Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30354 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30354 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20106/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, con l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE CAPITALE, con l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di II GRADO del LAZIO n. 1199/2024 depositata il 20/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La vicenda in esame riguarda il mancato riconoscimento dell’esenzione ai fini ICI di cui all’art. 7, co. 1, lett. i), del D.lgs. n. 504 del 1992.
In particolare, con gli avvisi di accertamento relativi agli anni 2009, 2010 e 2011, non è stata riconosciuta la configurabilità in capo alla RAGIONE_SOCIALE dei requisiti oggettivo e soggettivo previsti dalla richiamata normativa per poter usufruire dell’e senzione d’imposta.
Con separati ricorsi, la RAGIONE_SOCIALE ha incardinato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE tre giudizi per l’annullamento dei seguenti avvisi di accertamento, notificati tutti in data 19 dicembre 2014: 1) avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo al recupero dell’ICI asseritamente dovuta per l’anno 2009 (doc. 3); 2) avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo al recupero dell’ICI asseritamente dovuta per l’anno 2010 (d oc. 4); 3) avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo al recupero dell’ICI asseritamente dovuta per l’anno 2011 .
La Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE, ha respinto i ricorsi con le sentenze n. 23585/23/17, 23586/23/17, n. 23588/23/17 -depositate il 6 novembre 2017
La RAGIONE_SOCIALE contribuente ha interposto appello.
La CGT-2, previa riunione, ha respinto gli appelli, con la sentenza in epigrafe indicata. In particolare, dopo aver ritenuto che non vi fossero i presupposti per ulteriori rinvii del giudizio, in quanto la causa era già stata oggetto di trattazione e rinvii precedenti, ha rigettato l’eccezione di inammissibilità degli appelli sollevata dal Comune di RAGIONE_SOCIALE, che lamentava la genericità dei motivi. Nel merito, la Commissione ha riconosciuto in astratto l’applicabilità dell’esenzione
ICI prevista dall’art. 7, comma 1, lettera i) del d.lgs. 504/1992, anche alle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dilettantistiche regolarmente iscritte al RAGIONE_SOCIALE, che operano senza fini di lucro, atteso che la normativa ICI, anche se successivamente sostituita da quella IMU, richiama principi che sono stati considerati ancora applicabili alla fattispecie in esame. Tuttavia, nella fattispecie la Commissione ha escluso l’esenzione ICI per il caso in esame, poiché una parte dell’immobile era destinata ad attività di ristorazione, non rientranti tra quelle previste dalla normativa per l’agevolazione, e, inoltre, l’attività era affidata a un gestore esterno, che pagava un canone alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, evidenziando così una finalità lucrativa, rilevando che non fosse emersa alcuna prova che quel canone non fosse mai stato corrisposto, come invece sostenuto dall’appellante. Infine, ha sottolineato come il riconoscimento dell’agevolazione per attività promiscue è stato introdotto solo dal 2013, quindi non applicabile agli anni contestati.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo, cui ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE Capitale.
È stata formulata PDA sul presupposto della manifesta infondatezza, in ragione della consolidata giurisprudenza contraria, atteso che l’esenzione ICI prevista dall’art. 7, co. 1, lett. i), del d.lgs. 504/1992 richiede sia un requisito soggettivo (ente non commerciale, qui riconosciuto) sia uno oggettivo (uso diretto e non commerciale dell’immobile) e che spetta al contribuente dimostrare concretamente il rispetto di tali condizioni, mentre, n el caso esaminato, l’esenzione è stata negata perché parte dell ‘immobile era adibita a ristorante, gestito da terzi a fini lucrativi, e il periodo d’imposta (20092011) precedeva la possibilità di considerare l’uso promiscuo ai fini agevolativi.
La parte ricorrente ha chiesto la discussione della causa.
Successivamente parte ricorrente ha depositato atto di conciliazione sottoscritto da ambedue le parti, chiedendo dichiararsi la cessazione della materia del contendere.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare del darsi atto che la sentenza, di cui il difensore ha attestato l’autenticità, è stata prodotta in forma integrale, ma con inversione di pagine.
