Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33890 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33890 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7203/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA V. INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
ROMA CAPITALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. del LAZIO n. 4132/2022 depositata il 27/09/2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la C.T.R. del Lazio, con la sentenza n. 4132/3/2022, respingeva l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’impugnazione della contribuente avverso l’avviso di accertamento per imposta IMU anno 2014;
contro detta sentenza la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso Roma Capitale.
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 11, comma 2bis , del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, così come sostituito dalla legge 27/12/2006 n. 296, 1, comma 162, così come modificato dall’articolo 5, comma 1, lettera a) del d.l. 30/12/2008 n. 208, 2697 c.c., 53, comma 1, e 56, comma 1, del d.lgs. 546/1992, per aver la sentenza impugnata ritenuto assolto l’obbligo di motivazione da parte del Comune con l’avviso emesso;
con il secondo si deduce, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 4, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 132, primo comma, n. 4 c.p.c. e degli artt. 32 e 36 del d.lgs. n. 546/1992 nonchè dell’art. 7 della legge 212/2000 per avere la C.T.R. omesso di statuire sull’eccezione di violazione dell’art. 7 della legge 212/2000, reiterata in seno all’atto di appello;
con il terzo si lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, assumendo che la pronunzia si era limitata ad una acritica adesione ad alcune pronunce della Corte di cassazione mentre la C.T.R. non aveva in alcun modo esplicitato le ragioni per cui la dichiarazione IMU presentata dalla contribuente, seppur con ritardo, non avrebbe potuto essere presa in considerazione ai fine del riconoscimento dell’esenzione IM U prevista per i c.d. beni-merce;
con il quarto motivo si lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione del d.l. n. 102 del 2013, art. 2 e dell’ art. 1, comma 769, della legge n. 160 del 2019, (c.d. legge di Bilancio 2020) non avendo i giudici di merito
considerato che tale norma- applicabile retroattivamente in ragione del principio del favor rei in quanto più favorevole al contribuentestabilisce che è sufficiente che il soggetto passivo attesti nel modello di dichiarazione il possesso dei requisiti prescritti dalle norme, senza alcuna decadenza;
5. il primo motivo è inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c. In questa sede va dato seguito al principio di diritto secondo il quale «in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell’atto stesso – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo» (cfr. Cass. nn. 16147/2017, 2928/2015, 8312/2013). Tale condizione di ammissibilità del mezzo non è stata concretizzata dalla ricorrente nella sua formulazione, non essendo stata affatto riportata, quanto meno per estratto nei punti rilevanti la motiv azione dell’atto impositivo impugnato mentre parte ricorrente, senza cogliere, appieno, la portata del principio della c.d. autosufficienza del ricorso, ha rilevato esclusivamente: ‘…In ossequio al principio di autosufficienza si riporta il pertinente brano del ricorso introduttivo (si cfr. pagina 2, 3, 4 in doc. 3 allegato 2) riportato integralmente nell’atto di appello (si cfr. pagina 6, 7, 8, 9 in doc. 3 allegato 4)’ senza in alcun modo richiamare il tenore dell’atto impositivo e senza allegarlo;
il secondo motivo è infondato atteso che, nel caso in esame, non è ravvisabile il vizio di omessa pronunzia avendo la C.T.R. esaminato le censure in questione rigettando ogni contestazione sollevata da parte contribuente quanto alla legittimità, sotto un profilo motivazionale, dell’atto impositivo de quo, in tal modo confermando, peraltro, quanto statuito sul punto, dai primi giudici;
il terzo ed il quarto motivo di censura – i quali possono essere esaminati congiuntamente in quanto fra loro connessi – devono essere rigettati;
7.1. in disparte i profili di inammissibilità della censura di cui al motivo n. 3) nella parte in cui si contesta l’acritica adesione da parte del giudice di merito ai principi della Corte di cassazione, non considerando che appare del tutto legittimo il modus operandi della C.T.R. la quale ha esaminato la questione, richiamando i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, occorre precisare che la specifica indicazione normativa, che subordina il riconoscimento dell’esenzione alla tempestiva presentazione della dichiarazione, impedisce di considerare equipollente qualsiasi altro adempimento, a nulla rilevando una dichiarazione postuma;
7.2. come previsto dall’articolo 2, comma 5bis , del d.l. n. 102/2013, norma applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame: «Ai fini dell’applicazione dei benefici di cui al presente articolo, il soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario per la presentazione delle dichiarazioni di variazione relative all’imposta municipale propria, apposita dichiarazione, utilizzando il modello ministeriale predisposto per la presentazione delle suddette dichiarazioni, con la quale attesta il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli immobili ai quali il beneficio si applica. Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze sono apportate al predetto modello le modifiche eventualmente necessarie per l’applicazione del presente comma»).
