Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33815 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33815 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
IMU BENI MERCE (BOX AUTO) -MESSA A DISPOSIZIONE DEI BENI AL SERVIZIO PUBBLICO
sul ricorso iscritto al n. 10738/2023 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede legale in Milano, alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore , amministratore unico, Ing. NOME COGNOME rappresentata e difesa, come da procura speciale nomina poste in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Milano (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
il COMUNE DI VARENNA (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede alla INDIRIZZO in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore , Sig. NOME COGNOME autorizzato a
stare in giudizio giusta delibera di Giunta comunale n. 51 del 4 maggio 2023 e successiva determina del responsabile n. 82 del 16 maggio 2023, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE.
-CONTRORICORRENTE -RICORRENTE INCIDENTALE –
per la cassazione della sentenza n. 4171/5/2022 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, depositata il 2 novembre 2022, non notificata.
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 9 ottobre 2024.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso di accertamento in atti con cui il Comune di Varenna chiese alla suindicata società il pagamento del saldo IMU per l’anno 2015 in relazione a vari beni immobili ( box auto) posseduti dalla contribuente in detto Comune.
La suindicata Corte rigettava l’appello principale proposto dalla società ed accoglieva quello incidentale presentato dal Comune avverso la sentenza n. 9/2/2021 della Commissione tributaria provinciale di Lecco, confermando la legittimità dell’avviso impugnato, e ritenendo che:
-« l’omessa dichiarazione annuale IMU/2015 (quale presupposto per l’esenzione nei casi di variazione di imposta) che peraltro doveva essere presentata per l’intervenuta vendita di n. 4 box rispetto al 2013» (v. pagina n. 11 della sentenza impugnata) e « la dichiarazione del Rappresentante della società che nella relazione relativa al rendiconto economico della gestione 2015 del parcheggio multipiano in Varenna (prevista dal contratto di concessione) » (v. pagine nn. 11 e 12 della sentenza
impugnata), con cui testualmente affermava «’I boxes attualmente invenduti sono stati messi a disposizione della gestione del servizio pubblico in occasione delle giornate di maggiore affollamento e per far fronte alla significativa richiesta di adesione alla convenzione dipendenti», costituissero, unitamente alla relazione della Polizia « sia pure intervenuta ben 4 anni dopo – indizi gravi precisi e concordanti per poter sostenere la tesi del Comune sulla intervenuta decadenza dell’esenzione che ha coinvolto tutti i box ripresi legittimamente a tassazione dall’ente comunale con l’avviso impugnato» (v. pagina n. 12 della sentenza impugnata);
–fosse «induttiva-macchinosa» la valutazione del primo Giudice che, «con un’operazione matematica sui redditi ha presunto 36 box dati in locazione», assumendo che «più logico e convincente risulta a questa Corte l’intervenuta decadenza dall’esenzione di tutti i box che il Comune di Varenna ha rilevato con gli elementi sopra citati» (v. pagina n. 12 della sentenza in rassegna).
Avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, notificato in data 2 maggio 2023 formulando due motivi d’impugnazione.
Il Comune di Varenna resisteva con controricorso depositato l’11 giugno 2023, successivamente depositando (il 27 settembre 2024) memoria ex art. 380bis .1., c.p.c.
RAGIONI DELLE DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha dedotto, in relazione al paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 5bis , d.l. 31 agosto 2013, n. 102 e 13, comma
12ter , d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 ratione temporis applicabile, reputando erronea la valutazione del Giudice regionale nella parte in cui ha segnalato la mancata presentazione della dichiarazione prevista, a pena di decadenza, per godere del beneficio fiscale, in quanto a mente del citato art. 13 la dichiarazione nella specie presentata dalla società per l’anno 2013 aveva effetto anche per gli anni successivi (per quanto ora rileva per l’anno 2015) in assenza di variazioni.
1.1. La società ha aggiunto che -diversamente da quanto opinato dalla Commissione – la permanenza della destinazione alla vendita dei beni merce era stata provata per tabulas senza alcun ulteriore onere probatorio a carico della società concessionaria, ponendo in rilievo che gli immobili invenduti erano (e sono tutt’ora) per espressa previsione dell’articolo 2 del contratto sottoscritto con lo stesso Comune di Varenna espressamente destinati alla vendita in quanto le somme incassate dalla società concessionaria costituiscono -nel tipico schema della finanza di progetto il corrispettivo per la costruzione dell’opera» (v. pagina n. 7 del ricorso).
