Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5429 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5429 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14616/2023 R.G. proposto da:
COMUNE DI FONDI, in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliato in FONDI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende , giusta procura allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, giusta procura allegata al controricorso -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 6482/2022 depositata il 30/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Fondi ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento n. 68210 del 28/11/2019 per il parziale versamento dell’IMU (annualità 2014) in relazione ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, ha riconosciuto l’esenzione prevista dall’art. 13, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in accoglimento dell’appello proposto dal Comune di Rieti.
La Commissione Tributaria Provinciale di Latina accoglieva parzialmente il ricorso in punto sanzioni.
Sull’appello dell’Ater, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, nel riformare la decisione di prime cure, accoglieva il gravame proposto, affermando che .
Deposita controricorso la società RAGIONE_SOCIALE L’amministrazione comunale ha depositato memoria difensiva in prossimità dell’udienza.
La causa è stata decisa all’adunanza camerale del 28 gennaio 2025.
MOTIVI DI DIRITTO
1.Il primo motivo di ricorso, introdotto ex art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c., deduce ; per avere il decidente erroneamente applicato al caso in esame il comma 10 del d.l. 201/2011, anziché il comma 2, lett. d) del medesimo decreto.
Si obietta che le due disposizioni contenute nell’art. 13 d.l. 201/2011 – in apparenza antinomiche – sono, in realtà, la prima (comma 2 lett. b), di carattere generale, in quanto priva di specificazione soggettiva e contenente una ‘generica’ esenzione per gli alloggi sociali (intesi quali unità assegnate senza controprestazione), la seconda (comma 10) norma ‘speciale’, in quanto espressamente dettata per una determinata categoria di contribuenti, ai quali riconosce una mera detrazione dalla tassazione ordinaria di € 200,00 ( ‘La suddetta detrazione si applica agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalita’ degli IACP, istituiti in attuazione dell’articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616′ ), di talchè la previsione di carattere speciale prevale rispetto a quella di carattere generale, tant’è che per gli immobili di proprietà degli enti esplicitamente considerati dalla norma speciale, trova applicazione la sola
detrazione, proprio in ossequio al carattere soggettivo che la contraddistingue.
Si deduce che la contribuente non ha dimostrato che tutti i fabbricati oggetto di accertamento posseggono i requisiti per essere classificati come ‘alloggio sociale’ secondo quanto riportato nel più volte citato d.m., non avendo documentato che gli stessi sono stati adibiti ad ‘abitazione principale’ dai soggetti assegnatari. 2. Il secondo motivo di ricorso denuncia . Il Comune di Fondi lamenta che la sentenza d’appello, n. 6482/2022, impugnata, risulta errata perché non coglie la differenza concettuale e strutturale che corre tra ‘alloggi sociali’ e ‘alloggi’ assegnati dall’ATER, sulla quale si radica la scelta del Legislatore di prevedere, nel primo caso, l’esenzione (art. 13, co.2, lett. b, d.l. 201/2011) e, nel secondo, la sola detrazione di € 200,00 (art. 13, co. 10, d.l. 201/2011).
Si osserva, inoltre, che le caratteristiche degli alloggi sociali sono individuate dal d.m. 22 aprile 2008, secondo il quale l’alloggio sociale si individua nell’ ‘unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. L’alloggio sociale si configura come elemento essenziale del sistema di edilizia residenziale sociale costituito dall’insieme dei servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie’. Inoltre, tale alloggio ‘deve essere adeguato, salubre, sicuro e costruito o recuperato nel rispetto delle caratteristiche tecnico-costruttive indicate agli articoli 16 e 43 della legge 5 agosto 1978, n. 457. Nel caso di servizio di edilizia sociale in locazione si considera adeguato un alloggio con un numero di vani abitabili
tendenzialmente non inferiore ai componenti del nucleo familiare e comunque non superiore a cinque – oltre ai vani accessori quali bagno e cucina. Quindi, gli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti predetti possono essere classificati come ‘alloggi sociali’ e godere della piena esenzione IMU qualora essi posseggano tutte le caratteristiche elencate nel sopra citato decreto, mentre, in caso contrario, dovrà applicarsi solo la detrazione di 200 euro.
Si deduce che la sentenza gravata, invece, non ha accertato la sussistenza dei requisiti di cui al citato d.m., incorrendo, quindi, in una violazione di legge e non ha considerato due elementi che precludono il riconoscimento dell’invocata esenzione, vale a dire il mancato ‘utilizzo diretto’ degli alloggi in esame ed il ‘canone di locazione’ versato all’ATER.
