Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5356 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5356 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29427/2022 R.G. proposto da:
COGNOME, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in MELFI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, giusta procura allegata al ricorso -ricorrente- contro
NOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ANCONA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura allegata al controricorso
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. BASILICATA n. 142/2022 depositata il 09/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Ater di Potenza impugnava l’avviso di accertamento n. n. 10 del 14/10/2019, a mezzo del quale la concessionaria accertava l’omesso versamento dell’importo pari ad € 95.501,00 a titolo di IMU, per il periodo d’imposta 2018, irrogando la sanzione per € 28.650,00 ed applicando gli interessi per € 683,00.216, sul rilievo che trattandosi di alloggi sociali, l’imposta non era dovuta sulle unità immobiliari oggetto dell’atto impositivo.
La Commissione Tributaria Provinciale di Potenza rigettava il ricorso ritenendo che alla ricorrente spettasse solamente la detrazione nei limiti di euro 200,00. Sull’appello dell’Ater, la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, nel confermare la decisione di prime cure, respingeva il proposto gravame, affermando l’inapplicabilità dell’esenzione Imu agli alloggi sociali ex art. 13 d.lgs. n. 201/2013, gli immobili dell’Ater per i quali è prevista una detrazione di 200 euro ricevono pertanto una disciplina diversa da quella prevista per gli alloggi sociali, ritenendo applicabile il comma 6 del cit. art. 13 che prevede un’aliquota di base per l’applicazione dell’imposta, modificabile dai singoli comuni. Ha escluso poi l’agevolazione di cui all’art. 7, lett. i) d.lgs. n. 504/1997 svolgendo l’Ater attività economica ricevendo un canone di locazione , sia pur calmierato, il che escluderebbe l’assimilazione delle unità immobiliari in oggetto agli alloggi sociali.
Ricorre avverso detta decisione l’Ater, svolgendo quattro motivi.
Replica con controricorso e memorie difensive la società RAGIONE_SOCIALE
MOTIVI DI DIRITTO
Il primo motivo di ricorso deduce la nullita’ della sentenza per motivazione meramente apparente in violazione dell’art. 132 c.p.c.
e 111 C ostituzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 ) c.p.c. .
Si censura la sentenza n. 145/01/2001 della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata per violazione del c.d ‘minimo costituzionale’ là dove afferma che « …… l’opposto atto è risultato privo di eventuali vizi di motivazione come eccepito dalla parte ricorrente. Infatti, il predetto atto accertativo, così come predisposto, riporta tutti gli elementi identificativi necessari e, quindi, ha soddisfatto la parte motivazionale ……» senza aggiungere alcuna considerazione in punto di diritto sulle eccezioni formulate dall’A.T.E.R., in relazione alla concreta appartenenza degli alloggi per cui è causa agli enti di ERP, diversamente denominati, nel caso di specie A.T.E.R., piuttosto che ARCA, ALER o IACP, per espressa derivazione dal dettato legislativo contenuto nel D.M. 22.04.2008.
2. Il secondo motivo di ricorso , introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. 546/1992 in combinato disposto con l’art. 1, comma 161 e 162, della legge 296/2006; per avere il decidente ritenuta domanda nuova la dedotta mancata contestazione della dichiarazione ai fini Imu presentata dalla contribuente.
In particolare, si assume che erroneamente è stato emesso un avviso di accertamento , il che inficia l’idoneità dell’atto impositivo a rimuovere una esenzione che risulta non contestata. In altri termini, la società ‘RAGIONE_SOCIALE non ha negato, con l’atto impositivo opposto, l’esenzione invocata in sede dichiarativa da parte dell’A.T.E.R. di Potenza.
Si deduce, quindi, che l’avviso di accertamento è privo di motivazione in ordine alle ragioni di fatto e di diritto idonee a
giustificare la revoca della esenzione al pagamento dell’IMU per la gestione di ‘alloggi sociali’ già invocata a mezzo di dichiarazione.
La ricorrente assume che l’art. 13, comma 2, lett. b) del d.l. n. 201/2011, modificato dall’art. 1, comma 707, della legge n. 147/2013, dispone l’esenzione dal pagamento dell’IMU per la gestione di ‘RAGIONE_SOCIALE‘; che, quindi , presentata la dichiarazione IMU al fine di far valere la rivendicata esenzione, in quanto i propri fabbricati di civile abitazione sono destinati ad alloggi sociali, come definiti dal decreto del Ministro delle Infrastrutture 22 aprile 2008, non ha provveduto al versamento dell’IMU del periodo 2014 in relazione ai menzionati fabbricati.
3. La prima censura è priva di pregio.
In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 commi 2 e 4 c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logicogiuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (tra le più recenti, Cass-n. 3819 del 14/02/2020, Rv. 656925 -02).
La decisione impugnata, diversamente da quanto ritenuto dalla ricorrente, dà conto del contenuto dell’atto impositivo là dove fa riferimento alla normativa applicata ed alla omessa presentazione della denuncia relativa agli immobili indicati nell’allegato B), evidenziando che nell’avviso opposto sono indicati i dati catastali, l’aliquota applicata, le detrazioni ed eventuali riduzioni. Non può, dunque, sostenersi che la C.T.R. abbia omesso la motivazione o adottato una motivazione apparente, posto che la decisione risponde allo specifico motivo di gravame, pur se non condividendone gli assunti, enunciando un principio non conforme a quello preteso dall’impugnante. Deve, pertanto, essere del tutto esclusa la censurata nullità della sentenza impugnata.
Quanto all’omesso esame della eccezione formulata dalla società , a parte la sua scarsa intellegibilità, si osserva che dalla sentenza impugnata non risulta la formulazione di una tale eccezione.
In ogni caso, la censura è infondata, in quanto la sentenza impugnata supera implicitamente l’eccezione avente ad oggetto la titolarità degli immobili. Va, difatti, ribadito che è configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Cass., Sez. 3, 8 maggio 2023, n. 12131; Cass. n. 1515 del 2020; Cass., 15 marzo 2019, n. 7500; Cass. n. 25622 del 2021). Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta, dunque, la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto (cfr. ex plurimis Cass. 29/01/2021, n. 2151; Cass. 2/04/2020; Cass. 30/01/2020, n. 2153; Cass. n. 10284 del 2022).
4.Il secondo motivo di ricorso, in disparte il preliminare profilo di inammissibilità, è parimenti infondato.
Sotto il primo profilo, si osserva che nell’ipotesi in cui il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria sotto il profilo del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – che non è atto processuale ma amministrativo (Cass. 3 dicembre 2001, n. 15234) – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso medesimo ovvero che alleghi al ricorso l’avviso sì da consentire alla Corte l’accertamento in merito al contenuto motivazionale dello stesso (Cass. 13 febbraio 2014, n. 3289; Cass. n.16147/2017; Cass. n.28570/2019).
Nella presente fattispecie, la società ha omesso di allegare al ricorso ex art. 366 c.p.c. l’avviso di cui si lamenta il deficit contenutistico, trascurando finanche di trascrivere i passi salienti della motivazione.
Sotto altro versante, è’ pacifico che l’obbligo motivazionale dell’avviso di accertamento in materia di ICI deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare l’an e il quantum dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa
impositiva (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2021, n. 1569; Cass., Sez. 6^5, 3 febbraio 2021, n. 2348; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, n. 16681; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2022, n. 34014; Cass., Sez. 5^, 17 ottobre 2023, n. 28758; Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2024, n. 2929; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501); né detto onere di motivazione comporta l’obbligo di indicare anche l’esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2018, n. 1694; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2022, nn. 36028 e 36032; Cass., Sez. 5^, 5 agosto 2024, n. 22031); ne discende che l’atto impositivo, con la contestazione dell’omesso o parziale versamento del tributo per l’anno di riferimento, contiene un implicito rigetto della pretesa esenzione. Tale principio opera anche con riferimento all’i.m.u., in quanto la indicazione degli immobili per i quali è richiesta la pretesa tributaria consente al contribuente di individuare i fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva( Cass. n. 27441/2024). Pertanto, del tutto irrilevante, risulta l’omessa contestazione dell’esenzione rivendicata con la dichiarazione ovvero la statuizione del collegio d’appello in merito alla della deduzione della mancata contestazione da parte della società di riscossione.
