Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1848 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1848 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1391-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO giusta procura speciale in calce al ricorso e con domicilio digitale eletto presso il suo indirizzo di posta elettronica certificata
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO,
rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO giusta procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 2138/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata il 3/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/1/2024 dal Consigliere Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE (di seguito la RAGIONE_SOCIALE) propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della Toscana, riconoscendo «caratteristiche di ruralità esclusivamente agli immobili annessi all’edificio principale che è destinato ad abitazione», aveva parzialmente accolto l’appello della RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 90/2014 emessa dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in rigetto del ricorso proposto avverso avvisi di accertamento ICI 2007 -2009, emessi dal Comune di Bucine;
il Comune resiste con controricorso;
entrambe le parti hanno da ultimo depositato memoria difensiva
CONSIDERATO CHE
1.1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), violazione dell’art. 9 del d.l. 55/1993, conv., del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, dell’ art. 23 comma 1 bis d.l. 207/2008, conv., e della legge n. 96/2006 per avere la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE erroneamente ritenuto l’assoggettabilità all’ICI dell’immobile della contribuente «valorizzando unicamente il dato dell’iscrizione dell’immobile … nella categoria catastale A/8 senza tener conto dell’effettiva destinazione dello stesso allo svolgimento, in via esclusiva, dell’attività di agriturismo e quindi della sua natura di bene strumentale all’esercizio dell’attività agricola;
1.2. la doglianza va disattesa;
1.3. invero, come correttamente ritenuto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non ha alcuna rilevanza, nel caso in esame, la questione dello svolgimento o meno, nel l’immobile di cui trattasi, di attività di agriturismo in quanto l’esenzione dall’ICI per i fabbricati di tipo rurale segue il criterio della determinazione catastale, nel senso che per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), e solo l’immobile che sia stato iscritto come rurale, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 del (convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto all’imposta, ai sensi del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1-bis, (convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14) e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), al che consegue che, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, quest’ultimo restandovi, altrimenti, assoggettato (cfr. Cass. Sez. Un. n. 18565/2009, cui adde , secondo un orientamento del tutto consolidato, Cass., nn. 10283/2019, 11588/2017, 16737/2015, 5167/2014, 19872/2012);
1.4. il punto decisivo allora è che risulta dall’impugnata sentenza e dalle stesse argomentazioni difensive della contribuente che l’immobile di cui è causa non era annoverato nelle categorie catastali sopra mentovate;
1.5. ne consegue che, in conformità ai principi dianzi illustrati, il giudice di appello ha escluso che l’esenzione dall’ICI potesse venire riconosciuta in ragione del solo carattere di ruralità concretamente rivestito dall’immobile (nel senso, ricordato, di strumentalità all’esercizio dell’attività di agriturismo), a prescindere dal suo classamento catastale;
2.1. con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 295 cod. proc. civ. e lamenta che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE abbia pronunciato la sentenza impugnata «senza attendere la definizione, con sentenza passata in giudicato, del giudizio in
ordine alla ruralità del bene pendente innanzi ad altro Giudice, dalla medesima già ritenuto pregiudiziale», essendosi limitata al l’acquisizione della sentenza di primo grado, relativa al suddetto giudizio, senza disporre la sospensione del giudizio pregiudicato fino al passaggio in giudicato del l’accertamento sulla ruralità dell’immobile ;
2.2. con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, «inerente la ruralità del bene … ritenuto dalla medesima C.T.R. decisivo ai fini del giudizio con il provvedimento del 14/01/2016»;
2.3. i motivi, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connessi, vanno disattesi;
2.4. in fatto, dalle stesse prospettazioni difensive della ricorrente e dalla documentazione allegata emerge che: con provvedimento emesso dall’RAGIONE_SOCIALE in data 23/12/2014 era stata respinta la richiesta di riconoscimento della ruralità dell’immob ile in esame proposta dalla ricorrente in data 30/9/2011; il provvedimento fu impugnato dall’odierna ricorrente con ricorso proposto innanzi alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che, con sentenza n. 396/2018, depositata in data 6/6/2018, aveva accolto il ricorso della RAGIONE_SOCIALE; la RAGIONE_SOCIALE, relativamente alla controversia oggetto del presente procedimento, aveva dapprima sospeso il giudizio ritenuta la pregiudizialità del procedimento pendente innanzi alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e, successivamente, all’esito della produzione, da parte della RAGIONE_SOCIALE, della sentenza dianzi indicata, seppure non passata in giudicato, aveva disposto la trattazione dell’appello, definito con la sentenza impugnata nella presente sede;
2.5. poste tali premesse, il punto decisivo è che risulta che l’immobile di cui è causa non era annoverato nelle categorie catastali sopra mentovate fino all’annualità 2011, quando la contribuente risulta aver proposto domanda di variazione catastale;
2.6. al riguardo va evidenziato che l’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio
2011 n. 106, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il termine del 30 settembre 2011, poi prorogato al 30 settembre 2012) di presentare all’allora RAGIONE_SOCIALE del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione RAGIONE_SOCIALE categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante la presenza nell’immobile dei requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993 n. 557, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 novembre 1994 n. 134, e modificato dall’art. 42-bis del D.L. 1 ottobre 2007 n. 159, convertito, con modificazioni, dalla Legge 29 novembre 2007 n. 222, «in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda»;
2.7. in seguito, l’art. 13, comma 14-bis, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011 n. 214 ha stabilito che le domande di variazione di cui al predetto D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, producessero «gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo»;
2.8. altresì, l’art. 1 del D.M. 26 luglio 2012 ha disposto quanto segue: «Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una RAGIONE_SOCIALE categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133»;
2.9. l’art. 2, comma 5-ter, del D.L. 31 agosto 2013 n. 102, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 ottobre 2013 n. 124, ha stabilito altresì quanto segue: «Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio
2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2-bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda»;
2.10. si tratta, infatti di disposizioni che disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da ICI, sulla base di una procedura ad hoc , che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (cfr. Cass. 30 dicembre 2020, n. 29864; Cass., 21 ottobre 2021, n. 29283);
2.11. ciò posto, considerando che la domanda ex art. 7, comma 2-bis, del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, non può in nessun caso risalire ad un anno diverso dal 2011 (nel quale sono comprese tanto la data di entrata in vigore del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, quanto la data di entrata in vigore della Legge 22 dicembre 2011 n. 214, di conversione del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201), il quinquennio coperto dall’efficacia retroattiva dell’annotazione negli atti catastali della variazione conseguente alla presentazione di detta domanda è costituito dagli anni 2006, 2007, 2008, 2009 e 2010 (cfr. ex multis Cass. 10 gennaio 2014, n. 422; Cass., 25 novembre 2015, nn. 24019 e 24020; Cass. 6 luglio 2016, n. 13763; Cass 3 agosto 2016, nn. 16178, 16179, 16180, 16181 e 16182; Cass. 22 dicembre 2017, n. 30815; Cass. 21 giugno 2019, nn. 16711, 16714 e 16715);
2.12. ne consegue che la domanda di inserimento in catasto di fabbricati rurali con la categoria D/10 nel settembre 2011, cioè dopo dell’entrata in vigore del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, poteva valere per il quinquennio antecedente (cioè, dall’anno 2006 all’anno 2010) -escluse in ogni caso le annualità anteriori -, dovendo escludersi l’efficacia retroattiva dello ius superveniens per le domande presentate prima del 14 maggio 2011 (data della sua entrata in vigore) (cfr. Cass. 19 maggio 2017, n. 12663; Cass. 17 luglio 2019, nn. 19196 e 19197; Cass. 23 luglio 2019, n. 19814);
2.12. tenendo conto della presentazione della domanda di variazione catastale nel settembre 2011, con riguardo alla controversia avente ad oggetto il diniego del riconoscimento della ruralità dell’immobile in relazione ad una richiesta di variazione catastale che, se accolta, poteva avere i requisiti e il contenuto necessari per ottenere l’efficacia retroattiva richiesta, sussisteva necessariamente la pregiudizialità tra il giudizio di riconoscimento della ruralità dell’immobile e quello odierno;
2.13. poste tali premesse, va tuttavia rammentato che la sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra due cause sia concreto ed attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale deve essere tuttora pendente, non giustificandosi diversamente la sospensione, che si tradurrebbe in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione, sicché, quando una sentenza sia impugnata in cassazione, come nella fattispecie, per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, è onere del ricorrente provare che la causa pregiudicante sia pendente e resti presumibilmente tale sino all’accoglimento del ricorso, mancando, in difetto, la prova dell’interesse concreto e attuale all’impugnazione, perché nessun giudice, di legittimità o di rinvio, può disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa non più effettivamente in corso (cfr. Cass. n. 26716 del 21/10/2019; Cass. n. 22878 del 10/11/2015; Cass. n. 18026 del 19/10/2012);
2.14. nel caso in esame nulla consente di affermare che, nel momento in cui la presente decisione sarà resa pubblica, la diversa causa che la ricorrente asserisce essere pregiudiziale sia destinata ad esser ancora in corso, non avendo la contribuente, neppure nella memoria da ultimo depositata, fornito alcuna indicazione al riguardo;
2.15. non v’è prova, dunque, che la doglianza concernente la mancata sospensione del presente giudizio sia sorretta da adeguato interesse;
sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto;
le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio in favore del Comune controricorrente, liquidandole in Euro 3.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, nonché alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da