Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10219 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10219 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15478/2022 R.G., proposto
DA
Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME, dall’Avv. NOME COGNOME , dall’Avv. NOME COGNOME , dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME tutti con studio in Milano (presso gli Uffici dell’Avvocatura C omunale), elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Lombardia il 13 dicembre 2021, n. 4404/11/2021;
ICI IMU ACCERTAMENTO ABITAZIONE PRINCIPALE DIVERSA RESIDENZA DEI CONIUGI
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25 marzo 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Il Comune di Milano ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Lombardia il 13 dicembre 2021, n. 4404/11/2021, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avvisi di accertamento nn. T3/RE-NUMERO_DOCUMENTO e T3/RE-72587 nei confronti di NOME COGNOME per omesso versamento dell’IMU relativa agli anni 2012 e 2013 nella rispettiva misura d i € 4.898 ,00 e di 6.756,00, con riguardo ad un appartamento sito in Milano alla INDIRIZZO Sant’Ambrogio INDIRIZZO e censito in catasto con la particella 36 sub. 706 del folio 386, del quale NOME COGNOME era proprietaria, disconoscendosi l ‘esenzione p er l’abitazione principale , ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti di NOME COGNOME avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano il 18 giugno 2019, 2774/19/2019, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva accolto, dopo la relativa riunione per connessione, i ricorsi originari della contribuente ed aveva annullato gli atti impositivi -sul rilievo che la medesima aveva diritto all’esenzione per l’abitazione principale, avendo fissato la residenza anagrafica e la dimora abituale presso il predetto immobile
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione dell’art. 13 , comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 ), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello « che il fatto che la contribuente fosse anagraficamente aggregata al nucleo familiare del fratello NOME non fosse idoneo ad escludere che la medesima fosse residente anagraficamente nell’unità abitativa contrassegnata al subalterno 706 di cui era proprietaria esclusiva ».
1.1 Il predetto motivo è inammissibile.
1.2 La ricorrente « contesta che, diversamente da quanto ritenuto dai Giudici di merito, nella fattispecie non sussiste il presupposto della residenza anagrafica della contribuente nell’unità abitativa di INDIRIZZO Milano, contraddistinta al subalterno 706 », a fronte dell’accertamento in fatto della Commissione tributaria regionale che la contribuente dimorava da sola in un appartamento autonomo da quello del fratello che era censito in catasto con il sub. 707, pur essendo collocato nello stesso fabbricato.
A suo dire, « la Commissione ha (…) errato nel ritenere che il fatto che la contribuente fosse anagraficamente aggregata al nucleo familiare del fratello NOME non fosse idoneo ad escludere che la medesima fosse residente anagraficamente nell’unità abitativa contra ssegnata al subalterno 706 di cui era proprietaria esclusiva. La contribuente rientrava nello stato famiglia del fratello che abita in INDIRIZZO, ma in altra unità abitativa. A prescindere dal fatto che le due unità siano entrambe in Milano INDIRIZZO è evidente che l’esenzione spetta per l’unità ove vi sia la residenza anagrafica che è accertabile, appunto, con lo stato famiglia che
attesta in quale unità abitativa del medesimo civico la contribuente abbia la residenza effettiva. Altrimenti si potrebbe affermare che la residenza al civico 2 sia compatibile con la residenza in ogni unità abitativa del palazzo, affermazione evidentemente non sostenibile. Con la documentazione prodotta, la contribuente può al limite avere dimostrato che nell’immobile oggetto di accertamento, ovvero il subalterno 706, dimori abitualmente ma, in base allo stato famiglia prodotto dal Comune di Milano, è altrettanto certo che la residenza anagrafica in INDIRIZZO sia in un’unità abitativa diversa, ossia quella del fratello NOME, contraddistinta al subalterno 707. Il dato è certo sulla base dello stato famiglia prodotto e delle schede catastali (docc. nn. 2 e 3 del fascicolo di primo grado e del presente ricorso) ».
1.3 A ben vedere, la doglianza si risolve nella contestazione della valutazione delle risultanze probatorie da parte del giudice di merito, sollecitando, sotto l’egida di una apparente violazione di legge, una revisione del merito, che è preclusa al giudice di legittimità.
In tal senso, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove,
contro
llarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., Sez. Trib., 22 novembre 2023, n. 32505).
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, quindi, valutandosi l ‘inammissibilità del motivo dedotto, non resta che pronunciare l’ absolutio ab instantia .
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 3.500,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 25 marzo