4. Con il terzo motivo si lamenta .
Si obietta che tra le varie unità abitative gestite dall’A.RAGIONE_SOCIALE di Potenza, sussistono molti fabbricati siti nel territorio del Comune di Venosa in relazione ai quali la società ha ottemperato agli obblighi dichiarativi di cui all’art. 13, comma 12 -ter, del d.l. 06/12/2011, n. 201, al fine di far valere l’esenzione dal pagamento dell’IMU in quanto destinati ad alloggi sociali, come definiti dal decreto del Ministro delle Infrastrutture 22 aprile 2008.
Si osserva che il quadro normativo dell’IMU applicabile al periodo d’imposta 2014 è riconducibile all’art. 13 del d.l. 201/2011 (come novellato dall’art. 1, comma 707, legge 27 dicembre 2013 n. 147, e posto a regime a far data dal 01 gennaio 2014) che, al comma 2, lett. b), dispone l’esenzione dal pagamento di detta imposta per la gestione di ‘Alloggi sociali’. Si deduce che l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale di Potenza, istituita con legge regionale 24 giugno 1996 n. 29, è un ente pubblico dotato di personalità giuridica e di autonomia organizzativa, amministrativa e contabile, che esercita attività rivolta alla realizzazione e alla gestione di edilizia residenziale pubblica su tutto il territorio della provincia di Potenza. In particolare, si afferma che l’art. 4 della cit. legge reg. definisce i compiti dell’ente tra i quali quello di .
Si deduce di aver rispettato la finalità sociale di sostegno alle fasce deboli per le assegnazioni delle unità abitative, per come richiesto dal medesimo art. 1 del decreto 22 aprile 2008, nella attuazione della detta finalità disciplinata dalla Legge Regionale n. 24 del 18/12/2007 (già L.R. n. 31/1999), per cui le attività poste in essere dall’A.T.E.R. di Potenza, relative alla assegnazione di unità abitative (catastalmente qualificate come A/2, A/3 ed A/4) sono conformi ai criteri di assegnazione sociale di cui alla legge Regionale n. 24 del 18/12/2007 (già L.R. n. 31/1999), soddisfacendo tutti i requisiti previsti dal citato decreto ministeriale 22 aprile 2008, con la conseguenza che gli immobili di proprietà Ater sono ‘Alloggi sociali’ poiché rispondono a tutti i requisiti richiesti dal citato decreto.
Si soggiunge che, in sintonia con la previsione normativa, tra gli alloggi di ERP, di specie A.T.E.R, sono individuati anche meri alloggi denominati ‘Alloggi semplici’, regolarmente assegnati, per i quali è prevista la sola detrazione IMU di € 200,00, a differenza degli alloggi sociali disciplinati dal decreto infrastrutture per i quali vige invece la totale esenzione dal pagamento dell’IMU; a conferma di quanto asserito, il d.l. n. 47/2014 convertito, con modificazioni, nella legge n. 80/2014, ha riconosciuto in modo inequivocabile agli alloggi di proprietà degli ex IACP, comunque denominati, lo status di ‘ alloggio sociale ‘.
5.Il quarto strumento di ricorso prospetta. Si sostiene che il perimetro dell’esenzione per la gestione di
‘Alloggi sociali’, per il periodo d’imposta 2014, si rinviene dal testo
dell’art. 13, comma 1, del d.l. 06/12/2011, n. 201 con cui il legislatore ha operato in maniera ancora più dettagliata rispetto al passato disponendo, per le unità immobiliari adibite ad abitazioni principali, specifici casi di detrazione d’imposta rispetto alla esenzione dal pagamento del tributo. Si rammenta che a far data dal 01 gennaio 2014, è stata introdotta una espressa detrazione per il pagamento dell’IMU riservate alle abitazioni principali classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 disponendo « L’imposta municipale propria non si applica al possesso dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le quali continuano ad applicarsi l’aliquota di cui al comma 7 e la detrazione di cui al comma 10. Dall’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 nonché per le relative pertinenze, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200 rapportati al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. I comuni possono disporre l’elevazione dell’importo della detrazione, fino a concorrenza dell’imposta dovuta, nel rispetto dell’equilibrio di bilancio. La suddetta detrazione si applica agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione dell’articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616». Dunque, a fronte della esenzione completa per le unità abitative adibite ad abitazione principale, è prevista una esenzione parziale per le unità abitative, adibite ad abitazione principale, che rientrano nelle categorie catastali A/1, A/8 ed A/9 attuata mediante la
possibilità di effettuare una detrazione di importo pari ad € 200,00 dall’imposta dovuta.
