Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18944 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18944 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 10/07/2025
ICI IMU Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4728/2024 R.G. proposto da Comune di Saonara (80010090282), in persona del suo Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (02614870281), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE
EMAIL);
-controricorrente – e sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentato e difeso dall’avvocato
NOME EMAIL);
(MRTSFN67A69A001O;
– ricorrente in via incidentale –
contro
Comune di Saonara (80010090282);
-intimato – avverso la sentenza n. 710/2023, depositata il 20 luglio 2023, della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto; Udita la relazione della causa, svolta nella pubblica udienza del 27 maggio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME uditi l’avvocato NOME COGNOME e l’avvocato NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso principale e di quello incidentale.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 710/2023, depositata il 20 luglio 2023, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto ha pronunciato, previa riunione, sugli appelli, principali ed incidentali, proposti, rispettivamente, dal RAGIONE_SOCIALE e dal Comune di Saonara, avverso due sentenze della Commissione tributaria provinciale di Padova (n. 435/2021, del 5 luglio 2021; n. 154/2022, del 3 marzo 2022) che avevano parzialmente accolto i ricorsi proposti dalla contribuente avverso due avvisi di accertamento IMU, relativi agli anni 2013 e 2014 (sentenza n. 435/2021, cit.), e tre avvisi di accertamento IMU relativi (questa volta) agli anni dal 2015 al 2017 (sentenza n. 154/2022, cit.).
1.1 -Il giudice del gravame -che ha rigettato «parzialmente gli appelli principali ed incidentali» – a fondamento del decisum , e per quel che qui rileva, ha considerato che:
-la contribuente «aveva presentato al Comune regolari dichiarazioni al fine del riconoscimento della spettanza delle agevolazioni previste per i costi beni-merce per alcuni immobili, mentre per altri aveva corrisposto l’imposta in ritardo rispetto alle scadenze previste e per importi inferiori.»;
-come contestato, e documentato, dall’ente impositore, « alcuni immobili risultavano locati» così che, come condivisibilmente statuito dai giudici di prime cure, il tributo era dovuto per le unità immobiliari «dichiarate beni-merce» e relativamente ai «periodi in cui risultano locate.»;
erano, altresì, dovute le sanzioni applicate per i tardivi versamenti del tributo;
in conclusione dovevano «essere escluse da tassazione le unità immobiliari non di proprietà della RAGIONE_SOCIALE; sottoposte a tassazione le unità dichiarate beni-merce per tutti i periodi in cui risultano locate e rideterminate le sanzioni in ragione dell’imposta IMU effettivamente dovuta per gli anni oggetto di contestazione con applicazione dell’aliquota del 30%. ».
-Il Comune di Saonara ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di dieci motivi, ed ha depositato memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso che reca l’articolazione di tre motivi di ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso principale è articolato sui seguenti motivi.
1.1 -Col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. , dell’art. 118, d.a. cod. proc. civ., e del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, assumendo, in sintesi, che la sentenza difettava « dell’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione » e,
nello specifico, di ogni valutazione delle contestazioni da esso esponente svolte circa la regolarità delle dichiarazioni presentate dalla contribuente con riferimento ai cd. beni-merce oltrechè della documentazione prodotta;
1.2 -Il secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ripropone la denuncia di nullità della gravata sentenza, sempre per violazione delle disposizioni indicate col primo motivo di ricorso, con riferimento al rilievo secondo il quale dovevano «essere … sottoposte a tassazione le unità dichiarate beni-merce per tutti i periodi in cui risultano locate», assumendo il ricorrente che detto rilievo riveste natura meramente assertiva, e apodittica, in difetto di indicazione delle ragioni che ne costituivano il fondamento.
1.3 -Il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.l. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 1, conv. in l. 28 ottobre 2013, n. 124, ed al d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 9bis , conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, deducendo il ricorrente che illegittimamente il giudice del gravame aveva rilevato la regolarità delle dichiarazioni presentate dalla contribuente ai fini della reclamata esenzione, atteso che la spettanza del beneficio presupponeva la ricorrenza del relativi specifici presupposti («fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati») che, contestati da esso esponente, erano rimasti del tutto indimostrati e che lo stesso giudice nemmeno aveva accertato, assiomaticamente correlando l’agevolazione alla presentata dichiarazione.
