Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14915 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14915 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 21885-2021 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del ricorso
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME , in persona del Sindaco pro tempore
-intimato- avverso la sentenza n. 422/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL L’ABRUZZO , depositata il 21.5.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30/4/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale del l’Abruzzo aveva accolto l’appello del Comune di Manoppello avverso la sentenza n.
in accoglimento del ricorso proposto avverso avviso accertamento IMU 2014.
Il Comune è rimasto intimato.
Il ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e lamenta che «nonostante la qualifica di Coltivatore Diretto dichiarata e documentata dal contribuente, il Giudice di secondo grado …(aveva)… deciso la controversia facendo … richiamo a “l’art. 1 del citato D.Lgs. 99/2004” … e dunque alla diversa figura dello IAP, mai rivestita dal contribuente né dallo stesso mai eccepita ai fini della richiesta di annullamento della pretesa impositiva IMU».
1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. in conseguenza della motivazione apparente resa dalla Commissione tributaria regionale poiché, nonostante il contribuente avesse invocato l’ esenzione IMU in quanto coltivatore diretto del fondo …, la Commissione Regionale aveva «argomentato unicamente sulla base della diversa e inconferente normativa sull’Imprenditore Agricolo Professionale (IAP), senza considerare che tale qualifica non …(era)… stata mai rivestita né invocata dal …(ricorrente)… che …(aveva)… invece prodotto in giudizio documentazione attestante la propria qualifica di Coltivatore Diretto…».
1.3. Le doglianze, da esaminare congiuntamente, in quanto sottese alla medesima quaestio iuris , sono infondate.
1.4. La Commissione tributaria regionale ha invero affermato quanto segue: «La materia del contendere è delimitata all’applicazione dell’IMU sui terreni di proprietà del contribuente che ritiene sussistere, in suo favore, il presupposto per la fruizione dell’esenzione dal pagamento in considerazione dell’iscrizione dell’anno 2014 alla gestione INPS coltivatori diretti ex art. 2, comma 1, lett. b) D. Lgs. 504/92», escludendo la sussistenza dei presupposti per la richiesta esenzione stante il percepimento di redditi relativi alla coltivazione del fondo in misura inferiore al previsto 50 %, in cui non erano compresi i redditi da pensione.
1.5. Non sussiste quindi il lamentato vizio di interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti con violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (articolo 112 c.p.c.), essendo stata piuttosto prospettata una falsa applicazione di norme di legge, consistente nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista non è idonea a regolarla (cfr. Cass. n. 23851 del 2019).
2.1. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell’art. 2083 cod. civ., dell’art. 1 D.Lgs. n. 99/2004, degli artt. 2 e 9 D.Lgs. n. 504/1992 e dell’art. 13, comma 2, D.L. 201/2001» e lamenta che la Commissione tributaria regionale, «facendo esclusivo riferimento all’art. 1 D.Lgs. n. 99/2004 relativo alla figura dello IAP, ha trascurato che nel caso qui in esame il …(contribuente)… si …(era)… sempre qualificato come Coltivatore Diretto, omettendo pertanto di valutare la spettanza o meno dell’agevolazione IMU di cui al citato art. 2 D.Lgs. n. 504/1992, in combinato disposto con l’art. 13 DL n. 201/2011, sulla base dei presupposti ad esso propri (in specie: proprietà ed esercizio diretto del fondo; iscrizione e versamenti previdenziali INPS; iscrizione alla Camera di Commercio)».
2.2. Nella fattispecie la Commissione tributaria regionale ha affermato quanto segue:« Nel caso che ci occupa, il contribuente ha percepito redditi relativi alla conduzione del fondo, ivi incluso il trattamento pensionistico
separato, di € 10.745,00 pari al 26% circa dei redditi diversi ricomprendenti i redditi da fabbricati che ammontano ad € 41.326,00: dunque inferiori al previsto 50%, pur non considerando che dal computo percentuale sono escluse le pensioni di ogni genere così come previsto dall’art. 1, comma 1, citato D. Lgs. 99/2004. In conseguenza i redditi da lavoro sono inferiori alla evidenziata percentuale di ¼ di quelli complessivamente percepiti».
2.3. In punto di diritto si osserva che l’art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992 riconosce una riqualificazione, a favore dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, dei terreni sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento degli animali: tali terreni, benché urbanisticamente edificabili, ai fini T.C.I., sono considerati agricoli, con la conseguenza che l’imposta non risulta dovuta in forza dell’esenzione riconosciuta a favore di coltivatori diretti e I.A.P.
2.4. Il d.lgs. n. 99 del 2004, successivamente modificato dal d.lgs. n. 101 del 2005, ha introdotto nel nostro ordinamento la figura dell’imprenditore agricolo professionale (I.A.P.) che ha sostituito ed abrogato le previgente figura di imprenditore agricolo a titolo principale (I.A.T.P.).
