Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1822 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1822 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 17/01/2024
ICI -ATTIVITÀ AGRICOLA
sul ricorso iscritto al n. 23541/2020 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), nata a Rossano il DATA_NASCITA ed ivi residente alla INDIRIZZO, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
il RAGIONE_SOCIALE -ora RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede alla INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro tempore.
– INTIMATO – per la cassazione della sentenza n. 4460/3/2019 della Commissione tributaria regionale della Calabria, depositata il 4 dicembre 2019, non notificata;
UDITA la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME all’udienza camerale del 10 gennaio 2024.
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia è la pretesa di cui all’avviso di accertamento n. 6303, con cui il Comune di Rossano liquidava l’ICI relativa all’anno d’imposta 2011 nella somma complessiva di 9.527,00 € in relazione a vari terreni posseduti dalla contribuente ritenuti aree fabbricabili;
la Commissione tributaria regionale della Calabria accoglieva l’appello proposto dal Comune di Rossano e riteneva, quindi, fondata la pretesa tributaria, assumendo che:
ai fini del trattamento esonerativo rivendicato dalla ricorrente sul rilievo che i beni fossero destinati all’attività agricola professionale, rilevava l’oggettiva classificazione catastale, ma che una riduzione dell’imposta, ai sensi dell’art. 9 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, poteva essere riconosciuta a fronte della prova che il terreno era stato effettivamente utilizzato per scopi agricoli;
la ricorrente aveva dimostrato di possedere la qualità di imprenditrice agricola, ma non aveva provato che « i terreni in oggetto fossero stati o meno destinati a culture », così come non risultavano impugnati gli avvisi del classamento ed il regolamento comunale, «con la conseguenza che la effettiva destinazione d’uso dei terreni de quibus relativamente ai quali il Comune ha chiesto il pagamento dell’ICI è rimasta del tutto estranea al giudizio di prime cure ancorché costituisse il vero oggetto dell’onere della prova a carico della ricorrente, nè in questa frase è stata data alcuna prova sul punto» (così nella sentenza impugnata priva di numerazione);
NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione avverso detta pronuncia con ricorso notificato tramite posta elettronica certificata il 4 settembre 2020, formulando due motivi di impugnazione, successivamente depositando, in data 29 dicembre 2023, memoria ex art. 380-bis 1. cod. proc. civ.;
il Comune di Rossano è restato intimato;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., sostenendo che l’ iter logico della decisione non fosse condivisibile e fosse in contrasto con la previsione dell’art. 2 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 546 nella parte in cui la Commissione regionale aveva valorizzato il fatto che la contribuente non avesse impugnato gli avvisi di classamento, il regolamento comunale e la classificazione potenzialmente edificatoria di terreni oggetto di imposta, opponendo a tale valutazione il rilievo che tali circostanze non precludevano l’esenzione dal pagamento per i terreni edificatori utilizzati a fini agricoli;
1.1. l’istante fa dedotto che, a prescindere dalla classificazione catastale rileva, ai fini dell’esenzione dal pagamento dell’ICI, il dato oggettivo della destinazione agricola del bene e che tale evidenza doveva considerarsi dimostrata per il principio di non contestazione, non avendo il Comune posto in discussione la diretta conduzione del fondo da parte della contribuente, avendo sviluppato difese che implicitamente riconoscevano l’attività di coltivazione del fondo, negando il beneficio per motivi formali e procedurali (mancata presentazione del documentazione concernente l’iscrizione negli elenchi ex SCAU, nonché della domanda di esonero dalla tassazione, omessa compilazione della domande ed iscrizione dei manovali coltivatori negli elenchi tenuti dall’RAGIONE_SOCIALE, inferiorità del reddito percepito dall’attività agricola rispetto alle altre fonti);
1.2. la ricorrente ha poi elencato altri elementi indiziari da cui poteva desumersi l’utilizzazione agricola dei terreni da parte della COGNOME, costituito dal fatto di non aver mai richiesto il rilascio di concessioni edilizie sui beni in questione, che anche i figli dell’istante rivestivano la qualità di imprenditori agricoli a titolo principale e che
aveva costituito una società semplice per svolgere l’attività agricola e che dalla dichiarazione IRAP del 2012 detta società (RAGIONE_SOCIALE), rappresentata dal NOME COGNOME aveva dichiarato un reddito netto di 134.199,00 €, da attribuire per un terzo all’istante, titolare di una quota societari adi un terzo;
1.3. la contribuente ha, poi, lamentato la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. nella parte in cui ha affermato l’assenza di prova circa l’utilizzazione dei beni all’attività agricola, laddove erano stati prodotti la dichiarazione IRAP 2012 (per l’anno 2011), da cui era emerso il citato reddito derivante dall’attività agricola, nonchè il fascicolo aziendale, da cui risultavano le attività agricole, le colture praticate sui fondi, i mezzi agricoli impiegati, evidenze queste che in modo certo provavano la diretta conduzione del fondo da parte della COGNOME, quanto meno nell’attività di programmazione, organizzazione e coordinamento dei fattori produttivi;
con la seconda censura l’istante ha dedotto in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. nell’errore percettivo in cui sarebbe incorso il Giudice regionale nel non essere avveduto delle prove offerte ed aver deciso, ritenendo l’assenza di riscontri probatori, in realtà sussistenti;
con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., sostenendo che l’ iter logico della decisione non fosse condivisibile e si ponesse in contrasto con la previsione dell’art. 2 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 546 nella parte in cui la Commissione regionale aveva valorizzato il fatto che la contribuente non avesse impugnato gli avvisi di classamento, il regolamento comunale e la classificazione potenzialmente edificatoria di terreni oggetto di imposta, opponendo a tale valutazione il rilievo che tali circostanze non precludevano
l’esenzione dal pagamento per i terreni edificatori utilizzati a fini agricoli;
1.1. l’istante ha dedotto che, a prescindere dalla classificazione catastale rileva, ai fini dell’esenzione dal pagamento dell’ICI, il dato oggettivo della destinazione agricola del bene e che tale evidenza doveva considerarsi dimostrata per il principio di non contestazione, non avendo il Comune posto in discussione la diretta conduzione del fondo da parte della contribuente, avendo sviluppato difese che implicitamente riconoscevano l’attività di coltivazione del fondo, negando il beneficio per motivi formali e procedurali (mancata presentazione del documentazione concernente l’iscrizione negli elenchi ex SCAU, nonché della domanda di esonero dalla tassazione, omessa compilazione della domande ed iscrizione dei manovali coltivatori negli elenchi tenuti dall’RAGIONE_SOCIALE, inferiorità del reddito percepito dall’attività agricola rispetto alle altre fonti);
1.2. la ricorrente ha, poi, elencato altri elementi indiziari da cui poteva desumersi l’utilizzazione agricola dei terreni da parte della COGNOME, costituito dal fatto di non aver mai richiesto il rilascio di concessioni edilizie sui beni in questione, che anche i figli dell’istante rivestivano la qualità di imprenditori agricoli a titolo principale e che avevano costituito una società semplice per svolgere l’attività agricola e che dalla dichiarazione IRAP del 2011 di detta società (COGNOME RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE), rappresentata da NOME COGNOME, era stato dichiarato un reddito netto di 568.036,00 €, da attribuire per un terzo (pari a 189.345,33 €) all’istante, titolare di una quota societaria pari appunto ad un terzo;
1.3. la contribuente ha, poi, lamentato la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. nella parte in cui ha affermato l’assenza di prova circa l’utilizzazione dei beni all’attività agricola, laddove erano stati prodotti la dichiarazione IRAP 2011 (per l’anno 2010), da cui era emerso il citato reddito derivante dall’attività agricola, nonchè il fascicolo aziendale, da cui risultavano le attività agricole, le colture praticate sui fondi, i mezzi agricoli impiegati, evidenze queste che in
modo certo provavano la diretta conduzione del fondo da parte della COGNOME, quanto meno nell’attività di programmazione, organizzazione e coordinamento dei fattori produttivi;
con la seconda censura l’istante ha dedotto in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. nell’errore percettivo in cui sarebbe incorso il Giudice regionale nel non essere avveduto delle prove offerte ed aver deciso, ritenendo l’assenza di riscontri probatori, in realtà sussistenti;
le ordinanze interlocutorie di questa Corte n. 8896 del 2023, n. 11111 del 2023 e n. 15593 del 2023 hanno rimesso alle Sezioni Unite la questione (coinvolta dai motivi di censura) volta ad accertare se la decisione fondata su informazione non riconducibile al mezzo istruttorio e, quindi, sul ritenuto travisamento della prova ed errore percettivo sia censurabile per cassazione tramite il qui richiamato canone censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. oppure debba essere diversamente impugnata attraverso il diverso rimedio revocatorio di cui all’art. 395, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.;
l’imminente decisione delle Sezioni Unite avrà una evidente incidenza sulle valutazioni coinvolte dal tema decisorio della presente controversia, il che giustifica il rinvio della causa a nuovo ruolo, in attesa della suindicata pronuncia;
P.Q.M.
la Corte rinvia la causa a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 gennaio 2024.