Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31979 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31979 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 1971-2020 R.G. proposto da:
COMUNE DI COGNOME , in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso;
-ricorrente-
contro
FONDAZIONE RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende
assieme all’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in allegato al controricorso;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 692/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LIGURIA, depositata il 31/5/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/9/2024 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
RILEVATO CHE
il Comune di Andora propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Liguria, in sede di rinvio da Cass. n. 12652/2017, aveva accolto l’appello della RAGIONE_SOCIALE (di seguito la Fondazione) avverso la sentenza n. della Commissione tributaria provinciale di Savona, con cui era stato accolto, limitatamente all’annullamento delle sanzioni, il ricorso proposto dalla Fondazione avverso l’avviso di accertamento del Comune di Andora avente ad oggetto ICI 2006/2007;
la Fondazione resiste con controricorso;
il Comune ha da ultimo depositato memoria difensiva.
CONSIDERATO CHE
1.1. con il primo motivo il Comune denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 7, comma 1, lett. i, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, dell’art. 7, c omma 2-bis DL n. 30/9/2005 n. 203, come sostituito dall’art. 39 del DL 4/7/2006 n. 223, conv. con modificazioni dalla legge 4/8/2006 n. 248, per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente applicato l’esenzione di cui all’art. 7 cit. pur mancando la prova che la Fondazione esercitasse, negli immobili in oggetto, attività assistenziale e sanitaria non a carattere commerciale, prescindendo dall ‘ accertamento in concreto delle modalità di espletamento dell ‘ attività e riconoscendo una portata dirimente al rapporto di convenzionamento sussistente tra la O.RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE ligure;
1.2. con il secondo motivo il Comune denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., v
a un lato, un rigoroso (e convincente) accertamento delle condizioni per il riconoscimento dell ‘ esenzione, in particolare in ordine alle modalità non commerciali di svolgimento dell ‘ attività e non risulta …(va)… dato il giusto rilievo all’onere della prova che grava sull’ente che reclama l ‘ esenzione, e dal l’ altro, la motivazione …(era)… caratterizzata da una sostanziale apoditticità laddove afferma …( va che)… la natura commerciale delle attività svolte dalla Fondazione ‘ deve ritenersi sussistere – anche considerandone le specifiche modalità d’esercizio ‘ »;
1.2. le doglianze, da esaminare congiuntamente, in quanto sottese alla medesima ratio iuris , sono fondate;
1.3. l ‘esenzione in oggetto muove dal concorso di un presupposto soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente (art. 87, ora 73, co.1 lett. c Tuir), e di un presupposto oggettivo dato dallo svolgimento nell’immobile, secondo modalità non commerciali, di una delle attività indicate dall’art. 7 co. 1 ° lett. i) in esame (assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222);
1.4. come già più volte affermato da questa Corte, una lettura dell’evoluzione normativa in materia -indotta dalla decisione della Commissione UE 2013/286 – impone di escludere che possa riconoscersi l’esenzione allorquando quest’ultima, venendo ad incidere su un settore produttivo operan te alle condizioni di mercato, finisca con l’alterare le regole della libera concorrenza mediante la pratica configurazione di un vero e proprio aiuto di Stato, come tale inammissibile ex art. 107, paragrafo 1 TUE, sicché solo l’attività svolta a titolo gratuito ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico rende compatibile, quanto a requisito obiettivo, l’esenzione in parola (altrimenti disapplicabile dal giudice nazionale) con il diritto UE (Cass.nn.13970/16; 4066/19; 6795/20; 18831/20; 28578/20; 15364/22 e molte altre);
1.5. ciò sul presupposto che né il requisito soggettivo (natura non commerciale dell’ente) né quello oggettivo (inteso esclusivamente come natura dell’attività svolta) per quanto entrambi necessari -possono essere sufficienti ad escludere l’incidenza delle modalità di concreto svolgi mento dell’attività sulle condizioni di libero mercato, nel senso indicato ;
1.6. infatti, anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè, offrire beni o servizi sul mercato, mentre la finalità sociale dell’attività svolta non è di per sé incompatibile con il suo carattere anche economico-produttivo, la cui esclusione vuole appunto che essa sia svolta a titolo gratuito o dietro il versamento di un importo simbolico;
1.7. convergente è la casistica giurisprudenziale di legittimità nella specifica materia dell’imponibilità ICI-IMU di immobili destinati ad attività sanitaria e di residenza assistenziale, essendosi così affermato che (cfr. Cass. n. 32765/2022) in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione riconosciuta dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, è limitata all’ipotesi in cui gli immobili siano destinati in via esclusiva allo svolgimento di una delle attività di religione o di culto indicate nell’art. 16, lett. a), della l. n. 222 del 1985, e, pertanto, non si applica ai fabbricati di proprietà di enti ecclesiastici nei quali si svolga attività sanitaria, anche se in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale, poiché le tariffe convenzionali sono comunque dirette a coprire i costi e a remunerare i fattori della produzione, escludendo che l’attività sia svolta in forma gratuita o semigratuita, secondo modalità non commerciali; così Cass. n. 24044/2022 per cui: in materia di ICI, per poter usufruire dell’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, non è sufficiente che l’immobile sia utilizzato per lo svolgimento di attività sanitaria in regime di convenzione con il RAGIONE_SOCIALE da una Fondazione, fisiologicamente priva di finalità lucrativa, ma è necessario che il contribuente dimostri che l’attività cui l’immobile è destinato, oltre a rientrare tra quelle esenti, non sia svolta con modalità commerciali, poiché, in conformità ai principi eurounitari, la presenza di un’attività con finalità sociale non basta, da sola, ad escluderne l’eventuale natura economica (nella specie, la RAGIONE_SOCIALE ha cassato la sentenza di merito, che aveva desunto l’oggettiva non commerciabilità dell’attività sanitaria da
elementi irrilevanti, quali l’erogazione di prestazioni sanitarie, remunerate attraverso un regime tariffario imposto dalle Regioni, in regime di convenzione con il RAGIONE_SOCIALE, e l’assenza di finalità lucrative dalla natura di Onlus della Fondazione); così, ancora, Cass. n. 6711/2015, la quale ha osservato che: in materia di ICI, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. (i) del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, anche in base all’evoluzione di cui all’art. 7, comma 2 bis, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, conv. in legge 2 dicembre 2005, n. 248 (come sostituito dall’art. 39, comma 1, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv. in legge 4 agosto 2006, n. 248), impone di considerare realizzate in senso non esclusivamente commerciale le attività sanitarie e assistenziali che, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi vigente, per le concrete modalità di svolgimento, non siano orientate alla realizzazione di profitti, senza che rilevi il mero fatto dell’esistenza di una convenzione pubblica alla base di tale attività; ne consegue che il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti (poiché di tipo assistenziale e sanitario), non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale ed abbia quelle finalità solidaristiche alla base delle ragioni di esenzione, mentre spetta al giudice di merito l’obbligo di accertare in concreto le circostanze fattuali, senza far ricorso ad astrazioni argomentative; resta quindi fermo che, pur mantenendo l’ente impositore veste di attore in senso sostanziale, è onere del contribuente fornire la prova in giudizio dei presupposti dell’esenzione invocata, ponendosi quest’ultima quale fatto impeditivo della pretesa di prelievo e, in definitiva, quale causa di inoperatività dell’obbligo di generale contribuzione ex art.53 Cost.;
1.8. questa prova deve appunto vertere, oltre che sulla natura dell’attività esercitata, anche sulle modalità (non commerciali) attraverso le quali, nella concretezza del caso, essa viene svolta;
1.9. orbene, nel caso di specie il Giudice regionale non ha fatto corretta applicazione di questo complesso quadro normativo ed interpretativo, posto in rilievo anche da questa Corte nell’ordinanza di rinvio, laddove ha ritenuto la sussistenza dei presupposti dell’esenzione rimarcando che, con riguardo all’attività svolta nel l’immobile dalla Fondazione (prestazione di attività
sanitarie e assistenziali in regime di «convenzione regionale», senza «posti letto a pagamento o particolari servizi personali», con «eventuali utili … reinvestiti nella struttura per adeguamenti e migliorie»), «a differenza di una clinica privata, dove anche in presenza di una convenzione con il SSN, vengono fornite prestazioni di tipo privatistico a pagamento (spesso con corsie prioritarie), nel caso … ciò …(era)… dimostrato non sussistere ed il conto profitti e perdite si basa …(va)… solo sul convenzionamento e ciò che rimane …(va)… a fine anno non …(veniva)… ripartito ma destinato al miglioramento della struttura»;
2.4. la verifica eseguita dai Giudici di appello, circa il presupposto per l’esenzione de qua , non risulta quindi corretta in quanto è stata desunta l’oggettiva non commerciabilità dell’attività sanitaria della Fondazione da elementi irrilevanti, quali l’erogazione delle prestazioni sanitarie, remunerate sia pur attraverso un regime tariffario imposto dalle Regioni, in regime di convenzione con il Servizio Sanitario, e l’assenza di finalità lucrative, condizione del tutto fisiologica visto che la Fondazione è RAGIONE_SOCIALE, ed è stata condotta pertanto esclusivamente sulla base di riscontri documentali attestanti a priori il tipo di attività cui l’immobile è destinato;
il ricorso va dunque accolto, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da