Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8285 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8285 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23149/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COMUNE DI NAPOLI, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME (CODICE_FISCALE e NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA n. 1333/2021 depositata il 09/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE in persona dei suoi amministratori e legali rappresentanti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Campania n. 1333/14/2021, depositata il 9 febbraio 2021 e non notificata che, in riforma della sentenza di primo grado aveva rigettato il ricorso di parte contribuente avverso l’avviso di rettifica IMU 2017 emesso dal Comune di Napoli.
L’ente impositore resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 legge 241/1990 e 7 l. 212/2000, lamentando l’erroneità della pronunzia impugnata relativamente al mancato rilievo dei profili di illegittimità dell’impugnato avviso in rettifica, n. 303102/847 del 29/03/2018, per carente, erronea e/o insufficiente motivazione, in violazione del l’artt. 3, comma 3, della legge 241/1990, degli artt. 7 e 10 della legge 212/2000 e degli artt. 24 e 97 Cost.
Rileva che non era dato comprendere le ragioni per le quali un provvedimento evidentemente viziato per tutte le argomentazioni esposte (in quanto oltre a non specificarsi le modalità di determinazione della pretesa e le aliquote applicate neppure erano stati riportati i versamenti IMU 2017 effettuati dalla contribuente, a saldo di quanto dovuto) era stato ritenuto ‘sufficientemente’ motivato.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c. falsa applicazione di norme di diritto e per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’appli cazione dell’art. 13, comma 9 -bis del d.l. 201/11 e dell’art. 5 -bis dell’art. 2 del d.l. n.° 102 del 2013 (convertito, con modi. dalla legge
28/10/2013 n.° 124), nonché degli artt. 2697 c.c. nonchè 115 116 c.p.c.
Evidenzia che la sentenza era da ritenere viziata in quanto i giudici di appello avevano omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio, ovvero l’avvenuta presentazione della dichiarazione IMU 2017 e dei versamenti a mezzo F24, depositati sia nel primo che nel secondo grado di giudizio e non avevano considerato che parte ricorrente aveva dimostrato sia attraverso l’indicazione in bilancio dei beni immobili, quali beni merce sia con le dichiarazioni IMU 2017 e con tutta la restante documentazione prodotta in atti in tema di immobili locati, costruiti e ancora in attesa di alienazione, di possedere tutte le condizioni di legge richieste per poter beneficiare dell’esenzione di cui all’art. 13, comma 9 -bis, del d.l. 201/2011.
4.1. Il primo motivo è infondato atteso che le argomentazioni della C.T.R. sono corrette in diritto quanto alla ritenuta legittimità dell’atto sotto il profilo motivazionale, avendo i giudici di appello precisato, fra l’altro, con argomentazioni pienamente condivisibili, che la delibera comunale a monte, quale atto generale, non andava allegata e che l’atto impositivo risultava sottoscritto dal funzionario responsabile del servizio; del tutto infondato in quanto totalmente generico ed aspecifico appare, poi, il richiamo all’omessa valutazione di un asserito ‘fatto decisivo’ ex n. 5) c.p.c., ‘fatto’ nemmeno chiaramente specificato ed enucleato nella sua decisività.
4.2. Anche il secondo motivo non coglie nel segno.
Va premesso che secondo la univoca giurisprudenza di questa Corte la iscrizione in bilancio degli immobili come beni merce, seppure necessaria (Cass. n. 24720/2022) non è sufficiente ai fini della invocata esenzione e, pertanto non è sufficiente la produzione del bilancio di esercizio (v. Cass. 5191/2022) perché non permette il riscontro delle caratteristiche oggettive (catastali) degli immobili e della concreta destinazione ad essi impressa; è, inoltre necessario
che sia stata presentata la dichiarazione richiesta dalla disciplina normativa applicabile alla fattispecie in esame.
Premesso che la annualità in questione riguarda l’anno 2017, va ribadito che secondo quanto dispone il comma 2 dell’art. 2 del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, infatti, «a decorrere dal 1 gennaio 2014 sono esenti dall’imposta municipale propria i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati», e secondo l’art. 5-bis dell’art. 2 «ai fini dell’applicazione dei benefici di cui al presente articolo, il soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario per la presentazione delle dichiarazioni di variazione relative all’imposta municipale propria apposita dichiarazione, utilizzando il modello ministeriale predisposto per la presentazione delle suddette dichiarazioni, con la quale attesta il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli immobili ai quali il beneficio si applica».
Orbene dalla lettura del motivo si desume che la parte erroneamente identifica la dichiarazione dei beni merce con <> risultando evidente che il motivo, in sé non autosufficiente, non consente di inficiare le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito circa la debenza del tributo in assenza di una ‘specifica’ dichiarazione IMU per i b eni merce.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono il ricorso va, dunque, rigettato.
6.1. Le spese dell’odierno giudizio, secondo il criterio della soccombenza, vanno poste a carico della società RAGIONE_SOCIALE e liquidate in favore dell’ente impositore come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento, in favore dell’ente controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.500,00 per compensi, ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico di parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data