Al fine, l’amministrazione locale cita recenti sentenze di questa Corte (Cass. n. 20135/2019, n. 3982/2021 e n. 19875/2021) secondo le quali le esenzioni in questione ‘ presuppongono il ricorrere di una duplice condizione costituita dall’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dall’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito'(…) ‘ Questa Corte ha altresì ritenuto che tali condizioni non sussistano con riguardo agli immobili gestiti dalle aziende per l’edilizia residenziale pubblica (IACP), sicché ad essi l’esenzione non spetta ‘. In particolare, si riportano i principi enunciati secondo cui i canoni locativi modesti ‘non escludono il carattere economico dell’attività svolta, non essendovi equivalenza tra il concetto di corrispettivo tenue o modesto e quello di corrispettivo simbolico, il quale esclude completamente il rapporto sinallagmatico, sussistente invece nel primo caso’.
3. Le due censure da scrutinarsi congiuntamente in quanto è ad esse sottesa una comune quaestio iuris di fondo, sono prive di pregio, in disparte l’eccezione di inammissibilità che la controricorrente rivolge al primo mezzo di ricorso, assumendo che
difetta la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie (o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina). Diversamente da quanto obietta la controricorrente, il mezzo è fedele al canone della specificità, ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., in quanto contiene argomenti specifici diretti a criticare l’interpretazione della normativa compiuta dal Giudice del gravame.
3.1.Un recente orientamento di questa Corte (in termini: Cass., 8 marzo 2024, n. 6380; Cass. 23 maggio 2024, n. 14511; Cass. n. 30484/2024; Cass. n. 14515/2024), ha messo in risalto che: – con riguardo alla circostanza che si tratti di alloggi sociali, in diritto va precisato che l’art. 2, comma 2, lett. b, del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, nel differenziare, per la prima volta, il trattamento delle unità immobiliari richiamate dall’art. 8, comma 4, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 504 (unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soggetti assegnatari, ed alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari) prevedendo soltanto che le prime sarebbero divenute esenti dall’IMU a decorrere dall’1 luglio 2013, in quanto equiparate all’abitazione principale, ha stabilito, al successivo comma 4, che gli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli I.A.C.P., istituiti in attuazione dell’art. 93 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sarebbero rimasti, invece, imponibili ai fini IMU, fatta eccezione per gli alloggi sociali, come definiti dal d.interm. 22 aprile 2008, che erano stati, a loro volta, equiparati all’abitazione principale, ma soltanto a decorrere dall’1 gennaio 2014 (Cass., Sez. 5^, 29 novembre 2021, n. 37342; Cass., Sez.
5^, 14 dicembre 2021, n. 39799); – in tale ultima ipotesi, l’esenzione dall’imposta risulta, quindi, prevista dall’art. 4 del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, a decorrere dall’1 gennaio 2014, ed è applicabile nel caso di specie, avente ad oggetto l’annualità d’imposta 2014.
L’analisi delle disposizioni in materia di IMU rivela, dunque, che non è configurabile una coincidenza tra gli immobili regolarmente assegnati dagli ex I.A.C.P. e gli alloggi sociali, atteso che il legislatore, nell’ambito del medesimo contesto normativo, ha disciplinato autonomamente e differentemente le due fattispecie; il legislatore, infatti, all’art. 13, comma 10, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha espressamente previsto un’agevolazione consistente in una detrazione di € 200,00 per gli alloggi regolarmente assegnati dagli I.A.C.P. o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, risultando, dunque, evidente la volontà del legislatore di differenziare gli alloggi ex I.A.C.P. da quelli «sociali», che, invece, sono esenti dal prelievo per espressa disposizione di legge (art. 13, comma 2, lett. b, del citato d.l. 6 dicembre 2011, n. 201); – non è, dunque, invocabile un’assimilazione tra gli alloggi concessi in locazione e gli alloggi sociali, essendo preclusa, inevitabilmente, dalla corretta applicazione del principio generale e inderogabile in materia fiscale, il quale prevede che, in detta materia le norme contemplanti esenzioni o agevolazioni sono di stretta interpretazione, ai sensi dell’art 14 disp. prel. cod. civ., sicché non vi è spazio per ricorrere al criterio analogico o all’interpretazione estensiva della norma oltre i casi e le condizioni dalle stesse espressamente considerati (Cass., Sez. 5^, 7 maggio 2008, n. 11106; Cass., Sez. 5^, 7 marzo 2013, n. 2925; Cass., Sez. 5^, 4 marzo 2016, n. 4333; Cass., Sez. 6^-5, 21 giugno 2017, n. 15407; Cass., Sez. 5^, 16 maggio 2019, n.
