Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 285 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 285 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
NOME
– intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 1820/21/2016 depositata in data 09/05/2016, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME impugnava l’avviso di liquidazione notificatogli relativo alla decadenza dalla fruizione delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 32
Oggetto: assegnazione
immobile – esenzione
imp. ipotec. e catastale
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29178/2016 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
-ricorrente – contro
del d.P.R. n. 601 del 1973 da applicarsi all’ atto di assegnazione di un alloggio in cooperativa rientrante nei programmi di edilizia economica e popolare pubblica di cui alla L. n. 865 del 1971;
l’Ufficio con tale atto riteneva che il d.l. n. 69 del 1989 disponesse per l’assegnazione di alloggi a soci di cooperativa, oltre alla tassazione iva e dell’imposta fissa di registro, anche la corresponsione delle imposte fisse ipotecarie e catastali in forza della vis attractiva dell ‘ imposta di registro;
il giudice di primo grado accoglieva il ricorso; appellava l’Ufficio;
-con la sentenza gravata di fronte a questa Corte il giudice dell’impugnazione ha rigettato l’appello dell’Amministrazione finanziaria confermando la sentenza della CTP;
ricorre a questa Corte l’Agenzia delle entrate con atto affidato a un solo motivo;
il contribuente è rimasto intimato di fronte a questa Corte;
Considerato che:
la sola doglianza proposta dall’Amministrazione Finanziaria denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 601 del 1973 e dell’art. 40 del d.P.R. n. 131 del 1986 per avere erroneamente la Commissione regionale applicato i benefici di cui alla norma sopra detta nei casi in cui gli atti posti in essere siano assoggettabili ad iva ai sensi dell’art. 40 della legge di registro;
il motivo è infondato;
vengono qui in rilievo le agevolazioni di cui all’art. 66 comma 6 bis lett. a) e c) del d. L. n. 331 del 1993 convertito in L. n. 427 del 1993, vale a dire l’esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali ex art. 32 c. 2 del d.P.R. n. 601 del 1973 che nella fattispecie, con l’atto di liquidazione qui impugnato, l’Ufficio disconosce;
il tema non è certo del tutto nuovo nella giurisprudenza di Legittimità; – questa Corte da tempo ha chiarito in plurime decisioni come (si vedano sia Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 30180 del 15/12/2017; sia Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20173 del 07/10/2016; sia ancora prima Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14800 del 15/07/2015) le agevolazioni consistenti nell’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa e
dell’esenzione dalle imposte catastale e ipotecaria, previste dall’art. 32, comma 2, del d.P.R. n. 601 del 1973, si applichino solo agli atti e contratti relativi all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale di cui al titolo IV della l. n. 865 del 1971, affidati a istituti autonomi, cooperative edilizie, società con prevalente partecipazione statale, con esclusione di qualsiasi altro programma, sia pure introdotto da altro ente pubblico, quale una regione;
-infatti, si è osservato che (in termini si rimanda a Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25982 del 02/09/2022) la materia delle agevolazioni tributarie ha trovato organica regolamentazione nel d.P.R. n. 601 del 1973, che ha realizzato un sistema fondato sulla regola del numerus clausus , con l’abrogazione, prevista dall’art. 42, di tutte le disposizioni concernenti esenzioni e agevolazioni tributarie diverse da quelle ivi considerate; in siffatto contesto, l’art. 32, comma 2, del d.P.R. citato, nell’estendere determinate agevolazioni (tra cui, in alcuni casi, l’esenzione dall’imposta ipotecaria), agli atti e contratti relativi all’attuazione dei programmi pubblici di edilizia residenziale di cui al titolo IV della l. n. 865 del 1971, non richiama affatto, e non mantiene quindi in vita, le agevolazioni in precedenza previste dall’art. 70 di tale legge, ma stabilisce quelle applicabili agli atti che rispondano ai requisiti espressamente previsti dalla disposizione medesima, e che, pertanto, risultino posti in essere da quei limitati soggetti ai quali la l. n. 865 del 1971 affida l’attuazione dei programmi pubblici di edilizia residenziale;
con particolare riferimento proprio ai rapporti tra disciplina iva e disciplina delle imposte ipotecarie e catastali, che riguardano esattamente il caso per cui è processo, questa Corte (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 29895 del 30/12/2020) ha ritenuto che in tema di agevolazioni fiscali, l’imponibilità ai fini IVA di un atto non esclude l’applicazione ad esso della norma speciale dell’art. 32, comma 2, del d.P.R. n. 601 del 1973 il quale ha per oggetto l’esenzione dalle imposte catastale e ipotecaria;
