Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5889 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5889 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13141/2023 proposto da:
NOME COGNOME, nato ad Asmara il 6.2.1941 (C.F.: CODICE_FISCALE e residente alla INDIRIZZO – 00195 Roma (RM), elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso la RAGIONE_SOCIALE società tra RAGIONE_SOCIALE che, con l’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) lo rappresenta e difende, in virtù di procura allegata al ricorso, e che dichiara che le comunicazioni relative al presente procedimento possono essere eseguite ai seguenti recapiti: PEC: EMAIL; FAX: NUMERO_TELEFONO;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate (C.F.: P_IVA;
– intimata –
-avverso la sentenza 6191/2022 emessa dalla CTR Lazio il 22/12/2022 e
Avviso liquidazione imposta registro -Ordinanza assegnazione esecuzione mobiliare – Esenzione art. 46 l. n. 374/1991
non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME proponeva appello per la riforma della sentenza n. 8917/2021 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, depositata il 22/7/2021, con la quale il giudice di prime cure aveva rigettato il suo ricorso avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro n. 2016I003IEMI000006595IOI001, avente ad oggetto le imposte dovute per la registrazione dell’ordinanza di assegnazione relativa all’esecuzione mobiliare n. 6595/2016 del Tribunale di Roma.
La CTR del Lazio rigettava il gravame, evidenziando che l’ordinanza di assegnazione del Tribunale di Roma relativa all’esecuzione mobiliare oggetto di tassazione non era stata emessa in un giudizio instaurato dinanzi al giudice di Pace o in gradi ad esso conseguenti, ma in un giudizio che si era svolto dinanzi al giudice dell’esecuzione mobiliare del competente Tribunale, sicchè non era applicabile l’esenzione di cui all’ 46 della legge n. 374/1991.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il contribuente sulla base di due motivi. L’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.
In prossimità dell’adunanza camerale il ricorrente ha illustrativa.
depositato memoria
Ragioni della decisione
Con il primo motivo il ricorrente deduce l’errata, a suo dire, inapplicabilità del regime di esenzione, ex art. 46 legge n. 374/1991 (omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.), per non aver la CTR considerato che, in tema di imposta di registro, l’esenzione dal pagamento del contributo unificato prevista dall’art. 46 citato, per le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa di valore non superiore ad euro 1.033,00 e per gli atti e i provvedimenti ad esse relativi, si applica a tutte le sentenze adottate in tali procedimenti, indipendentemente dal grado di giudizio e dall’ufficio giudiziario adito.
1.1. Il motivo è fondato.
In tema di imposta di registro, l’esenzione dal pagamento del contributo unificato prevista dall’art. 46 della l. n. 374 del 1991, per le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa di valore non superiore ad euro 1.033,00 e per gli atti e i provvedimenti ad esse relativi si applica a tutte le sentenze adottate in tali procedimenti, indipendentemente dal grado di giudizio e dall’ufficio giudiziario adito, rispondendo tale soluzione alla lettera nella norma, che non limita la sua portata alle sole sentenze emesse dal giudice di pace, nonché alla sua ratio , intesa a ridurre il costo del servizio di giustizia per le procedure di valore più modesto (Cass., Sez. 6 – 5, Sentenza n. 16978 del 24/07/2014; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 31278 del 04/12/2018).
La sedes materiae non costituisce un dato risolutivo, attesa la lettera omnicomprensiva della previsione normativa che risulta coinvolgere l’intero sviluppo del procedimento che in primo grado è attribuito alla competenza del predetto organo giudiziale, sulla base dell’unica condizione oggettiva che si tratti di “cause …. il cui valore non ecceda la somma di euro 1.033,00”.
La ratio della disposizione non è poi di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale avanti al giudice di pace, perché in tal caso non sarebbe stato previsto un limite di valore e sarebbe stato irragionevole esonerare l’utente da una tassa che si paga a posteriori mantenendo nello stesso tempo l’onere deflattivo del versamento del contributo unificato, che viene assolto al momento dell’iscrizione a ruolo. La ratio manifesta della disciplina è, invece, quella di esonerare tali cause dal carico fiscale perché di minimo valore, ovvero di alleviare l’utente dal costo del servizio di giustizia per le controversie di valore più modesto: l’imposta di registro infatti è proporzionale al valore, mentre ai fini impositivi risulta indifferente l’organo giudiziario che ha emanato il provvedimento.
Rispetto a tale finalità risulta coerente solo la previsione di una esenzione generalizzata, in deroga al disposto dell’art. 37 del d.P.R. n.131 del 1986, che escluda dal pagamento della tassa di registro tutte le sentenze adottate nelle procedure giudiziarie di valore inferiore ad euro 1.033,00,
indipendentemente dal grado di giudizio e dall’ufficio giudiziario adito.
La CTR, escludendo dalla esenzione dall’imposta di registro prevista dall’art. 46 della I. n. 374/1991, in causa di valore non eccedente la somma di euro 1.033,00, il provvedimento di assegnazione di somme reso nell’ambito di procedura esecutiva, non si è conformata ai principi innanzi enunciati (in questi termini, in una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 21050 del 2020).
In quest’ottica, è del tutto irrilevante la circostanza che l’importo dell’ordinanza di assegnazione sia superiore al limite di euro 1.033,00.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’illegittima condanna alle spese, con violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., nonché ‘Pretermissione di condotta ingannevole’, per non aver considerato che l’Amministrazione finanziaria aveva attuato una condotta pretestuosa chiedendo la declaratoria di condanna alle spese dell’appellante, sebbene fosse cosciente di non poter avanzare tale istanza.
2.1. Il motivo è infondato.
Invero, la responsabilità ex art. 96, comma 3, c.p.c., presuppone, sotto il profilo soggettivo, una concreta presenza di malafede o colpa grave della parte soccombente, perché agire in giudizio per far valere una pretesa non è di per sé condotta rimproverabile, anche se questa si riveli infondata, dovendosi attribuire a tale figura carattere eccezionale e/o residuale, al pari del correlato istituto dell’abuso del processo, giacché una sua interpretazione lata o addirittura automaticamente aggiunta alla sconfitta processuale verrebbe a contrastare con i principi dell’art. 24 Cost. (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 19948 del 12/07/2023).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, in accoglimento del primo motivo la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di accogliere il ricorso originario del contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, laddove sussistono giusti motivi, rappresentati dalla
circostanza che l’indirizzo di questa Corte sulla questione principale si è consolidato tra il 2018 e il 2020, per compensare quelle relative ai gradi di merito.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso, rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente;
condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 678,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap, con attribuzione in favore del difensore antistatario Avv. NOME COGNOME compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 28.2.2025.