Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33784 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33784 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
IMU BENI MERCE (BOX AUTO) -MESSA A DISPOSIZIONE DEI BENI AL SERVIZIO PUBBLICO
sul ricorso iscritto al n. 3574/2023 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede legale in Milano, alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore , amministratore unico, Ing. NOME COGNOME rappresentata e difesa, come da procura speciale nomina poste in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Milano (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
il COMUNE DI VARENNA (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede alla INDIRIZZO in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore , Sig. NOME COGNOME autorizzato a stare in giudizio giusta delibera di Giunta comunale n. 19 del 10 febbraio 2023 e
successiva determina del responsabile n. 38 del 13 marzo 2023, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE.
-CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 2874/20/2022 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 7 luglio 2022, non notificata.
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 9 ottobre 2024.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso di accertamento in atti con cui il Comune di Varenna chiese alla suindicata società il pagamento del saldo IMU per l’anno 2014 per complessivi 64.188,00 €, in relazione a vari immobili (box auto) posseduti dalla contribuente in detto Comune.
La suindicata Commissione rigettava l’appello principale proposto dalla società ed accoglieva quello incidentale presentato dal Comune avverso la sentenza n. 9/2/2021 della Commissione tributaria provinciale di Lecco, assumendo che:
-« va rilevato che non risulta che la Società, per l’anno 2014, abbia presentato la dichiarazione prevista a pena di decadenza dal comma 5 bis dell’art. 2 D.L. 102/2013, che così recita: «ai fini dell’applicazione dei benefici di cui al presente articolo, il soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario per la presentazione delle dichiarazioni di variazione relative all’imposta municipale propria, apposita dichiarazione, utilizzando il modello ministeriale predisposto per la presentazione delle suddette dichiarazioni, con la quale attesta il
possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli immobili ai quali il beneficio si applica.’ La Società risulta aver prodotto in giudizio dichiarazione relativa all’anno 2013, inutilizzabile con riferimento all’annualità successiva, oggetto del presente procedimento»;
– «Comunque, trattandosi di agevolazione, sarebbe spettato alla ricorrente provare la sussistenza dei presupposti, id est la permanenza della destinazione alla vendita e l’assenza di un diverso utilizzo economico. Per converso, a parte il rilievo dell’assenza di elementi indicativi di una qualche attività della Società finalizzata alla vendita dei box, proprio dalla documentazione versata in atti emergono elementi indicativi dell’utilizzo economico degli stessi. Non può infatti trascurarsi che nel rendiconto finanziario formulato proprio per l’anno 2014 è scritto che «i boxes attualmente invenduti sono stati messi a disposizione della gestione del servizio pubblico in occasione delle giornate di maggiore affollamento per far fronte alla significativa richiesta di adesioni alla “convenzione dipendenti”». E del resto, l’esame della documentazione offerta dalla stessa Società (prospetto dei dati di occupazione giornaliera 2014, rende evidente come in numerose giornate la corposa affluenza del pubblico non sia potuta essere contenuta nei soli sei posti auto (D/8) indicati dalla Società come gli unici spazi ai quali potersi riferire le voci ‘abbonamento eventi’ e ‘convenzioni dipendenti’, conseguendone, non risultando che vi fossero altri spazi oltre i D/8 e i C/6, che proprio questi ultimi siano stati utilizzati per le suddette occasioni, derivandone un evidente sviamento funzionale dei predetti, affermati come “beni merce’, dalla destinazione alla vendita all’utilizzo economico» (così nella sentenza impugnata).
Avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, notificato in data 7 febbraio 2023, formulando due motivi d’impugnazione.
Il Comune di Varenna resisteva con controricorso depositato in data 17 marzo 2023, successivamente depositando (il 27 settembre 2024) memoria ex art. 380bis .1., c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha dedotto, in relazione al paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 5bis , d.l. 31 agosto 2013, n. 102 e 13, comma 12ter , d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 ratione temporis applicabile, reputando erronea la valutazione del Giudice regionale nella parte in cui ha segnalato la mancata presentazione della dichiarazione prevista, a pena di decadenza, per godere del beneficio fiscale, in quanto -a dire della società – a mente del citato art. 13, la dichiarazione presentata dalla società per l’anno 2013 aveva effetto anche per gli anni successivi (per quanto ora occupa per l’anno 2014) in assenza di variazioni.