La legge 27 dicembre 2019 n. 160, all’ art. 1, comma 751, ha stabilito, fino al 2021, per i cd. «beni merce», che non siano locati, l’applicazione dell’aliquota di base pari allo 0,1 per cento, consentendo ai Comuni di aumentarla fino allo 0,25 per cento o diminuirla fino all’azzeramento, ed a decorrere dal 1° gennaio 2022. Tale norma, per i medesimi fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, finché permane tale destinazione e non siano in ogni caso locati, prevede l’esenzione dall’IMU senza, in effetti, espressamente specificare se tale la dichiarazione IMU debba comunque essere presentata «a pena di decadenza» dal beneficio, come invece previsto dal citato articolo 2, comma 5-bis, del d.l. n. 102/2013;
7.3. tuttavia questa Corte ha condivisibilmente chiarito, con l’ordinanza n. 5191/2022, sulla scorta di principi che questo Collegio condivide appieno, che il summenzionato art. 1, comma 769 della L. n. 160 del 2019 non ha abrogato l’art. 2, comma 5 -bis del D.L. n. 102 del 2013, al che consegue che l’esonero dall’IMU per i fabbricatimerce presuppone la tempestiva presentazione della dichiarazione. E’ stato posto in rilievo che la disposizione normativa sopra richiamata evidenzia chiaramente che la presentazione della dichiarazione è condizione necessaria per l’ottenimento del beneficio fiscale, obbligo previsto a pena di decadenza, che non può essere sostituito dalla circostanza che il Comune sia a conoscenza dei fatti che comportano l’esenzione dall’imposta (vedi, anche, Cass. 28806/2023);
7.4. è stato pure precisato che secondo un consolidato orientamento interpretativo della Corte, le disposizioni agevolative costituiscono altrettante deroghe al sistema definito dalle norme tributarie impositrici, ed all’ambito dell’imposizione tracciato dal legislatore con compiuta indicazione di oggetti e soggetti tassabili, così che «non diversamente dalle norme impositive, in relazione alle quali è pacificamente escluso che la tassazione possa investire oggetti o
soggetti non espressamente indicati dal dato normativo, anche le norme agevolative, per ineludibile simmetria, declinano un catalogo completo, insuscettibile di integrazione che trascenda i confini semantici del dato suddetto.», risultando dette disposizioni sottoposte «ad interpretazione rigida ed anelastica, in quanto rigorosamente legata al dato letterale» ed insuscettibili (anche) di un’interpretazione logico -evolutiva e costituzionalmente orientata (v. Cass. Sez. U., 3 giugno 2015, n. 11373 cui adde , ex plurimis , Cass., 27 aprile 2018, n. 10213; Cass., 9 aprile 2018, n. 8618; Cass. Sez. U., 22 settembre 2016, n. 18574; Cass., 25 marzo 2011, n. 6925);
7.5. la stessa giurisprudenza costituzionale ha rilevato che le disposizioni che prevedono agevolazioni fiscali, quali norme di carattere eccezionale e derogatorio, «costituiscono esercizio di un potere discrezionale del legislatore, censurabile solo per la sua palese arbitrarietà o irrazionalità (sentenza n. 292 del 1987; ordinanza n. 174 del 2001) … con la conseguenza che la Corte stessa non può estenderne l’ambito di applicazione, se non quando lo esiga la ratio dei benefici medesimi (sentenze n. 6 del 2014, n. 275 del 2005, n. 27 del 2001, n. 431 del 1997 e n. 86 del 1985; ordinanze n. 103 del 2012, n. 203 del 2011, n. 144 del 2009 e n. 10 del 1999).» (così Corte Cost., 20 maggio 2016, n. 111 cui adde Corte Cost., 27 giugno 2017, n. 153);
7.6. con riguardo, poi, agli effetti della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 160/2019, vigente dall’annualità 2020, dianzi illustrata, la stessa non può ritenersi, in ogni caso, applicabile per l’anno di imposta oggetto del giudizio (2014), in base al principio del «favor rei», trattandosi di principio relativo solo alle sanzioni tributarie (articolo 3 del d.lgs. 472/1997) e che non comporta una generale retroattività delle norme tributarie più favorevoli al reo, e trattandosi inoltre di disposizione che ha carattere innovativo e non interpretativo (cfr. Cass. n. 14530 del 2010);
7.7. la Commissione Tributaria Regionale si è, dunque, conformata alle predette norme e ai predetti principi laddove ha ritenuto maturata la decadenza dall’esenzione del tributo stante la mancata tempestiva presentazione della dichiarazione IMU a fronte, secondo quanto è incontroverso, della presentazione da parte della contribuente della dichiarazione IMU per l’anno 2014 in data 1° agosto 2016 presso il dipartimento risorse economiche di Roma Capitale con raccomandata a.r. n. 15035641556-7;
8. alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, stante la infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato;
8.1. le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali liquidandole in favore di Roma Capitale nella misura di € 200,00 per esborsi ed € 5.000,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione