Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32044 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32044 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12245/2018 R.G., proposto
DA
il ‘ Fondo RAGIONE_SOCIALEUnità Etico -Sociale Domestico Previdenziale ‘, con sede in Caivano (NA), in persona degli amministratori pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. NOME COGNOME con studio in Napoli, elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, giusta procura in margine al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
il Comune di Caivano (NA), in persona del Commissario Straordinario pro tempore , autorizzato a resistere nel presente procedimento in virtù di deliberazione adottata dal medesimo il 24 aprile 2018, n. 52, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Bari, ove elettivamente domiciliato (indirizzo p.e.c. per notifiche e comunicazioni: EMAIL, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
ICI IMU ACCERTAMENTO APPELLO NOTIFICATO A SOCIETÀ CANCELLATA DAL REGISTRO DELLE IMPRESE
Rep.
CONTRORICORRENTE
NONCHÉ NEI CONFRONTI DI
la RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, con sede in Sava (TA), in persona del liquidatore pro tempore ;
INTIMATA
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania il 16 ottobre 2017, n. 8564/11/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24 settembre 2024 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
il ‘ Fondo RAGIONE_SOCIALEUnità Etico -Sociale Domestico Previdenziale ‘ ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania il 16 ottobre 2017, n. 8564/11/2017, la quale, in controversia sull ‘ impugnazione di avviso di accertamento per l’omesso versamento dell’ICI relativa all’anno 200 8, in relazione a fabbricati ubicati in Caivano (NA), ha accolto l’appello proposto dal Comune di Caivano (NA) nei confronti della ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (e, per essa estinta dopo la cancellazione dal registro delle imprese, nei confronti del ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘), avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 21 maggio 2015, n. 12560/11/2015, con compensazione delle spese giudiziali;
la Commissione tributaria regionale ha riformato la decisione di prime cure -che aveva accolto il ricorso originario -sul rilievo dell’insussistenza dei presupposti per beneficiare
dell’esenzione dipendente dalla destinazione degli immobili a finalità previdenziale ed assistenziale;
il Comune di Caivano (NA) ha resistito con controricorso, mentre la ‘ Santa Monica -Compagnia Italiana RAGIONE_SOCIALE ‘ è rimasta intimata;
le parti hanno depositato memorie ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è affidato a quattro motivi;
1.1 con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2495 cod. civ., 110, 299 e 300 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stata omessa dal giudice di secondo grado la dichiarazione di inammissibilità dell’appello notificato il 21 dicembre 2015, giacché la sopravvenuta cancellazione della società appellata dal registro delle imprese sin dal 5 maggio 2015 esigeva l’instaurazione del contraddittorio processuale nei confronti degli exsoci della società cancellata; 1.2 con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2495 cod. civ., 110, 299 e 300 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nel caso si ritenga la rituale instaurazione del contraddittorio processuale, per essere stata omessa dal giudice di secondo grado la dichiarazione di interruzione del procedimento dopo che la cancellazione (e la conseguente estinzione) della società appellata era stata resa nota dal difensore costituito in sede di ‘ memoria di costituzione e risposta ‘, ordinando erroneamente la rinotifica dell’atto di appello al presunto successore nei rapporti sostanziali e processuali della società cancellata;
1.3 con il terzo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, comma 2, e 3 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, 36, 832 e 2117 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., per non essere stato dichiarato dal giudice di secondo grado il difetto di legittimazione passiva (o, meglio, il difetto di soggettività passiva) della società cancellata rispetto alla pretesa impositiva, non essendo essa proprietaria né titolare di diritti reali sugli immobili, ma soltanto mero organo gestore del patrimonio segregato (cioè, del fondo previdenziale) in cui gli immobili erano stati conferiti con il vincolo di destinazione alla finalità previdenziale, come era possibile desumere dal rogito notarile del 18 dicembre 2007;
1.4 con il quarto motivo, in linea subordinata, si denunciano, al contempo, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, 2717, 2645ter e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nonché omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che le condizioni necessarie per beneficiare dell’esenzione dall’ ICI non erano state provate, nonostante la sufficienza della trascrizione nei registri immobiliari per l’imposizione del vincolo di destinazione, senza tener conto della segregazione degli immobili mediante il conferimento (con vincolo di destinazione) nel fondo previdenziale;
2. il primo motivo, il secondo motivo ed il terzo motivo -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta per la comune attinenza alla questione della rituale instaurazione del giudizio di secondo grado con la rinotifica dell’atto di appello all’ent e mutualistico succeduto alla società
cancellata (destinataria della notifica originaria) nella proprietà del patrimonio separato con vincolo di destinazione alla finalità previdenziale – sono infondati;
2.1 preliminarmente, anche sulla scorta della documentazione prodotta dal ricorrente in sede di legittimità, va chiarito che:
la ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ era una società di mutuo soccorso (come si evince dalla visura camerale del 5 maggio 2015), la quale era soggetta alla disciplina speciale di cui alla legge 15 aprile 1886, n. 3818 (‘ Costituzione legale delle società di mutuo soccorso ‘);
in base agli artt. 1 e 2, comma 1, della citata legge 15 aprile 1886, n. 3818 (a tenore dei quali: « Possono conseguire la personalità giuridica, nei modi stabiliti da questa legge, le società operaie di mutuo soccorso che si propongono tutti od alcuno dei fini seguenti: Assicurare ai soci un sussidio nei casi di malattia, di impotenza al lavoro o di vecchiaia; Venire in aiuto alle famiglie dei soci defunti »; « Le società di mutuo soccorso potranno inoltre cooperare all’educazione dei soci e delle loro famiglie; dare aiuto ai soci per l’acquisto degli attrezzi del loro mestiere ed esercitare altri uffici propri delle istituzioni di previdenza economica »), le società di mutuo soccorso sono forme associative a carattere mutualistico atte ad affrontare le evenienze sfavorevoli o condizioni disagiate di coloro che sono maggiormente esposti a tale evenienza, (artt. 2546 -2548 cod. civ.) con scopi previdenziali, per cui esse non possono sic et simpliciter identificarsi con le società cooperative, che hanno forma e regole proprie della impresa commerciale, mentre le società di mutuo soccorso sono connaturate dallo scopo mutualistico, da cui esula ogni fine di lucro (in termini: Cass., Sez. 5^, 2 ottobre 2000, n. 12992);
-in base all’art. 8 della legge 15 aprile 1886, n. 3818 (a tenore del quale: « I lasciti o le donazioni che una società avesse conseguito o conseguisse per un fine determinato ed avente carattere di perpetuità, saranno tenuti distinti dal patrimonio sociale, e le rendite derivanti da essi dovranno essere erogate in conformità della destinazione fissata dal testatore o dal donatore. Se la società fosse liquidata, come pure se essa perdesse semplicemente la personalità giuridica, si applicheranno a questi lasciti e a queste donazioni le norme vigenti sulle opere pie »), la ‘ Santa RAGIONE_SOCIALE ‘ è stata beneficiaria di una serie di apporti di beni immobili, che sono stati segregati in patrimoni autonomi e separati con l’istituzione di fondi speciali (come, per l’appunto, il fondo speciale per la previdenza e l’assistenza con denominazione ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘) con vincolo di destinazione ;
-l’art. 23 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 (‘ « Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese ‘), ha ridisegnato la struttura e la funzione delle società di mutuo soccorso nel senso di considerarle ‘ imprese sociali ‘ ai fini dell’iscrizione nella relativa sezione del registro delle imprese ed equipararle alle ‘ società cooperative ‘ ai fini dell’iscrizione nel relativo albo (comma 1) , riformulando, tra l’altro, il testo dell’art. 8 della legge 15 aprile 1886, n. 3818 (comma 5) , con l’aggiunta di un
comma 2, a tenore del quale: « In caso di liquidazione o di perdita della natura di società di mutuo soccorso, il patrimonio è devoluto ad altre società di mutuo soccorso ovvero ad uno dei Fondi mutualistici o al corrispondente capitolo del bilancio dello Stato ai sensi degli articoli 11 e 20 della legge 31 gennaio 1992, n. 59 »;
-al fine di adeguarsi a tali prescrizioni, l’assemblea straordinaria della ‘ Santa Monica -Compagnia Italiana di Previdenza RAGIONE_SOCIALE ha deliberato « di trasformare, a norma degli artt. 2498 e segg. del C.C., il patrimonio separato segregato -fondo speciale per la previdenza e l’assistenza denominato ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (…) in associazione ex art. 36 e segg. del C.C., con la denominazione di ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (…), alla quale verrà assegnato il compendio aziendale di p roprietà dell’ente trasformato (…) »; – peraltro, secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, in materia previdenziale, i fondi speciali per l’assistenza e la previdenza costituiti ai sensi dell’art. 2117 cod. civ., con la contribuzione sia dei lavoratori sia del datore di lavoro, ove non abbiano ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica, sono assoggettati alla disciplina comune dettata per le associazioni non riconosciute, che rispondono autonomamente delle obbligazioni assunte, ivi comprese quelle previdenziali e assistenziali, salva solo la responsabilità personale e sussidiaria ex art. 38 cod. civ. di quanti hanno agito in loro nome e conto; essi sono pertanto soggetti giuridici che, ancorché privi di personalità, costituiscono centri di imputazione di rapporti giuridici con altri soggetti dell’ordinamento, compreso tra di essi il datore di lavoro, che assume l’obbligo di contribuzione (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 17 maggio 2003, n. 7755; Cass., Sez. Lav., 31 ottobre 2017, n. 25967; Cass., Sez. Lav., 1
ottobre 2018, n. 23786; Cass., Sez. Lav., 29 agosto 2023, n. 25430; Cass., Sez. Lav. 4 settembre 2023, n. 25651); per cui, in buona sostanza, essi costituiscono soggetti giuridici autonomi di tipo associativo e con finalità mutualistiche, tenendo conto del carattere negoziale della fonte istitutiva, della formazione di un patrimonio autonomo in vista di uno scopo mutualistico e del la predisposizione all’uopo di uno specifico ordinamento organizzativo (Cass., Sez. Lav., 29 agosto 2023, n. 25430; Cass., Sez. Lav. 4 settembre 2023, n. 25651);
2.2 ciò premesso, le censure -sia pure sotto vari profili -attingono la sentenza impugnata per l’omessa instaurazione del contraddittorio processuale nel giudizio di appello con gli ex -soci della società cancellata, che sarebbero gli unici muniti di legittimazione processuale in qualità di suoi successori ex lege ;
2.3 anzitutto, va evidenziato che la cancellazione dal registro delle imprese non incide sulla legittimazione del difensore costituito in giudizio a ricevere la notificazione di atti processuali per conto della società cancellata; invero, per orientamento consolidato di questa Corte, la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio; pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 ss. cod. proc. civ. con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ.; qualora l’evento non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in tali
modi non sarebbe stato più possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena di inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso e che la legittimazione processuale, attiva e passiva, si trasferisce automaticamente, ex art. 110 cod. proc. civ., per effetto della vicenda estintiva, in capo ai predetti soci, tra i quali viene in rilievo una situazione di litisconsorzio necessario, a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale (tra le tante: Cass., Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6070; Cass., Sez. 5^, 5 novembre 2014, n. 23574; Cass., Sez. Lav., 25 maggio 2017, n. 13183; Cass., Sez. Lav., 4 agosto 2017, n. 19580; Cass., Sez. 2^, 28 ottobre 2019, n. 27480; Cass., Sez. 5^, 2 marzo 2021, n. 5605; Cass., Sez. 6^-2, 3 novembre 2021, n. 31429; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2022, n. 36351; Cass., Sez. 3^, 21 giugno 2024, n. 17192); in particolare, si è affermato che, in caso di cancellazione della società dal registro delle imprese, l’appello può essere notificato presso il difensore della società cancellata; poiché però la cancellazione, estinguendo la società, la priva anche della capacità di stare in giudizio, il difensore nei precedenti gradi non può dichiarare l’estinzione della società cancellata e contestualmente costituirsi per la stessa, restando esclusa l’ultrattività del mandato; ne consegue che, in tal caso, debba dichiararsi l’interruzione del processo, per consentirne la riassunzione nei confronti dei soci della società estinta, diversamente gli atti successivamente compiuti, compresa la sentenza, sono da ritenersi nulli, con la conseguente necessità di rinnovazione (da ultima: Cass., Sez. 2^, 17 maggio 2024, n. 13777); il che non
esclude che, a fronte della conoscenza acquisita aliunde dell’evento estintivo, l’appellante possa chiedere di instaurare il contraddittorio, mediante la rinotifica dell’atto di appello, ai singoli soci della società cancellata, che sono gli unici legittimati a resistere all’impugnazione in qualità di successori a titolo universale;
2.4 ora, fermo restando che la cancellazione dal registro delle imprese ha efficacia estintiva anche per le società di mutuo soccorso, per le quali possono ribadirsi i principi enunciati da questa Corte rispetto alle società di capitali (dopo l’entrata in vigore dell’art. 4 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, che ha modificato l’art. 2495, secondo comma, cod. civ. – a partire da Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2010, n. 4060) e alle società cooperative (stante il richiamo dell’art. 2495 cod. civ. da parte dell’ar t. 2519 cod. civ. – a partire da Cass., Sez. 1^, 15 ottobre 2012, 17637), si deve, comunque, ammettere l’applicabilità al caso sub iudice dell’art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175;
2.5 difatti, la fattispecie rientra ratione temporis nella previsione della predetta disposizione, a tenore della quale: « Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del registro delle imprese »;
2.6 secondo l’interpretazione di questa Corte, il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, secondo comma, cod. civ., che, ai sensi dell’art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, opera soltanto nei confronti dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati, con riguardo a tributi
o contributi, si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese, che costituisce il presupposto di tale differimento, sia stata presentata nella vigenza della disposizione, e pertanto il 13 dicembre 2014 o successivamente, in quanto la norma reca disposizioni di natura sostanziale sulla capacità della società cancellata dal registro delle imprese e non ha pertanto efficacia retroattiva (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 2 aprile 2015, n. 6743; Cass., Sez. 6^-5, 24 luglio 2015, n. 15648; Cass., Sez. 6^-5, 21 febbraio 2020, n. 4536; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, n. 14340; Cass., Sez. 6^-5, 3 giugno 2021, n. 15320; Cass., Sez. 6^-5, 4 febbraio 2022, n. 3556; Cass., Sez. 5^, 18 luglio 2023, n. 20932; Cass., Sez. 5^, 7 agosto 2024, n. 22311); in proposito, si è osservato che, con riguardo all’ambito temporale di efficacia della norma, questa intende limitare (per il periodo da essa previsto) gli effetti dell’estinzione societaria previsti dal codice civile, mantenendo parzialmente per la società una capacità e soggettività (anche processuali) altrimenti inesistenti, al « solo » fine di garantire (per il medesimo periodo) l’efficacia dell’attività (sostanziale e processuale) degli enti legittimati a richiedere tributi o contributi, con sanzioni ed interessi; pertanto, la norma opera su un piano sostanziale e non « procedurale », in quanto non si risolve in una diversa regolamentazione dei termini processuali o dei tempi e delle procedure di accertamento o di riscossione (in termini: Cass., Sez. 6^-5, 21 febbraio 2020, n. 4536);
2.7 peraltro, l’eccezionalità di tale disposizione non si pone in contrasto con i parametri costituzionali; difatti, nel dichiarare l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, in relazione agli artt. 3 e 76 Cost. (Corte Cost., 8 luglio 2020, n. 142), sulla
premessa che la predetta disposizione è stata introdotta « per sopperire alle divergenze tra la disciplina civilistica e la struttura e le finalità specifiche del controllo tributario », il giudice delle leggi ha valutato che « tale disposizione, anche a fronte dell’estinzione della società di capitali (e di persone, come ha avuto modo di chiarire la Corte di cassazione, sezione quinta civile, sentenza 24 aprile 2015, n. 6743), consente la stabilizzazione degli atti dell’amminist razione finanziaria, potendo, i nfatti, quest’ultima effettuare le attività di controllo e di accertamento negli ordinari termini previsti dalla disciplina tributaria, nonché notificare i relativi atti direttamente all’originario debitore », anche in considerazione della circostanza che « la possibilità di notificare validamente gli atti intestati ad un soggetto non più esistente si presenta coerente con il sistema tributario complessivamente considerato, in quanto l’art. 65, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), permette, con riguardo alle persone fisiche, che «la notifica degli atti intestati al dante causa essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio del lo stesso ed è efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui al secondo comma »; peraltro, in tale prospettiva, tale disciplina, « nel favorire l’adempimento dell’obbligazione tributaria ve rso le società cancellate dal registro delle imprese, non determina l’ingiustificata disparità di trattamento denunciata dal rimettente », ciò in quanto, « non è configurabile una piena equiparazione fra le obbligazioni pecuniarie di diritto comune e quelle tributarie, per la particolarità dei fini e dei presupposti di queste ultime (sentenza n. 291 del 1997), che si giustificano
con la «garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato» (sentenza n. 281 del 2011), cui è volto il credito tributario », tenendo conto che « l’interesse fiscale perseguito dalle obbligazioni tributarie giustifica lo scostamento dalla disciplina ordinaria »; inoltre, il giudice delle leggi aveva avuto già modo di pronunziarsi sulle modifiche introdotte dall’art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, per una presunta violazione degli artt. 3 e 53 Cost., rilevando come la norma sindacata si annoveri tra quelle disposizioni « orientate a preservare la garanzia dell’adempimento delle obbligazioni tributarie », che « segnano lo scostamento dalla disciplina ordinaria quale condizione di maggior favore per l’amministrazione finanziaria » (Corte Cost., 26 aprile 2018, n. 90);
2.8 per cui, la riconducibilità della fattispecie all’art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, deve essere esclusivamente verificata rispetto all’istanza di cancellazione dal registro delle imprese, che sia stata depositata dopo il 13 dicembre 2014, essendo irrilevante rispetto al dies a quo della vigenza della norma speciale l’epoca di formazione o notificazione di un atto impositivo (nella specie, l’avviso notificato il 13 gennaio 2014) o di un atto processuale (nella specie: l’appello notificato il 21 dicembre 2015) ; per cui, la risalenza della richiesta di cancellazione ad epoca successiva è l’unico presupposto per l’ultrattività ex lege della rappresentanza processuale del liquidatore della società cancellata;
2.9 ad ogni buon conto, per quanto la cancellazione dal registro delle imprese (5 maggio 2015) sia antecedente alla notifica dell’appello (21 dicembre 2015), va considerato che la ‘ Santa Monica RAGIONE_SOCIALECompagnia Italiana di RAGIONE_SOCIALE non era
proprietaria degli immobili conferiti nel ‘ Fondo RAGIONE_SOCIALE ‘, dei quali essa aveva la mera gestione; cosicché, l’evento estintivo ha semplicemente sancito la caducazione della rappresentanza processuale della ‘ Santa Monica -Compagnia Italiana di Previdenza ‘ nell’interesse del ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, in conseguenza della precedente trasformazione ex artt. 2498 ss. cod. civ. (sin dall’8 aprile 2014) nel ‘ Fondo RAGIONE_SOCIALE -Unità Etico -Sociale Domestico Previdenziale ‘ , giacché la ‘ personificazione ‘ del fondo speciale di previdenza ed assistenza (quale patrimonio separato con vincolo di destinazione) in ente previdenziale associativo (quale autonomo soggetto di diritto), ingenerando il passaggio da un regime di eterogestione (da parte della società terza) ad un regime di autogestione (da parte degli amministratori dell’ente medesimo), aveva già determinato la successione dell’organo interno nella rappresentanza processuale dei rapporti gestiti; 2.10 ne discende che la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che la rinotifica dell’appello al ‘ RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE Previdenziale ‘ , instaurando il contraddittorio nei confronti del soggetto subentrato nella rappresentanza processuale del patrimonio separato, potesse evitare la dichiarazione di interruzione del processo per la cancellazione della ‘ Santa Monica RAGIONE_SOCIALECompagnia Italiana RAGIONE_SOCIALE ‘ dal registro delle imprese;
il quarto motivo è, parimenti, infondato;
3.1 la censura ripropone la questione della prova dei requisiti previsti dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per beneficiare dell’esenzione dall’ICI;
3.2 tale disposizione, nel testo vigente dal l’ 1 gennaio 2003 al 3 ottobre 2005, disponeva l’esenzione dall’ ICI per « gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lettera c), del
testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive »; essa è stata, in seguito, integrata e modificata dall’art. 7, comma 2 -bis , del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, che ha esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse; un’ulteriore modifica è, poi, intervenuta con l’art. 39 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, che, sostituendo il comma 2bis del citato art. 7 del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, ha stabilito che l’esenzione disposta dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera « che non abbiano esclusivamente natura commerciale »;
3.3 occorre precisare, inoltre, che le condizioni dell’esenzione sono cumulative, nel senso che è richiesta la coesistenza, sia del requisito soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente, sia del requisito oggettivo in forza del quale l’attività svolta nell’immobile deve rientrare tra quelle previste dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504; deve trattarsi, in particolare, di immobili destinati direttamente ed esclusivamente allo svolgimento di determinate attività, tra le quali quelle dirette all’esercizio del culto ed alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all’educazione cristiana (Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2016, n. 13966); dunque, l’esenzione è
subordinata alla compresenza di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma 1, lett. c, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, rinvia), e di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale (Cass., Sez. 5^, 21 marzo 2012, n. 4502; Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2015, n. 14226; Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2016, n. 13966, 13967, 13969, 13970 e 13971; Cass., Sez. 5^, 30 maggio 2017, n. 13574; Cass., Sez. 6^-5, 3 giugno 2018, n. 15564; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2019, nn. 10123 e 10124; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2019, n. 34602; Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2020, n. 28578; Cass., Sez. 5^, 10 febbraio 2021, nn. 3244, 2345, 3248 e 3249; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n. 16262; Cass., Sez. 5^, 14 settembre 2021, n. 24655 e 24644; Cass., Sez. 5^, 7 novembre 2022, nn. 32742 e 32765; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2022, nn. 36028 e 36032; Cass., Sez. 5^, 16 febbraio 2023, n. 4915 e 4917; Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2023, n. 17108; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501);
3.4 sotto il profilo della distribuzione degli oneri probatori è stato affermato, ed è un principio del tutto condiviso da questo collegio, che « il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale » (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 2 aprile 2015,
n.6711; Cass., Sez. 6^-5, 16 luglio 2019, n. 19072; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, n. 14316; Cass., Sez. 5^, 25 novembre 2022, n. 34766; Cass., Sez. 5^, 17 ottobre 2023, n. 28756; Cass., Sez. 5^, 8 agosto 2024, n. 22565);
3.5 tale principio è stato ribadito anche con specifico riguardo alle attività assistenziali e previdenziali, affermandosi che l’ente che ha invocato l’esenzione in giudizio ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, deve comprovare lo svolgimento nei suddetti fabbricati di attività assistenziali o previdenziali, in dette attività non potendo rientrare la mera destinazione degli immobili ad uffici, siano essi amministrativi o tecnici (in termini: Cass., Sez. 5^, 14 marzo 2018, nn. 6319 e 6320; Cass., Sez. 6^-5, 16 ottobre 2019, n. 26121);
3.6 peraltro, tale esegesi è coerente con le indicazioni fornite dalla risoluzione emanata dal Ministero delle Finanze il 25 giugno 1994, prot. n. 2/1242 (richiamata dalla circolare emanata dal Ministero dell’economia e delle Finanze il 26 gennaio 2009, n. 2/DF), secondo cui « (…) non possono farsi rientrare nell’ambito di applicazione della norma esonerativa in discorso gli uffici, siano essi amministrativi che tecnici, atteso che per essi non sussiste il delineato rapporto di stretta immanenza con lo svolgimento delle predette attività. La circostanza (…) che sia difficilmente configurabile una attività di erogazione materiale della previdenza, (diversa dall’attività di trattazione delle pratiche negli uffici; i quali, come sopra detto, non possono beneficiare dell’esenzione) nulla toglie alla validità della suesposta interpretazione, anche nella considerazione che l’elenco delle attività agevolate risulta normativamente predisposto nell’ottica di attività suscettibili di essere esercitate in senso materiale »;
3.7 ne consegue che la sentenza impugnata si è pedissequamente uniformata ai richiamati principi, asserendo che: « Nel caso di specie la ricorrente invoca il diritto all’esenzione degli immobili in ragione della ritenuta sussistenza ‘in astratto’ del requisito oggettivo (insistendo sul vincolo di destinazione trascritto nei RR.II.), mentre avrebbe dovuto dimostrare se le predette attività fossero in concreto esercitate seguendo le indicazioni tracciate dalla circolare ministeriale n. 2/DF del 2009 (…) »;
alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la manifesta infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato;
quanto alla regolamentazione delle spese giudiziali:
nei rapporti tra ricorrente e controricorrente, esse seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo, disponendosene, altresì, la distrazione a favore del difensore antistatario della parte vittoriosa, il quale ha dichiarato di aver anticipato gli esborsi e di non aver riscosso i compensi;
nei rapporti tra ricorrente ed intimata, nulla deve essere disposto per la mancata costituzione in giudizio della parte vittoriosa;
ai sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi ed € 7.700,00
per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge, e distraendole in favore del difensore del controricorrente, Avv. NOME COGNOME da Bari, per dichiarato anticipo; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 24 settembre