13145; Cass., Sez. 5^, 29 ottobre 2020, n. 23877; Cass., Sez. 5^, 17 giugno 2021, n. 15301; Cass., Sez. 5^, 24 novembre 2022, n. 34690). L’esenzione dal pagamento è prevista, pertanto, per gli immobili specificamente destinati ad alloggi sociali, cioè per gli immobili destinati alla locazione che abbiano le caratteristiche individuate dal decreto interministeriale, al che consegue che sono esenti dal pagamento non tutti gli alloggi I.A.C.P., ma soltanto quelli che abbiano le caratteristiche indicate nei parametri stabiliti dal decreto interministeriale; in particolare, è alloggio sociale l’unità immobiliare destinata ad uso residenziale ed oggetto di locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale di ridurre il disagio abitativo di soggetti e nuclei familiari svantaggiati, i quali non sono in grado di avere accesso alla locazione di alloggi nel libero mercato, essendo configurati, tali immobili come elemento essenziale del sistema di edilizia residenziale sociale costituito dall’insieme dei servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie. Allo scopo di ravvisare il requisito oggettivo dell’imposta, occorre, quindi, distinguere gli «alloggi sociali», così come sopra definiti normativamente, dagli altri alloggi, siccome nella nozione di abitazione principale, per la quale è possibile applicare l’esenzione dell’imposta, vanno ricompresi anche gli immobili che, pur essendo di proprietà dell’ente, sono in sede di locazione destinati e inquadrabili tra gli alloggi sociali, in quanto idonei e volti a soddisfare la medesima finalità pubblica; – lo stesso Ministero delle Finanze, nella risposta n. 15 delle FAQ del 3 giugno 2014, citata dalla ricorrente, ha, peraltro, precisato che gli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti in questione rientrano in siffatta ipotesi di assimilazione e, quindi, di esenzione soltanto nel caso in cui anche tali alloggi siano riconducibili nella definizione di alloggio sociale di cui al decreto interministeriale, mentre in tutti gli altri casi, in cui non si può ricollegare nell’ambito dell’alloggio sociale l’immobile
posseduto dagli Istituti in questione, si applica la detrazione di € 200,00.
3.2. A ben vedere, l’equiparazione normativa all’abitazione principale, con l’espressa inapplicabilità dell’IMU (ex art. 13, comma 2, lett. b, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo modificato dall’art. 1, comma 707, della legge 27 dicembre 2013, n. 147), sancisce una sorta di presunzione iuris tantum , essendo fisiologicamente insite la residenza anagrafica e la dimora abituale tra gli obblighi posti a carico dei beneficiari dell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, la cui inadempienza può comportarne la decadenza.
3.3.Ne consegue, pertanto, che lo specifico aspetto della destinazione dell’alloggio sociale ad abitazione principale dell’assegnatario, quale requisito necessario ai fini della sua assegnazione, non richiede una prova ulteriore, ferma restando la possibilità, da parte dell’ente impositore, di fornire la prova dell’inadempimento, da parte dell’assegnatario, ai suoi obblighi di residenza e dimora e conseguentemente negare l’esenzione nel caso specifico in cui ciò avvenga. In definitiva, a prescindere dalle regole sulla ripartizione dell’onere della prova, come cristallizzate dall’art. 2697 cod.civ. e, oggi, con specifico riferimento al processo tributario, dall’art. 7, comma 5bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, la destinazione dell’alloggio sociale ad abitazione principale non richiede una prova ulteriore rispetto alle caratteristiche tipizzate dal decreto ministeriale, essendo normalmente presupposta nella qualificazione stessa degli alloggi sociali (come unità immobiliari adibite ad uso residenziale in locazione permanente, la cui funzione di interesse generale è di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato) e nei requisiti previsti per l’assegnazione, anche dalla legislazione regionale e dalla normativa
secondaria. In base a tali premesse il giudice di merito non può escludere la destinazione dell’alloggio sociale ad abitazione principale dell’assegnatario (destinazione che corrisponde alla situazione ordinaria e corrisponde all’id quod plerumque accidit, alla luce del sistema normativo vigente) in base all’applicazione delle regole di ripartizione dell’onere della prova, ma deve verificare la specifica circostanza che allontani la situazione concreta da quella ordinaria (quale, ad esempio, l’inadempimento da parte dell’assegnatario degli obblighi di residenza e dimora, la cui allegazione e prova ricadono sull’ente impositore, che ha interesse a negare l’esenzione).
3.4.Del resto, ciò è stato ulteriormente ed esplicitamente confermato, in sede di nuova disciplina dell’IMU, dal successivo art. 1, comma 741, lett. c, n. 3, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, sancendo, con decorrenza dall’1 gennaio 2020, che «sono altresì considerate abitazioni principali: (…) 3) i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008, adibiti ad abitazione principale». Per cui, con tale disposizione, è stato definitivamente chiarito che l’esenzione può essere pretesa dall’ente di edilizia residenziale pubblica, quale soggetto passivo dell’IMU, a condizione che l’assegnatario adibisca effettivamente l’alloggio a propria abitazione principale, fissandovi la residenza anagrafica e la dimora abituale.
4.Ne consegue che la sentenza impugnata non si è discostata da tale principio, affermando l’applicabilità dell’esenzione Imu agli alloggi sociali ex art. 13 d.lgs. n. 201/2013 dell’Ater, alla luce della dichiarazione di attestazione rilasciata dall’ATER e della relazione tecnica prodotta dalla medesima contribuente dalle quali emerge che gli immobili in questione sono costituiti da fabbricati per civile abitazione adibiti ad abitazione principale; svolgono la funzione di
ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi in libero mercato; sono stati assegnati dal Comune con apposito decreto, senza limitazione temporale, ma finchè permangono le condizioni che ne hanno consentito l’assegnazione; sono stati realizzati dallo IACP di Latina (ora ATER) con pubblici contributi.
5. La seconda censura è inammissibile in quanto, pur proponendo il vizio cassatorio di cui al n. 3) dell’art. 360, primo comma c.p.c. si risolve, in sostanza, nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto rientrante nel sovrano apprezzamento del giudice di merito e non sindacabili in sede di legittimità. La Corte di Cassazione, difatti, non è legittimata a compiere una rivalutazione degli atti processuali, dei fatti o delle prove, potendo soltanto controllare che la motivazione della sentenza impugnata sia lineare e scevra da vizi logico -giuridici ( Cass. n. 8758/2017; S.U. n. 34476/2019; Cass. n. n.20753/2021, in motiv.; Cass. n. 20068/2023; Cass. n. 23347/2024, in motiv.). La Corte di merito ha statuito che .
5.1.Il motivo, quindi, si risolve in una critica astratta fondata esclusivamente sul personale assunto difensivo della parte ricorrente che non tiene conto di quanto accertato dalla Corte distrettuale.
Laddove l’ente locale denuncia la violazione di legge per non avere il giudicante preso in considerazione l’entità del canone di locazione, accertandone la ‘simbolicità’, in realtà richiama i requisiti di cui all’art.7, comma 1°, lett. i) del d.lgs. n. 504 del 1992, presupponendo, erroneamente, per l’applicazione del cit. art. 13 il ricorrere dei presupposti di cui alla menzionata norma, così di fatto eludendo il dettato della disposizione da applicare nel caso in esame (art. 13 d.l. 201/2011 nel testo novellato dall’art. 1, comma 707, della legge 147/2013).
6.1.D’altra parte, l’art. 2 del d.m. delle infrastrutture, 22 aprile 2008 prevede, che . Ma al riguardo non risulta dalla decisione impugnata alcuna contestazione ad opera del Comune di Fondi concernente la violazione delle norme regionali in merito alla misura dei canoni di locazione.
7.Ne consegue che gli immobili in questione devono ritenersi esenti dall’IMU in virtù della loro destinazione ad «alloggio sociale», non avendo l’ente locale (o, per suo tramite, la concessionaria) fornito
alcuna indicazione circa la concreta mancata conformità degli stessi alle caratteristiche dianzi illustrate di cui al d.m.22 aprile 2008 cit. 8.In conclusione, il ricorso va integralmente respinto. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo .
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’ente ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti.
V.to l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012; – dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione