Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32357 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32357 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15304/2022 R.G. proposto da: COMUNE DI MONDOVI’ rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PIEMONTE n. 1045/2021 depositata il 17/12/2021;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Mondovì ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 1045/2021, la quale, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per il parziale versamento dell’IMU relativa all’anno 2013 in relazione a vari fabbricati appartenenti all”Azienda Unità Sanitaria Locale CN1′, tra cui il fabbricato denominato INDIRIZZO, ha respinto l’appello proposto dal medesimo nei confronti dell”Azienda Unità Sanitaria Locale’ avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Cuneo n. 389/2019.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure – che aveva interamente accolto il ricorso originario -nel senso di affermare -confermandola per i fabbricati costituenti il predetto fabbricato l’esenzione da IMU sul presupposto della cessazione della loro destinazione a scopi istituzionali;
l’ ASL CN1 replica con controricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
Il ricorso principale è affidato ad un unico motivo.
Con l’unico motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che i fabbricati costituenti il Padiglione Michelotti-COGNOME fossero ancora destinati a funzioni istituzionali e potessero beneficiare dell’esenzione da IMU, nonostante il temporaneo inutilizzo.
Come è stato già evidenziato da questa Corte (Cass., Sez. Lav., 10 aprile 2012, n. 5675; Cass., Sez. Lav., 30 ottobre 2014, n. 23059), la qualificazione dell’Azienda Sanitaria Locale come ente strumentale della Regione, contenuta nell’originaria formulazione
dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, è stata espressamente eliminata dall’art. 4, comma 1, del d.lgs. 7 dicembre 1993, n. 571, che ha definito l’Azienda Sanitaria Locale quale «azienda dotata di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica»; quindi, sin dall’anno 1993, l’Azienda Sanitaria Locale ha perso il carattere di organo della Regione, acquisendo una propria soggettività giuridica con un’autonomia che ha poi assunto, stante il disposto dell’art. 3, comma 1 -bis, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (comma introdotto dall’art. 3, comma 1, del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229), anche carattere imprenditoriale («In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in Aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale»; disposizione quest’ultima che ha indotto la giurisprudenza civile ed amministrativa a ritenere che le Aziende Sanitarie Locali abbiano assunto la natura di ‘enti pubblici economici non commerciali’: Cons. Stato, Sez. 5^, 9 maggio 2001 n. 2609; Cons. Stato, Sez. 5^, 5 aprile 2002 n. 809; Cass., Sez. 5^, 10 giugno 2011, n. 12773; Cass., Sez. 3^, 20 maggio 2014, n. 11088; Cass., Sez. Lav., 30 ottobre 2014, n. 23059; Cass., Sez. 5^, 15 febbraio 2019, nn. 4589, 4590, 4591, 4592 e 4593); dunque, essendo ente pubblico economico dotato di autonomia economica e gestionale e svolgendo un ruolo primario nell’erogazione di servizi pubblici di natura sanitaria ed assistenziale, l”Azienda Unità Sanitaria Locale’ deve essere inclusa tra gli enti non commerciali ex art. 87 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ed in quanto tale rientra tra i soggetti di cui all’art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504; difatti, quest’ultima disposizione riconosce, tra gli altri, anche alle Aziende Sanitarie Locali (derivanti dalla trasformazione delle precedenti Unità Sanitarie Locali) l’esenzione
dall’I.C.I. per gli immobili «destinati esclusivamente ai compiti istituzionali».
