, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) -era riconosciuta, anche in
questo caso, per l’immobile nel quale « il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente ». Pertanto, sino a quel momento, se due persone unite in matrimonio avevano residenze e dimore abituali differenti, a ciascuna spettava l’agevolazione per l’abitazione principale (Cass., Sez. Trib., 11 giugno 2024, n. 16260).
1.3 S oltanto con l’art. 4, comma 5, lett. a, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012 n. 44, che è intervenuto su diversi aspetti della disciplina dell’IMU, è stata modificata la definizione di ‘ abitazione principale ‘, introducendo, in particolare, il riferimento al nucleo familiare ai fini di individuare l’immobile destinatario dell’agevolazione . S egnatamente, l’art. 13, comma 2, terza parte, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è stato così modificato e integrato: « Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile ».
T ale disciplina è stata poi confermata dall’art. 1, comma 707, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che ha reintrodotto la completa esenzione dell’abitazione principale dall’1 gennaio 2014 per tutte le categorie catastali abitative, tranne quelle cosiddett e di lusso (A/1, A/8 e A/9), riformulando l’art. 13, comma 7, terza parte, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel modo seguente: « Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile ».
1.4 Alla luce dell’evoluzione subita dal sistema normativo, è evidente che il testo originario dell’art. 13, comma 2, seconda parte, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, cioè prima delle modifiche apportate, in primo tempo, dall’art. 4 , comma 5, lett. a), del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, e, in secondo tempo, dall’art. 1, comma 707, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, non è stato inciso dall’intervento manipolativo della sentenza della Corte costituzionale n. 209 del 13 ottobre 2022, la quale, infatti, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, « come modificato dall’art. 1, comma 707, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ».
Ciò anche in forza dell’ art. 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. « Statuto del contribuente »), il quale ha sancito il principio generale per cui « le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo » e le relative modifiche « si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a
quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono ».
Secondo l’interpretazione giurisprudenziale, in tema di efficacia nel tempo delle norme tributarie, in base all’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, il quale ha codificato nella materia fiscale il principio generale di irretroattività delle leggi stabilito dall’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, va esclusa l’applicazione retroattiva delle medesime, salvo che questa sia espressamente prevista; peraltro, le disposizioni dello ‘ Statuto del contribuente ‘ costituiscono meri criteri guida p er il giudice, in sede di applicazione e interpretazione delle norme tributarie, anche anteriormente vigenti, per risolvere eventuali dubbi ermeneutici, ma non hanno, nella gerarchia delle fonti, rango superiore alla legge ordinaria (essendone, invero, ammessa la modifica o la deroga, purché espressa e non a opera di leggi speciali), con la conseguenza che una previsione legislativa che si ponga in contrasto con esse non è suscettibile di disapplicazione, né può essere per ciò solo oggetto di questione di legittimità costituzionale, non potendo le disposizioni dello Statuto fungere direttamente da norme parametro di costituzionalità (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 20 febbraio 2020, n. 4411; Cass., Sez. 5^, 24 novembre 2020, n. 26668; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10010; Cass., Sez. Trib., 11 giugno 2024, n. 16230); Cass., Sez. 5^, 11 luglio 2022, n. 21801; Cass., Sez. Trib., 23 gennaio 2024, n. 2288). È, poi, appena il caso di evidenziare che l’espressa previsione di retroattività sussiste quando sia espressamente disposta una decorrenza anteriore della norma, senza che sia necessario che tale disposizione sia anche qualificata come ‘ regola di eccezionale retroattività ‘ (Cass., Sez. 6^ -5, 20 maggio 2011, n. 11141; Cass., Sez. 5^, 18 gennaio 2012, n. 636).
A ben vedere, peraltro, un ‘ esegesi orientata nel senso di far retroagire sin dall’1 gennaio 2012 la modifica introdotta dall’art. 4, comma 5, lett. a), del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, con la restrizione aggiuntiva del ‘ nucleo familiare ‘, avrebbe dovuto indurre il giudice delle leggi ad estendere la questione di legittimità costituzionale anche al testo originario dell’ art. 13, comma 2, seconda parte, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, generandosi altrimenti un’aporia temporale nella nozione normativa di ‘ abitazione principale ‘ all’interno della disciplina dell’IMU , che sarebbe stata disallineata rispetto a quella risultante dall ‘intervento manipolativo d ella Corte Costituzionale sull’art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come novellato dall’art. 1 , comma 707, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, con la rimozione ex tunc de l riferimento al ‘ nucleo familiare ‘. Laddove, invece, il giudice delle leggi ha verosimilmente sottratto all’incidente di costituzionalità l a predetta disposizione proprio in considerazione dell ‘omogenea definizione del l” abitazione principale ‘ nella successione cronologica delle disposizioni confrontate.