1.4 -Col quarto motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione delle medesime disposizioni di legge indicate nel
terzo motivo di ricorso, (questa volta) a riguardo del rilievo secondo il quale dovevano «essere … sottoposte a tassazione le unità dichiarate beni-merce per tutti i periodi in cui risultano locate» , e sull’assunto che (ancora una volta) difettava ogni specifico accertamento in ordine alla ricorrenza dei presupposti dell’agevolazione, così che il giudice del gravame aveva omesso di verificare se effettivamente si trattasse di immobili destinati alla vendita (e la stessa permanenza di una siffatta destinazione), ed aveva risolto il decisum sul mero dato della dichiarazione delle unità immobiliari.
1.5 -Anche il quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ripropone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.l. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 1, conv. in l. 28 ottobre 2013, n. 124, ed al d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 9bis , conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, questa volta deducendo il ricorrente che la destinazione alla vendita degli immobili costituenti beni merce deve ritenersi obiettivamente incompatibile con la loro locazione così che -a fronte delle allegazioni, e produzioni, probatorie da esso esponente offerte al giudizio quanto all ‘esistenza di numerosi contratti di locazione conclusi dalla contribuente (e perdurando «nel tempo … l ‘ utilizzo di tali fabbricati ai fini locatizi») -detto specifico presupposto dell’agevolazione non aveva formato oggetto di alcun accertamento da parte del giudice del gravame.
1.6 -Il sesto motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione dell’art. 2697 cod. civ., sull’assunto che pur dando atto la gravata sentenza delle contestazioni svolte in punto di difetto di prova dei presupposti della reclamata esenzione (per insussistenza « dei requisiti richiesti dall’art. 2 del D.L. 201/2013 non avendo la società mai depositato i bilanci da cui poteva risultare la presenza di beni immobili tra le rimanenze, nè i
registri IVA»), e ciò non di meno -il giudice del gravame aveva omesso « di applicare il principio dell’onere della prova, non avendo conclamato il riconosciuto difetto di prova dei dati dichiarati.», dovendo i cd. beni merce trovare allocazione fra le rimanenze finali nell’attivo circolante dello stato patrimoniale «ovvero nel libro Iva acquisti per i contribuenti in contabilità semplificata.».
1.7 -Il settimo motivo, formulato sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ripropone la denuncia di violazione dell’art. 2697 cod. civ. (questa volta) con riferimento al principio di diritto costantemente espresso dalla giurisprudenza di legittimità in punto di onere della prova del contribuente quanto alla ricorrenza degli elem enti di fattispecie previsti per integrare un’agevolazione tributaria.
1.8 -L’ottavo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di nullità della sentenza, sempre per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118, d.a. cod. proc. civ., e del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, sull’assunto che il giudice del gravame aveva omesso «di argomentare in modo logico-giuridico sul mancato assolvimento da parte del ricorrente dell’onere della prova del preteso riconoscimento delle unità dichiarate beni-merce».
1.9 -Il nono motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità del procedimento per violazione dell’art. 24 Cost. e dell’ art. 100 cod. proc. civ. , sull’assunto del «pregiudizio del diritto di difesa» subito da esso esponente a fronte di pronuncia che ha operato un’inversione degli oneri probatori, anche in pregiudizio dell’interesse ad agire.
1.10 -Col decimo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. avendo il giudice del gravame omesso di pronunciarsi «sul difetto di prova» dei presupposti
giustificativi della reclamata esenzione, così come nel corso del giudizio da esso esponente reiteratamente ribadito e sinanche documentalmente comprovato.
-Come la successione dei sopra riassunti motivi di ricorso, e gli stessi rispettivi contenuti, rendono evidente, il ricorso principale reca, in buona sostanza, una disarticolazione di tre questioni di fondo devolute alla cognizione della Corte, questioni che si identificano, rispettivamente, con la compiutezza motivazionale della gravata sentenza (motivi primo e secondo), con la sussistenza degli elementi di fattispecie integrativi dell’esenzione tra le parti in contestazione (motivi dal terzo al quinto) e, da ultimo (anche sotto profili involgenti la prospettazione di un error in procedendo ), col relativo onere della prova (motivi sesto e seguenti).
2.1 -Orbene, i primi due motivi di ricorso sono destituiti di fondamento in quanto -in disparte, per quel che qui interessa, l’operato rinvio per relationem alle pronunce di primo grado -la gravata sentenza rende esplicite le ragioni che sono state poste a fondamento della decisione, né il (pur denunciato) vizio di violazione di legge potendo ridondare nella nullità della decisione.
Come, difatti, le Sezioni unite della Corte hanno statuito, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto
l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
Si è, quindi, ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599).
2.2 -Sono, per converso, fondati, e vanno accolti, il terzo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso.
Come, in effetti, deduce il ricorrente -che dà ampiamente conto delle difese (anche probatorie) svolte sul punto -il giudice del gravame ha risolto il decisum sul solo dato che involgeva la presentazione di «regolari dichiarazioni al fine del riconoscimento della spettanza delle agevolazioni previste per i costi beni-merce per alcuni immobili», in ciò, in buona sostanza, risolvendo la verifica, cui era tenuto, quanto ai presupposti dell’agevolazione.
Se, allora, detta dichiarazione -così come la Corte ha in più occasioni rimarcato (v., ex plurimis , Cass., 30 marzo 2025, n. 8357; Cass., 21 dicembre 2024, n. 33777; Cass., 21 dicembre 2024, n.
33773) -integra, in effetti, elemento (procedimentale) di fattispecie imprescindibile ai fini del conseguimento dell’agevolazione, quest’ultima, ciò non di meno, rimane (del pari in termini ineludibili) correlata agli specifici presupposti delineati dalle disposizioni di favore alla cui stregua deve trattarsi di «fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati».
E la Corte ha, al riguardo, precisato, da un lato, che la finalità perseguita dal legislatore con dette disposizioni è chiaramente volta a non gravare del tributo quelle imprese rispetto alle quali il presupposto impositivo (d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, cit., in relazione al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2) si identifica col possesso di «fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita» («fintanto che permanga tale destinazione»), ove, dunque, l’avvenuta realizzazione del fabbricato, e la sua permanente destinazione alla vendita, connotano il contenuto della disposizione, e lo stesso scopo di favore perseguito (Cass., 2 febbraio 2024, n. 3094 ); e dall’altro che l’esenzione in discorso non può essere riconosciuta in caso di locazione (ancorché transitoria) dei cd. beni merce nel corso dell’anno di riferimento, non essendone consentita la fruizione proporzionalmente commisurata al periodo infrannuale di godimento da parte del contribuente secondo la previsione dell’art. 9, comma 2, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, in quanto il legislatore ha espressamente tipizzato le fattispecie di riduzione o esenzione usufruibili anche per un periodo di durata inferiore all’anno di riferimento, in relazione alla sussistenza per un tempo corrispondente di una predeterminata condizione di fatto o di diritto (Cass., 21 aprile 2025, n. 10394).
2.3 -Dall’accoglimento dei motivi di ricorso in questione consegue, poi, l’assorbimento dei residui motivi di ricorso non potendosi porre questione di oneri probatori a fronte di decisione che, come appena rilevato, non si è fatta carico della verifica degli elementi costitutivi della fattispecie di favore.
– Il ricorso incidentale risulta articolato sui seguenti motivi.
3.1 -Il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione di legge con riferimento al d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, artt. 13 e 16, al d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 7, ed al d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 7, assumendo la ricorrente che i tardivi versamenti del tributo, – con riferimento ai periodi di imposta 2013 e 2014), – conseguivano da «una scelta necessitata dalla carenza di liquidità che affliggeva la società, che, in quanto operante nell’immobiliare, risentiva (e risente) fortemente della grave crisi del settore».
Posto, allora, che -appena reso possibile -essa esponente aveva provveduto al dovuto versamento (oltrechè in ravvedimento operoso) -il giudice del gravame illegittimamente aveva dato applicazione alla misura ordinaria della sanzione (del 30%) senza considerare la sua sproporzione rispetto alla condotta tenuta dal trasgressore, al suo comportamento di buona fede, alla stessa rimozione (per quanto possibile) delle conseguenze dannose ed alla stessa personalità del contribuente, con conseguente riduzione fino alla metà del minimo (art. 7, comma 4, cit.).
3.2 -Col secondo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione di legge in relazione al d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 12 e 13, ed al d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 16, deducendo che -con riferimento ai periodi di imposta 2015-2016 e 2017 (i cui avvisi di accertamento erano stati contestualmente notificati) -illegittimamente
il giudice del gravame aveva confermato la sanzione del 30% con ciò escludendo l’applicazione di un’unica sanzione, in cumulo giuridico, così come richiesto col ricorso introduttivo del giudizio e negli appelli proposti.
3.3 -Il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., la ricorrente (così) riproponendo, sotto il distinto parametro del sindacato di legittimità, la questione oggetto del secondo motivo rispetto alla quale censura l’omessa pronuncia del giudice del gravame.
-Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.
4.1 – Lo stesso, difatti, si risolve nella (mera) reiterazione di allegazioni difensive che non danno alcun conto della ricorrenza, da un lato, della forza maggiore sostanziata dal difetto di liquidità, dall’altro delle specifiche condizioni che possano rendere «manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione» (d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 7, comma 4, cit.).
La Corte, difatti, ha ripetutamente rilevato che l’esimente della forza maggiore non ricorre ex se nel caso di mancato pagamento dovuto alla temporanea mancanza di liquidità (Cass., 21 marzo 2024, n. 7628; Cass., 13 dicembre 2021, n. 39548; Cass., 22 settembre 2017, n. 22153); e, più di recente, ha rimarcato che in tema di sanzioni tributarie, posto che il diritto sanzionatorio ha natura punitiva, la forza maggiore va intesa secondo la sua accezione penalistica, e va quindi riferita ad un avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, elidendo il requisito della coscienza e volontarietà della condotta (Cass., 3 aprile 2024, n. 8844; Cass., 6 aprile 2022, n. 11111).
Quanto, poi, ai criteri di dosimetria sanzionatoria, l’evocata riduzione della sanzione (art. 7, comma 4, cit.) -suscettibile di trovare
applicazione (anche) per le sanzioni che la legge determina in misura proporzionale o fissa, dovendosi in tal caso considerare che il minimo ed il massimo si identificano in detta misura fissa o proporzionale (Cass., 13 dicembre 2017, n. 29998; Cass., 10 aprile 2013, n. 8722; Cass., 4 marzo 2011, n. 5209) -predica, ad ogni modo, la ricorrenza di specifiche circostanze (eccezionali o meno, ratione temporis ) cui correlare i generali criteri di applicazione della sanzione (di cui all’art. 7, comma 1, cit.) e non può risolversi, pertanto, nella aspecifica evocazione degli stessi criteri generali in questione (v. Cass., 24 gennaio 2025, n. 1743, in motivazione; Cass., 18 agosto 2023, n. 24788).
4.2 -E’, per converso, fondato, e va accolto, il terzo motivo dal cui esame consegue l’assorbimento del secondo motivo.
Posto che la ricorrente ha dato compiuto conto della proposizione della relativa questione (anche) in grado di appello, va rilevato che il giudice del gravame ha, in effetti, omesso di pronunciare sull’eccezione articolata con riferimento al cumulo giuridico delle sanzioni applicate con gli avvisi di accertamento emessi in relazione agli anni dal 2015 al 2017.