Tale locuzione allude, per un verso, ad una relazione di appartenenza (a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento) del bene all’ente pubblico (condizione soggettiva) e, per un altro verso, ad una relazione di servizio del bene rispetto alle funzioni esercitate dall’ente pubblico (condizione oggettiva); per cui, l’esenzione spetta soltanto se l’immobile è direttamente e immediatamente destinato allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’ente pubblico (Cass., Sez. 5^, 9 gennaio 2004, n. 142; Cass., Sez. 5^, 17 luglio 2015, n. 15025; Cass., Sez. 5^, 20 maggio 2016, n. 10483; Cass., 20 luglio 2016, n. 14912; Cass., Sez. 5^, 23 luglio 2019, n. 19773; Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, n. 3445; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2022, n. 36032); viceversa, l’esenzione non compete nel caso in cui l’immobile è destinato esclusivamente allo svolgimento delle attività istituzionali dell’ente pubblico, ma non è posseduto dallo stesso a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento (Cass., Sez. 5^, 16 ottobre 2006, n. 22157; Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, n. 3445), ovvero nel caso in cui l’immobile è destinato a compiti istituzionali di ente pubblici diversi, cui pure l’ente proprietario abbia in ipotesi l’obbligo, per disposizione di legge, di mettere a disposizione l’immobile, restando però del tutto estraneo alle funzioni ivi svolte (Cass., Sez. 5^, 24 ottobre 2005, n. 20577; Cass., Sez5^, 16 ottobre 2006, n. 22156; Cass., Sez. 5^, 4 giugno 2008, n. 14703; Cass., Sez. 5^, 9 aprile 2010, n. 8496). L’art. 7, co. 1 lett. i), del d.lgs. 504/1992 nel testo ratione temporis applicabile (come modificato dall’art. 39 del d.l. n. 223 del 2006, convertito con modificazioni nella legge n. 248 del 2006, in vigore dal 4 luglio 2006 sino alla sua sostituzione con l’IMU, a partire dal gennaio 2012), disponeva l’esenzione dal pagamento dell’ICI per «gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 87, comma 1,
lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonchè delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222». L’esenzione in esame risultava (e risulta), quindi, ancorata alla coesistenza di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento delle suindicate attività da parte di un ente che non aveva come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett. c, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 rinvia), e di un requisito oggettivo, rappresentato dall’utilizzo del bene destinato alle attività ivi indicate, aventi natura “non esclusivamente commerciale” (come disposto dall’art. 7, co. 2 bis, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, come modificato dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248).
Tale disciplina è destinata a valere anche per l’IMU, considerando che l’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, ha stabilito che: «Sono esenti dall’imposta municipale propria gli immobili posseduti dallo Stato, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, ove non soppressi, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali. Si applicano, inoltre, le esenzioni previste dall’articolo 7, comma 1, lettere b), c), d), e), f), h), ed i) del citato decreto legislativo n. 504 del 1992»; a tale proposito, questa Corte ha espressamente affermato che, in tema di IMU, l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, si applica agli immobili di cui all’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, destinati esclusivamente allo svolgimento con
modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’art. 16, lett. a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, purché essi siano direttamente utilizzati dall’ente possessore e siano destinati esclusivamente ad attività peculiari non produttive di reddito, non spettando il beneficio in caso di utilizzazione indiretta, seppur assistita da finalità di pubblico interesse (in termini: Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2023, n. 17100).
In disparte l’astratta destinazione ai compiti istituzionali, che è incontroversa tra le parti, il thema litigandum concerne la cessazione o la perduranza della concreta strumentalità ai servizi sanitari dei fabbricati appartenenti alla contribuente.
Occupandosi della questione dell’incidenza sull’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, della temporanea impossibilità di destinazione ai compiti istituzionali (per varie ragioni) degli immobili posseduti da enti non commerciali, questa Corte già in passato aveva affermato perentoriamente che l’art. 7, co. 1, lett. i), del d.lgs. 504/1992 subordina l’esenzione ICI all’esercizio, effettivo e concreto, di una delle attività indicate dalla norma (cfr. Cass. n. 10646/2005). Successivamente la Corte ha chiarito il significato da attribuire alle due condizioni previste, sul versante del requisito oggettivo, per il riconoscimento dell’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili, quali sono costituite: a) dall’utilizzo dell’immobile da parte di uno dei soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 917/1985; b) dalla destinazione dell’immobile ad una delle attività ivi indicate, precisando che: – «l’espressione “utilizzo” non fa riferimento ad un concetto dinamico di “concretezza o di effettività” relativamente allo “svolgimento” delle attività considerate dalla norma, ma indica solo la natura del rapporto tra l’immobile ed il soggetto che ne dispone (Cass., sez. 5, 16/04/2008, n. 9948, Rv.
