Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18902 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18902 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso 28122/2019 proposto da:
CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE, con sede in Novara, alla INDIRIZZO (C.F./P.IVA: P_IVA, in persona del suo Presidente legale rappresentante pro tempore Dott. NOME COGNOME nato a Novara il 9/6/1971 (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Novara (C.F.: CODICE_FISCALE; pec:
EMAIL; fax NUMERO_TELEFONO) con studio in Novara, alla INDIRIZZO giusta procura apposta in calce al ricorso (indirizzo PEC: EMAIL;
-ricorrente –
Avviso accertamento Ici – Esenzione ex art. 7, comma 1, lettere a) e i), d.lgs. n. 504/1992
contro
Comune di Druogno (C.F.: CODICE_FISCALE, con sede in Druogno (VB) alla INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro tempore NOME COGNOME rappresentato e difeso, anche disgiuntamente tra loro, dagli Avv.ti NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; pec: EMAILordineavvocatitorinoEMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO) del Foro di Torino, nonché NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; p.e.c.: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO) e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; p.e.c.: EMAIL; fax NUMERO_TELEFONO) del Foro di Roma, e presso questi ultimi elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO giusta procura allegata al controricorso;
-controricorrente –
-avverso la sentenza n. 566/2019 emessa dalla CTR Piemonte in data 08/05/2019 e notificata il 18/06/2019;
udite le conclusioni orali rassegnate dal P.G. Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi i difensori del ricorrente, Avv. COGNOME Giovanni COGNOME e del resistente, Avv.ti COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Ritenuto in fatto
Il Consorzio RAGIONE_SOCIALE Comuni Novaresi impugnava l’avviso di accertamento ai fini Ici per l’anno 2010 relativo ad un complesso immobiliare di sua proprietà sito nel territorio del Comune di Druogno, invocando, tra l’altro, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett ere a) e i), d.lgs. n. 504/1992.
La CTP di Verbania rigettava il ricorso.
Sull’impugnazione del contribuente, la CTR del Piemonte rigettava il gravame, rilevando, per quanto qui ancora rileva, che: a) il contribuente, per giustificare l’applicazione dell’esenzione invocata, si era limitato ad addurre che l’ente locale non aveva richiesto il pagamento dell’imposta negli anni precedenti; b) mentre il Comune aveva fornito la prova che nel 2010
il Consorzio aveva svolto attività di tipo commerciale, il consorzio non aveva indicato alcuna prova sulla sussistenza dei presupposti che avrebbero legittimato la fruizione del regime in deroga (avuto particolare riguardo al carattere esclusivo dell’attiv ità istituzionale di tipo protetto), essendosi limitato ad evidenziare la modestia dei proventi; c) dagli atti di causa era emerso nitidamente che alcune delle attività svolte dal consorzio erano state poste in essere a fronte di un corrispettivo; d) dalle allegazioni documentali prodotte dalle parti si ricavava che il consorzio aveva svolto un’attività, per quanto marginale, di tipo commerciale, sicchè nell’anno in contestazione la sua attività non poteva ritenersi di tipo esclusivamente istituzionale; e) condivisibilmente la CTP aveva rilevato che non emergevano cause idonee a legittimare l’esclusione delle sanzioni, non potendosi ritenere tale l’erroneo affidamento derivato dalla mancata richiesta di pagamento dell’ICI per le annualità pregresse e dovendo si, in ogni caso, escludere la sussistenza di un errore incolpevole da parte del contribuente o anche solo un’ipotesi di dubbio interpretativo legittimo.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Consorzio RAGIONE_SOCIALE Novaresi sulla base di tre motivi. Il Comune di Druogno ha resistito con controricorso. In prossimità dell’udienza pubblica entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Considerato in diritto
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 d.lgs. n. 504/1992 e della C.M. 26.1.2009 n. 2 D/F, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR escluso l’applicabilità del regime di esenzione di cui alle lettere a) e i) dell’art. 7 citato, non considerando che non ha diritto all’esenzione solo chi, pur perseguendo finalità istituzionali, svolge attività esclusivamente commerciali, laddove è irrilevante la circostanza che il Consorzio svolga attività ricettive con tariffe agevolate richiedendo, ai fini del proprio sostentamento di costi, un corrispettivo.
1.1. Il motivo è infondato.
In più occasioni questa Sezione ha ribadito che, in tema di imposta
comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione, prevista dall’art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, riguarda gli immobili posseduti dallo Stato e da altri enti pubblici ivi elencati “destinati esclusivamente ai compiti istituzionali” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 24593 del 03/12/2010), condizione il cui onere della prova incombe, secondo i principi generali, al contribuente che richieda il beneficio (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 8450 del 22/04/2005). Pertanto, l’esenzione di cui all’art. 7 comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992, in quanto norma di stretta interpretazione, si applica soltanto agli immobili, ivi elencati, posseduti dallo Stato e dagli altri enti pubblici “destinati esclusivamente ai compiti istituzionali’ (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 4997 del 25/02/2020).
E’ vero che l’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504/1992 tende ad escludere dal beneficio il contribuente che destini esclusivamente ad attività aventi natura commerciale gli immobili de quibus e non ad imporre la decadenza per un uso solo parzialmente commerciale (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 9787 del 19/04/2017). Ma è altrettanto vero che la detta esenzione si applica agli immobili destinati in modo esclusivo ai compiti istituzionali degli enti locali, ipotesi che non si configura qualora i medesimi beni siano utilizzati, sebbene in via non prevalente, per l’esercizio di attività di diritto privato, come avviene nel caso in cui il godimento degli stessi venga concesso a terzi dietro il pagamento di un canone o, comunque, di un corrispettivo (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 31037 del 30/11/2018). Parimenti, l’esenzione prevista dall’art. 7, comma primo, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per gli immobili posseduti dagli enti ivi indicati “destinati esclusivamente ai compiti istituzionali”, spetta soltanto se l’immobile è direttamente e immediatamente destinato allo svolgimento di tali compiti: ipotesi che non si configura quando il bene venga utilizzato per attività di carattere privato, come avviene, in linea di massima, in tutti i casi in cui il godimento del bene stesso sia concesso a terzi verso il pagamento di un canone (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14094 del 11/06/2010; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 30731 del 30/12/2011 e Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15025 del 17/07/2015).
Ne consegue che il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale ed abbia quelle finalità solidaristiche alla base delle ragioni di esenzione, mentre spetta al giudice di merito l’obbligo di accertare in concreto le circostanze fattuali, senza far ricorso ad astrazioni argomentative (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6711 del 02/04/2015).
In quest’ottica, va condivisa l’affermazione, contenuta nella sentenza qui impugnata, secondo cui <>.
E così, avuto riguardo al requisito oggettivo – la realizzazione dell’attività con modalità non commerciali -, lo stesso deve essere provato dal contribuente, tenuto a dimostrare la sua sussistenza in concreto e, cioè, che l’attività a cui l’immobile è destinato, rientrando tra quelle esenti, è posta in essere con modalità non economiche, in quanto resa a titolo gratuito o dietro il versamento di un importo simbolico (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6795 del 11/03/2020; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 20971 del 26/07/2024). In particolare, il corrispettivo simbolico è quello caratterizzato da un ricavo irrisorio, marginale e del tutto residuale rispetto alla natura della prestazione, tale da non potersi porre in relazione con il servizio reso, in quanto avente natura meramente formale e utile a rendere la prestazione più prossima a un’erogazione gratuita che a quella sottoremunerata rispetto ai parametri medi di settore (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 27821 del 02/10/2023; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 3674 del 09/02/2024; cfr. altresì Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 17100 del 15/06/2023).
Orbene, è lo stesso contribuente, indirettamente, ad aver ammesso di ricavare dall’attività di organizzazione di soggiorni -vacanze corrispettivi non
meramente simbolici (cfr. pag. 30 del ricorso), che oscillano da un minimo di euro 14,30 ad un massimo di euro 50,32 pro capite al giorno.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., l’omessa, insufficiente o apparente motivazione, nonché l’omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione, per non aver la CTR valutato le prove da esso offerte al fine di dimostrare la natura non commerciale delle attività esercitate negli immobili oggetto di imposizione nell’anno 2010.
2.1. Il motivo è infondato.
E’ ormai noto come le Sezioni Unite (sentenza n. 8053 del 2014) abbiano fornito una chiave di lettura della riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, nel senso di una riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente denunciabilità in cassazione della sola “anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione. E’ stato altresì precisato che (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111, sesto comma, Cost.), e cioè dell’art. 132, sesto comma, n. 4, c.p.c. (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’ iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire
su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata (cfr. Cass. nn. 2876/2017 e 1461/2018).
