Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9364 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9364 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
Oggetto: Imu
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24936/2020 R.G. proposto da
Comune di Albano Laziale, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio è elettivamente, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della CTR del Lazio n. 1328/2020 depositata il 27 maggio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La controversia ha ad oggetto un ‘ impugnativa avverso un avviso di accertamento (n. 685 ) relativo al versamento dell’IMU per l’anno 201 2, emesso dal comune di Albano Laziale ( d’ora in poi ricorrente) nei confronti di NOME COGNOME relativamente ad un immobile accatastato in A/10 e adibito ad abitazione principale.
Il contenzioso si fonda sulla questione se l’ agevolazione ex d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dall’art. 1, comma 1, della l. 22 dicembre 2011, n. 214 trovi applicazione anche per coloro che risultino risiedere in immobili iscritti nella categoria A/10, adibiti ad uso ufficio. La CTP ha respinto il ricorso.
La CTR, riformando la sentenza di primo grado, ha accolto l’appello dell’odierno controricorrente , affermando il suo diritto all ‘agevolazione , sul presupposto per cui la giurisprudenza di legittimità ha sempre considerato, ai fini de ll’esenzione d a ll’imposta una nozione materiale e non formale di abitazione principale. Da ciò ha tratto la conseguenza che deve essere disattesa la diversa opinione per cui è prevalente in ogni caso la formalità de ll’accatastamento .
Il ricorrente ha proposto ricorso fondato su un unico motivo e depositato memoria, il controricorrente ha proposto controricorso e depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, convertiti dalla l. n. 214 del 2011, nonché dell’art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992. Deduce come non contestato che, alla data di imposizione del tributo (anno 2012), l’immobile non avesse destinazione abitativa, in quanto censito in catasto fabbricati alla categoria A 10, uso ufficio, e che tale destinazione era stata imposta dalle norme urbanistiche previsto dal RAGIONE_SOCIALE di lottizzazione Miramare.
Si duole che la sentenza impugnata abbia ritenuto come abitazione principale e, quindi, riconosciuto l’agevolazione, per un immobile classificato in A 10, abusivamente adibito a dimora abituale.
2. Il motivo è fondato.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, all’epoc a vigente «L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili …. omissis . L’imposta municipale propria non si applica al possesso dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le quali continuano ad applicarsi l’aliquota di cui al comma 7 e la detrazione di cui al comma 10. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente.»
Il comma 4 della medesima disposizione prevede che «Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento ai sensi dell’articolo 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i seguenti moltiplicatori:
160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10. A decorrere dall’anno 2018, l’abrogazione disposta dal presente comma opera anche nei confronti dei comuni compresi nel territorio della regione Friuli-Venezia Giulia.».
Come si evince dalla normativa sopra riportata, la classificazione in A 10 comporta un diverso calcolo dell’imponibile e ciò, proprio, per la diversa destinazione d’uso .
Si ricorda, poi, che il d.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, prevede che «il classamento consiste nel riscontrare, con sopralluogo per ogni singola unità immobiliare, la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito e nel collocare l’unità stessa in quella tra le categorie e classi prestabilite per la zona censuaria a norma dell’art. 9 che, fatti gli opportuni confronti con le unità tipo, presenta destinazione e caratteristiche conformi od analoghe. Le unità immobiliari urbane devono essere classate in base alla destinazione ordinaria e alle caratteristiche che hanno all’atto del classamento». A norma del successivo art. 62 poi: «La destinazione ordinaria si accerta con riferimento alle prevalenti consuetudini locali, avuto riguardo alle caratteristiche costruttive dell’unità immobiliare».
Sulla questione centrale del presente giudizio, riguardante la rilevanza o meno della categoria catastale, ai fini del riconoscimento dell’agevolazione prevista per l’abitazione principale, r itiene il Collegio di confermare l’indirizzo giurisprudenz iale formatosi in tema di Ici, secondo cui, ai fini del trattamento esonerativo, rileva l’oggettiva classificazione catastale dell’immobile, per cui l’immobile iscritto come «ufficio-studio», con attribuzione della relativa categoria (A/10), è soggetto all’imposta, non ricorrendo l’ipotesi dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 93 del 2008 (Cass. n. 4467 del 2017, n. 8017 del 2017).
Qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione, impugnare l’atto di classamento (Cass., Sez. 5, n. 7930 del 20/04/2016; Sez. 5, n. 1704 del 29/01/2016).
Tale orientamento si innesta sul più grande filone giurisprudenziale, in base al quale, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale, con la conseguenza che è onere del contribuente, che richieda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento (Cass. Sez. 5, n. 10283/2019, Rv. 653370 -01, Sez. 6 –
5, n. 11588/2017, Rv. 644170 -01, precedenti resi in tema di presunta ruralità di fabbricati).