Con la seconda censura la contribuente ha dedotto, in relazione al canone di cui all’art. 360, primo comma, n. 3.c.p.c., la violazione degli artt. 2967 e 2729 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c. e 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, assumendo che il Giudice regionale, « pur premettendo – correttamente – che l’onere della prova dell’intervenuta decadenza fosse a carico del Comune, ritiene provata l’intervenuta decadenza dall’esenzione dalla combinata sussistenza di tre elementi: (i) l’omessa dichiarazione Imu, (ii) l’accertamento di polizia municipale effettuato 4 anni dopo (2019) e (iii) la frase indicata nella relazione di gestione che in ogni caso riconosce non essere una prova certa sulla prova della locazione» (v. pagina n. 9 del ricorso), ponendo l’istante – di
contro
in evidenza l’irrilevanza dell’omessa dichiarazione per quanto sopra osservato, la non concludenza di un accertamento effettuato dopo quattro anni in violazione di ogni prescrizione di legge, senza alcun contraddittorio con il soggetto accertato ed attribuendo ad esso effetti retroattivi, in violazione della regola dettata dall’articolo 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, assumendo quindi l’illegittimità del predetto accertamento.
Il tutto, per concludere nel senso che la decisione di appello risulta gravemente viziata in quanto fondata su prove illegittime e su presunzioni non utilizzabili nel processo tributario, restando, pertanto, in definitiva, indimostrata la prova della pretesa fiscale.
I suindicati motivi d’impugnazione possono essere esaminati congiuntamente e vanno respinti.
Le censure articolate dalla società risentono di una riduttiva lettura della sentenza impugnata, la quale, con motivazione articolata su più livelli, ha ritenuto l’assenza di elementi rappresentativi di un’attività destinata alla vendita dei beni e, per converso -per come desunto dalla dichiarazione del rappresentante della società nel rendiconto finanziario e dalla relazione della polizia locale – la loro messa a disposizione per la gestione del servizio pubblico, ravvisando sulla base di tali elementi la sussistenza di una prova presuntiva idonea ad accreditare l’ordine di idee circa l’utilizzo economico di tutti i box della società e non solo di parte di essi, come ravvisato dal primo Giudice.
Si tratta di una valutazione di merito che si allinea a quanto di recente chiarito, sul piano dei principi, da questa Corte, secondo cui « la finalità perseguita dal legislatore è chiaramente volta a non gravare del tributo quelle imprese rispetto alle quali il presupposto impositivo (D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2,
cit., in relazione al D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2) si identifica col possesso di “fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita” (“fintanto che permanga tale destinazione”) -ove, dunque, l’avvenuta realizzazione del fabbricato, e la sua permanente destinazione alla vendita, connotano il contenuto della disposizione, e lo stesso scopo di favore perseguito » (così Cass., Sez. T., 2 febbraio 2024, n. 3094).
In tale prospettiva, dunque, la ritenuta messa a disposizione dei beni al servizio di parcheggio ha reso manifesto un utilizzo del bene (come se si trattasse di un bene strumentale -destinato all’attività propria della società concessionaria del parcheggio; cfr., sul punto Cass., Sez. T., 4 maggio 2023, n. 11631 e Cass., Sez. T., 14 dicembre 2021, n. 39817), che ha caratterizzato una diversa destinazione economica degli immobili oggetto di tassazione e, con essa, fatto venir meno la loro necessaria – ai fini che occupano – destinazione alla vendita, così inibendo il diritto all’esenzione.