deve quindi ritenersi ora definitivamente superato l’orientamento in precedenza espresso dalla isolata pronuncia difforme di questa Corte
(Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8094 del 03/04/2018); e ciò anche per le ragioni che seguono;
va premesso come sia ben vero che in presenza dei presupposti di imponibilità ai fini IVA l’applicazione dell’esenzione in argomento potrebbe essere revocata in dubbio, sulla base della considerazione che quel trattamento è stato a suo tempo concepito dal legislatore solo in relazione a cessioni non rilevanti a quei fini. È in tale senso la posizione della prassi dell’Amministrazione Finanziaria (Risoluzione n.127/E del 24 aprile 2002) fondata – come si argomenta in ricorso per cassazione e nella isolata pronuncia di questa Corte sopra ricordata – sul principio di tassatività delle previsioni agevolative, le quali non possono esser oggetto di interpretazione estensiva né tantomeno analogica;
tale interpretazione Erariale esclude l’applicazione del trattamento di favore a causa del mancato, espresso riferimento, nell’art. 32 di cui si tratta agli atti soggetti ad Iva; si prevede infatti nel secondo comma che ‘ gli atti di trasferimento della proprietà delle aree previste al titolo III della legge indicata nel comma precedente e gli atti di concessione del diritto di superficie sulle aree stesse sono soggetti all’imposta di registro in misura fissa e sono esenti dalle imposte ipotecarie e catastali. Le stesse agevolazioni si applicano agli atti di cessione a titolo gratuito delle aree a favore dei comuni o loro consorzi nonché agli atti e contratti relativi all’attuazione dei programmi pubblici di edilizia residenziale di cui al titolo IV della legge indicata nel primo comma’;
secondo la citata Risoluzione, al fine di individuare l’ambito applicativo del cit. art. 32, non va ignorato che ‘ …l’articolo 32 del D.P.R. 601/73 e successive modificazioni …è informato alla regola del numerus clausus …. quindi per gli atti soggetti ad IVA sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa”;
ebbene, il Collegio non condivide tale interpretazione;
proprio l’omesso richiamo dei soggetti operanti in regime IVA non può averne significato l’esclusione dal suo ambito applicativo, in quanto l’ ampia formulazione della norma agevolativa (successiva all’istituzione dell’IVA ) è riferita genericamente, e quindi senza limitazioni di sorta, a
qualunque categoria di trasferimenti di immobili, purché -intuitivamente – idonei a costituire atti attuativi di un programma pubblico di edilizia residenziale. D’altra parte, l’estensione del trattamento agevolato anche ai trasferimenti soggetti ad IVA non comporterebbe ai fini dell’imposta di registro alcuna macroscopica conseguenza dal punto di vista del gettito o della sussistenza di ‘salti di imposta’ , essendo dovuta in ogni modo sempre in misura fissa detta imposta;
inoltre, ai fini degli altri due tributi che vengono in gioco (ipotecaria e catastale) il beneficio della esenzione prevista dalla norma agevolativa potrebbe giustificarsi – oltreché sulla portata onnicomprensiva dell’art. 32 cit. – anche proprio su di una corretta applicazione del c.d. principio di alternatività Iva-registro (che trova enunciazione nell’ art. 40 del d.P.R. n. 131 del 1986) che non si può tradurre in un supposto (e nel concreto indimostrato) principio di subalternità di dette ultime imposte a quella di registro;
trattasi al contrario di imposte ciascuna afferente ambiti applicativi esattamente e distintamente disegnati dal Legislatore, i cui punti di contatto con la disciplina positiva dell’imposta di registro sono solo quelli desumibili dall’art. 13 del d.lgs. n. 347 del 1990;
esso prevede unicamente che: “per l’accertamento e la liquidazione delle imposte ipotecaria e catastale, per la irrogazione delle relative sanzioni, per le modalità e i termini della riscossione e per la prescrizione…si applicano, in quanto non disposto nel presente testo unico le disposizioni relative all’imposta di registro e all’imposta sulle successioni e donazioni “. La circostanza che tali punti di contatto – e per le limitate funzioni di controllo sopra menzionate – siano non solo con l’imposta di registro, ma anche con la neo-reistituita imposta sulle successioni e donazioni fa concludere per una evidente minore intensità del legame di inscindibilità con l’imposta di registro stessa, anche a ritenere detto legame immanente nell’ordinamento tributario;
in ogni caso, il sopradetto rimando della disposizione appena citata alla funzione di accertamento e liquidazione delle imposte e per la
