Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31975 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31975 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 19467-2021 R.G. proposto da:
FONDAZIONE RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende assieme all’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in allegato al controricorso;
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME , in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difenso dagli Avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME giusta procura speciale in allegato all’istanza di partecipazione all’udienza di discussione e
con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei medesimi;
-resistente- avverso la sentenza n. 31/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LIGURIA, depositata il 14/1/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/9/2024 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Fondazione RAGIONE_SOCIALE (di seguito la Fondazione) propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Liguria aveva respinto l’appello dell’ente avverso la sentenza n. della Commissione tributaria provinciale di Savona, con cui era stato in parte accolto, limitatamente all’annullamento delle sanzioni, il ricorso proposto dalla Fondazione avverso l’avviso di accertamento del Comune di Andora avente ad oggetto ICI 2010;
il Comune di Andora si è costituito al solo scopo di partecipare all’udienza di discussione;
la Fondazione ha da ultimo depositato memoria difensiva
CONSIDERATO CHE
1.1. con il primo motivo la Fondazione denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 7, comma 1, lett. i, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, dell’art. 7, c. 2bis DL n. 30/9/2005 n. 203, come sostituito dall’art. 39 del DL 4/7/2006 n. 223, conv. con modificazioni dalla legge 4/8/2006 n. 248, e dell’art. 143, c. 3, lett. b), del DPR 917/1986 per avere la Commissione tributaria regionale violato i «criteri comunitari definitori di ‘attività economica’ e di ‘impresa’ di cui alle norme del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea in materia di libera concorrenza e aiuti di stato (artt. 101 ss) e dei criteri interpretativi posti dalla giurisprudenza e dalla Circolare del Ministero dell’ Economia e delle Finanze 26/1/2009 n. 2/DF (successivamente recepiti e sanciti dall’art. 91 bis, c. 1, D.L. 24/1/2012 n. 1, conv. con legge 24/3/2012 n. 27 e del D.M. 19/11/2012 n. 200 e validati dalla decisione della Commissione europea
19/12/2012)», escludendo la sussistenza del diritto all’esenzione di cui all’art. 7 cit. in quanto mancava la prova che la Fondazione esercitasse con modalità non commerciali l’attività di accoglienza e riabilitazione per disabili psicofisici gravi e gravissimi nonché di prestazione di servizi socio sanitari per anziani non autosufficienti;
1.2. il motivo è destituito di fondamento;
-l’esenzione in oggetto muove dal concorso di un presupposto soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente (art. 87, ora 73, co.1 lett. c TUIR ), e di un presupposto oggettivo dato dallo svolgimento nell’immobile, secondo modalità non commerciali, di una delle attività indicate dall’art. 7 co. 1° lett. i) in esame (assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222);
1.3. come già più volte affermato da questa Corte, una lettura dell’evoluzione normativa in materia -indotta dalla decisione della Commissione UE 2013/286 – impone di escludere che possa riconoscersi l’esenzione allorquando quest’ultima, venendo ad incidere su un settore produttivo operante alle condizioni di mercato, finisca con l’alterare le regole della libera concorrenza mediante la pratica configurazione di un vero e proprio aiuto di Stato, come tale inammissibile ex art. 107, paragrafo 1 TUE, sicché solo l’attività svolta a titolo gratuito ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico rende compatibile, quanto a requisito obiettivo, l’esenzione in parola (altrimenti disapplicabile dal giudice nazionale) con il diritto UE (Cass.nn.13970/16; 4066/19; 6795/20; 18831/20; 28578/20; 15364/22 e molte altre);
1.4. ciò sul presupposto che né il requisito soggettivo (natura non commerciale dell’ente) , né quello oggettivo (inteso esclusivamente come natura dell’attività svolta) per quanto entrambi necessari -possono essere sufficienti ad escludere l’incidenza delle modalità di concreto svolgimento dell’attività sulle condizioni di libero mercato, nel senso indicato;
1.5. infatti, anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè, offrire beni o servizi sul mercato, mentre la finalità sociale dell’attività svolta non è di per sé incompatibile con il suo carattere anche
economico-produttivo, la cui esclusione vuole appunto che essa sia svolta a titolo gratuito o dietro il versamento di un importo simbolico;
1.6. convergente è la casistica giurisprudenziale di legittimità nella specifica materia dell’imponibilità ICI -IMU di immobili destinati ad attività sanitaria e di residenza assistenziale, essendosi così affermato che (cfr. Cass. n. 32765/2022) in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione riconosciuta dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, è limitata all’ipotesi in cui gli immobili siano destinati in via esclusiva allo svolgimento di una delle attività di religione o di culto indicate nell’art. 16, lett. a), della l. n. 222 del 1985, e, pertanto, non si applica ai fabbricati di proprietà di enti ecclesiastici nei quali si svolga attività sanitaria, anche se in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale, poiché le tariffe convenzionali sono comunque dirette a coprire i costi e a remunerare i fattori della produzione, escludendo che l’attività sia svolta in forma gratuita o semigratuita, secondo modalità non commerciali; così Cass. n. 24044/2022 per cui: in materia di ICI, per poter usufruire dell’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, non è sufficiente che l’immobile sia utilizzato per lo svolgimento di attività sanitaria in regime di convenzione con il RAGIONE_SOCIALE da una Fondazione, fisiologicamente priva di finalità lucrativa, ma è necessario che il contribuente dimostri che l’attività cui l’immobile è destinato, oltre a rientrare tra quelle esenti, non sia svolta con modalità commerciali, poiché, in conformità ai principi eurounitari, la presenza di un’attività con finalità sociale non basta, da sola, ad escluderne l’eventuale natura economica (nella specie, la S.RAGIONE_SOCIALE. ha cassato la sentenza di merito, che aveva desunto l’oggettiva non commerciabilità dell’attività sanitaria da elementi irrilevanti, quali l’erogazione di prestazioni sanitarie, remunerate attraverso un regime tariffario imposto dalle Regioni, in regime di convenzione con il RAGIONE_SOCIALE, e l’assenza di finalità lucrative dalla natura di Onlus della Fondazione); così, ancora, Cass. n. 6711/2015, la quale ha osservato che: in materia di ICI, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. (i) del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, anche in base all’evoluzione di cui all’art. 7, comma 2 bis, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, conv. in legge 2 dicembre 2005, n. 248 (come sostituito dall’art. 39, comma 1, del d.l. 4 luglio 2006, n.
223, conv. in legge 4 agosto 2006, n. 248), impone di considerare realizzate in senso non esclusivamente commerciale le attività sanitarie e assistenziali che, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi vigente, per le concrete modalità di svolgimento, non siano orientate alla realizzazione di profitti, senza che rilevi il mero fatto dell’esistenza di una convenzione pubblica alla base di tale attività; ne consegue che il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti (poiché di tipo assistenziale e sanitario), non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale ed abbia quelle finalità solidaristiche alla base delle ragioni di esenzione, mentre spetta al giudice di merito l’obbligo di accertare in concreto le circostanze fattuali, senza far ricorso ad astrazioni argomentative; resta quindi fermo che, pur mantenendo l’ente impositore veste di attore in senso sostanziale, è onere del contribuente fornire la prova in giudizio dei presupposti dell’esenzione invocata, ponendosi quest’ultima quale fatto impeditivo della pretesa di prelievo e, in definitiva, quale causa di inoperatività dell’obbligo di generale contribuzione ex art.53 Cost.;
1.7 . questa prova deve appunto vertere, oltre che sulla natura dell’attività esercitata, anche sulle modalità (non commerciali) attraverso le quali, nella concretezza del caso, essa viene svolta;
1.8. orbene, nel caso di specie il Giudice regionale ha fatto corretta applicazione di questo complesso quadro normativo ed interpretativo, laddove ha escluso la sussistenza dei presupposti dell’esenzione rimarcando come, con riguardo all’attività svolta nell’immobile dalla Fondazione (prestazione di attività sanitarie e sociosanitarie a favore di disabili e anziani non autosufficienti in regime di convenzione con la Regione Liguria), quest’ultima non avesse dimostrato la «gratuità delle prestazioni, ovvero la resa sestertio nummo uno delle stesse, irrilevante essendo che la corresponsione della retta sia a carico del degente ovvero degli enti del servizio sanitario», escludendo che assumessero rilevanza i soli «aspetti che afferiscono all’aspetto soggettivo dell’esenzione …, quali in particolare l’assenza di lucro soggettivo e la finalità statutaria benefica»;
1.9 . l’accertamento in fatto, insindacabile nella presente sede, svolto dai Giudici di merito sulle modalità attraverso le quali questa attività veniva in concreto esercitata, di cui non poteva escludersi il carattere commerciale, conferma l’insussistenza dei presupposti per la suddetta esenzione;
2.1. con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia della Commissione tributaria regionale sul quinto motivo di ricorso, relativamente alla prova dello svolgimento dell’attività «con modalità non commerciali», trattandosi di atti vità sanitaria svolta in regime di convenzione con l’amministrazione sanitaria, nell’ambito del Sistema pubblico sanitario regionale, a cui car ico era posto il pagamento delle prestazioni in favore degli utenti, e sul primo motivo d’appello, relativamente al lamentato difetto di motivazione dell’atto impositivo con riguardo ai due cespiti immobiliari, dell’accertamento siti in INDIRIZZO e INDIRIZZO, non essendo stati indicati per tali immobili i presupposti che il Comune aveva posto per escludere l’esenzione ICI anche con riguardo ai suddetti immobili, oltre che a quelli siti in INDIRIZZO, avendo i Giudici di prime cure ritenuto che, in assenza di diversi contrari elementi esposti nell’accertamento, il Comune li avesse assimilati, quanto a utilizzo e attività ivi svolta, al Centro riabilitativo di INDIRIZZO;
2.2. le doglianze vanno parimenti disattese;
2.3. quanto all’omessa pronuncia circa il quinto motivo di gravame, le censure risultano infondate sulla scorta dei principi dianzi illustrati relativamente al rigetto del primo motivo di ricorso;
2.4. circa le rimanenti doglianze è assorbente evidenziare che in tema di ICI, l’art. 11, comma 2-bis, del d.lgs. n. 504 del 1992 (applicabile ratione temporis ), disponendo che gli avvisi di liquidazione e accertamento devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che li hanno determinati, non comporta l’obbligo di indicare anche l’esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di
una causa di esclusione dell’imposta (cfr. Cass. n. 1694 del 24/01/2018; conf. Cass. n. 9005 del 4/4/2024; Cass. n. 1884 del 17/1/2024);
2.5. nella specie, pertanto, deve ritenersi sufficientemente motivato l’ avviso di accertamento, nel quale non è in contestazione che fossero stati indicati i dati identificativi degli immobili, il soggetto tenuto al pagamento e l’ammontare dell’imposta, non essendo al contrario tenuto l’ente impositore ad esplicitare nell’accertamento le ragioni della mancata applicazione dell’esenzione richiesta dalla parte contribuente;
2.6 . ne consegue l’infondatezza, in ogni caso, della censura in esame;
per quanto fin qui osservato il ricorso va integralmente rigettato;
nulla sulle spese stante la mancanza di attività difensiva dell’Ente locale.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da