Sulla rilevanza dell’effettiva classificazione catastale anche in materia di IMU si è pronunciata la S.C. (Cass., Sez. 5, n. 34690/2022, Rv. 666398 – 01, in tema di fabbricati classificati o classificabili nelle categorie nelle categorie catastali da E/1 a E/9″).
Se, infatti, spetta all’Amministrazione tracciare il reticolo generale di riferimento delle classi catastali, viceversa, incombe alla parte privata, proprietaria dell’immobile, l’onere di provare i requisiti per una diversa e più corretta classificazione. Resta, in ogni caso, al giudice di merito procedere ad una differente classificazione dell’immobile alla luce di altri elementi comprovanti la natura e le caratteristiche del bene che impongano diversa classificazione rispetto a quelli indicati in comparazione (Cass. Sez. 6 – 5, n. 31239/2017, Rv. 646996 – 01).
Nel caso in esame l’immobile , all’epoca dei fatti di causa , era classificato nella categoria A 10, destinato ad uso ufficio, di fatto utilizzato impropriamente dal controricorrente come abitazione principale, come risulta dal certificato di residenza.
Occorre, poi, fare riferimento, oltre ai precedenti sopra richiamati proprio riguardanti fattispecie analoghe a quella del presente giudizio di immobile destinato ad uso ufficio e di fatto utilizzato come abitazione, anche a un altro arresto di legittimità (Cass. Sez. 5, n. 21332/2008, Rv. 604707 -01) secondo cui non è conforme al dato normativo il principio per il quale l’oggettiva destinazione del bene ad abitazione principale è sufficiente per il riconoscimento dell’agevolazione, non essendo quest’ultima in alcun modo correlata al classamento catastale.
La S.C. ha ritenuto, infatti, che la detrazione d’imposta per l’abitazione principale presuppone il classamento nella corrispondente categoria
catastale, dalla quale e solo da essa, si desumono i valori per la determinaz ione dell’imposta.
In linea con quanto ora esposto, il Collegio intende ribadire che la detrazione d’imposta sull’abitazione principale costituisce un’agevolazione fiscale cui il contribuente ha diritto solo se abbia operato in conformità alle norme di legge che la prevedono.
Il controricorrente nel caso di specie non ha operato in tal senso, non avendo impugnato il precedente classamento in A 10, ma ha ottenuto il rilascio del nulla osta per la variazione catastale solo con la successiva emanazione della l. regionale n. 7 del 2017.
Né si ritiene possa avere rilevanza che l’immobile sia comunque classificato all’interno della categoria A . In tale categoria rientrano, infatti, i beni a destinazione ordinaria, abitazioni con funzioni residenziali o uffici. Nello specifico, nella categoria A 10 rientrano i beni destinati ad uffici e studi privati e, dunque, con una destinazione d’uso diversa dall’abitazione.
Non è un caso, infatti, come si desume dalla normativa sopra riportata, che il metodo di determinazione della base imponibile è differente per gli immobili iscritti alla categoria A 10, proprio in virtù della peculiare destinazione.
La normativa agevolativa in esame, viceversa, riconosce il beneficio al possesso di immobili destinati ad abitazione, presupponendo che il bene sia destinato proprio ad abitazione.
A volere ritenere diversamente, ovvero ammettere la totale irrilevanza della categoria catastale ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, si darebbe luogo ad una disparità di trattamento fiscale fra contribuenti dovuta alla diversa incidenza della detrazione fissa su immobili correttamente classificati nella categoria A e altri la cui base imponibile è diversamente calcolata, come per il caso di specie nella A/10 o classificati in una diversa categoria.
Né si ritiene abbia pregio il paventato rischio di violazione del principio di uguaglianza in caso di mancato riconoscimento dell’agevolazione, in rapporto ad «altri soggetti che esercitano la professione in immobili appartenenti alle altre categorie del gruppo A diverse dalla A 10», in quanto il principio di uguaglianza deve trovare applicazione nelle ipotesi in cui i contribuenti abbiano operato in conformità alle norme di legge.
Non può essere, infatti, predicata l’applicazione di un principio di uguaglianza in fattispecie che riposano su un contrasto di fatto con la normativa vigente, a detrimento del principio per cui la legge è uguale per tutti.
Non ha neanche pregio l’invocata rilevanza della revoca della pretesa in sede di autotutela per gli anni 2017- 18, poiché avvenuta a seguito di un mutamento delle condizioni formali legate al rilascio del permesso a costruire.
Da quanto esposto segue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e il rigetto dell’originario ricorso.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, mentre quelle del merito vengono compensate, atteso il consolidarsi della giurisprudenza di legittimità in epoca successiva alla proposizione dell’originario ricorso.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso;
compensa le spese per i gradi di merito e condanna il controricorrente a pagare al ricorrente le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo complessivo di € 2000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario e accessori di legge.
Così deciso in Roma il 29 febbraio 2024.