602602 -01, in motivazione)»; «Quest’ultima precisazione, invero, non si pone in contrasto con il pregresso arresto (che si riferisce in generale all’esercizio” dell’attività), ma consente di chiarire che l’effettività e la concretezza devono investire non tanto l’utilizzo, inteso quale svolgimento attuale e diretto delle attività previste dalla norma (che può anche venir meno per ragioni transitorie e contingenti, indipendenti dalla volontà del contribuente, come nel caso della citata Cass. n. 9948/2008, in cui si discorreva di un terreno non effettivamente utilizzato perché inagibile), bensì la “destinazione” impressa all’immobile dal soggetto che lo “utilizza”…»; «Quel che rileva, dunque, è la circostanza che l’immobile sia effettivamente ed attualmente “destinato” allo svolgimento di una delle attività esenti, secondo le concrete possibilità contingenti, le quali possono anche richiedere dei tempi strumentali per costruire o ristrutturare gli edifici in cui svolgere l’attività, nonché per compiere le necessarie pratiche burocratiche»; -«Ferma restando la necessità che tale destinazione sia “utilizzata” dal soggetto che invoca l’esenzione, utilizzazione che può concretizzarsi anche nella esecuzione delle attività necessarie a rendere attuale l’esercizio dell’attività cui l’immobile è destinato»; – «Per cui, se è vero che la mera statica adeguatezza strutturale del bene allo svolgimento di una determinata attività non è rilevante, ove ad essa si affianchi un comportamento inerte del proprietario, essendo -piuttosto necessario un comportamento attivo e dinamico volto a realizzare concretamente quella destinazione solo potenziale, ciò non di meno l’inutilizzabilità del bene per uno stato meramente transitorio e reversibile non preclude il riconoscimento dell’esenzione». (così Cass. n. 10289/2019, con sottolineature aggiunte). È stato, altresì, chiarito che «… l’esenzione non spetta quando l’immobile perda il carattere di strumentalità all’esercizio delle attività considerate …» (cfr. Cass. n. 9948/2008) e che «il mancato utilizzo effettivo
dell’immobile, per essere irrilevante ai fini del riconoscimento dell’esenzione, deve avere una “causa” che ne escluda il possibile significato che sia cessata la strumentalità del bene all’esercizio delle attività protette», così come, «pur essendo vero che la destinazione dell’immobile, per prevalere ai fini del riconoscimento dell’esenzione, non può essere una destinazione che resti concretamente inattuata, è altrettanto vero che non ogni mancato utilizzo sia capace di escludere il diritto al trattamento agevolato, ma solo quello che sia indizio di un mutamento della destinazione o della cessazione della strumentalità del bene» (cfr. Cass. n. 20516/2016, ma, nello stesso senso, anche Cass. n.9100/2020).
A questi principi ha aderito espressamente la pronuncia di questa Corte n. 3445/2021, la quale ha citato i precedenti sopra indicati, allineandosi all’orientamento ivi prospettato (Cass., Sez. 5^, 16aprile 2008, n. 9948; Cass., Sez. 5^, 12 ottobre 2016, n. 20516; Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2019, n. 10289; Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, n. 3445; Cass., Sez. 5^, 15 settembre 2022, n. 27242).
