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Esenzione IMU beni-merce: quando si perde il diritto

Un’impresa edile rivendicava l’esenzione IMU per i beni-merce, nonostante questi fossero inclusi in un contratto di affitto di ramo d’azienda. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’esenzione IMU beni-merce si perde nel momento in cui gli immobili diventano produttivi di reddito. La Corte ha chiarito che il termine “locati” va interpretato in senso ampio, includendo qualsiasi contratto che generi un reddito dall’immobile, annullando così il presupposto dell’agevolazione fiscale.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione IMU Beni-Merce: Stop all’Agevolazione se l’Immobile Produce Reddito

L’esenzione IMU beni-merce rappresenta un’importante agevolazione per le imprese costruttrici, ma i suoi confini applicativi sono spesso oggetto di contenzioso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale: l’esenzione viene meno qualora l’immobile, pur destinato alla vendita, sia utilizzato per produrre reddito, ad esempio attraverso un contratto di affitto di ramo d’azienda. Analizziamo la decisione e le sue implicazioni.

I fatti di causa

Una società di costruzioni, proprietaria di immobili invenduti (i cosiddetti “beni-merce”), aveva stipulato un contratto di affitto di ramo d’azienda, includendo in esso anche tali proprietà. L’amministrazione comunale, ritenendo che tale operazione avesse fatto venir meno i presupposti per l’agevolazione fiscale, emetteva un avviso di accertamento per il pagamento dell’IMU.

La controversia è giunta fino alla Corte di Cassazione, dopo che la Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione all’impresa. La questione centrale era stabilire se la concessione in affitto di un ramo d’azienda comprendente i beni-merce fosse compatibile con l’esenzione IMU, oppure se tale utilizzo li rendesse a tutti gli effetti “produttivi di reddito”, escludendoli dal beneficio.

Il principio dell’esenzione IMU beni-merce e l’interpretazione della Corte

La normativa sull’esenzione IMU beni-merce nasce con l’obiettivo di non gravare fiscalmente le imprese edili su immobili che rappresentano il loro magazzino, ovvero beni invenduti e non ancora produttivi. La legge, tuttavia, prevede che l’esenzione non si applichi agli immobili “in ogni caso locati”.

L’amministrazione comunale sosteneva che questa espressione dovesse essere interpretata in senso ampio, ricomprendendo non solo la locazione tradizionale, ma qualsiasi contratto che consentisse all’immobile di generare un reddito. Di contro, l’impresa difendeva una lettura più restrittiva, distinguendo tra contratto di locazione e contratto di affitto di ramo d’azienda.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto la tesi dell’ente impositore, fornendo motivazioni chiare e basate sulla ratio della norma. I giudici hanno affermato che lo scopo dell’esenzione è quello di agevolare gli immobili che sono temporaneamente “congelati” nel patrimonio dell’impresa in attesa della vendita e che, per loro natura, non producono alcun reddito.

Nel momento in cui questi beni vengono inseriti in un circuito economico che ne determina la redditività – come un affitto di ramo d’azienda – la ragione stessa dell’agevolazione cessa di esistere. La Corte ha specificato che la distinzione tra locazione e affitto di ramo d’azienda è irrilevante ai fini IMU. Ciò che conta è il risultato economico: l’immobile non è più un bene improduttivo in attesa di acquirente, ma una fonte di reddito. L’espressione “in ogni caso locati” deve quindi essere intesa come riferita a un concetto ampio di messa a reddito, che prescinde dalla specifica forma contrattuale utilizzata. L’impiego produttivo dei beni-merce, anche a fini commerciali, è incompatibile con il mantenimento del beneficio fiscale.

Le conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione stabilisce un principio netto: l’esenzione IMU beni-merce è strettamente legata alla condizione di improduttività dell’immobile. Qualsiasi utilizzo che ne comporti la generazione di un reddito, che sia tramite una locazione diretta o attraverso strumenti più complessi come l’affitto di ramo d’azienda, determina la perdita immediata del beneficio fiscale. Questa interpretazione offre un criterio univoco per le imprese del settore, che dovranno valutare attentamente le conseguenze fiscali di ogni operazione che coinvolga il loro patrimonio immobiliare invenduto.

Un’impresa costruttrice perde l’esenzione IMU sui beni-merce se li include in un contratto di affitto di ramo d’azienda?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che se gli immobili-merce cessano di essere improduttivi e generano un reddito, come nel caso di un affitto di ramo d’azienda, l’esenzione IMU non può più essere riconosciuta.

Come interpreta la Cassazione l’espressione “immobili in ogni caso locati” ai fini dell’esenzione IMU?
La Corte interpreta l’espressione in senso ampio, non limitandola al solo contratto di locazione. Essa si riferisce a qualsiasi forma contrattuale che comporti la produzione di un reddito da parte dell’immobile, incluso l’affitto di ramo d’azienda, poiché lo scopo è colpire la redditività del bene.

Qual è lo scopo principale dell’esenzione IMU per i beni-merce secondo la sentenza?
Lo scopo dell’esenzione è agevolare i fabbricati costruiti dall’impresa e destinati alla vendita, fintanto che tale destinazione permane e non diventano produttivi. L’agevolazione è legata alla condizione di bene “in attesa” di essere immesso sul mercato, e non a un bene già inserito in un circuito produttivo di reddito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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