Infine, osserva la ricorrente che l’art. 13, comma 10, del d.l. 06/12/2011, n. 201 ha esteso l’applicabilità della suddetta detrazione ‘agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione dell’articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616’. Pertanto, se l’abitazione principale assegnata in locazione dagli IACP si identifica quale alloggio sociale, come da d.m. 22 aprile 2008 (in quanto ne possiede le caratteristiche), dovrà applicarsi la specifica esenzione disposta dalla legge (ex art. 13 citato, comma 2, lett. b) ovvero, laddove si tratti di meri alloggi, la detrazione di cui all’art. 13, comma 10 citato.
6. Nella illustrazione del motivo, la ricorrente deduce , obiettandosi che la delibera di approvazione delle Tariffe del Comune di Venosa non potrebbe mai elidere una esenzione disposta dalla norma primaria, rammentando che l’art. 52 del d.lgs. 446/1997, espressamente richiamato per l’IMU prevede che: «1. Le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti ». Conseguentemente, il potere regolamentare del Comune non può incidere sulle fattispecie imponibili (ivi comprese le esenzioni dall’imposta) nè istituendone di nuove rispetto alla norma primaria nè prevedendo fattispecie che ne regolino la decadenza ove non prevista dalla norma primaria.
La terza censura è fondata, assorbita l’ultima.
Un recente orientamento di questa Corte (in termini: Cass., 8 marzo 2024, n. 6380; Cass. 23 maggio 2024, n. 14511; Cass. n. 30484/2024; Cass. n. 14515/2024), ha messo in risalto che: – con riguardo alla circostanza che si tratti di alloggi sociali, in diritto va precisato che l’art. 2, comma 2, lett. b, del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, nel differenziare, per la prima volta, il trattamento delle unità immobiliari richiamate dall’art. 8, comma 4, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 504 (unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soggetti assegnatari, ed alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari) prevedendo soltanto che le prime sarebbero divenute esenti dall’IMU a decorrere dall’1 luglio 2013, in quanto equiparate all’abitazione principale, ha stabilito, al successivo comma 4, che gli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli I.A.C.P., istituiti in attuazione dell’art. 93 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sarebbero rimasti, invece, imponibili ai fini IMU, fatta eccezione per gli alloggi sociali, come definiti dal d.interm. 22 aprile 2008, che erano stati, a loro volta, equiparati all’abitazione principale, ma soltanto a decorrere dall’1 gennaio 2014 (Cass., Sez. 5^, 29 novembre 2021, n. 37342; Cass., Sez. 5^, 14 dicembre 2021, n. 39799); – in tale ultima ipotesi, l’esenzione dall’imposta risulta, quindi, prevista dall’art. 4 del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, a decorrere dall’1 gennaio 2014, ed è applicabile nel caso di specie, avente ad oggetto l’annualità d’imposta 2014; l’analisi delle disposizioni in materia di IMU rivela, dunque, che non è configurabile una coincidenza tra gli immobili regolarmente assegnati dagli ex I.A.C.P. e gli alloggi sociali, atteso