1.1. La società ha aggiunto che -diversamente da quanto opinato dalla Commissione – la permanenza della destinazione alla vendita dei beni merce era stata provata per tabulas senza alcun ulteriore onere probatorio a carico della società concessionaria, ponendo in rilievo che gli immobili invenduti erano (e sono tutt’ora) per espressa previsione dell’articolo 2 del contratto sottoscritto con lo stesso Comune di Varenna espressamente destinati alla vendita in quanto le somme incassate dalla società concessionaria costituiscono -nel tipico schema della finanza di progetto il corrispettivo per la costruzione dell’opera» (v. pagina n. 7 del ricorso).
Con la seconda censura la contribuente ha dedotto, in relazione al canone di cui all’art. 360, primo comma, n. 3.c.p.c., la violazione degli artt. 2967 c.c. e 116 c.p.c., avendo posto a carico della società la prova negativa di non aver utilizzato i beni invenduti a fini locativi, laddove competeva la Comune dimostrare i fatti costitutivi della pretesa, onere questo non assolto dall’ente territoriale.
I suindicati motivi d’impugnazione possono essere esaminati congiuntamente e vanno respinti.
Le censure articolate dalla società risentono di una riduttiva lettura della sentenza impugnata, la quale, con motivazione articolata su più livelli, ha ritenuto l’assenza di elementi rappresentativi di un’attività destinata alla vendita dei beni e, per converso, per come desunto dalla rendiconto finanziario e dal prospetto dei dati di occupazione giornaliera dei box, la loro messa a disposizione per la gestione del servizio pubblico in occasione delle giornate di maggiore affollamento, ravvisando in tale esercizio « un evidente sviamento funzionale dei predetti (ndr immobili), affermati come “beni merce’, dalla destinazione alla vendita all’utilizzo economico» (così nella sentenza impugnata).
Si tratta di una valutazione di merito che si allinea a quanto di recente chiarito, sul piano dei principi, da questa Corte, secondo cui « la finalità perseguita dal legislatore è chiaramente volta a non gravare del tributo quelle imprese rispetto alle quali il presupposto impositivo (D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, cit., in relazione al D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2) si identifica col possesso di “fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita” (“fintanto che permanga tale destinazione”) -ove, dunque, l’avvenuta realizzazione del fabbricato, e la sua permanente destinazione alla vendita, connotano il contenuto della disposizione, e lo stesso scopo di
favore perseguito » (così Cass., Sez. T., 2 febbraio 2024, n. 3094).
In tale prospettiva, dunque, la (pacifica) messa a disposizione dei beni al servizio di parcheggio ha reso manifesto un utilizzo del bene (come se si trattasse di un bene strumentale -destinato all’attività propria della società concessionaria del parcheggio; cfr., sul punto Cass., Sez. T., 4 maggio 2023, n. 11631 e Cass., Sez. T., 14 dicembre 2021, n. 39817), che ha caratterizzato una diversa destinazione economica degli immobili oggetto di tassazione e, con essa, fatto venir meno la loro necessaria – ai fini che occupano – destinazione alla vendita, così inibendo il diritto all’esenzione.
Per tale via, non vi è stata violazione degli artt. 2, comma 5bis , d.l. 31 agosto 2013, n. 102 e 13, comma 12ter , d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 ratione temporis applicabile, avendo il Giudice regionale compiuto per l’anno 2014, oggetto di tassazione, una valutazione fattuale sul diverso utilizzo dei beni, escludente il beneficio, il che assorbe ogni valutazione sulla dedotta ultrattività della dichiarazione presentata dalla società.
Nemmeno vi è stato, infine, il dedotto rovesciamento dell’onere della prova, giacchè la Corte ha utilizzato gli elementi probatori ritualmente acquisiti al processo, in linea coerente con il principio di acquisizione (o di non dispersione) processuale della prova, che consente al giudice di porre a base della propria decisione gli elementi acquisiti al processo, a prescindere dal soggetto processuale che li ha versati in atti (cfr., anche, da ultimo, Cass., Sez. II, 8 gennaio 2024 n. 456, che richiama Cass., Sez. Un., 16 febbraio 2023, n. 4835).
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate nella misura di cui al dispositivo.
10. Va, infine, dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore del Comune di Varenna nella misura di 7.500,00 € per competenze, oltre accessori ed alla somma di 200,00 € per esborsi.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso proposto.
Così deciso in Roma in data 9 ottobre 2024.