In tale direzione, si è anche ritenuto che la eadem ratio consente di adattare siffatto principio alla diversa (ma analoga) fattispecie dei beni destinati a realizzare i compiti istituzionali di enti pubblici (Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, n. 3445); difatti, si può parimenti affermare che il temporaneo inutilizzo (per ragioni più o meno transitorie) non equivale alla definitiva cessazione della destinazione pubblicistica del bene; per cui, anche la perdita dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, può giustificarsi soltanto in presenza di una situazione di fatto o di una scelta dell’ente pubblico che determini l’irreversibile inutilizzabilità del bene per l’attuazione delle finalità istituzionali (come nel caso del venir meno della sua disponibilità), non essendo sufficiente a tal fine la sopravvenienza di una materiale interruzione (ancorché di imprevedibile durata) nella
latente continuità della vocazione funzionale del bene, anche se il ripristino dell’originaria destinazione (seppure in relazione strumentale ad un diverso settore della medesima amministrazione) possa dipendere dalle scelte organizzative o dalle esigenze finanziarie dell’ente pubblico (in termini: Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, n. 3445).
Vale osservare, di poi, che l’art. 1, comma 71, della legge 30 dicembre 2023, n .213 ha stabilito che < l'articolo 1, comma 759, lett. g) della legge 27 dicembre 2019 n. 160, nonché le norme da questo richiamate o sostituite si interpretano per gli effetti di cui all'art. 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel senso che: .
Ciò premesso, con riguardo ai fabbricati de quibus, il giudice di appello ha valutato che non si possano non considerare situazioni di fatto di natura transitoria quali la messa in sicurezza degli immobili e dei relativi impianti con interventi di manutenzione straordinaria, circostanza che .
10.1.A fronte di tale affermazione meramente astratta, non ancorata alle circostanze concrete del caso, l’amministrazione comunale ha dedotto che già dall’anno 2008 l’ASL CN1 avrebbe
avviato la procedura per l’alienazione dei fabbricati i quali sono rimasti inutilizzati da quella data, circostanza che non trova riscontro nella sentenza impugnata. E la stessa contribuente ha confermato a pagina 2 del controricorso che il padiglione esigerebbe per il suo riutilizzo un rilevante intervento di ristrutturazione generale e di ingenti capitali da investire, sino ad oggi non reperiti.
Detta circostanza induce a considerare il mancato utilizzo ai fini socio-sanitari del padiglione non come una fase transitoria finalizzata al recupero effettivo del cespite, quanto ad un perdurante inutilizzabilità determinata dalle condizioni dell’edificio e dalla mancanza di fondi per il suo recupero edilizio.
10.2.Quel che rileva è la circostanza che l’immobile sia effettivamente ed attualmente “destinato” allo svolgimento di una delle attività esenti, secondo le concrete possibilità contingenti, le quali possono anche richiedere dei tempi strumentali per costruire o ristrutturare gli edifici in cui svolgere l’attività, nonché per compiere le necessarie pratiche burocratiche «Per cui, se è vero che la mera statica adeguatezza strutturale del bene allo svolgimento di una determinata attività non è rilevante, ove ad essa si affianchi un comportamento inerte del proprietario, essendo piuttosto necessario un comportamento attivo e dinamico volto a realizzare concretamente quella destinazione solo potenziale, ciò non di meno l’inutilizzabilità del bene per uno stato meramente transitorio e reversibile non preclude il riconoscimento dell’esenzione». (così Cass. n. 10289/2019).
10.3. Sul punto va ulteriormente osservato che nessun rilievo può assumere la dedotta immanente destinazione dei beni dell’ospedale siccome funzionali all’esecuzione del programma istituzionale dell’ente, giacchè tale assunto riposa su di una statica idea funzionale del bene, laddove l’esenzione in oggetto opera allorquando la destinazione all’attività tutelata sia effettiva e
concreta, circostanza questa da escludere nella fattispecie in esame, alla luce delle deduzioni difensive dell’ Asl e della contribuente.
10.4. Nel caso sub iudice, occorre accertare se l’esigenza di consistenti opere di ristrutturazione perduri da anni e se l’edificio in oggetto abbia avuto in un recente passato la destinazione ad attività esente ovvero sia invece stato immesso sul mercato ai fini della sua alienazione.
11.Il ricorso va dunque accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte in diversa composizione, per svolgere gli accertamenti necessari di cui al paragrafo 10.4.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della