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Esenzione ICI: quando si applica a società sportive?

Una società sportiva si è vista negare l’esenzione ICI per gli anni 2009-2011 a causa di un’attività di ristorazione, considerata commerciale, svolta all’interno della sua proprietà. Dopo aver perso nei primi due gradi di giudizio, la società ha presentato ricorso in Cassazione. Tuttavia, prima della decisione finale, le parti hanno raggiunto un accordo di conciliazione. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, chiudendo il caso senza una pronuncia sul merito della questione fiscale ma compensando le spese legali tra le parti.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione ICI per Enti Sportivi: La Cassazione e il Valore della Conciliazione

L’esenzione ICI per gli enti non commerciali, incluse le società sportive dilettantistiche, rappresenta un tema di costante dibattito, specialmente quando all’interno delle loro strutture vengono svolte anche attività potenzialmente lucrative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti interessanti non tanto sulla questione fiscale in sé, quanto sull’esito procedurale del contenzioso: la conciliazione tra le parti che porta alla chiusura del caso.

I Fatti di Causa

Una nota società sportiva dilettantistica si è vista recapitare tre avvisi di accertamento per il mancato pagamento dell’ICI relativa agli anni 2009, 2010 e 2011. L’amministrazione comunale contestava il diritto all’esenzione prevista dal D.Lgs. 504/1992, poiché una porzione dell’immobile della società era destinata a un’attività di ristorazione affidata a un gestore esterno. Secondo l’ente impositore, questa attività configurava un uso commerciale e lucrativo dell’immobile, facendo venir meno i presupposti per l’agevolazione fiscale.

La società ha impugnato gli atti, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado hanno respinto i suoi ricorsi. I giudici di merito hanno confermato la tesi del Comune, sottolineando che l’esenzione richiede un uso diretto e non commerciale dell’immobile e che la normativa che consente un’agevolazione per l’uso promiscuo è stata introdotta solo nel 2013, quindi non applicabile agli anni contestati. Di fronte a questa doppia sconfitta, la società ha deciso di portare il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Ordinanza della Cassazione e il Raggiungimento dell’Accordo

Il ricorso in Cassazione si basava sulla presunta violazione della norma sull’esenzione ICI, sostenendo che l’attività di ristorazione fosse solo residuale e funzionale al perseguimento dei fini sociali. Tuttavia, prima che la Corte potesse entrare nel merito della questione, è avvenuto un colpo di scena procedurale: le parti hanno depositato un atto di conciliazione, chiedendo congiuntamente di dichiarare la fine della lite.

La Corte Suprema, preso atto dell’accordo raggiunto tra la società sportiva e l’amministrazione comunale, non ha potuto fare altro che accogliere la richiesta. In questi casi, infatti, il giudice non emette una sentenza che stabilisce chi ha torto o ragione, ma dichiara semplicemente la “cessazione della materia del contendere”.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è prettamente di natura procedurale. L’articolo si concentra sul fatto che, essendo intervenuta la conciliazione, l’interesse delle parti a ottenere una decisione giudiziale è venuto meno. La controversia è stata risolta in via stragiudiziale. Pertanto, la Corte dichiara la fine del processo. È interessante notare come l’ordinanza si soffermi anche su un aspetto preliminare: la società ricorrente aveva depositato la sentenza impugnata con le pagine in ordine inverso. La Corte ha chiarito che un simile errore formale, nell’era della digitalizzazione, non causa l’improcedibilità del ricorso se il contenuto dell’atto rimane comprensibile e non lede il diritto di difesa della controparte. Questo principio mostra un approccio pragmatico e sostanzialista della giurisprudenza moderna.

Le Conclusioni

Sebbene la Corte non si sia pronunciata sul merito del diritto all’esenzione ICI, la vicenda offre due importanti lezioni. In primo luogo, evidenzia come la conciliazione sia uno strumento efficace per risolvere le controversie tributarie anche nella fase più avanzata del giudizio, permettendo alle parti di trovare un accordo e di evitare i costi e le incertezze di una decisione finale. In secondo luogo, conferma l’orientamento della Cassazione a non penalizzare errori meramente formali nella presentazione di documenti digitalizzati, purché non ne sia compromessa la sostanza e la comprensibilità. Per gli enti sportivi, il caso rimane un monito sulla necessità di dimostrare rigorosamente l’uso non commerciale degli immobili per poter beneficiare delle agevolazioni fiscali.

Una società sportiva ha sempre diritto all’esenzione ICI?
No. L’esenzione richiede sia un requisito soggettivo (essere un ente non commerciale) sia un requisito oggettivo (l’uso diretto e non commerciale dell’immobile). L’onere di dimostrare la sussistenza di entrambe le condizioni spetta al contribuente.

La presenza di un ristorante in un club sportivo fa perdere l’esenzione ICI?
Secondo la decisione dei giudici di merito nel caso di specie, e per le annualità fiscali in questione (2009-2011), la presenza di un’attività di ristorazione gestita da terzi a fini di lucro è stata considerata un’attività commerciale che escludeva l’immobile dall’esenzione. La normativa sull’uso promiscuo, che avrebbe potuto consentire l’agevolazione, è stata introdotta solo successivamente.

Cosa significa “cessazione della materia del contendere”?
È una pronuncia con cui il giudice chiude il processo senza decidere nel merito, perché la controversia tra le parti è venuta meno. Questo accade tipicamente quando le parti raggiungono un accordo, come una transazione o una conciliazione, risolvendo la lite autonomamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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