1.1. Deve ritenersi che la produzione non determini preclusione, sulla base del principio che ‘la produzione di una sentenza in copia autentica, che sia completa ma in cui nella scannerizzazione digitale sia stato invertito l’ordine delle pagine, non determina la sua improcedibilità ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. -interpretato alla stregua della giurisprudenza della Corte EDU -, se il senso della decisione è comunque comprensibile e non impedisce la piena intelligibilità dei motivi di ricorso, assicurando la possibilità di una piena difesa per le controparti’.
1.2. Tale soluzione si pone in linea di continuità con altre pronunce di questa Corte, in cui si è valorizzato il dato sostanziale rispetto alla forma. Si è già difatti affermato che in tema di ricorso per cassazione, il deposito di una copia della sentenza impugnata che, in una sola pagina, non riproduce la parte finale delle parole di ogni frase, perché “tagliata” in sede di digitalizzazione del provvedimento, non determina la sua improcedibilità ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. – interpretato alla stregua della giurisprudenza della Corte EDU , se il senso della decisione è comunque comprensibile e non impedisce la piena intelligibilità dei motivi di ricorso, assicurando la possibilità di una piena difesa per le controparti (Cass. 15/04/2025, n. 9873 (Rv. 674742 – 01)).
1.3. Tale linea interpretativa è del resto in linea con la più recente giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU, NOME COGNOME c. Francia , n. 15567/20, §§ 46-47, 9 giugno 2022; e, più
di recente, Corte EDU, Patricolo e altri c. Italia 23 maggio 2024, n. 37943/17 e altri 2, § 68), la quale ha riconosciuto l’importanza che la digitalizzazione della giustizia ha per gli Stati contraenti e ha rilevato che le tecnologie digitali possono contribuire a una migliore amministrazione della giustizia, ma ha al contempo sottolineato che l’imposizione di requisiti per presentare documenti elettronicamente deve essere proporzionata all’obiettivo legittimo perseguito.
Con l’unico motivo di ricorso, la RAGIONE_SOCIALE contribuente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. i), del D.lgs. 504 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
2.1. La sentenza impugnata sarebbe illegittima in quanto non ha ritenuto sussistente in capo alla ricorrente il requisito c.d. ‘oggettivo’ per poter usufruire dell’esenzione ICI prevista dall’art. 7, comma 1, lett i), del D.Lgs. 504 del 1992, poiché una piccola porzione dell’immobile è destinata allo svolgimento di un’attività di ristorazione, senza considerare che detta attività è esercitata da un altro soggetto che offre un ulteriore servizio ai soci della RAGIONE_SOCIALE nel perseguimento dei fini sociali, attraverso lo svolgimento di un’attività residuale, esercitata in modo non esclusivo e non commerciale.
2.2. Ancor prima di analizzare il merito, va rilevato che, a seguito di proposta di PDA, la parte ricorrente ha formulato istanza di discussione e, successivamente, ha prodotto un atto di conciliazione intervenuto con l’amministrazione. Ambedue le parti hanno chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere.
2.3. Stante la concorde richiesta e la produzione dell’intervenuto accordo deve dunque disporsi in conformità.
2.4. Essendo intervenuta la conciliazione tra le parti – e quindi non trovando conferma la proposta di definizione anticipata – non trova applicazione la disposizione di cui a ll’art. 380 bis c.p.c. , in riferimento al rinvio al l’art. 96 c.p.c. (ove dispone in materia di condanna per RAGIONE_SOCIALE aggravata in favore di parte vittoriosa e di condanna al
pagamento della cassa delle ammende di somma compresa tra i 500 ed i 5000 euro).
2.5. Le spese di lite vanno compensate, come da accordo tra le parti.
P.Q.M.
La Corte dichiara la cessazione della materia del contendere.
Spese compensate.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, il 14/11/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME