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Esenzione ICI: no senza prova di fondi pubblici prevalenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ente religioso che chiedeva la revocazione di una precedente sentenza sfavorevole sull’esenzione ICI. La Corte ha ribadito che, per beneficiare dell’esenzione, non è sufficiente ricevere contributi pubblici, ma è necessario dimostrare che tali fondi costituiscono la fonte di finanziamento prevalente. In assenza di tale prova e in presenza di rette non simboliche, l’attività è considerata commerciale e quindi soggetta a imposta.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione ICI per Enti Non Profit: La Prova della Prevalenza dei Fondi Pubblici è Decisiva

L’esenzione ICI per gli enti non commerciali è un tema complesso, al centro di un delicato equilibrio tra agevolazioni fiscali per attività meritorie e le regole sulla concorrenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: per beneficiare dell’esenzione, non basta ricevere fondi pubblici, ma è cruciale dimostrare che questi rappresentino la fonte di finanziamento prevalente. In caso contrario, l’attività svolta, se accompagnata da corrispettivi non simbolici, viene considerata di natura commerciale e, di conseguenza, tassabile.

I Fatti del Caso

Una parrocchia si era vista rigettare in precedenza dalla Corte di Cassazione la richiesta di esenzione ICI per le sue attività didattiche. Non accettando la decisione, l’ente ha presentato un ricorso per revocazione, sostenendo che la Corte avesse commesso un errore di fatto. In particolare, secondo la parrocchia, i giudici avrebbero erroneamente ignorato la percezione di contributi pubblici, affermando che l’ente non avesse dedotto che tali contributi fossero la sua fonte di finanziamento unica o prevalente. A questa iniziativa si è opposto il Comune, chiedendo che il ricorso fosse dichiarato inammissibile.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso per revocazione inammissibile. I giudici hanno chiarito che la richiesta della parrocchia non mirava a correggere un errore di fatto, ma a ottenere una nuova valutazione del merito della causa, un’operazione non consentita in sede di revocazione. L’errore di fatto revocatorio, infatti, consiste in una svista materiale del giudice su un dato processuale pacifico, non in un’errata valutazione giuridica. La Corte ha quindi condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Comune.

Le motivazioni: L’importanza della prevalenza dei fondi per l’esenzione ICI

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra la mera percezione di fondi pubblici e la loro prevalenza nel bilancio dell’ente. La Corte ha spiegato che la sentenza precedente non aveva negato l’esistenza dei finanziamenti, ma aveva correttamente evidenziato come la parrocchia non avesse mai dimostrato, nei precedenti gradi di giudizio, che tali fondi fossero la sua fonte di sostentamento esclusiva o prevalente.

I dati forniti dalla stessa ricorrente indicavano che i finanziamenti pubblici ammontavano al 46,53% nel 2011 e al 54,17% nel 2010. Questi numeri, uniti al fatto che l’ente percepiva rette non meramente simboliche per i suoi servizi, delineavano un quadro di attività commerciale. Secondo la giurisprudenza europea, un’attività finanziata prevalentemente da fondi pubblici può non essere considerata economica, ma se si finanzia in larga parte con corrispettivi di mercato, allora rientra nell’ambito commerciale e non può beneficiare di aiuti di Stato come l’esenzione ICI, che falserebbero la concorrenza. La Corte ha concluso che la sentenza impugnata aveva correttamente valutato l’insussistenza dei presupposti per l’esenzione, senza incorrere in alcun errore di fatto.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche del Provvedimento

Questa ordinanza offre un’importante lezione per tutti gli enti non commerciali che svolgono attività potenzialmente economiche. Per ottenere l’esenzione ICI (e, per estensione, IMU), non è sufficiente dichiarare di non avere scopo di lucro o di ricevere aiuti statali. È indispensabile fornire una prova rigorosa e documentata che i finanziamenti pubblici (o altre fonti non commerciali) siano prevalenti rispetto ai corrispettivi richiesti agli utenti. In assenza di questa prova, e se le tariffe applicate non sono puramente simboliche, il rischio che l’attività venga qualificata come commerciale e assoggettata a tassazione è estremamente concreto.

Cosa deve dimostrare un ente non profit per ottenere l’esenzione ICI?
Deve dimostrare che la sua attività non ha natura commerciale. Se percepisce corrispettivi, deve provare che i finanziamenti pubblici o le donazioni costituiscono la sua fonte di finanziamento prevalente e che le rette pagate dagli utenti non sono corrispettivi di mercato.

La ricezione di contributi pubblici garantisce automaticamente l’esenzione ICI?
No. Secondo la Corte, la mera ricezione di contributi pubblici non è sufficiente. È necessario che tali contributi siano la fonte di finanziamento esclusiva o, quantomeno, prevalente, altrimenti l’attività, se sostenuta da rette non simboliche, è considerata commerciale.

Perché il ricorso per revocazione è stato dichiarato inammissibile?
Perché non era basato su un vero errore di fatto (una svista del giudice su un dato pacifico), ma mirava a ottenere una nuova valutazione del merito della controversia, contestando l’interpretazione giuridica data dalla Corte nella precedente sentenza, cosa non permessa in sede di revocazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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