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Esenzione ICI per scuole: la Cassazione rinvia il caso

Un Comune ha contestato la concessione dell’esenzione ICI a una parrocchia per la sua scuola d’infanzia, sostenendo che le rette richieste la rendessero un’attività commerciale. Le commissioni tributarie avevano dato ragione alla parrocchia. La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, non ha deciso nel merito ma ha rinviato la causa a una pubblica udienza. La ragione è la necessità di valutare la questione alla luce delle nuove normative europee e nazionali sugli aiuti di Stato, che incidono direttamente sulla legittimità dell’esenzione ICI.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione ICI per Enti Non Profit: La Cassazione Fa il Punto sugli Aiuti di Stato

La questione dell’esenzione ICI per gli enti non commerciali, in particolare per le scuole paritarie, torna al centro del dibattito giurisprudenziale. Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ha sospeso il giudizio su un caso emblematico, rinviando la decisione a una pubblica udienza per via delle complesse implicazioni legate alla normativa europea sugli aiuti di Stato. Analizziamo i dettagli di questa vicenda che potrebbe ridisegnare i confini delle agevolazioni fiscali per il terzo settore.

I Fatti del Caso: Una Scuola Paritaria e la Tassa sulla Proprietà

La controversia nasce quando un Comune emette un avviso di accertamento nei confronti di una Parrocchia, chiedendo il pagamento dell’ICI per l’anno 2010 relativa a un immobile adibito a scuola dell’infanzia paritaria. Secondo l’ente locale, la Parrocchia non avrebbe diritto all’esenzione fiscale perché l’attività didattica sarebbe svolta con “modalità commerciali”, data la presenza di una retta scolastica a carico delle famiglie.

La Parrocchia ha sempre sostenuto la natura non commerciale della sua attività, evidenziando come le rette, pur non essendo puramente simboliche, coprissero solo il 64% dei costi di gestione. L’esercizio si chiudeva infatti con una perdita significativa, ripianata attingendo ad altre entrate patrimoniali dell’ente, a dimostrazione dell’assenza di un fine di lucro.

Il Lungo Percorso Giudiziario e la questione della commercialità

Il caso ha attraversato tutti i gradi di giudizio tributario. Inizialmente la Commissione Tributaria Provinciale ha dato ragione al Comune. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale ha ribaltato la decisione, accogliendo l’appello della Parrocchia. Il Comune ha quindi presentato ricorso in Cassazione, la quale, con una prima ordinanza, ha annullato la sentenza regionale e rinviato la causa per un nuovo esame. La Suprema Corte aveva specificato che i giudici di merito avrebbero dovuto accertare in modo più approfondito la sussistenza dei requisiti per l’esenzione, ovvero la natura non commerciale sia dell’ente (requisito soggettivo) sia dell’attività svolta (requisito oggettivo).

Nel giudizio di rinvio, la Commissione Tributaria Regionale ha nuovamente dato ragione alla Parrocchia, affermando che, nonostante le rette non fossero simboliche, l’attività non era esclusivamente commerciale, ma retta da finalità di altra natura, come provato dalla perdita di esercizio.

Le Motivazioni: L’impatto del Diritto Europeo sull’Esenzione ICI

Di fronte a un nuovo ricorso del Comune, la Corte di Cassazione si è trovata a dover decidere. Tuttavia, con l’ordinanza in commento, non è entrata nel merito della disputa. Ha invece rilevato un elemento nuovo e decisivo: la rilevanza della disciplina europea sugli aiuti di Stato.

Un’agevolazione fiscale come l’esenzione ICI può essere configurata come un aiuto di Stato, potenzialmente lesivo della concorrenza nel mercato unico europeo. La materia è stata recentemente oggetto di importanti decisioni della Commissione Europea e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nonché di una nuova normativa nazionale (D.L. 131/2024, convertito in L. 166/2024) volta a recepire tali indirizzi.

Data la “rilevanza nomofilattica” della questione – ovvero la sua importanza per garantire un’interpretazione uniforme della legge su tutto il territorio nazionale – e la complessità derivante dall’intersezione tra diritto tributario interno e diritto europeo, la Suprema Corte ha ritenuto opportuno non decidere il caso in camera di consiglio. Ha invece disposto il rinvio della causa a una pubblica udienza, dove il tema potrà essere discusso in modo più approfondito.

Le Conclusioni: Decisione Rimandata in Attesa di Chiarimenti

L’ordinanza interlocutoria della Cassazione lascia la questione in sospeso ma lancia un segnale chiaro: la valutazione sulla legittimità dell’esenzione ICI per gli enti non profit non può più prescindere da un’analisi rigorosa della sua compatibilità con le norme europee sugli aiuti di Stato. La decisione finale, che verrà presa dopo la pubblica udienza, è attesa con grande interesse, poiché stabilirà principi fondamentali per migliaia di scuole, associazioni e fondazioni in tutta Italia, chiarendo fino a che punto un’attività di rilevanza sociale possa essere sostenuta da rette senza perdere il suo carattere non commerciale e il conseguente diritto alle agevolazioni fiscali.

Un ente non profit che gestisce una scuola ha diritto all’esenzione ICI se chiede una retta agli studenti?
Il diritto all’esenzione ICI dipende dalla natura ‘non commerciale’ dell’attività. L’ordinanza non dà una risposta definitiva, ma evidenzia che la presenza di una retta, anche se copre una parte significativa dei costi (nel caso di specie, il 64%), non esclude automaticamente il beneficio fiscale, specialmente se l’attività opera in perdita. La decisione finale è stata rinviata.

Perché la Corte di Cassazione ha rinviato la decisione finale?
La Corte ha rinviato la causa perché la questione dell’esenzione ICI si intreccia con la complessa normativa dell’Unione Europea sugli ‘aiuti di Stato’. Un’agevolazione fiscale può essere considerata un aiuto di Stato. Nuove leggi italiane e recenti decisioni europee in materia richiedono un esame più approfondito, che avverrà in una pubblica udienza.

Cosa significa che un’attività è svolta con ‘modalità non commerciali’ ai fini fiscali?
Dal dibattito processuale emerge che ‘modalità non commerciali’ non significa necessariamente servizio gratuito o con retta puramente simbolica. Nel caso specifico, i giudici di merito hanno ritenuto l’attività non commerciale perché l’ente operava in perdita strutturale, coperta da altre risorse, dimostrando così l’assenza di un fine di lucro e la non sufficienza delle rette a coprire i costi del servizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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