irrogazione delle relative sanzioni, per le modalità e i termini della riscossione e per la prescrizione o l’analogo rinvio all’art. 2 o 10 del detto decreto (che attengono ai criteri di determinazione della base imponibile) conferma in realtà l’autonomia dei tributi nella loro istituzione e l’ applicazione sul piano oggettivo e soggettivo; non vi è chi non veda che la funzione di accertamento e controllo, procedimentale e dinamica, è certamente materia del tutto differente rispetto ai presupposti di applicazione delle imposte stesse, elementi sostanziali e statici;
se ne desume allora che la connessione tra principio di alternatività suddetto Iva -registro, da un lato, e l’ applicazione delle imposte fisse di trascrizione e catasto dall’altro, ha profilo ed efficacia solo ordinaria e deve ritenersi quindi derogata dalla norma speciale (statuente l’esenzione da dette ultime due imposte) contenuta nell’art. 32 più volte citato;
a conforto dell’impostazione qui sostenuta, si può invocare anche quanto asserito dalla stessa Amministrazione Finanziaria a proposito dell’iscrizione di ipoteca legale a favore dell’ Ente territoriale che è soggetto propulsore dei programmi di edilizia residenziale con riferimento proprio ad una tipologia di atti soggetti ad Iva (in argomento Ris. n. 3/T del 17 luglio 2003 emanata dall’ Agenzia del Territorio, in materia di Edilizia residenziale pubblica) e al l’ art. 32 del d.P.R. n. 601 del 1973;
secondo tale prassi “in considerazione dell’ampia portata e della espressione ivi utilizzata (‘atti e contratti relativi all’attuazione dei programmi pubblici di edilizia residenziale’), si ritiene che l’iscrizione ipotecaria eseguita a garanzia del prezzo dilazionato negli atti di acquisto di immobili stipulati nell’ambito di programmi di edilizia residenziale pubblica, possa godere del regime di esenzione dall’imposta ipotecaria previsto dall’art. 32′ ;
alla luce di quanto sopra, la tesi dell’Agenzia delle Entrate non può essere condivisa perché contiene, quindi, due distinti evidenti errori di interpretazione;
il primo è che la norma agevolativa è successiva alla normativa in materia di Iva. Secondo parte ricorrente, se il legislatore avesse voluto escludere dai benefici i soggetti rientranti nell’ambito Iva l’avrebbe fatto in maniera esplicita: ebbene l ‘errore consiste qui nell’ applicare una interpretazione estensiva -come tale non consentita – alla norma escludendo dall’agevolazione ciò che la norma originaria invece non esclude espressamente e quindi in concreto consente;
il secondo consiste nel confondere il principio dell’alternatività Ivaregistro con il principio di subalternità imposta di registro-imposta ipotecaria catastale. Il primo principio, infatti, è senza dubbio vincolante e opera anche nell’applicazione dell’agevolazione in esame: di fronte a operazioni immobiliari soggette ad Iva, infatti, va comunque applicata l’imposta di registro in misura fissa, così come stabilito proprio dal principio di alternatività. Il secondo principio, invece, è frutto di una enunciazione che in quanto priva di supporto di diritto positivo costituisce in realtà una mera illazione: l’imposta di registro e quella ipotecaria e catastale operano in ambiti completamente differenti stabilendo la legge presupposti sostanziali di applicazione che sono diversi per ciascuna imposta, di guisa che i punti di contatto con la disciplina positiva dell’imposta di registro -nella disciplina dell’imposta ipotecaria e catastale – sono solo quelli desumibili dall’art. 13 c. 1 del d. Lgs. n. 347 del 1990 o dall’art. 2 o 10 del detto decreto, che però attengono ai criteri di determinazione della base imponibile e quindi ad altro profilo rispetto alla identificazione dei presupposti, oggettivo e soggettivo, del tributo;
pertanto, il ricorso è rigettato;
ritiene in conclusione la Corte che sia opportuno enunciare il seguente principio di diritto: ‘l’agevolazione di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 601 del 1973 trova applicazione agli atti di assegnazione aventi per oggetto la proprietà di immobili costruiti nell’ambito di programmi di edilizia pubblica residenziale di cui alla L. n. 865 del 1971 anche ove tali atti siano soggetti ad iva in forza dell’art. 40 del d.P.R. n. 131 del 1986 (c.d. Testo unico del registro) e
quindi soggetti a imposta di registro in misura fissa: in particolare, l’imponibilità ai fini IVA di un atto non esclude l’applicazione ad esso della norma speciale dell’art. 32, comma 2, del d.P.R. n. 601 del 1973 il quale ha per oggetto l’esenzione dalle diverse e autonome imposte catastale e ipotecaria’;
non vi è luogo a pronuncia sulle spese processuali alla luce della mancata costituzione della parte intimata;
p.q.m.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2024.