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Esenzione IMU alloggi sociali: la Cassazione decide

Un ente che gestisce edilizia residenziale pubblica si è opposto a un avviso di accertamento IMU, sostenendo di avere diritto all’esenzione per i suoi immobili in quanto “alloggi sociali”. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo un principio fondamentale: per gli alloggi che rispettano le caratteristiche normative di “social housing”, si presume che siano adibiti ad abitazione principale dagli assegnatari. Di conseguenza, spetta all’ente impositore, e non all’ente gestore, l’onere di provare il contrario per negare il beneficio fiscale. La Corte ha annullato la decisione precedente e ha rinviato il caso alla corte di merito per una nuova valutazione basata su questo principio.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione IMU Alloggi Sociali: La Cassazione Fissa i Paletti sull’Onere della Prova

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale in materia di esenzione IMU alloggi sociali, stabilendo un principio di diritto destinato a influenzare significativamente la gestione fiscale degli enti di edilizia residenziale pubblica. La questione centrale riguarda chi debba provare la destinazione di un immobile ad abitazione principale per poter beneficiare dell’esenzione dall’imposta. Con questa decisione, la Suprema Corte sposta l’onere della prova, alleggerendo la posizione degli enti gestori.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento da parte di un’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER). L’ente concessionario della riscossione contestava il mancato versamento dell’IMU per l’annualità 2017 su una serie di immobili, ritenendo che non spettasse loro alcuna esenzione. L’ATER, dal canto suo, sosteneva che, trattandosi di alloggi sociali, l’imposta non fosse dovuta.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato torto all’ente, affermando che agli immobili in questione spettasse al massimo una detrazione di 200 euro e non l’esenzione totale. Secondo i giudici di merito, l’attività dell’ATER, che percepisce un canone di locazione (seppur calmierato), configurerebbe un’attività economica, escludendo così l’assimilazione degli immobili agli alloggi sociali pienamente esenti. L’ente ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica e l’Esenzione IMU per Alloggi Sociali

Il cuore del dibattito legale ruota attorno all’interpretazione dell’articolo 13 del D.L. 201/2011. Questa norma distingue tra gli alloggi di edilizia residenziale pubblica genericamente intesi e gli “alloggi sociali” come definiti dal decreto ministeriale del 22 aprile 2008. Mentre per i primi è prevista una detrazione, per i secondi vige una vera e propria esenzione dal pagamento dell’IMU.

Il punto critico è la prova della destinazione dell’immobile ad “abitazione principale” dell’assegnatario, requisito indispensabile per l’esenzione. L’ente gestore deve dimostrare attivamente questa condizione per ogni singolo immobile, oppure si può presumere, lasciando all’ente impositore l’onere di provare il contrario? La risposta a questa domanda ha implicazioni pratiche ed economiche enormi per gli enti che gestiscono migliaia di unità abitative.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso dell’ATER, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado. I giudici hanno stabilito un principio di diritto dirimente: la destinazione dell’alloggio sociale ad abitazione principale dell’assegnatario non richiede una prova ulteriore da parte dell’ente gestore, poiché tale requisito è normalmente presupposto dalla natura stessa dell’assegnazione.

Si configura, quindi, una presunzione iuris tantum. Si presume che l’assegnatario risieda e dimori abitualmente nell’alloggio, come previsto dai suoi obblighi contrattuali. Sarà l’ente impositore, se intende negare l’esenzione, a dover fornire la prova dell’inadempimento di tali obblighi da parte dell’assegnatario. La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito fosse errata perché non aveva verificato se gli immobili possedessero le caratteristiche oggettive di “alloggi sociali” secondo il decreto ministeriale, negando a priori l’esenzione.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un’analisi sistematica della normativa. Il legislatore ha chiaramente distinto gli alloggi ex IACP (per i quali è prevista una detrazione di 200 euro) dagli alloggi sociali (totalmente esenti). L’esenzione per questi ultimi è legata alla loro funzione di interesse generale, volta a ridurre il disagio abitativo di nuclei familiari svantaggiati.

I giudici hanno sottolineato che la residenza anagrafica e la dimora abituale sono obblighi insiti nel contratto di assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, la cui violazione può portare alla decadenza del beneficio. Pertanto, la destinazione ad abitazione principale è un presupposto logico e giuridico dell’assegnazione stessa. Pretendere che l’ente gestore fornisca una prova positiva per ogni unità immobiliare sarebbe un onere sproporzionato. È più corretto e logico, invece, che sia l’amministrazione finanziaria a dover dimostrare l’eventuale anomalia, ovvero che l’assegnatario non utilizzi l’immobile come propria abitazione principale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta una vittoria importante per gli enti di edilizia residenziale pubblica. Le conclusioni pratiche sono chiare:
1. Onere della Prova Invertito: L’ente gestore deve dimostrare che i suoi immobili rientrano nella definizione normativa di “alloggi sociali”. Una volta provato questo, scatta la presunzione che siano utilizzati come abitazione principale.
2. Ruolo dell’Ente Impositore: Spetta al Comune o al concessionario della riscossione provare che, nel caso specifico, l’assegnatario non adempie all’obbligo di residenza e dimora, per poter legittimamente negare l’esenzione.
3. Maggiore Certezza del Diritto: La decisione fornisce maggiore certezza agli enti nella gestione del proprio patrimonio immobiliare e nella pianificazione fiscale, riducendo il rischio di contenziosi basati su un’errata attribuzione dell’onere probatorio.

Un alloggio di edilizia residenziale pubblica ha automaticamente diritto all’esenzione IMU?
No. La sentenza chiarisce che bisogna distinguere: l’esenzione totale è prevista solo per gli immobili che rientrano nella specifica definizione di “alloggi sociali” (secondo il D.M. 22 aprile 2008) e sono adibiti ad abitazione principale. Per gli altri alloggi pubblici regolarmente assegnati (ex IACP) che non possiedono tali caratteristiche, spetta invece una detrazione d’imposta.

A chi spetta dimostrare che un alloggio sociale è utilizzato come abitazione principale per ottenere l’esenzione IMU?
La Corte di Cassazione ha stabilito che esiste una presunzione legale (iuris tantum). L’ente gestore deve solo dimostrare che l’immobile ha le caratteristiche di “alloggio sociale”. A quel punto, si presume che sia l’abitazione principale dell’assegnatario. Spetta all’ente impositore (es. il Comune) l’onere di fornire la prova contraria, dimostrando che l’assegnatario non vi risiede.

Qual è la differenza tra la detrazione IMU e l’esenzione totale per gli alloggi gestiti da enti pubblici?
La detrazione è una riduzione dell’imposta dovuta (nel caso specifico, di 200 euro), applicabile agli alloggi regolarmente assegnati dagli enti di edilizia residenziale pubblica (ex IACP) che non sono classificati come “sociali”. L’esenzione totale, invece, comporta il completo azzeramento dell’imposta ed è riservata esclusivamente agli immobili che possiedono le specifiche caratteristiche degli “alloggi sociali” come definiti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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