che il legislatore, nell’ambito del medesimo contesto normativo, ha disciplinato autonomamente e differentemente le due fattispecie; il legislatore, infatti, all’art. 13, comma 10, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha espressamente previsto un’agevolazione consistente in una detrazione di € 200,00 per gli alloggi regolarmente assegnati dagli I.A.C.P. o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, risultando, dunque, evidente la volontà del legislatore di differenziare gli alloggi ex I.A.C.P. da quelli «sociali», che, invece, sono esenti dal prelievo per espressa disposizione di legge (art. 13, comma 2, lett. b, del citato d.l. 6 dicembre 2011, n. 201); – non è, dunque, invocabile un’assimilazione tra gli alloggi concessi in locazione e gli alloggi sociali, essendo preclusa, inevitabilmente, dalla corretta applicazione del principio generale e inderogabile in materia fiscale, il quale prevede che, in detta materia le norme contemplanti esenzioni o agevolazioni sono di stretta interpretazione, ai sensi dell’art 14 disp. prel. cod. civ., sicché non vi è spazio per ricorrere al criterio analogico o all’interpretazione estensiva della norma oltre i casi e le condizioni dalle stesse espressamente considerati (Cass., Sez. 5^, 7 maggio 2008, n. 11106; Cass., Sez. 5^, 7 marzo 2013, n. 2925; Cass., Sez. 5^, 4 marzo 2016, n. 4333; Cass., Sez. 6^-5, 21 giugno 2017, n. 15407; Cass., Sez. 5^, 16 maggio 2019, n. 13145; Cass., Sez. 5^, 29 ottobre 2020, n. 23877; Cass., Sez. 5^, 17 giugno 2021, n. 15301; Cass., Sez. 5^, 24 novembre 2022, n. 34690). L’esenzione dal pagamento è prevista, pertanto, solo per gli immobili specificamente destinati ad alloggi sociali, cioè per gli immobili destinati alla locazione che abbiano le caratteristiche individuate dal decreto interministeriale, al che consegue che sono esenti dal pagamento non tutti gli alloggi I.A.C.P., ma soltanto quelli che abbiano le caratteristiche indicate nei parametri stabiliti dal decreto interministeriale; in particolare, è alloggio sociale
l’unità immobiliare destinata ad uso residenziale ed oggetto di locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale di ridurre il disagio abitativo di soggetti e nuclei familiari svantaggiati, i quali non sono in grado di avere accesso alla locazione di alloggi nel libero mercato, essendo configurati, tali immobili come elemento essenziale del sistema di edilizia residenziale sociale costituito dall’insieme dei servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie. Allo scopo di ravvisare il requisito oggettivo dell’imposta, occorre, quindi, distinguere gli «alloggi sociali», così come sopra definiti normativamente, dagli altri alloggi, siccome nella nozione di abitazione principale, per la quale è possibile applicare l’esenzione dell’imposta, vanno ricompresi anche gli immobili che, pur essendo di proprietà dell’ente, sono in sede di locazione destinati e inquadrabili tra gli alloggi sociali, in quanto idonei e volti a soddisfare la medesima finalità pubblica; – lo stesso Ministero delle Finanze, nella risposta n. 15 delle FAQ del 3 giugno 2014, citata dalla ricorrente, ha, peraltro, precisato che gli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti in questione rientrano in siffatta ipotesi di assimilazione e, quindi, di esenzione soltanto nel caso in cui anche tali alloggi siano riconducibili nella definizione di alloggio sociale di cui al decreto interministeriale, mentre in tutti gli altri casi, in cui non si può ricollegare nell’ambito dell’alloggio sociale l’immobile posseduto dagli Istituti in questione, si applica la detrazione di € 200,00.
A ben vedere, l’equiparazione normativa all’abitazione principale, con l’espressa inapplicabilità dell’IMU (ex art. 13, comma 2, lett. b, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo modificato dall’art. 1, comma 707, della legge 27 dicembre 2013, n. 147), sancisce una sorta di presunzione iuris tantum , essendo fisiologicamente insite la residenza anagrafica e la dimora abituale tra gli obblighi
posti a carico dei beneficiari dell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, la cui inadempienza può comportarne la decadenza.