Orbene, nel caso di specie, la motivazione resa dalla CTR non si pone senz’altro al di sotto del cd. minimo costituzionale, avendo la stessa evidenziato che: a) il contribuente, per giustificare l’applicazione dell’esenzione invocata, si era limitato ad addurre che l’ente locale non aveva richiesto il pagamento d ell’imposta negli anni precedenti; b) mentre il Comune aveva fornito la prova che nel 2010 il Consorzio aveva svolto attività di tipo commerciale, il consorzio non aveva indicato alcuna prova sulla sussistenza dei presupposti che avrebbero legittimato la fruizione del regime in deroga (avuto particolare riguardo al carattere esclusivo dell’attività istituzionale di tipo protetto), essendosi limitato ad evidenziare la modestia dei proventi; c) dagli atti di causa era emerso nitidamente che alcune delle attività svolte dal consorzio erano state poste in essere a fronte di un corrispettivo; d) dalle allegazioni documentali prodotte dalle parti si ricavava che il consorzio aveva svolto un’attività, per qu anto marginale, di tipo commerciale, sicchè nell’anno in contestazione la sua attività non poteva ritenersi di tipo esclusivamente istituzionale.
Con riferimento alla dedotta omissione dell’esame di fatti asseritamente decisivi, è sufficiente rilevare che, al di là della irrilevanza, nell’attuale formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., della insufficienza e della contraddittorietà della motivazione, ogni denuncia sul piano motivazionale è preclusa dalla circostanza che si è in presenza di una cd. doppia conforme, né il ricorrente ha allegato e, tanto meno, dimostrato che le due decisioni di merito fossero fondate su differenti ragioni inerenti ai fatti.
Del resto, premesso che l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. a) e i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, derogando alla regola generale, è di stretta interpretazione e può essere applicata solo in relazione agli enti ivi contemplati che utilizzino gli immobili destinandoli effettivamente ad una
delle attività indicate (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 7037 del 26/03/2014; cfr. altresì Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 34766 del 25/11/2022), non rileverebbero le previsioni astratte contenute nello Statuto del consorzio, al pari della Convenzione stipulata con e tra tutti i comuni consorziati e di quella stipulata tra il consorzio ed il Comune di Druogno, così come priva di rilevanza sarebbe la nota inviata dalla Prefettura di Novara al Ministero dell’Interno (cfr. pag. 20 del ricorso), siccome datata 8.10.2014 .
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 6, comma 2, d.lgs. n. 472/1997, 8, comma 1, d.lgs. n. 546/1992 e 10, comma 3, l. n. 212/2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR ritenuto non sussistenti le condizioni per la disapplicazione delle sanzioni tributarie.
3.1. Il motivo è infondato.
In tema di sanzioni tributarie, la tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, sancita dall’art. 10, commi 1 e 2, della l. n. 212 del 2000, costituisce espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, che trova origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., sicché deve ritenersi che la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria, anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve essere valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni (Cass., Sez., Ordinanza n. 370 del 09/01/2019).
E così la “incertezza normativa oggettiva tributaria” è caratterizzata dall’impossibilità d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, e va distinta dalla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto (il cui accertamento è demandato esclusivamente al giudice e non può essere operato dall’amministrazione), come emerge dall’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, che distingue le due figure, pur ricollegandovi i medesimi effetti. Peraltro, il fenomeno dell’incertezza normativa oggettiva può essere desunto dal giudice attraverso la rilevazione di una serie di “fatti indice”, quali ad
esempio: 1) la difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative; 2) la difficolta di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficolta di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) la mancanza di una prassi amministrativa o l’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) la formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 12301 del 17/05/2017; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 10313 del 12/04/2019, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32082 del 09/12/2019 e, recentemente, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 1054 del 2025).
Tuttavia, nel caso di specie, il ricorrente non ha neppure indicato quali sarebbero stati i ‘chiarimenti Ministeriali oltre a modificazioni e pronunce anche sovranazionali’ che avrebbero determinato una oggettiva incertezza circa il portato dell’art. 7 d.l gs. n. 504/1992, laddove già con il d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla l. 2 dicembre 2005, n. 248, come modificato dal d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, è stato disposto (con l’art. 7, comma 2-bis) che “L’esenzione disposta dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale” e già con le sentenze del 10.1.2006 (C-222/04) e del 10.7.2008 (C-49/07) la Corte di Giustizia europea ha chiarito in presenza di quali elementi un’attività può reputarsi commerciale.
Da ultimo, come condivisibilmente evidenziato dalla CTR, non si può ritenere incolpevolmente erroneo l’affidamento derivato dalla mancata richiesta di pagamento dell’ICI per le annualità pregresse al 2010.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita
accoglimento.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 3.000,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della