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Esenzione ICI: la prova dell’uso è a carico dell’ente

Un fondo di previdenza ha richiesto l’esenzione ICI per i propri immobili, sostenendo che fossero destinati ad attività assistenziali. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32044/2024, ha rigettato il ricorso. È stato stabilito che, ai fini dell’esenzione ICI, non è sufficiente la mera destinazione formale dell’immobile a scopi meritevoli, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova concreta del suo utilizzo effettivo ed esclusivo per le attività non commerciali previste dalla legge.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione ICI: la prova dell’uso effettivo spetta all’ente, non basta la destinazione

L’esenzione ICI per gli enti non commerciali rappresenta un’importante agevolazione fiscale, ma è subordinata a requisiti stringenti. Con la recente ordinanza n. 32044/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per beneficiare dell’esenzione, non è sufficiente una destinazione formale o astratta dell’immobile a finalità assistenziali, ma è indispensabile fornire la prova concreta del suo utilizzo effettivo e esclusivo per tali scopi. L’onere di questa prova ricade interamente sul contribuente.

Il caso: un fondo previdenziale contro il Comune per l’ICI

La controversia nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento per omesso versamento dell’ICI relativa all’anno 2008, emesso da un Comune campano nei confronti di un fondo previdenziale. Il fondo sosteneva di aver diritto all’esenzione, poiché gli immobili in questione erano destinati, tramite atto notarile e trascrizione nei registri immobiliari, a finalità previdenziali e assistenziali.

Mentre la Commissione Tributaria Provinciale aveva inizialmente dato ragione all’ente, la Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la decisione, accogliendo l’appello del Comune. Secondo i giudici di secondo grado, il fondo non aveva fornito prove sufficienti a dimostrare l’effettivo svolgimento delle attività meritevoli che danno diritto all’esenzione.

La questione dell’Esenzione ICI e l’onere della prova

Il cuore della questione giuridica ruota attorno all’interpretazione dell’art. 7, comma 1, lett. i) del D.Lgs. 504/1992. Questa norma prevede l’esenzione dall’ICI per gli immobili utilizzati da enti non commerciali e destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive.

Requisito soggettivo e oggettivo

La giurisprudenza costante, confermata in questa ordinanza, chiarisce che per ottenere il beneficio fiscale devono coesistere due requisiti:
1. Requisito soggettivo: Il possessore dell’immobile deve essere un ente non commerciale.
2. Requisito oggettivo: L’immobile deve essere utilizzato in modo diretto ed esclusivo per una delle attività meritevoli elencate dalla norma, e tale attività non deve essere svolta con modalità commerciali.

La distinzione cruciale: destinazione vs. uso effettivo

Il punto centrale della decisione della Cassazione è la netta distinzione tra la mera ‘destinazione’ di un immobile e il suo ‘uso effettivo’. Il ricorrente insisteva sul fatto che la trascrizione del vincolo di destinazione nei registri immobiliari fosse sufficiente a provare il diritto all’esenzione. La Corte ha respinto questa tesi, affermando che la prova deve andare oltre l’aspetto formale.

È onere del contribuente dimostrare, in concreto, che le attività svolte all’interno dell’immobile rientrano tra quelle esenti e non si limitano a funzioni puramente amministrative o di ufficio, le quali non godono del beneficio. La prova deve riguardare la natura materiale delle attività esercitate.

La questione processuale: a chi notificare l’appello se la società è estinta?

Un altro aspetto interessante della vicenda riguardava un profilo processuale. La società originaria che gestiva il fondo era stata cancellata dal registro delle imprese durante il contenzioso. Il ricorrente sosteneva che l’appello del Comune avrebbe dovuto essere notificato agli ex soci della società estinta e non all’ente subentrato nella gestione del patrimonio. La Corte ha rigettato anche questo motivo, chiarendo che, a seguito della trasformazione del fondo in un’associazione autonoma, quest’ultima era divenuta il soggetto giuridico corretto a cui notificare gli atti, in quanto successore nella gestione e rappresentanza del patrimonio separato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del fondo previdenziale, basando la sua decisione su principi consolidati. I giudici hanno sottolineato che le norme che prevedono agevolazioni fiscali sono di stretta interpretazione e non possono essere applicate in via analogica. Di conseguenza, il contribuente che invoca un’esenzione ha l’onere rigoroso di provare la sussistenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge.

Nel caso specifico, il ricorrente non ha dimostrato che negli immobili oggetto di accertamento si svolgessero concretamente attività assistenziali o previdenziali. La sola esistenza di un vincolo di destinazione trascritto, pur essendo un elemento formale, non è sufficiente a provare che l’uso effettivo dell’immobile corrisponda a tale destinazione. Citando precedenti e circolari ministeriali, la Corte ha ribadito che gli uffici, siano essi amministrativi o tecnici, non possono beneficiare dell’esenzione, in quanto manca il rapporto di stretta immanenza con l’erogazione materiale delle prestazioni assistenziali.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza offre un importante monito per tutti gli enti non commerciali che possiedono immobili e intendono beneficiare dell’esenzione dall’imposta immobiliare. Le conclusioni pratiche sono chiare:

1. La documentazione formale non basta: Non è sufficiente un atto costitutivo, uno statuto o una trascrizione immobiliare che destini un bene a finalità meritevoli.
2. La prova deve essere concreta e fattuale: L’ente deve essere in grado di dimostrare, con documenti e prove concrete, le specifiche attività non commerciali svolte all’interno di ciascun immobile per cui si chiede l’esenzione.
3. L’onere probatorio è a carico del contribuente: In caso di accertamento fiscale, spetta all’ente, e non all’amministrazione finanziaria, l’onere di provare il proprio diritto all’agevolazione. Una difesa basata solo su elementi astratti o formali è destinata a fallire.

Per ottenere l’esenzione ICI, è sufficiente che un immobile sia destinato a finalità assistenziali in un atto notarile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera destinazione formale o ‘in astratto’ dell’immobile, anche se risultante da un atto notarile trascritto, non è sufficiente. È necessario dimostrare l’uso effettivo e concreto dell’immobile per le attività non commerciali previste dalla legge.

Chi deve dimostrare in un processo che un immobile ha i requisiti per l’esenzione ICI?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente. L’ente che invoca l’esenzione deve fornire la prova concreta dell’esistenza di tutti i requisiti, sia soggettivi (natura non commerciale dell’ente) sia oggettivi (svolgimento esclusivo di attività meritevoli con modalità non commerciali).

Gli uffici amministrativi di un ente non commerciale possono beneficiare dell’esenzione ICI?
No. La sentenza chiarisce, in linea con la giurisprudenza consolidata, che l’esenzione non si applica agli immobili destinati a meri uffici, siano essi amministrativi o tecnici, in quanto non vi è uno svolgimento diretto e materiale delle attività assistenziali, previdenziali o delle altre attività agevolate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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