Ne consegue, pertanto, che la destinazione dell’alloggio sociale ad abitazione principale dell’assegnatario, quale requisito necessario ai fini della sua assegnazione, non richiede una prova ulteriore, ferma restando la possibilità, da parte dell’ente impositore, di fornire la prova dell’inadempimento, da parte dell’assegnatario, ai suoi obblighi di residenza e dimora e conseguentemente negare l’esenzione nel caso specifico in cui ciò avvenga. In definitiva, a prescindere dalle regole sulla ripartizione dell’onere della prova, come cristallizzate dall’art. 2697 cod.civ. e, oggi, con specifico riferimento al processo tributario, dall’art. 7, comma 5bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, il requisito della destinazione dell’alloggio sociale ad abitazione principale non richiede una prova ulteriore rispetto alle caratteristiche tipizzate dal decreto ministeriale, essendo lo specifico aspetto della destinazione dell’alloggio sociale normalmente presupposto nella qualificazione stessa degli alloggi sociali (come unità immobiliari adibite ad uso residenziale in locazione permanente, la cui funzione di interesse generale è di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato) e nei requisiti previsti per l’assegnazione, anche dalla legislazione regionale e dalla normativa secondaria. In base a tali premesse il giudice di merito non può escludere la destinazione dell’alloggio sociale ad abitazione principale dell’assegnatario (destinazione che corrisponde alla situazione ordinaria e corrisponde all’id quod plerumque accidit, alla luce del sistema normativo vigente) in base all’applicazione delle regole di ripartizione dell’onere della prova, ma deve verificare la specifica circostanza che allontani la situazione concreta da quella ordinaria (quale, ad esempio, l’inadempimento da parte dell’assegnatario
degli obblighi di residenza e dimora, la cui allegazione e prova ricadono sull’ente impositore, che ha interesse a negare l’esenzione).
Del resto, ciò è stato ulteriormente ed esplicitamente confermato, in sede di nuova disciplina dell’IMU, dal successivo art. 1, comma 741, lett. c, n. 3, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, sancendo, con decorrenza dall’1 gennaio 2020, che «sono altresì considerate abitazioni principali: (…) 3) i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008, adibiti ad abitazione principale». Per cui, con tale disposizione, è stato definitivamente chiarito che l’esenzione può essere pretesa dall’ente di edilizia residenziale pubblica, quale soggetto passivo dell’IMU, a condizione che l’assegnatario adibisca effettivamente l’alloggio a propria abitazione principale, fissandovi la residenza anagrafica e la dimora abituale.
8. Ne consegue che la sentenza impugnata si è discostata da tale principio affermando l’inapplicabilità dell’esenzione IMU, ex art. 13 d.lgs. n. 201/2013, agli immobili di proprietà Ater, escludendone la natura di alloggi sociali, senza verificarne la corrispondenza ai criteri del d.interm. 22 aprile 2008 e ritenendo ad essi applicabili il comma 6 dell’art. 13 d.l. n. 201/2011.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la fondatezza del terzo motivo, l’infondatezza del primo motivo e del secondo motivo, nonché l’assorbimento del quarto motivo, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a, della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
9.Pertanto, nell’accertamento demandatogli circa la sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi per beneficiare dell’esenzione, il giudice del rinvio si atterrà al principio di diritto già affermato da questa Corte secondo cui «In tema di IMU, l’esenzione prevista dall’art. 13, comma 2, lett. b, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo modificato dall’art. 1, comma 707, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è subordinata, anche alla luce della disciplina successivamente introdotta dall’art. 1, comma 741, lett. c, n. 3, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (con decorrenza dall’1 gennaio 2020), all’adibizione dell’alloggio sociale ad abitazione principale dell’assegnatario, che, però, non richiede una prova ulteriore rispetto alle caratteristiche tipizzate per l’alloggio sociale dal d.interm. 22 aprile 2008, rientrando la residenza anagrafica e la dimora abituale tra gli obblighi normalmente posti a carico dell’assegnatario (a pena di decadenza dall’assegnazione) in base alla legislazione delegata alle Regioni in materia di edilizia residenziale pubblica dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, e dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, ferma restando la possibilità, da parte dell’ente impositore, di fornire la prova dell’inadempimento a tali obblighi da parte dell’assegnatario e, conseguentemente, di negare l’esenzione in siffatta evenienza».
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso; rigetta il primo ed il secondo; dichiara l’assorbimento del quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Basilicata in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione del 28 gennaio 2025 .
IL PRESIDENTE NOME COGNOME