Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34498 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34498 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23638/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’Avv. COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro COGNOME, rappresentata e difesa dall’Avv. COGNOMECODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO LAZIO n. 2121/2023 depositata il 12/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe ha accolto l’appello del Comune di Roma capitale; la decisione di primo grado aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente istituto relativamente al 25 % dell’immobile utilizzato promiscuamente per abitazione delle suore e per scopi religiosi, confermando la tassazione per la restante parte del 75 %, utilizzato come accoglimento (alloggio) di studenti fuori sede;
ricorre in cassazione l’Istituto religiose di Maria Immacolata con due motivi di ricorso;
resiste con controricorso il Comune di Roma capitale che chiede il rigetto del ricorso.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso risulta infondato e deve respingersi con la condanna del ricorrente alle spese e con il raddoppio del contributo unificato.
S ulla questione della tassazione della parte dell’immobile del 75 %, utilizzata quale alloggio per studenti, si è formato il giudicato non avendo l’Istituto contribuente impugnato la decisione di primo grado, come rilevato nella sentenza di appello, senza contestazioni in sede di ricorso in cassazione del contribuente.
La questione controversa, pertanto, si limita alla parte riformata dalla sentenza di secondo grado (il 25 % della superficie ritenuto esente dal primo grado in quanto ad uso religioso e di alloggio delle suore).
Con il primo motivo di ricorso il contribuente prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 7, d. lgs. 504 del 1992 e dell’art. 9, d. l. 23 del 2011, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.
Il ricorso risulta generico e non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, riporta acriticamente i motivi del ricorso originario.
Con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un non motivo , come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (Sez. 1 – , Ordinanza n. 22478 del 24/09/2018, Rv. 650919 – 01).
La sentenza impugnata, del resto, correttamente ha evidenziato come per l’anno 2012, oggetto del ricorso, non poteva trovare applicazione la norma che solo dal 2013 aveva disciplinato l’uso promiscuo, art. 91 bis , secondo e terzo comma, d. l. n. 1 del 2012, nel testo novellato dalla legge di conversione e successivamente modificato.
Infatti, «In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione dalla stessa prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992 (nel testo originario, vigente “ratione temporis”), con riguardo all’esercizio di attività di religione o di culto, non spetta ove la presenza “in loco” degli alloggi dei religiosi sia strumentale allo svolgimento, in via principale, di un’attività didattica avente natura oggettivamente commerciale, ovvero esercitata dietro pagamento di una retta che non si discosti nell’ammontare da quelle di mercato» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10754 del 03/05/2017, Rv. 644064 – 01).
La sentenza impugnata, poi, evidenzia anche l’assenza di prova sulla parte dell’immobile utilizzata per uso religioso e di alloggio delle suore.
Su questi aspetti il ricorso non si confronta.
Infondato anche il secondo motivo sulle sanzioni. Nessuna incertezza normativa risulta per la disapplicazione delle sanzioni («In tema di sanzioni amministrative per la violazione di obblighi tributari, deve escludersi la sussistenza di obiettive condizioni di incertezza nell’interpretazione delle norme violate, nel caso in cui la giurisprudenza della S.C., alla quale soltanto spetta assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, ai sensi dell’art. 65 del r.d. n. 12 del 1941, sia consolidata, senza che assumano rilevanza eventuali contrasti nella giurisprudenza di merito» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 3431 del 06/02/2019, Rv. 652523 -01; vedi anche Sez. 5 – , Ordinanza n. 15866 del 08/06/2021, Rv. 661426 – 01).
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge. A i sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18/12/2024.