2.5. L’art. 1 del d.lgs. n. 99 del 2004 richiede il possesso di specifiche conoscenze e competenze professionali, nonché il rispetto di specifici requisiti di tempo e lavoro.
2.6. È previsto che l’imprenditore agricolo professionale dedichi all’attività agricola la prevalenza del proprio tempo di lavoro complessivo, dall’altro, che i ricavi delle suddette attività siano prevalenti sul proprio reddito globale.
2.7. L’art. 1 d.lgs. n. 99 del 2004, infatti, stabilisce quanto segue: «Ai fini dell’applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’art. 5 del regolamento (CE) n. 1237 del 1999 del 17 maggio 1999, del Consiglio, dedichi alle attività agricole di cui all’art.
2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro».
2.8. Ciò posto, ai fini dell’esame della questione controversa, è necessario delineare le differenze tra la figura dell’imprenditore agricolo professionale (I.A.P.) e la figura del coltivatore diretto.
2.9. La definizione di coltivatore diretto è contenuta in norme di carattere speciale previste per il settore agricolo quali: a) l’art. 48 legge n. 454 del 1961 che definisce coltivatori diretti «coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento ed al governo del bestiame, sempre che la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame»; b) l’art. 6 legge 3 maggio 1982, n. 203 secondo cui «ai fini della presente legge sono affittuari coltivatori diretti coloro che coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempreché tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie per la coltivazione del fondo stesso, anche dell’impiego delle macchine agricole»; c) l’art. 2, legge n. 1047 del 1957 ai sensi del quale «agli effetti della presente legge, sono considerati coltivatori diretti i proprietari, gli affittuari, gli enfiteuti e gli usufruttuari, i miglioratori, gli assegnatari, i pastori e gli altri comunque denominati che direttamente e abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi o all’allevamento ed al governo del bestiame».
2.10. Dalle suddette disposizioni, emerge chiaramente che, ai fini della qualifica di coltivatore diretto, il legislatore richiede che lo stesso si dedichi direttamente ed abitualmente alla coltivazione del fondo, con lavoro proprio o della sua famiglia, mentre per il riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale è necessario che il soggetto dedichi alle attività agricole di cui all’art. 2735 c.c. almeno il cinquanta per cento del
proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro.
2.11. Ne consegue che lo I.A.P. non è tenuto direttamente a provvedere alla coltivazione del fondo, ma è sufficiente che lo stesso «conduca» direttamente il terreno agricolo, anche a mezzo di maestranze, trattandosi di un imprenditore che provvede, svolgendo attività di direzione e controllo, alla coltivazione del fondo.
2.12. Pertanto, se per il coltivatore diretto rimane forte il legame con il fondo agricolo, così non è per lo I.A.P., in quanto è evidente l’assenza di un collegamento diretto con l’esercizio di un’attività sul campo, che può esprimersi con modalità direzionali e organizzative dell’attività agricola e di allevamento del bestiame, rappresentando una figura moderna di imprenditore del settore agricolo, che riveste un ruolo dirigenziale e non meramente esecutivo e manuale.
2.13. La giurisprudenza di legittimità è pacificamente orientata, dunque, nel senso della distinzione e della attuale coesistenza nell’ordinamento giuridico delle due figure del coltivatore diretto e dell’imprenditore agricolo professionale (cfr. Cass. 15183 e 12852 del 2021, 16071 del 2013), atteso che le due qualifiche, comunque, non coincidono, con la conseguenza che è anche possibile possedere la qualifica di coltivatore diretto e non quella di IAP (cfr. Cass. n. 3460 del 2021 in motiv.).
2.14. La Commissione tributaria regionale ha, quindi, erroneamente previsto per il coltivatore diretto il rispetto dei requisiti di cui all’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 99 del 2004, e all’art. 2 legge n. 604 del 1954, trattandosi di requisiti dettati per il solo imprenditore agricolo professionale, dovendo essere accolte le censure del ricorrente al riguardo.
3.1. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. avendo la Commissione tributaria regionale accolto l’appello del Comune, riformando la sentenza di primo grado anche nella parte in cui la Commissione tributaria provinciale aveva accolto la doglianza relativa alla
«particella 291 Foglio 3 per errore di calcolo» della pretesa impositiva da parte del Comune, senza fornire di ciò alcuna motivazione.
3.2. La censura è parimenti fondata essendo stato integralmente accolto l’appello del Comune , con parziale riduzione della pretesa impositiva, senza fornire alcuna motivazione sul punto, pur avendo l’appellato specificamente contestato l’errore di calcolo dell’importo scorporato, relativo solo al primo semestre dell’annualità in questione , come riportato nei relativi atti difensivi trascritti in parte qua nel ricorso.
Il ricorso va dunque accolto quanto al terzo e quarto motivo, respinti i rimanenti motivi, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame, anche delle questioni rimaste assorbite, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, respinti i rimanenti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da