Per tale via, non vi è stata violazione degli artt. 2, comma 5bis , d.l. 31 agosto 2013, n. 102 e 13, comma 12ter , d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 ratione temporis applicabile, avendo il Giudice regionale compiuto per l’anno 2015, oggetto di tassazione, una valutazione fattuale sul diverso utilizzo dei beni, escludente il beneficio, con valutazione che ha assorbito ogni disamina sulla dedotta ultrattività della dichiarazione presentata dalla società.
nemmeno vi è stata violazione del ragionamento presuntivo;
8.1. sul piano dei principi, va rammentato che:
anche un solo indizio può giustificare la pretesa fiscale, se grave e preciso, ovvero dotato di alta valenza probabilistica
connessa alla sua provenienza (Cass., Sez. VI/T., 12 febbraio 2018, n. 3276 che richiama Cass. n. 8605/2015);
«in sede di legittimità è possibile censurare la violazione dell’art. 2729 c.c. e dell’art. 2727 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (Cass., n. 3562/2021; Cass., n.3541/2020; Cass., n. 19485/2017); in ogni caso non è ravvisabile la violazione dell’art. 2727 c.c. se le doglianze sollevate tendono, in realtà, ad una rivalutazione del merito, censurando l’accertamento in fatto operato sulla base delle risultanze istruttorie (Cass., Sez. Un., n.1785/2018; Cass., n. 3541/2020)» (così Cass., Sez. I, 16 maggio 2024, n. 13569);
quando siano presi in considerazione più elementi «la prova presuntiva (o indiziaria) esige che il giudice prenda in esame tutti i fatti noti emersi nel corso dell’istruzione, valutandoli tutti insieme e gli uni per mezzo degli altri (cfr. Cass. Sez. III, 9 marzo 2012, n. 3703). In particolare, il giudice «è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni
di essi» (così Cass. n. 9059 del 12/04/2018; si vedano altresì Cass. n. 18822 del 16/07/2018; Cass. n. 27410 del 25/10/2019)» (così, Cass., Sez. T., 29 luglio 2024, n. 21158);
«Nel quadro del principio, espresso nell’art. 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove (salvo che non abbiano natura di prova legale), peraltro, il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti (cfr. Cass., SU, n. 20867 del 2020): il relativo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, purché risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, agli elementi utilizzati (cfr. Cass. n. 11176 del 2017)» (così Cass., Sez. I, 16 maggio 2024, n. 13569).
8.2. Nella specie, il Giudice regionale ha valorizzato ai fini della decisione, tra gli elementi sopra riepilogati dalla stessa ricorrente, la dichiarazione resa dal rappresentante della società circa la messa a disposizione dei box , con valutazione di merito basata su di elemento di sicura gravità indiziaria, capace di giustificare sul piano della razionalità del ragionamento, unitamente all’omessa dichiarazione, la decadenza dal beneficio.
8.3. In tale contesto, il riferimento alla relazione della Polizia locale (che il Giudice regionale non manca di collocare temporalmente quattro anni dopo l’anno di imposta) risulta aver avuto un peso del tutto trascurabile nel quadro della complessiva valutazione compiuta dalla Corte territoriale, che non è fondata sul sopralluogo compiuto dalla polizia, il che rende non pertinente la dedotta violazione dell’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212.
8.4. Nemmeno vi è stato, infine, il dedotto rovesciamento dell’onere della prova, giacchè la Corte ha utilizzato gli elementi
probatori ritualmente acquisiti al processo, in linea coerente con il principio di acquisizione (o di non dispersione) processuale della prova, che consente al giudice di porre a base della propria decisione gli elementi acquisiti al processo, a prescindere dal soggetto processuale che li ha versati in atti (cfr., anche, da ultimo, Cass., Sez. II, 8 gennaio 2024 n. 456, che richiama Cass., Sez. Un., 16 febbraio 2023, n. 4835).
Il rigetto del ricorso principale esime dall’esame di quello incidentale condizionato, basato, ai sensi dell’art. 360 primo comma, n. 3, c.p.c., sulla dedotta violazione dell’art. 2, comma 5 -bis , d.l. 31 agosto 2013., n. 102 (per aver proceduto ad una valutazione di merito della controversia, nonostante la mancata dichiarazione per l’anno 2015, stante il valore non ultrattivo di quella presentata per l’anno 2013) e dell’art. 2697 c.c. (per aver posto a carico del Comune l’onere di dimostrare la decadenza della società dall’agevolazione); si tratta infatti di questioni che restano assorbite nella valutazione che precede.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate nella misura di cui al dispositivo.
Va, infine, dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale.
Condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore del Comune di
Varenna nella misura di 5.500,00 € per competenze, oltre accessori ed alla somma di 200,00 € per esborsi.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente principale, di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma in data 9 ottobre 2024.