4.2.1 – In tema di cumulo giuridico delle sanzioni tributarie, la Corte ha avuto modo di statuire che:
l’istituto, delineato dal d.lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5, trova senz’altro applicazione alle sanzioni tributarie previste per i tributi locali (d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, art. 16; in tema di ICI v. Cass., 30 dicembre 2015, n. 26077; Cass., 2 marzo 2012, n. 3265; Cass., 17 luglio 2008, n. 19650; in tema di TARSU v. Cass., 18 maggio 2019, n. 13486; Cass., 21 dicembre 2011, n. 27970; Cass., 9 giugno 2010, n. 13869; Cass., 19 maggio 2010, n. 12268; Cass., 11 febbraio 2005, n. 2821; v. altresì, con riferimento all’omessa denuncia ex d.lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 1, Cass., 30 giugno 2021, n. 18447; Cass.,
19 gennaio 2021, n. 728; Cass., 29 marzo 2019, n. 8829; Cass., 16 settembre 2016, n. 18230; Cass., 17 luglio 2008, n. 19650);
la continuazione – il cui riconoscimento è collegato all’oggettivo perpetrarsi dell’illecito tributario in periodi d’imposta diversi – si arresta in caso di cd. interruzione che si realizza, ex art. 12, comma 6, d.lgs. n. 472 del 1997, per effetto della contestazione della violazione che fissa il punto di arresto per il riconoscimento del beneficio, senza che rilevi la sua definitività e inoppugnabilità o la sua mancata impugnazione; pertanto, ciò che si pone a monte dell’atto, se della stessa indole, deve essere unito ai fini della determinazione della sanzione, mentre ciò che invece si pone a valle, resta escluso dal cumulo giuridico, salvo riconoscersi, ove plurime siano le violazioni anche da questo lato, una autonoma e rinnovata applicazione del medesimo istituto di favore (Cass., 9 giugno 2021, n. 16017; v altresì, in tema di ICI, Cass., 16 giugno 2020, n. 11612; Cass., 7 luglio 2010, n. 16051);
e, in particolare, si è rimarcato che allorché le sanzioni per le diverse annualità siano state irrogate con avvisi notificati contemporaneamente al contribuente, la continuazione si applica per tutte le violazioni antecedenti a tale contestazione, operando l’interruzione solo per quelle successive (Cass., 7 luglio 2010, n. 16051, cit.);
nel caso, poi, di processi separati relativi ad avvisi contenenti irrogazione di sanzioni della stessa indole, commesse in periodi di imposta diversi, l’ultimo giudice è competente a rideterminare la “sanzione complessiva” fino a che le precedenti sentenze non siano passate in giudicato (Cass., 2 marzo 2020, n. 5648; Cass., 12 aprile 2017, n. 9501);
4.2.2 – Con riferimento, quindi, alla riformulazione del d.lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5 [ad opera del d.lgs. n. 99 del 2000, art. 2,
comma 1, lettera a), numero 2)], la Corte ha rilevato che l’istituto della continuazione è stato configurato «in termini di autonomia precettiva rispetto alle altre previsioni di favore» e, nello specifico, incentrato sulla nozione di «violazioni della stessa indole», così risultando previsto rispetto alla disciplina delle altre fattispecie di cumulo giuridico per concorso formale o materiale nonché per cd. progressione nell’illecito (di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 12, cit.) – «nel caso di violazioni commesse in diversi periodi di tempo, un elemento incidente su di un trattamento di favore sul piano dell’applicazione delle diverse sanzioni in modo distinto e diverso da quelle già configurate nei commi precedenti», laddove detta nozione deve essere desunta dalla disciplina della recidiva (d.lgs. n. 472, cit., art. 7, comma 3) alla cui stregua «Sono considerate della stessa indole le violazioni delle stesse disposizioni e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono e dei motivi che le determinano o per le modalità dell’azione, presentato profili di sostanziale identità.» (Cass., 17 novembre 2021, n. 34868).
La considerazione secondo la quale, ai fini dell’applicazione dell’art. 12, comma 5, d.l.gs. n. 472 del 1997, rileva la sussistenza di violazioni della stessa indole, e non già che le singole violazioni siano legate da un nesso di progressione, dà conto del principio di diritto (pur) enunciato dalla Corte con riferimento alla sanzione per omesso versamento, alla cui stregua, in ipotesi di più violazioni per omesso o insufficiente versamento dell’imposta relativa ad uno stesso immobile, conseguenti a identici accertamenti per più annualità successive, si è ritenuto applicabile il regime della continuazione attenuata di cui all’art. 12, comma 5, cit. (così Cass., 8 aprile 2022, n. 11432; v., altresì, Cass., 18 luglio 2022, n. 22477; Cass., 14 luglio 2010, n. 16526; Cass., 2 luglio 2009, n. 15554); la contraria opinione, difatti, si fonderebbe (proprio) sull’identificazione del regime della continuazione,
disciplinato dall’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 472 del 1997, con quello che concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell’imponibile o sulla liquidazione del tributo (cd. progressione; v. Cass., 22 marzo 2019, n. 8148; Cass., 20 gennaio 2017, n. 1540).
-L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia con riferimento agli accertamenti predicati dai motivi di ricorso accolti.
P.Q.M.
La Corte
-accoglie il terzo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale, rigetta il primo ed il secondo motivo, assorbiti i residui motivi;
-accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo, e rigetta il primo motivo;
-cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 maggio 2025.