1.5 Ad ogni buon conto, al di là di ogni questione di diritto intertemporale, è ormai pacifico che, in tema di esenzione IMU per la casa principale, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 209 del 2022, che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo novellato dall’art. 1, comma 707, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, va escluso che la
nozione di abitazione principale presupponga la dimora abituale e la residenza anagrafica del nucleo familiare del possessore, per cui il beneficio spetta al possessore dell’immobile ove dimora abitualmente e risiede anagraficamente, anche se il coniuge abbia la residenza anagrafica in diverso Comune (Cass., 6^- 5, 3 novembre 2022, n. 32339).
Prendendo atto di tale intervento manipolativo del giudice delle leggi, in virtù della norma così come rimodulata, applicabile ai giudizi pendenti, questa Corte (Cass., Sez. 6^-5, 23 dicembre 2022, n. 37636; Cass., Sez. 6^-5, 3 novembre 2022, n. 32339; Cass., Sez. 6^-5, 16 gennaio 2023, n. 990; Cass., Sez. Trib., 19 gennaio 2023, n. 1623; Cass., Sez. 6^-5, 20 gennaio 2023, n. 1828; Cass., Sez. 6^-5, 24 gennaio 2023, n. 2045; Cass., Sez. 6^-5, 25 gennaio 2023, nn. 2256 e 2301) ha ritenuto sufficiente che nel l’immobile risieda il possessore, pur se il coniuge risiede stabilmente altrove (nel periodo di riferimento); non si tratta, infatti, di una c.d. ‘ seconda casa ‘, poiché in quest’ultima ipotesi non spetterebbe l’esenzione, ma di residenze diverse, il che costituisce un diritto dei due coniugi, in virtù degli accordi sull’indirizzo della vita familiare liberamente assunti ai sensi dell’art 144 cod. civ.; non può, infatti, essere evocato l’obbligo di c oabitazione stabilito per i coniugi dall’art. 143 cod. civ., dal momento che una determinazione consensuale o una giusta causa non impediscono loro, indiscussa l’ affectio coniugalis , di stabilire residenze disgiunte e a tale possibilità non si oppongono le norme sulla ‘ residenza familiare ‘ dei coniugi (art. 144 cod. civ.) o sulla ‘ residenza comune ‘ degli uniti civilmente (art. 1, comma 12, della legge 20 maggio 2016, n. 76); ciò non di meno, pur in assenza di convivenza col nucleo familiare, il
diritto del contribuente all’esenzione per l’abitazione principale postula il concorso imprescindibile di residenza anagrafica e .
dimora abituale nell’immobile per il quale essa è stata invocata Pertanto, il giudice delle leggi ha così ripristinato il diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone legate da vincolo di coniugio o unione civile, che abbiano avuto l’esigenza, in forza delle necessità della vita, di stabilire la loro dimora abituale e la residenza anagrafica in altro immobile; l’indicata questione coinvolge anche il mantenimento dell’esenzione in ipotesi in cui i componenti del nucleo familiare sono stati indotti da esigenze personali a stabilire la residenza e la dimora abituale in luoghi ed immobili diversi.
1.6 Nella specie, pertanto, la sentenza impugnata non si è uniformata ai principi enunciati, avendo erroneamente ritenuto che la residenza del coniuge in altro immobile dello stesso Comune precludesse il riconoscimento al contribuente del l’esenzione per l’abitazione principale in difetto della convivenza del nucleo familiare nel medesimo immobile, con l’affermazione che: « Entrambi i coniugi hanno usufruito autonomamente dell’agevolazione per abitazione principale per gli immobili di rispettiva proprietà siti nel Comune di Roma. I coniugi, che non sono legalmente separati, hanno stabilito la dimora abituale e la residenza in immobili diversi. In situazione siffatta non è possibile usufruire della detrazione fiscale e, pertanto, si deve ritenere che l’avviso di accertamento sia legittimo ».
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, quindi, valutandosi la fondatezza del motivo dedotto, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett.
a), della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 25 marzo