Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9280 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9280 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22295/2021 R.G. proposto da
: ll’avvocato COGNOME
DI NOME COGNOME rappresentata e difesa da NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI SAN PRISCO, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. Campania n. 1115/2021 depositata il 03/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CTR, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l’appello della contribuente con la conferma dell’avviso di accertamento IMU 2013;
ricorre per cassazione NOME COGNOME con tre motivi di ricorso;
si è costituito con controricorso il Comune di San Prisco che preliminarmente prospetta l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 336 cod. proc. civ., per mancata specificazione e indicazione dei motivi; nel merito ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto infondato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e deve rigettarsi, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese, e con il raddoppio del contributo unificato.
Contrariamente a quanto prospettato dal controricorrente, il ricorso risulta ammissibile poiché rappresenta la questione di fatto anche riportando gli atti essenziali del processo e prospetta violazioni di legge in maniera comprensibile e specifica.
Del resto, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi RAGIONE_SOCIALE vs Italia del 28 ottobre 2021; vedi ora anche CEDU Patricolo vs Italia, del 23 maggio 2024 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia
specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (vedi Sez. U – , Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022, Rv. 664409 – 01).
Il ricorso in esame contiene tutti gli elementi della fattispecie e le analisi in diritto della questione controversa, in quanto richiama gli atti del processo ed il giudicato che si assume sussistente.
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente prospetta violazione o falsa applicazione di legge (art. 13, secondo comma, d.l. n. 201 del 2011 e dell’art. 1192, cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n 3, cod. proc. civ.) per omessa esenzione dall’IMU dell’intero immobile e non solo della quota del 50 % , di cui la ricorrente era comproprietaria.
Il fatto risulta accertato dalle decisioni di merito e, del resto, pacifico tra le parti. La ricorrente ed il fratello risultano comproprietari di due immobili, al 50 %, in uno vi abita la prima e nell’altro abita il fratello. La destinazione a prima casa, per la ricorrente, dovrebbe comportare l’esenzione dell’IMU sia per il 50 % della sua formale proprietà (quota) sia per il restante 50 % di proprietà del fratello. Per la ricorrente, l’art. 1102 cod. civ. consente l’uso della cosa comune (il possesso esclusivo per l’abitazione principale, nel caso).
La tesi della ricorrente risulta infondata in quanto soggetto passivo dell’imposta IMU (vedi art. 9, d. lgs. n. 23 del 2011, nel testo in vigore all’epoca, 2013) è il proprietario di immobili (‘ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie’); non risulta sufficiente il possesso di un bene comune pur se di fatto adibito a prima casa.
Quello che rileva per l’esenzione introdotta dall’art. 1, d. l. n. 93 del 2008 è il possesso di diritto (quale proprietario) dell’immobile in relazione alla disposizione dell’art. 9, d. lgs. n. 23 del 2011, nel testo in vigore all’epoca; il possesso e l’us o di fatto non comporta l’esenzione dal pagamento dell’imposta in quanto la mancanza di
proprietà (anche se al 50 %) comporta la considerazione dell’immobile quale seconda casa (per il proprietario del 50 %).
Infatti, «In tema di imposta comunale sugli immobili, l’esenzione introdotta dall’art. 1 del d.l. n. 93 del 2008, conv. dalla l. n. 126 del 2008, non si applica al titolare pro quota del diritto di proprietà sull’immobile, nel quale egli ed il suo nucleo familiare non dimorino stabilmente e non vi abbiano la residenza anagrafica. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva esentato dal pagamento del tributo tre fratelli, titolari per successione della quota di un terzo su ciascuno dei tre immobili ricadenti nell’asse ereditario, non solo in relazione al bene da ciascuno di essi adibito ad abitazione principale, ma anche per gli altri due immobili in comproprietà, concessi in uso gratuito agli altri contitolari)» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 24462 del 08/08/2022, Rv. 665784 – 01).
Del resto, l’esenzione, quale norma di agevolazione fiscale, deve essere interpretata restrittivamente: «In tema di IMU, in base al chiaro tenore dell’art. 13, comma 2, d.l. n. 201 del 2011, l’esenzione dall’imposta può essere riconosciuta ad un’unica unità immobiliare destinata ad abitazione principale e, stante la natura di stretta interpretazione delle norme di agevolazione, non può essere estesa ad ulteriori unità contigue, di fatto unificate ed utilizzate anch’esse come abitazione principale» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 4530 del 20/02/2024, Rv. 670367 – 01).
L’utilizzazione del bene (quale abitazione principale) deve essere effettuata da parte del proprietario (o di titolare di diritto reale) e non di terzi (vedi Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8073 del 21/03/2019, Rv. 653398 -01 e Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19773 del 23/07/2019, Rv. 654969 -01 , per l’esenzione ex art. 7, primo comma, lettera a, d. lgs. n. 504 del 1992; Sez. 5, n. 4530 del 2024, Rv. 670367).
Infatti, la normativa (l. n. 160 del 2019, art. 1, comma 747) concede una riduzione del 50 % per le abitazioni concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado con contratto registrato. Argomentando a contrario , non può applicarsi l’esenzione dell’imposta nel caso prospettato dalla ricorrente, di possesso di fatto pro quota dell’abitazione di un comproprietario.
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 2909 cod. civ. , per omessa pronuncia sull’eccezione di giudicato esterno di cui alla sentenza CTP n. 6439 del 2018. Con il terzo motivo la ricorrente prospetta violazione dell’art. 360, primo comma n. 5, cod. proc. civ. per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (il giudicato medesimo).
I motivi, che si trattano congiuntamente per la identità di ratio , sono infondati. A prescindere dal passaggio in giudicato della sentenza (attestazione ex art. 124 disp. Att. cpc), così come dalla riferibilità del giudicato ad altra annualità di imposta, si deve comunque rilevare che sulle questioni giuridiche di interpretazione delle norme non può trovare applicazione la regola preclusiva del giudicato esterno ex art. 2909 cod civ. (che riguarda l’accertamento dei fatti e non l’interpretazione della legge ): «In tema di giudicato esterno, l’interpretazione delle norme giuridiche compiuta dal giudice non può mai costituire limite all’attività esegetica esercitata da altro giudice, la quale, in quanto essenziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può incontrare vincoli, non trovando riconoscimento, nell’ordinamento processuale italiano, il principio dello stare decisis . (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale, respingendo l’eccezione di giudicato esterno, aveva operato un’autonoma valutazione della fattispecie oggetto di giudizio,
relativamente alla legittimità del metodo utilizzato dall’Ente comunale per la stima dell’immobile soggetto ad ICI)» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 5822 del 05/03/2024, Rv. 670813 -01; vedi anche Sez. 5, Sentenza n. 23723 del 21/10/2013, Rv. 628972 – 01).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 550,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
A i sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 04/12/2024 .